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lunedì 11 settembre 2017

Recensione di "La piccola casa dei ricordi perduti" di Helen Pollard

Salve a tutti amici lettori! Questa è l'ultima recensione relativa a un romanzo letto durante le mie vacanze estive. Devo dire di essere stata fortemente attratta dalla copertina che trovo veramente deliziosa, ma andiamo a leggere la trama.


Trama: Emmy Jamieson arriva a La Cour des Roses, una bella pensione nella campagna francese, con l’intenzione di trascorrere due settimane di relax in compagnia di Nathan, il suo fidanzato. Tra loro c’è qualche problema, ma Emmy è certa che questa vacanza risolverà tutto. Si sbaglia… Neanche il tempo di disfare le valigie e Nathan se l’è già svignata con Gloria, la moglie di Rupert, il proprietario della pensione. L’uomo è scioccato ed Emmy, sentendosi in parte responsabile dell’accaduto, si offre di aiutarlo a gestire la pensione. Emmy ha il cuore a pezzi, ma si trova all’improvviso in una dimensione nuova, circondata da tanti amici. E anche da qualche uomo interessante: Ryan, il provocante giardiniere, e Alain, il ragazzo che si occupa dell’amministrazione, irritante ma bellissimo. Mentre Emmy si riappropria del proprio tempo e del contatto con la natura comincia a sentirsi a casa. Ma sarebbe una follia lasciare amici, famiglia e tutto ciò per cui ha sempre lavorato… O no?

Le prime pagine di lettura hanno già svelato il fatto che, come spesso accade, la traduzione italiana non fosse assolutamente relazionata al contenuto. Il titolo originale "The little French guesthouse" è molto più appropriato, trattandosi infatti del racconto della vicenda di Emmy non appena giunta alla Cour des Roses, una pensione dove trascorrere una vacanza con il proprio fidanzato, Nathan.


Il loro rapporto stava precipitando ed Emmy, accortasi della situazione, tenta di recuperare, riavvicinandosi a lui. Peccato che Nathan non sia intenzionato a rimanere con Emmy, scegliendo addirittura una donna molto più grande, Gloria, moglie del proprietario della pensione Rupert, con la quale scappa. Emmy è distrutta, ma non si abbatte, trovando nella gestione della pensione un ottimo svago. Quel posto è meraviglioso, immerso nel verde, vicino a un paesino che sembra uscito dalle fiabe. Ed Emmy rinasce, riscopre la bellezza della libertà e del poter effettuare le proprie scelte, facendo emergere tutta la sua forza femminile, puntando su se stessa e contando sui nuovi amici di cui si è contornata.


Ora qualche commento. Il romanzo è scorrevole, una piacevole lettura per trascorrere un po' di tempo libero. La protagonista è allegra, ironica, motivata a riprendere le redini della propria vita, senza abbattersi (in fin dei conti, non era sposata con Nathan, nonostante la convivenza, forse un po' azzardata con una persona che non aveva idee per il futuro).
Le ambientazioni sono magnifiche, ma lasciate in gran parte all'immaginazione del lettore.
La scrittrice si è concentrata essenzialmente sulla trama amorosa e sentimentale che tiene legata la narrazione. Si può definire quindi come una lettura leggera, senza particolari pretese.
La copertina e il titolo mi hanno però dato false speranze. Credevo di trovarmi davanti a un romanzo totalmente differente, nonostante la trama rifletta parzialmente lo svolgimento della storia.
Il libro è il primo di una serie. Al momento sono curiosa di sapere cosa farà Emmy della sua vita e quindi forse leggerò il seguito, ma non è tra i miei romanzi prioritari.



Bene, direi che è ormai una certa ora. Vi auguro quindi buonanotte!

domenica 10 settembre 2017

Recensione di "Al buio" di Patricia Cornwell

Ci sono romanzi che appena acquistati vengono subito divorati, mentre altri rimangono a prendere un po' di polvere sugli scaffali per un tempo più o meno consistente.
Quest'ultimo è il caso di "Al buio" di P. Cornwell per quel che mi riguarda e non perché l'autrice non sia meritevole, anzi… il fatto è che si tratta di un thriller e, notoriamente, non leggo questo genere di narrazione. 
Il romanzo mi venne regalato, ormai un bel po' di anni fa, e rimase sempre indietro nella lista. Avevo paura di scorgere tra le sue pagine elementi che mi avrebbero tormentato per giorni, esattamente come accade con i film. Non posso guardarne di quel genere, non ci riesco, mi impressiono. Dove c'è sangue, violenza psicologica e fisica relativa a tempi eccessivamente contemporanei, non ci sono io. Un conto per me è leggere di mummie e di "omicidi" di tantissimi secoli fa, un conto è leggere di donne e uomini che vengono tartassati per colpa di pazzie di contemporanei. Non so spiegarmi, ma per me fa una grossa differenza. Che poi, intendiamoci: sono un'assidua lettrice dei fumetti "Julia" di Giancarlo Berardi, in cui l'omonima criminologa con il volto di Audry Hepburn si occupa di omicidi e vari altri casi a volte molto atroci. Forse ormai so cosa aspettarmi dai fumetti e non mi impressiono più di tanto (nonostante ci siano stati episodi piuttosto "notevoli"), ma i romanzi sono sempre a "scatola chiusa".


