book

Visualizzazione post con etichetta sentimenti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sentimenti. Mostra tutti i post

giovedì 6 febbraio 2025

Recensione di "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar

Buon pomeriggio amici e bentornati su questo blog!

Durante questo mese ho voluto invertire la lista di libri da leggere e dare precedenza a quelli che, per motivi a me ignoti, erano rimasti più indietro.

Vi parlo, quindi, del romanzo "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar:


Trama: Ward Camden è un famoso scrittore di thriller, bestseller in tutto il mondo, ma è anche un misogino con il carattere schivo e nessuna voglia di stare al centro dell'attenzione. Il suo sogno è fuggire da Los Angeles, dalla sua agente e da Linda, la fidanzata. In un impeto di ribellione, decide così di partire per la Toscana, per ritrovare se stesso e la perduta voglia di scrivere. Il destino si presenta a lui con il nome di Sissi Fiori, una giovane violinista che prima lo travolge con la sua bicicletta, poi con il suo carattere solare e appassionato, infine lo coinvolge in una vacanza inaspettata e piena di sorprese. L'attrazione fra i due è immediata, ma ci pensano Andrea ed Emma, i più cari amici di Sissi, a complicare le cose. In un tale vortice di eventi, emozioni e fraintendimenti, Ward e Sissi riusciranno a lasciarsi andare al sentimento che sta nascendo fra loro?

Foto di Dan Fador da Pixabay

Tutto inizia a Los Angeles, dove Ward Camden, noto scrittore di thriller, decide di fuggire via per ritrovare pace e ispirazione, dirigendosi in Italia a Lucca, lontano da Linda, la sua appiccicosa e ninfomane fidanzata.
Nel piccolo centro, immerso nel verde della campagna toscana, vi è un casolare dove Ward alloggerà, in seguito a un improvviso cambio di b&b. Proprio nei pressi della dimora, viene investito da una ragazza in bicicletta. Sissi abita nelle vicinanze e si propone di fargli da guida a Lucca.
Tra i due si crea immediatamente una sorta di complicità, ma Sissi tiene ben a mente che Ward è uno scrittore famoso e che, trascorso il suo periodo in Italia, tornerà sicuramente negli USA. Nonostante ciò, quando l'amore arriva anche le più alte barriere non riescono a tenere. E insieme a lui, talvolta, giunge la gelosia.
Andrea, da sempre amico e segretamente innamorato di Sissi, si accorge dell'attrazione tra i due; allo stesso tempo, Emma, amica di Sissi e Andrea, è fortemente infatuata di Ward.
Le cose si complicano, ma saranno i sentimenti a guidare i nostri protagonisti nella giusta direzione.


Il romanzo di Patrisha Mar mi ha, prima di tutto, incuriosito su Lucca. Meta indiscussa della fiera del fumetto più famosa d'Italia, il Lucca Comics, potrebbe configurarsi come prossima città da visitare nella mia lista di viaggio.
Inoltre, la narrazione scorre velocemente. Si tratta di un romanzo leggero, che parla di veri sentimenti, di attrazione, amicizia e anche di amori non corrisposti. Insomma, sono certa che i lettori riusciranno a identificarsi in almeno uno dei quattro protagonisti.
Il titolo, in realtà, dice tutto: "apri i tuoi occhi"! Sissi, Ward, Emma e Andrea li apriranno tutti alla fine, chi oltrepassando la distaccata apparenza, chi capendo che un amore platonico non è la stessa cosa di uno reale.

Vi auguro buona serata, chiudo con una citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Cos'è davvero l'amore se non il riflesso di ciò che siamo? Se siamo egoisti, sarà un amore che chiede e non dà, un sentimento sterile destinato ad atrofizzarsi. Come si può etichettare quello che si agita dentro l'altro? Decifrarlo prima di viverlo e comprendere? Se l'esempio che ho è il sentimento che legava te e papà, allora voglio quell'amore, quell'unico sentimento in grado di sopportare la sofferenza e di sopravvivere persino alla morte.»



domenica 24 novembre 2024

Recensione di "Storie di sassi" di Cristian Virecci Fana

Buonasera a tutti e bentornati in questo piccolo spazio virtuale dedicato alla lettura!

L'atmosfera natalizia si avvicina, anzi, siamo proprio immersi al suo interno ormai, ma alcuni - me inclusa - ancora non si arrendono al fatto che sembra l'altroieri che il sole riscaldava la pelle e il suono del mare calmava gli animi burrascosi. Fingendo che non sia fine novembre, vi porto sulla spiaggia di Santa Teresa di Riva, in Sicilia, vicino Messina, dove tanti anni fa ebbe inizio la storia di Lorenzo e Giorgia e dove, anni dopo, si incontrarono anche Erik e Anna. Questo romanzo, intitolato "Storie di sassi", è opera di un autore esordiente, Cristian Virecci Fana, che ringrazio per avermi scritto e fatto omaggio di una copia.


Trama: Erik Brando Leone ha sempre vissuto all’ombra di un passato tormentato, segnato da conflitti familiari e tradimenti. Fuggito in Sicilia, spera di trovare pace tra i ricordi di un’infanzia ormai lontana, ma la tranquillità è solo un’illusione: i fantasmi del passato non tardano a raggiungerlo, trascinandolo di nuovo nell’oscurità dell’alcol e della solitudine.
L’incontro casuale con un eccentrico anziano di nome Lorenzo cambia il corso del suo destino. Lorenzo, che trascorre la maggior parte delle sue giornate a raccogliere sassi lungo la battigia, è un enigma vivente, con una memoria fragile e segreti nascosti dietro uno sguardo perso nel mare. Dopo aver salvato Erik dal mare in tempesta, le loro vite si intrecciano in modi che nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare.
A sconvolgere definitivamente l’apparente serenità ritrovata di Erik arriva Anna, la sua nuova collega di lavoro. Affascinata da Lorenzo, Anna si unisce a Erik nella ricerca che li porta a scoprire parte del mistero che avvolge l’anziano, mentre tra di loro nasce qualcosa di profondo e inaspettato. Ma proprio quando sembra che la vita gli offra una seconda possibilità, ecco che il destino lo mette nuovamente alla prova.
In una corsa contro il tempo, tra lettere d’amore e promesse da mantenere a ogni costo, Erik lotta per rimettere insieme i pezzi della sua esistenza. Dall’Afghanistan alla Sicilia, ogni passo lo avvicina a una verità sepolta tra i sassi e le pagine di un diario dimenticato, in un viaggio ai confini del mondo e del suo stesso cuore.

Foto di G-tech da Pixabay

Scelte sbagliate, ricordi dolorosi, un rapporto contrastante con i genitori: questa è la vita di Erik, che decide di lasciare Torino per dirigersi in Sicilia, dalla parte opposta d'Italia, nello specifico a Santa Teresa, vicino Messina. Vuole cambiare la propria esistenza, dimenticare, trovare pace, fare lo scrittore. Eppure nonostante la lontananza possa aiutare, i tormenti interiori non lo abbandonano mai. Per mantenersi, Erik lavora in un bar, dove un giorno si presenta una nuova "recluta": la ragazza si chiama Anna, è curiosa, vispa, sembra possedere una scintilla diversa... è anche una lettrice, nonostante le sue scelte siano opinabili.
Mentre i due si avvicinano pian piano l'uno all'altra, complice anche un comune denominatore, ovvero la fuga di Erik dal Piemonte e il trasferimento di Anna in Sicilia per seguire l'ex ragazzo, il vecchio Lorenzo vaga sulla spiaggia con la sua collezione di sassi. Sembra un clochard e anche un pescatore, un uomo che appartiene al mare, ed Erik fa la sua conoscenza quando, in seguito a una escursione in barca in solitaria durante la quale non riesce a tornare a riva, è proprio l'uomo a salvarlo senza esitare nemmeno un secondo. Ed è sempre Erik a invitarlo a salire a casa propria, per poi cacciarlo dopo una manifestazione di follia di Lorenzo.
Le persone sono strane e questo Erik, abbastanza misantropo, lo sa bene. Non sa, però, che Lorenzo sarà ricoverato in ospedale, che è solo al mondo e che sarà proprio lui ad essere chiamato dal personale sanitario perché l'uomo vuole parlargli. Inizia così un percorso a ritroso, volto alla conoscenza del passato di Lorenzo: una casa che sembra abbandonata, un diario nascosto in un cassetto, una collezione di sassi e alcune lettere condurranno Erik verso un sentimento speciale, un amore trasparente come l'acqua del mare che, tuttavia, è stato ostacolato da persone e avvenimenti. Lorenzo e Giorgia si sono amati sin da giovanissimi, ma il destino ha deciso altro per loro. Chissà se è tutto perduto? Chissà se Lorenzo, in fin di vita, riuscirà a recuperare almeno un po' di quella memoria apparentemente svanita?

Foto di Pexels da Pixabay

"Storie di sassi" è un romanzo in cui sentimenti passati e presenti si alternano con le loro difficoltà, le speranze e anche le sconfitte. Una storia molto bella e di altri tempi, quella di Lorenzo e Giorgia, che incuriosisce e accompagna il lettore fino alle ultime pagine. Al contempo, Erik si prospetta sia come protagonista, che come personaggio che mostra parallelismi con lo stesso Lorenzo da cui si credeva così diverso. A volte il destino crea intrecci e somiglianze apparentemente improbabili.

Ho apprezzato molto il libro di Cristian Virecci Fana e auguro all'autore di avere successo proseguendo nella sua passione: scrivere libri, esattamente come Erik Brando Leone. Lo stile narrativo, in alcuni punti molto maturo e quasi poetico, si alterna però a lunghi periodi "acerbi" che necessitano di una maggior riflessione nella loro costruzione e di una revisione. Sono certa che Cristian riuscirà a perfezionare lo scritto che merita, in ogni caso, di essere letto.
Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione sempre qui, su questo blog!

«Cos’è l’amore? E c’è differenza tra l’innamorarsi e amare? E ancora, cosa può capire un ragazzo di sedici anni dell’amore? Forse niente, forse tutto, forse pensa di sapere ma è solo un’illusione. Ho conosciuto ragazzi innamorati dell’idea dell’amore e ho visto amori durare una sola stagione, durare anche più anni per poi essere sostituiti velocemente con altri amori. In realtà, l’amore credo possa essere paragonato a un seme: non si vede e in principio è minuscolo, quasi invisibile, ma con il tempo il seme diventerà più grande e se ci saranno tutte le condizioni adatte, questo seme inizierà ad aprirsi poco alla volta».

«Arriva un momento nella vita in cui vorresti dare un senso a tutto; giustificare il motivo per cui ti senti così vuoto; vorresti credere nel destino. Ci ho sempre riflettuto molto: il destino esiste veramente o è semplicemente una delle tante parole che ha inventato l’uomo per giustificare qualcosa? Forse non lo capirò mai».

sabato 26 ottobre 2024

Recensione di "La settima onda" di Daniel Glattauer

Buonasera amici lettori e bentornati sul blog! In questa serata di sabato, non c'è nulla di più rilassante che dedicarsi ai libri (peraltro, proprio oggi, ne ho comprato un altro... sono incorreggibile!).

Oggi torniamo alla storia di Emmi e Leo, emersi dalla penna di Daniel Glattauer, e al seguito di "Le ho mai raccontato del vento del Nord", ovvero "La settima onda".


Trama: Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell’incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi però non si dà per vinta, e riesce nell’impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d’amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l’apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i numerosi lettori di Le ho mai raccontato del vento del Nord, e anche stavolta promettono scintille.

La storia di Emmi e Leo non poteva di certo rimanere in sospeso. Una "relazione confidenziale" nata da un'email sbagliata è un segno del destino: doveva proprio andare così. Eppure, Emmi e Leo si erano un po' persi. Lui era partito per Boston con l'intento di raggiungere la sua nuova fidanzata, Pamela, mentre Emmi non aveva mai smesso di cercarlo.
"La settima onda" prosegue con lo stile epistolare, in un botta e risposta che è impossibile non leggere tutto di seguito: Emmi è ironica, Leo più pacato e romantico, ma i due non possono stare lontani l'uno dall'altro. E, piccolo spoiler, finiscono per incontrarsi, non una, ma più volte.
Ecco che l'immaginazione si scontra con la realtà: Emmi e Leo non si sono mai visti prima, nemmeno in foto. Si piaceranno? Si troveranno tanto diversi da come si erano pensati? La loro sintonia sarà rovinata dall'aspetto fisico, oppure no? 

Foto di Pexels da Pixabay

Glattauer restituisce, in questo passaggio, un "fenomeno" decisamente attuale data la modalità di incontro della gran parte delle persone al giorno d'oggi, ovvero tramite app. Se da un lato il mondo virtuale favorisce il contatto, dall'altra ci sono molti dettagli che si perdono attraverso un'email o un telefono: le frasi possono essere interpretate erroneamente, non si sente il tono, non ci sono le espressioni (e le emoticon non riescono a sostituirle), mancano totalmente gli sguardi.
E se anche i nostri protagonisti si piacessero, Emmi è comunque sposata, Leo ancora no, ma ha Pamela che lo aspetta per provare a costruire una vita insieme. Tutto diventa più complicato, forse è meglio smettere di sentirsi, forse è meglio non pensarsi, forse sarebbe stato meglio non conoscersi mai, forse ancora sarebbe bene allontanarsi. E i due continuano a scriversi, rincorrendosi ed evidenziando, in realtà, il desiderio di non lasciarsi più.
Daniel Glattauer doveva pur scrivere una degna fine per la storia di Emmi e Leo. Non vi narrerò i dettagli, ma è un romanzo che va letto, soprattutto se avete divorato le pagine del precedente.

Vi lascio con qualche piccolo estratto e vi aspetto alla prossima recensione, sempre qui su questo blog!

«[…]Sì, qui si narra la storia della settima onda, l'inflessibile. Le prime sei sono prevedibili e armoniose. Si condizionano a vicenda, sorgono una dopo l'altra, non fanno sorprese. Preservano la continuità. Sei assalti, che appaiono così diversi se osservati a distanza, sei assalti... e sempre lo stesso obiettivo. Occhio però alla settima onda! È imprevedibile. Passa a lungo inosservata, partecipa all'assalto monotono, si adegua a quante l'hanno preceduta. Talvolta, però, fugge via. Sempre e solo lei, sempre e solo la settima onda. Perché è spensierata, ingenua, ribelle, spazza via tutto, gli dà un'altra forma. Migliore o peggiore? Possono dirlo solo quanti, afferrati da lei, hanno avuto il coraggio di raccoglierne la sfida, di lasciarsi incantare dalla sua malia».

Foto di Enrique da Pixabay

«Non esistono istruzioni per l'uso con annessa planimetria per l'avvistamento e il salvataggio della felicità. Ognuno cerca la propria a modo suo, o ovunque creda di poterla trovare il prima possibile».

«Le esigenze, le intenzioni, gli obiettivi. Un'avventura vuole essere vissuta. Lo stare insieme vuole restare insieme, e magari un giorno vivere bene insieme».

venerdì 27 settembre 2024

Recensione di "Parigi è sempre una buona idea" di Nicolas Barreau

Buonasera amici lettori! Ben ritrovati tra i meandri del mio piccolo blog letterario!
Qualcuno di voi avrà probabilmente già cenato, qualcun altro starà aspettando ancora una manciata di minuti. Io invece vi parlo dell'ultimo libro che ho letto, anche questo iniziato quando ero ancora in modalità estiva. Si tratta di "Parigi è sempre una buona idea" di Nicolas Barreau.