Trama: La potente e bellissima Monique Lamont, procuratore distrettuale ambizioso e senza scrupoli, affida una nuova missione al detective Win Garano: recarsi a Watertown, un piccolo centro del Massachusetts, per riaprire un caso irrisolto di omicidio risalente a quarant'anni prima. Il procuratore vuole provare a tutti i costi che a violentare e uccidere nel 1962 Janie Brolin, una ragazza cieca, fu il famigerato Strangolatore diBoston: proprio il colpo di scena di cui avrebbe bisogno per dare una svolta alla sua carriera. Watertown, però, è anche la sede del FRONT, un'organizzazione informale che riunisce alcuni dipartimenti di polizia decisi a ritagliarsi un'autonomia sempre maggiore, con buona pace del procuratore distrettuale. Un conflitto di interessi che Garano si trova da subito, suo malgrado, ad affrontare. Con il passare dei giorni e il progredire delle indagini, nel detective maturerà la consapevolezza di trovarsi imprigionato in un labirinto di specchi deformanti, una trappola dove verità e menzogna sembrano mescolarsi in un'unicaombra minacciosa. E dire che Nana, la sua stravagante nonna, una sorta di fattucchiera capace di premonizioni e strani incantesimi, lo aveva messo in guardia. Ma forse nemmeno la stregoneria poteva preparare Win a ciò che lo aspetta. Proseguono con "Al buio" le vicende di Win Garano cominciate in "A Rischio": una nuova e già acclamata serie nella quale Patricia Cornwell stupisce ancora una volta per le sue capacità narrative, confermandosi come la massima autrice nel panorama del thriller.

Quando ho terminato di leggere, mi sono resa conto che non mi ero impressionata. È stato semplicemente un romanzo poliziesco. C'era l'omicidio operato dall'organizzazione mafiosa di turno, c'era violenza, ma era stato presentato in maniera soft. Il protagonista Win Garano viene incaricato dal procuratore, Monique Lamont, di riaprire un caso accaduto nel 1962: una donna cieca britannica era stata uccisa in casa sua a Watertown (U.S.A.), mentre poco distante era stato ritrovato il corpo del compagno investito e calpestato più volte da una macchina. 


Era stato archiviato come "delitto passionale", ma qualcosa non torna. Scotland Yard e la stessa procura statutinense vogliono vederci chiaro, soprattutto in un momento in cui sembrano esserci conflitti di interesse. Non posso dire molto di più perché il romanzo è breve e fa parte di una serie incentrata sulle storie di Win, ma devo dire che mi ha interessata soprattutto nella ricostruzione delle prove e nei ragionamenti polizieschi effettuati per risalire al colpevole. 
Non mi è piaciuta invece la narrazione al presente. Più volte l'ho detto e non la prediligo.

L'autrice ha voluto inserire anche una scia sentimentale, per rendere più interessante la storia del protagonista. Il procuratore, Monique, è il capo, una persona gelida, calcolatrice, eppure Win le ha salvato la vita, rendendosi testimone della sua parte fragile. Proprio per questo i due si punzecchiano.

Stump, la poliziotta che gestisce un minimarket e allo stesso tempo il laboratorio mobile, un tempo amica di Monique, prima dell'incidente che le costò l'amputazione di metà gamba, è un personaggio ironico, con una corazza ben costruita, al di sotto della quale si nasconde una persona dal gran cuore.


Nana, la simpatica nonna di Win, mi ha ricordato incredibilmente Mamma Odie di "La Principessa e il Ranocchio", con le sue pozioni, i rimedi antisfortuna, i metodi assimilati alla "stregoneria" contemporanea.

Infine Win è un detective ironico come Stump, ma segue una sua logica, senza distogliere mai lo sguardo dall'obiettivo finale. È cresciuto con la nonna, della quale segue i consigli, nonostante siano un po' bizzarri. L'ho trovato un'anima inquieta dal punto di vista sentimentale, confuso a volte, mentre sul palco lavorativo eccolo operativo.

Immagino ci siano episodi precedenti a questo romanzo, come ce ne siano di successivi. Chissà che tra i libri regalati a mio fratello – la Cornwell occupa un posto decisamente consistente – non trovi magari qualche romanzo della stessa serie. Al contrario di quanto mi sarei aspettata, mi ha lasciato un po' di curiosità.

sabato 9 settembre 2017

Recensione di "La ragazza Italiana" di Lucinda Riley

Lucinda Riley rappresenta ormai per me una certezza: le sue storie mi coinvolgono, mi appassionano, i personaggi sono amici cari da cui è difficile separarmi quando terminano le pagine.
"La ragazza italiana" si presenta con una copertina che richiama l'opera e il teatro: una giovane donna mora dà le spalle al lettore, mentre si mostra con un ricchissimo vestito rosa sulla scena di un teatro. La lirica è il tema dominante in questo romanzo, in cui si intrecceranno le storie di Rosanna Menici e di Roberto Rossini, destinate a cambiare la vita di tantissime altre persone intorno a loro.