Trama: Parigi è sempre una buona idea, si sa. Innamorati o no, vale sempre la pena di fare una passeggiata per le vie della Ville Lumière. Lì, in rue du Dragon, una deliziosa stradina nel cuore di Saint-Germain, ci si può imbattere in un piccolo negozio con una vecchia insegna di legno, un campanello d’argento démodé sulla porta e, dentro, mensole straripanti di carta da lettere e bellissime cartoline illustrate: la papeterie di Rosalie Laurent.
Talentuosa illustratrice, Rosalie è famosa per i biglietti d’auguri personalizzati che realizza a mano. Ed è un’accanita sostenitrice dei rituali: il café crème la mattina, una fetta di tarte au citron nelle giornate storte, un buon bicchiere di vino rosso dopo la chiusura della papeterie. I rituali aiutano a fare ordine nel caos della vita, ed è per questo che ogni anno, per il suo compleanno, Rosalie fa sempre la stessa cosa: sale i 704 gradini della Tour Eiffel fino al secondo piano e, con il cuore in gola, lancia in aria un biglietto su cui ha scritto un desiderio. Ma finora nessuno è mai stato esaudito. Tutto cambia il giorno in cui un anziano signore entra come un ciclone nella papeterie. Si tratta del famoso scrittore per bambini Max Marchais, che le chiede di illustrare il suo nuovo libro. Rosalie accetta felice e ben presto i due diventano amici, La tigre azzurra ottiene premi e riconoscimenti e si aggiudica il posto d’onore in vetrina. Quando, poco tempo dopo, un affascinante professore americano, attratto dal libro, entra in negozio, Rosalie pensa che il destino stia per farle un altro regalo. Ma prima ancora che si possa innamorare, ha un’amara sorpresa. Perché l’uomo è fermamente convinto che la storia della Tigre azzurra sia sua…


Sono stata a Parigi ormai tanti anni fa. Era il 2010, in viaggio di studi con la mia università e la capitale francese fu l'ultima tappa di un itinerario interessante, ma abbastanza faticoso. Ricordo che piovigginava, il cielo era grigio, il pullman ci lasciò davanti al Louvre, ma io non fui con il gruppo che entrò nel museo (lo avreste mai detto?). Decisi di dedicare la mia unica giornata a Parigi a conoscere la città, percorrendo le sue strade e osservando i suoi monumenti, qualcuno solo da lontano. Vidi dall'esterno la cattedrale di Notre-Dame dove, sono certa, mi sarei persa al suo interno, incantandomi sulle vetrate e rievocando il celebre romanzo di Victor Hugo, così come il bellissimo cartone animato Disney. Avrei persino cantato la canzone di Esmeralda.
Quando io e il mio gruppetto arrivammo sotto la Tour Eiffel, stavamo cercando disperatamente un posto economico in cui mangiare (una rarità praticamente!). Avevamo optato per Mc Donald's, ma pur avendo chiesto a ben 3 signori, tutti quanti ci avevano dirottato altrove. Simpatici i francesi... infine, chiedemmo a un signore che vendeva braccialetti di corda. Ci disse che dall'Africa era passato in Italia per raggiungere la Francia e parlava italiano. Ci indicò finalmente la direzione giusta. 
Nel pomeriggio, dopo aver ripreso un po' di energie, salimmo a Montmartre, visitando la Basilica del Sacro Cuore. Ricordo poco della serata. Ero stanca, ma certamente le foto avranno immortalato anche quei momenti.
Questa fu la mia unica volta a Parigi. Ci sarei voluta tornare, ma non nego che sia una meta piuttosto costosa e che, in questi anni, non me lo sia potuto permettere. Una mia amica, una volta, mi disse: "Ci tornerai per il tuo viaggio di nozze, che dici?". All'epoca mi misi a ridere, già disillusa su quell'opportunità futura che classificavo tra le cose "impossibili". E infatti, a Parigi non ci sono tornata, né da sola, né accompagnata... ma mai dire mai.


Detto ciò, passiamo alla storia vera e propria. Rosalie è un po' come me: mentre a tutte le bambine (o quasi) piaceva il rosa, a me affascinava l'azzurro, il colore del cielo e, di conseguenza, del mare. Anche gli occhi di Rosalie sono azzurri e si abbinano perfettamente a una lunga treccia castana. La nostra protagonista è un'artista, osteggiata dalla sua mamma (tipico) che avrebbe voluto per lei un futuro diverso. Ma Rosalie, una volta terminati gli studi, è felice così e riesce ad aprirsi una cartoleria "Luna Luna", dove vende deliziosi bigliettini che dipinge lei stessa, penne, matite, colori e tutti quegli oggetti bellissimi che si trovavano nelle cartolerie di qualche anno fa (a Roma, questo tipo di negozi sono quasi scomparsi).
Al suo negozio, un giorno, si presenta un tale Max Marchais che, molto goffamente, fa cadere un espositore. L'uomo, dai profondi occhi azzurri e dalla gentilezza di altri tempi, le chiede di illustrare il suo nuovo libro di fiabe, "La tigre azzurra". Rosalie rimane stupefatta: Max Marchais, l'autore di cui aveva letto tanti libri da bambina, le chiedeva una cosa del genere? La ragazza è al settimo cielo e inizia a lavorare per questo progetto, finché il libretto non va in stampa.
Ma la felicità non dura per sempre... perché un pomeriggio, mentre Rosalie è in negozio, un bellissimo uomo, biondo con occhi azzurri in cui perdersi, si è bloccato davanti alla vetrina e fissa "La tigre azzurra". Poi varca la soglia, ma sembra fuori di sé: è un professore americano di letteratura, si chiama Robert Sherman e ritiene che la storia della tigre sia sua. Vuole denunciare sia Rosalie che Marchais! Come finirà?

Vi posso anticipare che, tanto per citare il titolo, "Parigi è sempre una buona idea", che è una città romantica e che ci saranno altri colpi di scena. Sicuramente l'autrice - eh sì, perché Nicolas Barreau, in realtà, è Daniela Thele - è riuscita a farmi venire ancora più voglia di tornare nella ville lumière, descrivendo stradine, ristorantini, librerie e cieli sfumati che avvolgono la Torre.
E poi è una bella storia. Il sentimento c'è e si percepisce, nasce in maniera talmente spontanea da sembrare una fiaba o una storia d'altri tempi. Insomma, per animi romantici e sensibili come il mio, questo libro è un toccasana.
Certamente, alcuni elementi sono abbastanza prevedibili, ma c'è un dettaglio importante: alla fine vince sempre il cuore.

Foto di Dan Novac da Pixabay

Un romanzo leggero, tutto azzurro e consigliato a chi possiede la capacità di sognare e un cuore che, nonostante le delusioni, riesce ancora a battere forte.

Vi lascio con qualche citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Fosse stato per Rosalie, si sarebbero spedite molte più lettere e cartoline. La piccola - e a volte anche grande - felicità che una lettera scritta a mano riesce a dare sia a chi la manda sia a chi la riceva non è paragonabile all'effetto di un'email o di un sms, che perdono subito importanza e vengono dimenticati in fretta. La piacevole sorpresa di trovare una lettera nella posta, la gioiosa attesa di voltare una cartolina, aprire con cura una busta o strapparla con impazienza. L'occasione di tenere tra le mani una parte della persona che ha pensato a noi, di studiarne la grafia, indovinarne l'umore, magari intuire perfino una traccia di tabacco o di profumo. È una cosa incredibilmente viva. E anche se ormai si scrive sempre meno perché a quanto pare non se ne ha più il tempo, Rosalie non conosceva nessuno che non ricevesse volentieri una lettera o una cartolina».

«Le macchie di colore sono la cosa più importante. Non bisogna mai smettere di sognare. E non bisogna mai smettere di credere ai propri desideri».

«Era così facile la vita da bambini. Come poteva quella vita così facile diventare tanto complicata? Sono le mezze verità, le frasi non dette, i sentimenti nascosti e tutte le cose che ognuno tiene per sé a offuscare la magnifica chiarezza dell'infanzia, a disorientarci perché un bel giorno abbiamo capito che nella vita non esiste un'unica verità?».

«In quel luogo nessuno sentiva il bisogno di stare al passo con i tempi: la piacevole calma che si respirava nella libreria si trasmetteva anche ai visitatori che, notò Robert sorridendo, sembravano muoversi con delicatezza e attenzione».

domenica 1 settembre 2024

Recensione di "La felicità è una storia semplice" di Lorenza Gentile

Buonasera amici e buon 1° settembre! Al contrario di tutti quelli che già avvertono l'aria autunnale, io sento ancora una gran voglia di estate. Sarà che sono una persona che non si arrende alla fine delle belle giornate, della luminosità fino alle 21.00, degli aperitivi e dei gelati, ma penso che finché non arriva ottobre possiamo goderci gli ultimi bagliori estivi.

Detto ciò, vi porto a conoscere "La felicità è una storia semplice" di Lorenza Gentile.


Trama: Vito Baiocchi ha quarantasei anni, vive a Londra, è senza lavoro da sei mesi e la sua unica amica è un’iguana di nome Calipso. Sentendosi un inetto senza speranze, Vito ha deciso di togliersi la vita, e di farlo con stile. Ma proprio quando, lavato e vestito di tutto punto, sta per dire addio al mondo, il telefono squilla: è nonna Elvira. E quindi nulla da fare, il piano salta. Vito è da sempre incapace di sottrarsi all’autorità della dispotica ottuagenaria e si trova costretto a volare in tutta fretta a Milano, perché Elvira desidera essere accompagnata in Sicilia, al suo paese d’origine. Distrutta alla fine degli anni Sessanta da un terremoto che si è portato via i genitori e il nonno di Vito, Gibellina è ora ricostruita, e con essa la casa che la nonna ha deciso di rivedere. Affare di una giornata, pensa Vito, in aereo è un attimo. Ma la donna vuole viaggiare in treno e così i giorni si moltiplicano. Firenze, Roma, Assisi, Napoli, Palermo: il viaggio sembra infinito, le confessioni di nonna Elvira molte e inaspettate, e a ogni tappa Vito incappa in coincidenze improbabili e in nuove disavventure tragicomiche. Ma forse proprio grazie a questi ostacoli riuscirà a ritrovare l’energia perduta e a prendere finalmente in mano la propria vita. Perché la felicità ci può sembrare talvolta irraggiungibile, ma basta davvero pochissimo per riuscire ad avvicinarla.


Londra: Vito Baiocchi si è vestito di tutto punto per suicidarsi. Ha preparato ogni cosa, lasciato un biglietto, dato da mangiare alla sua iguana Calipso e ha la corda tra le mani. Dovrà solo dare un calcetto alla sedia in vimini e la morte sopraggiungerà in pochi secondi. Ma quel momento viene interrotto dallo squillo del cellulare. Vito prova a ignorarlo, poi squilla anche il telefono di casa e non riesce a fare finta di niente. Scende e va a rispondere: è sua nonna, la persona che lo ha cresciuto come una madre, che gli chiede aiuto. E così Vito si salva, per la seconda volta da quando è venuto al mondo. La nonna vuole tornare a Gibellina. La casa, danneggiatasi con il terremoto degli anni Ottanta, è stata riparata e ha una missione molto importante: deve comunicare una cosa a Santo, il fratello di suo marito Alfredo, quest’ultimo morto durante il sisma insieme alla figlia e ai genitori di Vito.

Vito è indeciso, non sa che fare. Lui vive a Londra e significherebbe rimettere piede in Italia, ma non può sottrarsi alla richiesta di aiuto della nonna. Il volo Londra-Milano lo riconduce a casa e da lì la nonna lo guida lungo un itinerario che farà tappa a Firenze, Roma, Napoli, Palermo e infine Gibellina.


A Firenze la nonna vuole assolutamente salire sulla cupola del Duomo. Bloccando tutta la fila di turisti, riesce nell’impresa, solo per guardare dall’alto la città. Fa la stessa cosa a Roma, sulla cupola di San Pietro, ma stavolta l’ascensore risparmia la fatica a tutti. La nonna Elvira osserva le città dall’alto, quasi fosse una missione. Durante il viaggio lungo alcune delle più belle mete italiane, Vito e nonna Elvira incontreranno persone nuove, capaci di aprire gli occhi su altre prospettive (anche divertenti), e persone “vecchie” in grado di far recuperare le radici e, talvolta, di mettere un punto su questioni passate che non avevano dato pace al nostro protagonista.

Ma soprattutto, Vito si è salvato e ha capito, grazie alla nonna e al suo ultimo viaggio, che la vita è composta di tanti momenti negativi alternati a istanti di felicità. È proprio per questi ultimi, del tutto inaspettati, che bisogna andare avanti: un nuovo lavoro, una nuova meta, un nuovo amore possono dare nuova linfa anche all’esistenza di una persona piuttosto sfortunata come Vito.

"Cretto" di Alberto Burri, Gibellina (foto di Boobax, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)


Volete la verità? Io adoro la scrittura di Lorenza Gentile. Mi sono letteralmente innamorata di "Le piccole libertà" e del particolare legame familiare che rientra sempre nei suoi romanzi, ma… questo libro lo avevo scartato in libreria. Già visto molto tempo fa, avevo deciso di non intristirmi con la storia di un uomo che voleva suicidarsi. E invece, questo libro di triste ha molto poco. C’è tanta ironia e Vito ed Elvira che girano per l’Italia sembrano un po’ Carlo Verdone con la nonna, interpretata da Elena Fabrizi, ovvero la mitica Sora Lella. Certo, la conclusione vi strapperà una o più lacrime, ma vi assicuro che c’è un lieto fine.

Assolutamente consigliato! Me lo sono divorato in due giorni.
Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!

p.s. Tra le altre cose, come resistere a un libro che include la descrizione della bella visuale da via Piccolomini? La prima citazione è proprio legata alla nota via romana, che la sottoscritta conosce molto bene.

p.p.s. Gibellina è legata al grande "Cretto" di Burri. Leggetene la storia.


«Prima di andare a casa Peppino ci tenne a fargli vedere Roma.
- Ti prende per il cuore e non ti molla più, - gli disse mentre correvano verso San Pietro. La basilica si ergeva sfarzosa proprio davanti a loro. Costeggiarono la piazza e presero una strada a sinistra. Dopo qualche minuto Peppino lo chiamò: - Vito, guarda dietro di te.
Baiocchi si girò. Vedeva la cupola di San Pietro, in lontananza.
- Non distogliere gli occhi, - continuò Peppino.
Man mano che si allontanavano, la cupola si ingrandiva. Arrivarono alla fine della strada che la cupola era enorme. Quando tornarono indietro si rimpicciolì a vista d’occhio».

«- Ognuno viaggia con la propria storia, stretta dentro di sé, - disse. – Pensa di essere unico, è giusto. La vita è nostra, siamo noi i protagonisti. Ma poi ci sono tante altre vite che si intrecciano, tanti protagonisti di altre storie… - Guardava lontano. – L’unico modo per incontrarsi è lasciare che l’altro entri dentro la nostra vita, che la modifichi. Capisci? – Fece una lunga pausa. – Solo adesso che la mia storia è quasi finita, Vito, mi rendo conto che sono stata l’unica protagonista».

«Che cosa significava aver amato un uomo per tutta la vita senza dirlo a nessuno, negandolo perfino a sé stessa?»

giovedì 29 agosto 2024

Recensione di “Le ho mai raccontato del vento del Nord” di Daniel Glattauer


Buon pomeriggio amici! Qualcuno di voi sarà ancora al mare, qualcuno si appresterà ad andare in vacanza, ma sono certa che un buon libro vi farà comunque compagnia.

Oggi vi porto a conoscere il mondo di Emmi e Leo, protagonisti del romanzo di Daniel Glattauer "Le ho mai raccontato del vento del Nord".