Trama: Napoli, 1966. E' una splendida giornata estiva e la casa dei Menici ferve di preparativi per la festa che si terrà quella sera. Rosanna ha solo undici anni e sogna di diventare bella e corteggiata come la sorella maggiore Carlotta, che con la sua pelle di velluto e i lunghi capelli scuri attira su di sé tutti gli sguardi.
Ma Rosanna ha un altro dono, che la rende davvero speciale: una voce straordinaria in grado di incantare chiunque la ascolti.
Soprattutto il giovane Roberto Rossini, brillante studente della Scala di Milano, che dopo l'esibizione di Rosanna propone a suo padre di farla studiare con uno dei più grandi maestri della lirica. Un incontro fatale, quello tra Roberto e Rosanna, che segnerà per sempre il loro destino.

Milano, 1973. Ormai una giovane donna sensibile e appassionata, Rosanna ha finalmente realizzato il desiderio di essere ammessa alla Scala. Inizia per lei un periodo inebriante: il ritmo della metropoli, le estenuanti prove di canto, i primi gloriosi passi sul palcoscenico.
E sarà proprio qui che le strade di Rosanna e Roberto si incroceranno di nuovo. Affascinata e intimorita da quell'uomo carismatico e sfuggente, sempre circondato da donne bellissime e acclamato nei teatri di tutto il mondo, Rosanna finisce per essere travolta da un sentimento potente e inarrestabile.
Ma un segreto nascosto nel passato di Roberto e le oscure trame di una donna senza scrupoli minacciano di infrangere tutti i suoi sogni...

Prima di tutto, l'ambientazione: stavolta siamo in Italia, nella magnifica e colorata Napoli, che ci avvolge con tradizioni, sapori e odori, vicoletti che si inoltrano nella città barocca, fino a sfociare sull'azzurro golfo dominato dall'imponente Vesuvio. 


È in via Piedigrotta che inizia la storia di Rosanna, terza figlia di Marco e Antonia, sorella della bellissima Carlotta e del mite Luca. La sua giornata si svolge nel bar/pizzeria del padre dove immagina, forse già in preda a una giovane rassegnazione, il suo futuro. Osserva con occhi di ammirazione e un pizzico d'invidia la sorella maggiore, così bella e spigliata, ma soprattutto libera. I genitori la prediligono in tutto, mentre Rosanna è solo la piccola di casa, un po' bruttina a detta loro, che deve ancora trovare il suo talento migliore. Quest'ultimo non tarderà ad emergere perché, in occasione dell'anniversario di alcuni amici di famiglia, Rosanna viene invitata a cantare l'Ave Maria. È emozionata, tutti gli occhi sono puntati su di lei quando sale su quello sgabello e inizia a dar voce a parole e melodia, ma si lascia andare e il canto irrompe dolce e potente in quella stanza. 


Roberto Rossini, promessa dell'opera e studente alla Scala di Milano, ne rimane estasiato: quella ragazzina undicenne ha talento e un dono come il suo non può essere ignorato. Le suggerisce quindi di studiare dal suo primo maestro, Luigi Vincenzi, che saprà allenare quella voce per farla diventare una stella. Ma nel cuore di Rosanna è appena germogliato qualcosa di molto forte: è la prima volta che incrocia lo sguardo di Roberto, eppure il suo stomaco è andato in subbuglio e sul diario segreto, quando la sera torna in camera sua, esprime il desiderio di sposarlo.
Quella stessa notte Carlotta torna molto tardi in camera. È stata con un uomo, anzi, con Roberto, e sembra felice, ma non sa cosa il futuro ha in serbo per lei.


Rosanna, ancora giovane per soffrire veramente d'amore, viene rapita invece da quello che è il suo vero sogno, la sua vocazione: cantare. Eppure i suoi genitori non hanno soldi per pagarle le lezioni e non le permetterebbero comunque di provare. Il suo destino è il bar. Luca, suo fratello, non può sopportare di vedere così triste la sorellina e fa di tutto per far sì che possa realizzarsi, almeno lei. È lui a condurla segretamente da Luigi Vincenzi, lui che le paga le lezioni con i risparmi di una vita chiuso in quel bar a impastare pizza. È sicuro che Rosanna avrebbe potuto coronare il suo sogno. Trascorrono così gli anni e Rosanna impara a domare la propria voce, allenarla, ad ascoltarla. Arriva anche la prima esibizione che le aprirà le porte alla scuola della Scala di Milano.


Lo scenario si sposta quindi dalla ridente e solare Napoli, alla elegante Milano (non mi piace definirla grigia, perché per me non lo è affatto) dove si recheranno lei e suo fratello, con il permesso del padre che, sentendo Rosanna cantare, ha capito quale fosse il suo vero destino. Ed è a Milano che si intrecciano le vite, che si segnano le storie, che sbocciano gli amori più passionali destinati a non spegnersi mai.


Rosanna incontra nuovamente Roberto, il quale ha fama di essere uno "sciupa femmine", un dongiovanni, eppure lui è il migliore, il suo talento eccezionale e insieme le loro voci fanno faville. Allo stesso tempo Luca, dal cuore buono e gentile, inizia a riflettere sul suo futuro, confuso tra l'amore divino e quello terreno. E poi ci sono gli intrighi (che non mancano mai), trame tessute da uomini e donne potenti ai quali sottrarsi è difficile, soprattutto quando la fama ti ha ormai investito. 