Trama: Un'email all'indirizzo sbagliato e tra due perfetti sconosciuti scatta la scintilla. Come in una favola moderna, dopo aver superato l'impaccio iniziale, tra Emmi Rothner - 34 anni, sposa e madre irreprensibile dei due figli del marito - e Leo Leike - psicolinguista reduce dall'ennesimo fallimento sentimentale - si instaura un'amicizia giocosa, segnata dalla complicità e da stoccate di ironia reciproca, e destinata ben presto a evolvere in un sentimento ben più potente, che rischia di travolgere entrambi. Romanzo d'amore epistolare dell'era Internet, il romanzo descrive la nascita di un legame intenso, di una relazione che coppia non è, ma lo diventa virtualmente. Un rapporto di questo tipo potrà mai sopravvivere a un vero incontro?


Che storia quella di Emmi e Leo, quasi da non crederci. Nell’epoca di internet, dove ogni cosa, purtroppo anche le relazioni, passano per il web, Emmi e Leo si incontrano per caso, per colpa di un’email di disdetta inviata all’indirizzo sbagliato. È la curiosità a far proseguire la loro relazione epistolare, il mistero che si cela dietro il detto/non detto di qualche parola digitata velocemente sulla tastiera.

Ogni giorno, a distanza di pochi minuti, anche secondi a volte, i due si scrivono per sapere cosa fanno, come si sentono, e solo a un certo punto iniziano ad aprirsi per raccontarsi di fatti personali. Subentra un sentimento infido, la gelosia… ma è possibile provare gelosia per una persona mai incontrata?

Ci sono le paure, soprattutto quelle. Emmi è sposata con un uomo di 14 anni più grande di lei, vedovo, che ha con sé due figli. Leo è single ed è appena stato lasciato da Marlene. È molto dolce e romantico, nonostante proceda cautamente. Emmi è ironica, a volte sarcastica, disillusa… eppure non c’è nulla da fare quando serpeggia quella sensazione di aver trovato, tra 8 miliardi di donne e uomini, la persona giusta che ti capisce e che potresti riconoscere (pur non avendola mai vista) in una stanza affollatissima.

Si incontreranno mai Emmi e Leo? Daranno un lieto fine alla loro storia via email, anche solo per incrociare il reciproco sguardo? Si piaceranno, o si saranno idealizzati? In cosa sfocerà tutto questo? In amicizia, in un rapporto occasionale o in qualcosa di più? Ma è giusto incontrarsi? O forse è meglio continuarsi a scrivere?

Sono tutte domande che i due si pongono fino a poche pagine dalla fine del romanzo. Vi anticipo solo che c’è una continuazione… che ovviamente leggerò.



Il mistero dell’email, al giorno d’oggi, è già stato superato da WhatsApp: videochiamate, vocali, foto, abbiamo tutto subito, nell’immediato. E poi ci sono le app di incontri, cui abbiamo delegato la “fatica” di provarci con chi attrae la nostra attenzione. Siamo tutti troppo impegnati, tutti bombardati di immagini e, nel frattempo, abbiamo perso molte cose: le sensazioni che sorgono a tu per tu, o la bellezza della calligrafia nella scrittura di una lettera, anche l’attesa. Sì, l’attesa. Perché nell’epoca delle chat non si aspetta più che l’altro rifletta. Si scrive di getto, anche con il rischio di (tanti) fraintendimenti. Dovremmo imparare ad aspettare, a pensare, a prenderci quel tempo che ci occorre per non vanificare ogni cosa.

E io, che sono una “millenial”, ho vissuto l’era delle lettere, quella delle email, poi degli SMS, degli MMS, di Msn, infine di WhatsApp e non ho mai ceduto alle app di incontri (qualcuno dirà che sbaglio e che rimarrò sola, ma non mi interessa. Credo ancora nelle emozioni oltre uno schermo). Sapete cosa mi è accaduto? Che sono tornata a scrivere lettere ed email… WhatsApp lo lascio alle comunicazioni istantanee per questioni lavorative, o per mettermi d’accordo sulle mie rare uscite tra amici. Non mi piace chattare, anche se a volte non ho scelta per comunicare con amici lontani. Ma sostanzialmente, non voglio perdere il tempo dell’attesa, la bellezza della scrittura a mano (con penna stilografica), o il sorriso che mi suscita la notifica della posta per una email che rimane, che posso stampare e rileggere quante volte voglio. Delle chat che rimane? Nulla.

Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto con la prossima recensione!

Foto di Pexels da Pixabay

«[…] Emmi, mi scriva. Scrivere è come baciare, solo senza labbra. Scrivere è baciare con la mente. Emmi, Emmi, Emmi».

«È già tornato dal teatro? Non riesco a dormire, stasera. Le ho mai raccontato del vento del Nord? Quando tengo la finestra aperta è insopportabile. Sarebbe bello se mi scrivesse qualche altra parola. Anche solo “Allora chiuda la finestra”. Al che ribatterei: Con la finestra chiusa non riesco a dormire».

«Ogni volta che ricevo una sua e-mail, mi batte forte il cuore. Mi succede oggi come ieri, come sette mesi fa».

martedì 2 febbraio 2021

Recensione di "Quanto blu" di Percival Everett

Buongiorno lettori e bentornati su questo blog! Siamo ormai agli inizi di febbraio, il consueto gelo invernale non è ancora terminato... e vi confesserò di aver ceduto all'offerta di La Feltrinelli: due libri con copertina del lettore (che trasmette anche molto calore).

Oggi provo a farvi immergere in un quadro, un'enorme tela, in cui i toni del blu sono abilmente mescolati. Ma cosa vogliono comunicare? Andiamo a scoprirlo.



Kevin Pace è un artista e lavora da tempo a un dipinto che non lascia vedere a nessuno: non ai figli, non al migliore amico Richard e neppure a sua moglie Linda. Questa enorme tela di quattro metri per sette, interamente ricoperta da strati di vernice blu di diverse sfumature, potrebbe essere infine il suo capolavoro. Kevin non sa ancora dirlo o, meglio, non gli interessa, perso com'è nel suo passato di cui questo quadro sembra essere una sintesi, un'enigmatica e incomprensibile rappresentazione. Perché Kevin custodisce un segreto: dieci anni fa, a Parigi, ha avuto una relazione con una giovane pittrice e, seppur oggi non riesca a spiegarsi cosa lo mosse allora, il fantasma della ragazza e le bugie raccontate per anni non smettono di assediarlo. Mentre combatte con i demoni della sua memoria, Kevin deve difendere i sacrifici fatti in nome dell'arte e proteggere la sua famiglia da ciò che non hai mai avuto il coraggio di rivelare: il suo quadro, che racchiude un'indicibile verità, potrebbe essere la sua salvezza, o la sua condanna definitiva.

Questo romanzo mi ispirava da tempo e da mesi entravo in libreria, lo sfogliavo, leggevo instancabilmente qualche riga, lo rimettevo al suo posto e lo salutavo, con la promessa di tornare ad acquistarlo. E alla fine l'ho letto. Tutto, ogni singola riga, ogni pagina, ogni sensazione stampata.
Percival Everett ci trasporta all'interno dell'animo di Kevin Pace, un pittore contemporaneo, un astrattista. Si sa, gli artisti possiedono sempre quel tormento che li rende inquieti, creativi, e Kevin non fa eccezione. Ma cosa si cela dentro di lui e, sopratutto, in quel dipinto misterioso che tiene nel suo scantinato, lontano dagli occhi di familiari e amici?
Il racconto in prima persona si svolge in tre diversi tempi e luoghi: Philadelphia, ai giorni nostri, dove Kevin abita con la famiglia; Parigi, una decina di anni prima; 1979, a El Salvador.