L'amore tra Rosanna e Roberto è talmente grande e passionale che non ci impiegherà molto prima di sbocciare, ma sarà veramente quello di cui entrambi avevano bisogno? È giusto annullare la propria vita, il proprio essere, la propria personalità, per amore?

Lucinda Riley trasporta il lettore in un vortice di emozioni, tra l'Italia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti, tra segreti e passione, in una cornice che è quella del mondo della musica.


Adesso i miei commenti. Ovviamente mi è piaciuto, molto, anzi, tantissimo. Ho terminato di leggerlo in tre giorni e mezzo (e solo perché a casa non ci sono stata, altrimenti avrei raggiunto il record di due giorni). C'è un "ma": i romanzi precedenti erano ricchi di minuziose descrizioni dei luoghi, cosa che invece e purtroppo non ho riscontrato qui. È un romanzo in cui prevalgono i dialoghi, come se il lettore stesse guardando un film. Intendiamoci, mi è piaciuto e, anzi, lo consiglio, ma apprezzo la Riley anche per quelle descrizioni così belle, così dettagliate che mi permettono di entrare all'interno dell'ambientazione. Conosco Napoli, così come Milano e non mi è stato difficile immaginare i luoghi; conosco Londra dai libri e dalle foto, così come New York e avrei voluto che mi aiutasse lei con le sue parole.


Per il resto, Rosanna è un personaggio straordinario: ha una forza spaventosa che la pervade, ma è allo stesso tempo tanto fragile. Proprio questa sua ultima caratteristica farà sì che, di fronte a una personalità egoista e invadente come quella di Roberto, lei perda se stessa, annullandosi, abbandonando sogni e aspirazioni, vivendo in funzione di lui. Ed è ciò che di più sbagliato possa esistere in un rapporto.
Allo stesso tempo, quella di Rosanna è la storia di come i sogni possano diventare realtà, perseguendoli anche nelle difficoltà… e magari con un po' di aiuto. È stata fortunata ad avere un fratello umile e generoso che ha fatto di tutto per lei; tre Maestri (Luigi, Paolo e Riccardo) con la M maiuscola non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano; e una vera amica, Abi (Abigail) che le è stata sempre e comunque vicina.

Eppure, Rosanna cara, purtroppo sono al fianco di chi era contrario ad ogni rapporto con Roberto. Non dico che non me ne sarei innamorata perché l'amore è imprevedibile, ma non me lo sarei sposato conoscendo il vizio di cui soffriva. Il personaggio di Roberto Rossini mi ha ricordato – e qui forse qualcuno riderà – un uomo a metà tra Matthew McConaughey nel film "La rivolta delle ex" e Gabriel Garko in praticamente tutte le parti che interpreta: una persona egoista, accecata da se stesso, dalla passione che prova per OGNI donna, un bugiardo cronico che parla d'amore senza sapere cosa sia veramente.

Ho amato invece Stephen, il moro inglese con gli occhi azzurri, il vero bravo ragazzo (ovvero una chimera)… e mi è dispiaciuto nel profondo per il trattamento che gli è stato riservato.

Per terminare, Luca, pur essendo una persona dal cuore d'oro, è eternamente confuso… e io detesto la gente confusa, ma ho amato la storia che l'ha coinvolto, sperando che fosse infine veramente felice perché era questo quel che si meritava dopo tutte le buone azioni compiute, senza mai chiedere nulla in cambio.

Come definirei questo libro? Passionale e travolgente, come sappiamo essere noi Italiani quando rispolveriamo le nostre vere radici e il nostro essere più profondo.


«Col senno di poi mi sono resa conto che possiamo amare qualcuno con tutto il cuore, ma questo non significa che quella sia la persona giusta per noi».

venerdì 8 settembre 2017

Recensione di "La pietra del vecchio pescatore" di Pat O'Shea

Una copertina verde con un cane davanti ritratto in stile celtico è quel che mi ha attratto in una grande libreria di Roma.
Vi era poi il commento firmato Publishers Weekly:
"Se avete amato Harry Potter, provate a leggere questo libro".

Che dire? Ho una nostalgia pazzesca del mondo creato dalla Rowling. Chi, come me, è cresciuto leggendo i suoi romanzi, sa di cosa stia parlando (e magari attende ancora, alla veneranda età di 30 anni e passa, la famosa lettera). Ho letto la trama e mi sono fatta tentare. Ho scritto più volte di come non riesca più a trovare un fantasy coinvolgente degno di questo nome… e la speranza si è riaccesa.


Trama: Pidge e la piccola Brigit sono due giovani fratelli vivaci e spensierati che vivono in una verde vallata irlandese. La loro è una vita semplice, scandita dai rimproveri della zia Bina e dalle trepidanti attese dei ritorni del padre, spesso fuori casa per lavoro. Un giorno Pidge acquista un vecchio e malconcio libro e si trova a varcare, assieme alla sorella, la sottile soglia che separa il mondo reale da quello fantastico. Si ritrovano così a dover recuperare, per conto di un'antica divinità irlandese, una pietra macchiata di sangue prima che cada nelle grinfie della Morrigan, la Regina del Male a tre teste, dea celtica della guerra. Le guide che i ragazzi incontreranno nella loro ricerca prenderanno le forme dei più svariati e bizzarri animali e personaggi: la simpatica e saggia somarella Serena; il misterioso Vecchio Pescatore; Patsy e Boodie, simpatici amici prima, potenti forze poi; Cutu, l'astutissima volpe che accompagnerà i due eroi per gran parte del loro viaggio... Terrore, meraviglia, magia cristallina rasserenante e spaventosa, inganni, labirinti, porte magiche attraverso laghi infiniti, segugi malvagi, topi intrappolati in perfidi incantesimi: milioni di piccoli ingredienti che spalancano le porte sul regno della fantasia.

L'ambientazione è perfetta: la verdeggiante Irlanda, con le sue coste frastagliate e lambite dal mare, i boschi popolati di quella magia insita in storie che non hanno mai smesso di incantare intere generazioni.


E poi ci sono i due protagonisti fratelli: Pidge, un ragazzino di 10 anni che definirei responsabile e sulle sue; Brigit, la sorellina di 5 anni, che è invece una piccola peste già alla sua giovane età, una bimba senza peli sulla lingua.
Inizia così un'avventura che muove i primi passi da una libreria, in perfetto stile "La Storia Infinita". Pidge avverte i primi segnali di qualcosa di strano e di magico che serpeggia al suo interno: il librario è prima una persona, poi un'altra totalmente diversa e, inoltrandosi tra gli antichi volumi, il piccolo protagonista giunge in una stanzetta dove erano conservate cose da gettare. Tra queste vi era un libro, senza copertina, legato insieme solo da uno spago. Affascinato, Pidge lo tiene tra le mani e riceve il permesso di portarlo via con sé. Mai potrebbe immaginare che una di quelle pagine tenga in realtà imprigionato il serpente Olc-Glas, ricercato niente di meno che dalla Morrigan, la dea della guerra e della discordia, una e trina, che vuole impadronirsene per diventare molto potente.


E poi c'è il vecchio pescatore, colui che apre gli occhi di Pidge e Brigit verso un mondo altro, che scorre insieme al nostro; un mondo parallelo che si mescola a tratti, visibile solo da un numero ristretto di persone. I due fratelli, dopo aver imprigionato la pagina con Olc-Glas, devono recuperare la pietra con la goccia di sangue della Morrigan prima che lei stessa se ne impadronisca. È una missione che è stata affidata loro dal Dagda, il dio buono e onnipotente. Pidge e Brigit varcano quindi la soglia del mondo altro avvicinandosi a un circolo di pietre megalitiche e immergendosi nella magia della migliore mitologia celtica. Saranno aiutati da Cuchulain, dai Sette Maine, da Maeve, da Angus og e dalla dea Brigit, nonché dalla volpe Curu, dal ranocchio Puddeneen, da Serena l'asina parlante e da tanti altri personaggi, sfuggendo ai Segugi della Morrigan che valicando valli incantate, montagne, fiumi e laghi saranno sempre più vicini ai due ragazzi.


L'aiuto magico consiste anche in una serie di regali che i due ricevono: la sferetta di cristallo con la neve per vedere a quale distanza siano i Segugi; la spilla con arco e frecce; le nocelle che si schiudono quando è necessario facendo apparire ciò di cui si ha bisogno; le caramelle per il baratto. 

E a tratti questi aneddoti mi hanno ricordato il mondo di Narnia, con i doni che vennero affidati ai quattro fratelli Pevensie. Ma purtroppo di Narnia c'è solo l'ombra perché "La pietra del vecchio pescatore" o meglio, nel suo titolo originale "The Hounds of the Morrigan" (I Segugi della Morrigan), non è riuscito a farmi volare con la fantasia, a rapirmi dal mondo reale, a far sì che la voglia di proseguire la lettura fosse più forte di qualsiasi altra occupazione. Più volte mi sono persa e questo è forse dovuto anche al fatto che il linguaggio utilizzato sia abbastanza complesso, piuttosto arcaico e che la traduzione italiana non renda bene alcuni giochi di parole che in inglese forse sarebbero più comprensibili.
Il protagonista, Pidge, non ha una personalità interessante. Si limita a procedere piuttosto a caso, senza una meta precisa; Brigit, invece, è più curiosa e coraggiosa, eccessivamente però per una bambina di 5 anni… e questo fa sì che le descrizioni non siano realistiche.
Ho apprezzato molto la compenetrazione tra i mondi, il tempo e le dimensioni. È un concetto che adoro e su cui bisognerebbe riflettere maggiormente, anche se non si studia fisica quantistica.


In conclusione, il romanzo sembra essere la narrazione di un sogno, a tratti dalle caratteristiche grottesche di un incubo. Vi è il classico affidamento di un compito di fondamentale importanza a uno o più protagonisti umani che devono intraprendere un viaggio, approcciando con la magia e con elementi che nel mondo umano sono solo fantasia.
La Morrigan, una vera cattiva nell'animo, ha agito per il 90% del racconto con sotterfugi e attraverso i Segugi, ostacolando i due ragazzi tramite una scacchiera da lei comandata; la battaglia, di cui è protagonista, non descrive il massimo delle sue potenzialità (ricordo che nella saga di Melissa Marr, la Morrigan, o dea corvo, era una vera antagonista che aveva tutta la mia ammirazione).