Per ogni epoca esiste un segreto: la promessa fatta e mantenuta (ma che avrebbe, forse, dovuto spezzare) ad April, sua figlia, riguardo la gravidanza inaspettata e indesiderata; un amore fresco e troppo giovane per Victoire, pittrice; gli orrori della guerra civile, la morte davanti agli occhi e una legittima difesa che equivale a una macchia nell'animo, a un omicidio.
A tutto questo si aggiungano i problemi che ogni uomo può affrontare nell'arco della propria vita: un matrimonio apparentemente felice che nasconde la mancanza del vero amore; l'alcolismo, abbandonato, poi ripreso, per non pensare, per dimenticare; la voglia di evadere da una vita che sta stretta, che forse non si è scelta completamente in maniera consapevole; l'ardore di un amore puro, che si è costretti ad abbandonare a causa delle convenzioni sociali.
C'è chi quest'ultima esperienza la chiama "crisi di mezza età". Molti uomini (e anche donne) ne soffrono: l'eterno Peter Pan che riemerge dal corpo di un uomo e insegue la giovinezza, finendo per invischiarsi in una storia con l'amante più giovane. A volte, però, capita - come nel caso di Kevin - che si conosca il vero amore, lo si conosca tardi, lo si percepisca con la persona in quel momento sbagliata che non corrisponde alla donna scelta come propria compagna di vita... soprattutto se sei un uomo che si è sposato per avere sicurezze, non per sentimento. E Victoire cosa rappresenta? La freschezza, la libertà, la purezza di spirito che Kevin aveva perso tanti anni prima. Perdersi nel suo amore significa anche dissetarsi. Victoire è la spuma bianca a riva lasciata da un oceano profondamente blu.


E Linda allora? Il porto sicuro, la madre dei figli, un sentimento molto più simile a un grande affetto che a un sincero amore. Perché se è vero che per rimanere insieme bisogna superare le difficoltà che il matrimonio pone davanti (e sono tante), è anche vero che occorra un sentimento saldo e sincero.
Kevin appare spesso come un uomo solitario, perso in un'altra dimensione: egli trova conforto nella pittura, attraverso la quale può esprimersi e liberare la propria anima dai pesi che la tengono ancorata a terra; quella stessa pittura che gli permette, almeno per un po', di vivere la vita di cui aveva bisogno, non quella in cui - per scelte a volte frettolose e non ponderate - si è ritrovato.

"Quanto blu" è un romanzo particolare, al confine tra il genere narrativo e quello psicologico, che pone di fronte ai problemi più comuni, vissuti con intensità, a volte senza soluzione, delineando probabilmente il profilo di ogni essere umano.

Dalle righe che avevo letto qua e là durante le mie visite in libreria, avevo avuto l'impressione di trovarmi davanti a un romanzo diverso. Ho personalmente percepito come piuttosto pesante, seppur ben scritta, la parte relativa al 1979: quella guerra civile, con tutti gli orrori connessi, scorre lentamente (a volte troppo), nonostante rimanga impressa - come credo sia stata intenzione dell'autore - nella mente del lettore. Avrei forse voluto immergermi in una lettura più leggera, seppur con i suoi dovuti approfondimenti. Ad ogni modo, "Quanto blu" è sicuramente un bel romanzo che pone vari spunti di riflessione, certamente consigliato a un determinato genere di lettore.


«Lo dicevano spesso, che io evitavo il blu. Ed era vero. Quel colore mi metteva in crisi. Non riuscivo a controllarlo. C’era quasi sempre come una base di calore nella mano di fondo, ma in superficie non si vedeva mai, non era mai più che un’idea in nessun quadro. E sebbene il blu sia tanto piacevole, sia un colore gradito o amato da molti - nessuno odia il blu - non lo potevo usare. Il colore della fedeltà, della lealtà, l’argomento dei filosofi, il nome di una forma musicale... ma il blu non era mio. E per estensione nemmeno il verde. Di fatto, in giapponese e in coreano il blu e il verde hanno lo stesso nome. E benché il cielo sia blu, in quanto colore agli umani è arrivato tardi».

«Ero arrivato ad amare il potere dei segreti e vedevo ogni quadro come un segreto in attesa di essere svelato».

«Le sfiorai una guancia. "Sei amorevole, sei un color puro". "Amorevole, è una parola interessante". "Sì, vero?". Mi prese la mano. Le chiesi: "Allora che cos'è questo... noi, che cosa abbiamo?". "L'amore". "L'amore" ripetei come in ascolto di quella parola. "È una parola così grossa". "Tu amami e basta" lei mi disse. "Ti amo"».

«Tieni un segreto abbastanza a lungo e non potrà più essere svelato, o semplicemente non lo sarà». 

giovedì 9 luglio 2020

Recensione di "La donna di scorta" di Diego De Silva

Buonasera amici! Terminato di studiare articoli e ipotizzare ricostruzioni storico-archeologiche che, forse, non troveranno alcun fondamento se non con un briciolo di fortuna, mi rifugio sul blog per entrare nella dimensione di un'altra letteratura, presentandovi la mia ultima lettura.


Trama: Un uomo e una donna si incontrano, in un giorno di pioggia, in una di quelle strade della propria città che si percorrono in fretta per raggiungere il lavoro. E il tempo si ferma, ricomincia, riparte da zero, si creano le possibilità di un nuovo futuro, se solo si avesse il coraggio di scegliere. «E dire che le loro vite, a passarci davanti, potevano andare. Fatte di lavoro, di mutui, case, mobili, libri, quadri, vestiti e tutte le cose che messe insieme diventano le persone». Livio è sposato, ha una bambina. Dorina è sola. Giovane, senza domande, senza pretese. Da lui vuole quello che può avere. Quello che lui le può dare.

Curiosa di sapere cosa ne pensassero altri lettori, mi sono avventurata nel web alla ricerca di altre recensioni. Ho letto parole come "adulterio", "amanti", "infedeltà". Indubbiamente sono tre concetti chiave che vengono rimarcati nella storia di Dorina e Livio, ma non credo ci sia solo ed esclusivamente questo. Dietro l'incontro di questa coppia, lei single (apparentemente), lui sposato e più grande, ci sono certamente dei sentimenti, forse difficili da comprendere soprattutto se si guarda il tutto nell'ottica del "matrimonio rovinato" dal terzo incomodo, ovvero Dorina.
Ebbene, forse vi sorprenderà, ma Dorina non è il terzo incomodo. La giovane donna, di 31 anni, addetta alla stampa, alla rilegaura e (ahimé) alla scrittura di tesi di laurea su commissione, incontra casualmente Livio. Un incontro come tanti, tra due completi estranei, che nasconde in sé una certa alchimia, pur non venendo volutamente descritto dettagliatamente. Dorina nemmeno lo sa che Livio è sposato quando tutto comincia. Lei si lascia andare, naufragando in un vortice di sensazioni che quell'uomo è capace di provocarle. 
Le piace la tenerezza con cui la guarda, il tocco delle sue mani, le piacciono i silenzi e le risate, gli abbracci in cui l'avvolge e la passionalità con cui vive quel rapporto.


Dorina è una donna innamorata che non pretende altro, se non essere ricambiata, vivendo momenti piacevoli con Livio, pur intuendo prima e sapendo poi che è impegnato con un'altra. Sa che dovrà essere solo Livio a scegliere. E quando, infatti, diventa terribilmente consapevole del fatto che sarà sempre la "ruota di scorta", si avverte in lei un cambiamento: Dorina è sfuggente, sparisce, nasconde la fragilità dietro l'apparente freddezza, si rannicchia a terra ma non piange, lasciandosi andare a un atto di rabbia nei confronti dell'unico regalo ricevuto da Livio, un libro che cercava da tanto tempo.
E Livio? Certamente del protagonista maschile sappiamo molto di più: il lettore sa dal principio che è un antiquario, sposato con Laura, moglie "devota" e laureanda, e ha una figlia, Martina. Incontra Dorina su un'anonima strada iniziando una relazione clandestina con lei. La vita di Livio sembra perfetta, ma forse il nostro protagonista ha qualche tipo di vuoto dentro di sé, incolmabile nella sua situazione. Livio necessita di un amore diverso, di un amore che sia rinnovato, che si lasci andare alla passione e alla dolcezza, cosa che purtroppo tra le braccia di Laura, divenuta ormai un'abitudine e un porto sicuro in cui rifugiarsi, non trova più.
Allo stesso tempo, Livio vorrebbe essere un pensiero più presente nella mente di Dorina, la quale si rivela invece, apparentemente, insensibile. Più volte egli esprime questo disagio, senza tuttavia riuscire a trovare un equilibrio. Dorina gli appare sfuggente: può possederla per poco, ma non l'avrà mai completamente, perché è una creatura libera. E poi i dubbi si fanno spazio in lui, il tipico uomo sposato e confuso: come sarebbe la sua vita con lei? Diversa di certo, più emozionante, da scoprire, forse più libera. Vorrebbe conoscere tutto riguardo il suo passato, ma lei è riservata, forse non si fida completamente. E Laura? Cosa le sta facendo... sta intessendo una rete di bugie che lo fanno sentire mortificato davanti al volto dolce della sua sposa. E cosa penserebbe sua figlia di un padre che sta anche con un'altra donna?