Nonostante la storia sia indirizzata a lettori giovani, credo che questi ultimi potrebbero annoiarsi sia per lo stile adottato, che per l'eccessiva lunghezza. I lettori più grandi, magari appassionati di mitologia celtica, potrebbero apprezzare. La sottoscritta che ama l'Irlanda, la mitologia celtica, il fantasy e l'avventura non se la sente però di dare un giudizio completamente positivo. La storia c'era, ma era anche necessario riuscire a svolgerla nel migliore dei modi senza creare confusioni tra personaggi ed espressioni non comprensibili. 
Forse la versione del testo originale potrebbe dare più soddisfazione.


«[…] Siete sempre disposti a intraprendere questo viaggio di meraviglia e spavento?»


«Un'ombra ha bisogno della luce, per vivere.»


«L'acqua è così forte che consuma le rocce, le montagne. Un uomo può domare un cavallo, ma la fiumana non la doma nessuno. Se un paese fosse una persona, i fiumi e i fossi sarebbero le vene, con dentro il sangue che gli dà vita. Anche imbrigliata, non è mai domata. Fornisce l'elettricità, fa girare i mulini e, se si scaglia contro un paese, lo può scancellare come una scritta col gesso sulla lavagna. Questo può far l'acqua. E il mare, questo e altro.»

martedì 5 settembre 2017

Recensione di "La ragazza di Charlotte Street" di D. Wallace

Buonasera amici! E' stata una giornata abbastanza piena. Sono ripresi i ritmi abituali e quel torpore vacanziero non è ancora andato via quindi, detto in parole povere, non sono pronta per uscire dall'ottica mare-sole-caldo. Ma nulla è per sempre e le vacanze estive durano troppo poco.
Vi presento il secondo romanzo di cui ho sfogliato le pagine, comodamente sdraiata, solo un mese fa... (sigh)


Trama: Londra, Charlotte Street. Jason Priestley - ex insegnante, ex fidanzato cronico, aspirante giornalista ed eroe riluttante - ha appena incontrato la sua Cenerentola. Cercava di salire su un taxi tenendo in equilibrio un'incredibile montagna di sacchetti, borse e pacchi, senza riuscirci. Jason è intervenuto in suo aiuto, e i loro sguardi si sono incrociati per un magico istante pieno di promesse. Un attimo dopo, lei se ne è andata. Ma a Jason è rimasto per sbaglio qualcosa in mano, una macchina fotografica usa e getta piena di foto già scattate... Ora si trova di fronte a un dilemma: deve rintracciare la ragazza o rispettare la sua privacy? Cercarla significherebbe seguire il consiglio di Dev, il vulcanico amico con il quale Jason condivide casa, bevute e (dis)avventure. Insieme, dovrebbero imbarcarsi in una rocambolesca caccia al tesoro seguendo gli unici indizi che hanno, ancora gelosamente custoditi nella macchina fotografica. Tra tentennamenti, errori e complicazioni di ogni genere, Jason imparerà una lezione importante, ovvero che, nel tempo di un clic, le cose si possono sviluppare in modo del tutto inaspettato...


"Cosa succede se non cogli quell'attimo e in seguito non ti si ripresenta più?"

Carpe diem, cogli l'attimo. Ma a volte non è così semplice. Manca il coraggio, il respiro, la prontezza di riflessi e un'occasione svanisce via così, come un filo di fumo.

È proprio questo che è accaduto a Jason Priestly, trentaduenne di Londra, ex insegnante traumatizzato, con una storia d'amore drasticamente conclusa, aspirante giornalista che scrive recensioni per un giornale gratuito distribuito in metro.


Jason era in Charlotte Street quando ha incrociato lo sguardo di una ragazza bionda, con il cappotto blu, le scarpe rosse, carica di zaino, borse e di una macchina fotografica usa e getta in procinto di salire su un taxi. Jason la aiuta, si scambiano sorrisi, il taxi parte e… la macchina fotografica rimane a lui. 


Il ragazzo prova in ogni modo a pensare a come restituirla, ma non ha alcun indizio da cui cominciare. Mentre la sua vita va a rotoli e, tra una speranza e l'altra, tenta di uscire da situazioni a metà, il suo migliore amico, nonché coinquilino Dev porta le foto a sviluppare. Jason irrompe nei ricordi della ragazza, conosce un po' di lei (forse è anche fidanzata…) e tenta di trovare quel filo rosso che leghi gli scatti. Una sera, casualmente, la incontra di nuovo, ma non ha il coraggio di correre, di fermarla e di consegnarle le foto che porta sempre con sé. 


L'unica possibilità è svanita per sempre… o forse no? Perché quegli occhi sono rimasti impressi nel cuore di Jason? Dev insiste che il destino lo lega a quella ragazza e il nostro protagonista si mette in testa di ritrovarla. Gira l'intera Londra, appende volantini, combina guai (e ne fa tantissime, una dopo l'altra e una più grave dell'altra), stringe amicizie… e mentre cerca la ragazza misteriosa che gli ha rubato il cuore, Jason cambia, cresce, si riprende se stesso, le sue speranze e le sue ambizioni, superando le sue paure. 


Riuscirà Jason a incontrare la sua misteriosa ragazza dal cappotto blu? È un viaggio che trasporta il lettore, tra un colpo di scena e l'altro, in un perfetto mix di umorismo e curiosità, tra le vie della grigia, ma allo stesso tempo coloratissima Londra, con dei compagni eccezionali: il fedele e molto nerd Dev, la dura e fragilissima Abbey e infine Matt, il ragazzo che aveva voglia di cambiare (e che con la sua forza di volontà cambia davvero). 


Il romanzo è scritto in prima persona da Jason, dal punto di vista di un ragazzo ironico, pasticcione e molto sfortunato, intrappolato nelle sue paure che, tuttavia, riesce pian piano ad emergere, ritrovando se stesso, inseguendo i suoi sogni e le sue speranze.
Quando ho acquistato questo romanzo, mia sorella mi ha regalato un segnalibro ed era quello con una frase che amo tanto, di W. E. Disney "Se puoi sognarlo, puoi farlo". Mai segnalibro fu più azzeccato perché Jason insegue una speranza, che diventa un sogno (seppur quasi impossibile) e, credendoci, riesce forse a realizzarlo.


Il racconto è divertente e scorre velocemente. Mi ha ricordato, per alcuni lati, "Il primo caffè del mattino" di Diego Galdino, forse per questa aspirazione romantica dei protagonisti maschili di ritrovare la ragazza dei propri sogni. Una sola cosa avrei voluto leggere con i miei occhi esterni al romanzo: qualche particolare in più riguardo la misteriosa ragazza. Di lei abbiamo visto gli scatti, alla fine si capisce il collegamento tra le foto e si sa che scrive un blog pubblico ma senza firmarsi. Avrei voluto conoscerla meglio e farmene un'idea migliore… ma questa è forse la parte che spetta alla fantasia del singolo lettore.

Consiglio questo romanzo ai sognatori, ma anche a chi ha perso ogni speranza per far sì che possa ritrovarla insieme a Jason. Concludo con qualche citazione e vi auguro buona serata!

«Sono gli "e se?". E i "cosa sarebbe"? E sappiamo che se ci buttiamo, se rischiamo, magari lo perdiamo. Ma stranamente c'è una parte di noi convinta che il sentimento sia contraccambiato, perché deve esserlo, è troppo speciale per non esserlo. Crediamo sia una cosa condivisibile, anche se le uniche prove che abbiamo sono…cosa? Uno sguardo che è durato un respiro in più del solito? Una seconda occhiata, quando quell'occhiata con ogni probabilità potrebbe essere stata fatta per controllare se ci sono taxi in arrivo, o perché il colore del giubbotto che indossiamo ci ha catturato la loro attenzione e starebbe benissimo al loro fidanzato, o perché sembra che le stiamo fissando».


«L'ho guardato, e mi sono reso conto che aveva utilizzato il termine "ispirato", e che prima d'allora non me l'aveva mai detto nessuno, e mi sono ricordato di un periodo in cui forse era l'unica cosa che avrei voluto sentire.
"Guarda guarda, si scopre che sei un ottimo insegnante," ha detto sorridendo. "Ma forse l'insegnamento non fa per te."»

«Ho parlato, parlato e parlato ancora un po'. […] ho visto un barlume di una cosa strana, quasi impercettibile. Brevi guizzi di interesse; teste leggermente inclinate. Magari solo due o tre ragazzi, ma comunque sempre due o tre. Mi ha fatto sentire bene. Mi sono sentito diverso. E mentre giravo le pagine, e mi avvicinavo al finale del discorso – sui sogni e su come i sogni dovrebbero essere irrealizzabili, ma di come alcuni sogni POSSONO REALIZZARSI – mi sono sentito come l'insegnante motivatore nelle ultime scene di un film della Disney. Un tempo non avrei mai creduto di avere questa dote. E forse prima non l'avevo. Insegnare non era il mio lavoro ideale. Non ero brillantissimo nello svolgerlo. E comunque non l'avrei fatto per sempre. […] Questo era insegnare. Dimostrare con i fatti.»

«"Una cosa nuova non arriva a colei che se ne sta seduta ma a colei che viaggia." Proverbio tradizionale della tribù Shona, dello Zimbabwe».

«È buffo. Dev ha sempre detto che le usa e getta erano diverse. Che quello che contenevano era più speciale perché non potevi vederlo subito. Dovevi avere pazienza. Dovevi investire nei momenti e poi aspettare per vedere cosa restava. E quei momenti dovevano essere quelli giusti. Dovevi essere certo che volevi proprio quel momento quando premevi il bottone, perché il tempo stava per scadere ed eri sempre più vicino all'ultimo clic».


p.s. Ho scoperto che nel cimitero di Highgate c'è una zona sepolcrale che viene definita "catacomba". Risale all'epoca vittoriana ed è la parte costruita per chi voleva farsi seppellire sottoterra imitando gli antichi Egizi. Quindi gli Egizi venivano sepolti in catacomba? Temo ci sia qualcosa che mi sfugge nella definizione che ho trovato in rete… ma l'importante è aver appreso un altro tassello storico.

«Fa un po' paura il cimitero di Highgate, e per un istante ho desiderato che quella coppia andasse nella mia stessa direzione. Le fronte degli alberi coprivano il sole, e nella luce del pomeriggio i mausolei, le catacombe e le cripte sembravano a disagio, come se aspettassero la notte incombente, come se per ora ti stessero tollerando, mentre passi tra di loro».


lunedì 4 settembre 2017

Recensione di "I baci non sono mai troppi" di R. Martos

Bentornati amici lettori! Come sono andate le vostre vacanze?
Spero che vi siate rialssati e siate pronti a tornare con più carica alle vostre occupazioni, qualsiasi esse siano.
Il mare, si sa, concilia la lettura... e non ho potuto evitare di portare con me qualche romanzo.
Il primo di cui vi parlerò è "I baci non sono mai troppi" di R. Martos.