Livio ha bisogno di certezze, che già possiede, ma che non gli bastano; Dorina ne ha bisogno altrettanto, ma è sola con il suo lavoro e un uomo che tiene il piede in due situazioni diverse.
Sarebbe stata una bella storia d'amore (non impossibile), quella di Dorina e Livio, se solo si fossero incontrati prima; sarebbe stata una bella storia d'amore quella di Livio e Laura se solo lui non avesse deciso di deviare il percorso.
E allora è Livio il colpevole? Non sono capace di giudicarlo a priori. Forse se fossi in Laura non lo perdonerei mai, ma non lo perdonerei nemmeno se fossi in Dorina, sedotta e abbandonata. A volte le cose succedono perché devono, perché i sentimenti guidano la barca della vita in maniera del tutto incontrastata e talvolta non si può far altro che assecondarli.
Allora era solo attrazione quella provata per Dorina, oppure amore? Sono certa fosse il secondo. E quello per Laura? Anche.
Si possono amare due persone insieme? Forse sì, con intensità diverse. Sta ad ogni persona capire per quale delle due voler rischiare. Il problema è che pochi hanno il coraggio di essere sinceri con se stessi, anche di ammettere che un percorso sia purtroppo terminato e ne stia iniziando un altro. In pochi sono capaci di prendere la giusta decisione che punti verso una felicità comune... perché l'abitudine non è felicità, ma solo un rifugio dovuto alla paura di ricominciare. In pochi affrontano la scelta di lasciare il certo per (l'apparente) incerto. Indubbiamente qualcuno si ritroverà a soffrire, ma prima o poi ogni cosa acquisterà nuovamente il proprio equilibrio e il tempo lenirà le ferite.
Dorina e Laura, in tutto ciò, rappresentano due facce dell'amore: quello libero, svincolato da ogni interesse, puro e cristallino, forse giovane; dall'altra parte, vi è quello maturo, consapevole, fedele, sicuro, con note abitudinarie, a volte virante verso il forte affetto, cementato (apparentemente?) dall'avvento di uno o più figli.


Ancora una volta Diego De Silva non mi ha delusa. Avevo letto "Mancarsi" qualche mese fa, finendolo in pochi giorni; "La donna di scorta" l'ho acquistato due giorni fa, e l'ho terminato oggi pomeriggio. La scrittura è scorrevole, a volte include dialoghi riflessivi nella narrazione come se fosse il lettore a parlare tra sé e sé, analizza i sentimenti scindendoli e ponendoli a nudo, coltivando l'interesse crescente di chi sfoglia le pagine e vorrebbe conoscere l'epilogo.

Bene, con questo vi auguro una buona serata e vi lascio con qualche piccola citazione.

«È curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l'ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l'occhio all'orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l'anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l'occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo».

«Succede continuamente. Ogni giorno, in ogni parte del mondo qualche milione di persone dice al milione che ha appena incontrato: "Non so perché sto raccontando tutte queste cose proprio a te, che ti conosco appena". E invece sa benissimo quello che fa. Viviamo nell'attesa permanente di un estraneo a cui consegnarci mani e piedi».

«Provano a baciarsi ma non si può. Appena le labbra si incontrano, l'amore deraglia. Gli occhi pretendono, le mani vogliono sentire. Devono separarsi, e sorridere. O stringere. E poi tenersi, e tenersi ancora. L'unico modo di quietare quel miscuglio di gioia e di sofferenza».

«Rinunciare a Laura? L'amava. Non aveva nessun motivo per pensare il contrario. Quel poco che gli era riuscito nella vita, praticamente lo doveva a lei. Piuttosto che farle del male, si sarebbe buttato di sotto in quello stesso momento, in quello schifo di fiume. Lasciare Dorina? Solo il pensiero gli toglieva l'aria. E per ottenere che cosa, anche ammesso che ne fosse stato capace? Il vuoto, l'angoscia, la privazione peggiore che avesse mai conosciuto».

lunedì 14 maggio 2018

Recensione di "Vorrei incontrarti ancora una volta" di Kate Eberlen

<<Ripensai ai grandi amori della letteratura. Gli innamorati s'incontravano perché erano fatti l'uno per l'altra o semplicemente perché vivevano vicini? Cathy e Heathcliff abitavano nella stessa casa, Romeo e Giulietta erano entrambi di Verona. L'anima gemella dipende dal destino o dal sentimento d'amore che provi in quel momento e che ti porta a dire che è quella l'unica persona al mondo giusta per te?>>

Ho riflettuto spesso sulla questione: vicinanza o destino? "Forse entrambe" è stata la mia risposta. La vicinanza aumenta le probabilità, ma è anche vero che se due persone non sono destinate a stare insieme potranno incontrarsi anche tutti i giorni senza che scatti qualcosa di importante tra di loro.
Tanti fattori ruotano intorno all'amore, ragion per cui non è una cosa semplice innamorarsi davvero.
E se capita sul serio non sai fornire motivazioni sul perché ti piaccia quell'individuo che non è particolarmente bello, ma che trovi comunque affascinante; quello che non è socievole, eppure a te piace il suo sorriso dolce abbinato al suo sguardo profondo; non ha la voce da attore, però in fondo se non possedesse il tono che riconosci tra mille altri, non sarebbe lui. Si ama quando i difetti diventano pregi agli occhi dell'altro, quando il battito cardiaco oscilla e le gambe vacillano... quando improvvisamente diventiamo stupidi, ridicoli persino, davanti all'altra persona e quella stessa ci trova adorabili. Ma osserviamo la copertina e leggiamo la trama di "Vorrei incontrarti ancora una volta" di Kate Eberlen.


Trama: Mai vicini abbastanza per sfiorarsi davvero. Dicono che il destino, come un abile prestigiatore, decida chi entrerà nella nostra vita. E per Tess e Gus, due diciottenni desiderosi di cogliere tutto quello che il futuro ha da offrire, il destino si presenta sotto forma di un incontro tanto casuale da essere indimenticabile. In una calda mattina estiva, nella basilica di San Miniato al Monte a Firenze, i loro sguardi si incrociano per la prima volta. È questione di un attimo fugace. Qualche parola sussurrata nel silenzio. Un sorriso rubato, forse promessa di un domani insieme.
Ma le loro strade si dividono con la stessa fugacità con cui si erano sfiorate. Tess è costretta a crescere prima del previsto: abbandona il suo sogno di diventare una scrittrice per prendersi cura della sorellina. Gus finisce intrappolato in una vita che non gli appartiene rinunciando all’arte che ama tanto. Entrambi sono andati avanti e sembrano essersi lasciati alle spalle quell’estate toscana. Eppure, il destino nel corso del tempo li fa incontrare di nuovo. Sempre per brevi istanti di silenziosa perfezione dove tutto torna a essere possibile. Poi, li allontana di nuovo.
Fino a quando, un giorno di molti anni dopo, sono di nuovo là dove tutto è cominciato. Oggi come allora, a separarli qualche metro di distanza. Una distanza che forse non è più incolmabile. Perché le loro sono due vite parallele con un unico destino: incontrarsi per sempre.
Un romanzo che segna l’esordio prorompente di Kate Eberlen sulla scena letteraria internazionale. A pochi giorni dalla pubblicazione, venduto in oltre 25 paesi, ha subito scalato le classifiche, affascinando migliaia di lettori e innescando un passaparola senza precedenti. Una storia dolce e delicata. Un monito a non lasciarci ingannare e a non pensare che nella vita tutto sia già scritto. Anche quando crediamo che nulla possa più cambiare, il destino è sempre dietro l’angolo, pronto a stupirci con effetti speciali.