«I baci non sono mai troppi: se ne possono dare tanti senza paura di esaurirli, ed è l'uso migliore che se ne possa fare».

L'affetto non è mai troppo, così come la sua forma più potente, l'amore, che resiste alla lontananza, alle discussioni, al tempo e persino alla morte. È l'unica cosa che può sconfiggerla perché, dove l'essere umano per questioni biologiche cessa di esistere, il suo operato condotto con amore rimane e permane.
Ho terminato questo romanzo pensando a quanto sia bella la vera amicizia, se solo esistesse. Scriviamo di lei, forse perché nel nostro cuore speriamo sempre di incontrare un sentimento simile.
Ho trovato in Lucía la mia fotocopia. Mai nessun personaggio letterario mi ha mai somigliato tanto: la mora con la battuta sempre pronta e un caratteraccio, pronta ad affrontare la vita senza cedere a sentimentalismi perché ha costruito intorno al suo cuore una barriera troppo salda, uno scudo per non soffrire ancora e che, in fondo, desidera soltanto qualcuno che abbia il coraggio e la costanza di giungere alla vera e fragile Lucía.
Poi c'è Eva, la bionda soprannominata così da Lucía (mi viene da ridere… perché anche io chiamo sempre una mia amica "Bionda". Noi more lo facciamo). Lei è più romantica, riflessiva, timida a volte e impulsiva, ma allo stesso tempo coraggiosa, che riesce a trovare la forza di reagire in fondo a se stessa e negli affetti che la circondano.


Le due sono più che amiche, quasi sorelle. Si sono conosciute da piccole quando Lucía aveva perso sua mamma. Il destino ha preparato le sue carte: Lucía trova Eva quando ne aveva più bisogno e percorrono la strada insieme fino ai trent'anni, quando una discussione le separerà. Ma nessuna separazione è mai per sempre. Il destino, infatti, gioca ancora. 
Lucía si è costruita la sua vita, lavora, è indipendente e LIBERA. Ha avuto un maestro, Luis, che l'ha guidata e ha incontrato tante persone senza fermarsi mai.
Eva si è sposata con Raul, ha avuto una famiglia, una bambina – Lola – e recita perché quella era la sua passione. Ma proprio mentre le cose iniziano a non andare per il verso giusto nella vita di Eva, ecco che in aeroporto avviene l'incontro con Lucía.


Gli anni si annullano, il tempo riprende a scorrere da dove si era fermato e le due tornano inseparabili. Il romanzo procede a capitoli alterni di storia presente e flashback, narrata da Eva e Lucía, senza mai perdere il ritmo frizzante. Il finale… probabilmente farà l'effetto di un macigno, o almeno così è stato per me, ma leggete questo romanzo. È uno dei pochi che, nella mia vita da lettrice compulsiva, è riuscito a emozionarmi.
I miei personaggi preferiti? Senza dubbio Lucía e Luis, l'uomo più affine a se stessa che Lucía abbia mai incontrato. E so, per esperienza, che è davvero raro avere la fortuna di incrociare la propria vita con una persona che ti capisca sempre, una persona con cui sei in sintonia e che, nonostante tutto, riesce a insegnarti ogni volta qualcosa di nuovo. Un maestro che ti guidi è un bene prezioso, una persona che sostenendoti, sviluppando le tue capacità e rendendoti libera, ti dia la possibilità di potertela cavare in questo mondo. Bisogna essere fortunati per trovarne uno (e la fortuna non è dalla parte di chiunque purtroppo...).
E poi c'è Lola, la piccola bambolina che emana dolcezza e allegria. Come si fa a non amarla?
Sono tante le citazioni che ho segnato, ma ne scriverò qui solo qualcuna (altrimenti dovrei riportare l'intero romanzo). Buona lettura a chi deciderà di conoscere la storia di Eva e Lucía.


«"Perché tutte le mie amiche avevano già dato il loro primo bacio, mentre io no e ho già dodici anni. Voglio essere come tutte le altre!"
"Questa è una sciocchezza, Eva. Non devi fare quello che fanno le altre ragazzine. Tu devi fare quello che devi, il tuo dovere."
"E che c'è di male in un bacio?"
"Niente, ma dare un bacio che non volevi dare non si fa. È stupido. È come buttarlo via…"
"Ma i baci non sono mai troppi: non si esauriscono e non ne abbiamo una riserva limitata. Si può sempre darne altri."»

«"[…] L'amore non è cieco, l'amore è pazzo e fa cose incomprensibili."»

«"Senti, Eva, l'amore è tutto meno che responsabile. Nessuno pensa a cosa è giusto quando si innamora; se ci pensa, è un'altra cosa, ma certamente non è amore…"»

«"Senti, quando vuoi veramente qualcosa, devi scommettere sopra tutto, anche se potresti perdere. Devi darti anima e corpo a ciò che desideri, il successo si ottiene lottando e rischiando."»

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