Si diceva, innamorarsi non è facile, nemmeno per Tess e Gus che, per anni, proseguono a incontrarsi senza che le loro vite si leghino davvero. Tess incontra Gus durante una giornata a Firenze: lei è in viaggio con la sua migliore amica, sta per iscriversi all'università e la vita sembra così piena di aspettative; Gus è lì con i suoi genitori, chiuso in una sua dimensione post traumatica. Eppure tra i due sembra scoccata una scintilla, destinata però ad essere sorpassata in quanto la vita ha in serbo ben altro.


L'esistenza di Tess verrà sconvolta, quando si ritrova a fare da mamma alla sua sorellina, Hope, dovendo di conseguenza abbandonare il suo sogno e l'università. Gus, invece, convive difficilmente con il fantasma del fratello maggiore, morto in un incidente sciistico, e l'università gli appare come una liberazione. Si iscrive a medicina, più per una convinzione del padre che per sua passione. Gus, infatti, amava l'arte, ma è costretto a vederla solo come un hobby, non come qualcosa cui dedicare la propria vita.
Trascorrono gli anni, Gus si crea una famiglia, mentre Tess, la cui strada è cosparsa di delusioni amorose, è stata sempre accanto a Hope proprio quando la piccola ne aveva tanto bisogno.
I due si incrociano spesso durante gli stessi eventi, ma il destino gioca, intreccia i fili, mischia le carte... ed erano le persone giuste al momento sbagliato.
Non tutto però è perduto: l'amore è in agguato e sa aspettare proprio quando noi, ormai, non ci speriamo più. Le esperienze ti segnano, cambiandoti, trasformandoti in quella persona giusta che capita al momento perfetto. Forse per Tess e Gus, destinati a incrociarsi per anni senza incontrarsi più, una sola piccola speranza c'è ed è proprio quest'ultima che tiene il lettore con gli occhi fissi sulle pagine, desiderando che i fili del destino, a un certo punto, siano legati insieme.
Allo stesso tempo si avverte una nota di malinconia: se Tess e Gus si fossero incontrati prima e fossero rimasti insieme stabilmente, cosa sarebbe accaduto? Sarebbero stati felici? Oppure il loro sentimento sarebbe stato temporaneo?


In questo romanzo aleggia l'aura delle possibilità, dei "se" rimasti sospesi in futuri alternativi.

"Vorrei incontrarti ancora una volta" è un romanzo che genera molte riflessioni sulla vita e sulle sue possibilità, sugli infiniti futuri alternativi che una singola azione, d'un tratto, può far trasformare nel nostro presente.
Tuttavia, non nego di essere rimasta un po' delusa. Mi sarei aspettata qualcosa di diverso, forse romantico in maniera differente o, magari, che i due protagonisti che non si fossero scordati l'uno dell'altra per così tanti anni.
Non posso dire oltre perché cadrei nello spoiler. Il romanzo è bello ma, ripeto, avevo altre aspettative.

Vi lascio con alcune frasi e pensieri tratti dal romanzo. Tess ha vissuto momenti che mi hanno ricordato la me stessa di qualche anno fa... quando ero - e in realtà sono rimasta - una ragazza timida, a volte troppo alta e considerata una persona che si dava le arie; quella ragazza che viaggiava, solo con la fantasia perché, all'epoca, non aveva mai nemmeno preso un aereo; quella ragazza che sognava l'amore vero da parte di un ragazzo gentile che la rispettasse. Ero uno sognatrice e lo sono ancora; forse la mia testa non è più così tra le nuvole perché sono cresciuta e ho imparato, ma mi manca quell'ebrezza dell'incoscienza, quel senso del rischio, dell'imprevidibilità che solo durante l'adolescenza si possiede.

<<Alle feste non me la sono mai cavata bene. Se sei timida, essere alta è uno svantaggio, perché per qualche strana ragione la gente dà per scontato che tu sia disinvolta, e quando vede che parli poco pensa che ti stai dando delle arie>>.


<<"Io leggo. In un certo senso anche questo è un modo per uscire di casa"
"Libri di viaggio, cose così?" chiese.
"Soprattutto romanzi", risposi.
Il momento della giornata che preferivo era quello in cui potevo chiudere la porta della mia stanza dopo aver messo a letto Hope e la casa era immersa nel silenzio, per essere trasportata nella Londra vittoriana, o nel Wessex di Thomas Hardy oppure nell'Irlanda degli anni Sessanta>>.


<<La sua imprevedibilità era eccitante. Mi sembrava di camminare costantemente sul filo, in bilico tra l'adorazione e il disprezzo più assoluto, ma ero sempre stata convinta che il vero amore fosse un dolce e terrificante precipizio. Tutte le più grandi storie d'amore, dal Dottor Zivago al Paziente inglese, non erano forse attimi rubati di estasi tormentosa? La parola "passione" non esprimeva forse una sofferenza?>>

<<"Ho trovato un uomo gentile, mamma, un uomo che sa capire chi sono davvero", le dico in silenzio [...]>>.


sabato 31 dicembre 2016

Chiusura di un anno e spazio al nuovo 2017

2016... Quando si vanno a tirare le somme durante l'ultimo giorno dell'anno, si torna indietro avvalendosi della tecnica del flashback narrativo.
Il mio posso definirlo un anno di ripresa, dopo un traumatico 2015 (in ogni senso, a partire dalla frattura della spalla). Quelli trascorsi sono invece stati dei mesi in cui ho cercato di tirar fuori tutta la mia forza e di far tesoro delle esperienze passate. E' stato un anno costellato di bei momenti: un ritorno nella bella Firenze, l'approdo in Sicilia a Catania e Siracusa per il convegno, la pubblicazione di un articolo epigrafico (e chi l'avrebbe mai immaginato?), il viaggio a Ravenna e quello in Belgio, qualche altra piccola scoperta che darà i suoi frutti (spero) nell'anno prossimo e, infine, la discussione della tesi dottorale. 


Infine, ho portato a casa alcune conquiste: ho ritrovato un bel po' di calma (pensavo fosse esaurita e invece posso contare fino a 10 prima di reagire); non mi trema più la voce quando parlo in pubblico (ci ho impiegato un bel po' di anni a causa della mia enorme timidezza, ma ce l'ho fatta); ho pubblicato finalmente "Chiaro di Luna". 
Ho imparato soprattutto a non dare importanza a "quel che la gente dice" perché di parole se ne dicono tante e spesso rovinano i rapporti tra le persone.  


Il 2017 non so cosa porterà. È davvero tutto molto incerto, ma non voglio essere prevenuta. 
Prima di parlare, sarà un anno da conoscere e su cui indagare. Per quel che mi riguarda, dovrò ricominciare da capo, ma con tenacia e passione spero di riuscire a ritagliare il mio spazio in questo mondo, anzi, in questa Italia che non considera i giovani e li caccia via. 
Come disse Einstein, "C'è una forza motrice più forte del vapore, dell'elettricità e dell'energia atomica: la volontà". 


Non dico che sarà facile. Rientro nella schiera dei "comuni mortali" e sono certa che la strada, come sempre, sarà tutta in salita, ma non voglio mollare a nessun costo. E se un giorno, allo stremo delle forze, non ce l'avrò fatta, almeno potrò dire di avercela messa tutta per realizzare il mio sogno (che in teoria, sarebbe un diritto... quello al lavoro). 
Speriamo che questo nuovo anno porti cambiamenti positivi. Ne abbiamo tutti un gran bisogno, in ogni parte di questo mondo martoriato dalla stupidità dell'uomo.
Buon anno a tutti quindi, e cercate di riflettere. Siamo tanti tasselli che compongono lo stesso puzzle. Anche la più piccola delle azioni, potrebbe cambiare il futuro di qualcun altro.


sito