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lunedì 16 dicembre 2019

Recensione di "Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull'amore" di Massimo Recalcati

Scrivo in notturna, mentre noto che sui vetri si forma la condensa. E' freddo fuori, siamo ormai a dicembre, le luci inondano le strade del centro di Roma, ma come sempre il Natale si sente meno. Eppure dovrebbe essere una festività calda, felice, con un pizzico di dolcezza, mi ripeto. Ma io sono la prima a non avvertire nulla di tutto ciò. Anche per il Natale, forse, esiste un tempo per viverlo appieno. Non basta il giorno in sé, ma occorrono vari elementi e bisogna far sì di possederli tutti per tornare a pensare che si tratti di un periodo magico.

Passeggiando, dunque, per Roma, qualche giorno fa, sono entrata in libreria. C'era gente che iniziava a radunarsi per la presentazione di un libro. A me invece interessava solo un po' di silenzio e l'odore di carta. Cercavo ispirazione nelle copertine nuove, nelle immagini che si susseguivano evocative finché, non trovando nulla che facesse al caso mio, mi venne alla mente una lettura, "Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull'amore" di Massimo Recalcati. Ricordavo perfettamente la foto di un uomo e una donna d'altri tempi che si tenevano per mano, guardandosi negli occhi, seduti nel vagone di un treno.
Nonostante non sia proprio nel mio miglior momento romantico, ho deciso di acquistarlo e leggerlo per cercare spiegazioni, più che risposte. Queste ultime può averle solo il singolo a seconda della propria esperienza.


Trama: Perché “ancora” è la parola dell’amore. Chi ha detto che l’empatia sia necessaria per fondare una buona relazione? Che l’amore sia anzitutto dialogo? E se quelle del “dialogo” e dell’“empatia” fossero delle parole d’ordine finalizzate proprio a scongiurare l’alterità dell’Altro, la sua radicale e irriducibile differenza, il suo essere straniero? Se la condizione di ogni amore non fosse dialogo ma l’incontro con un segreto indecifrabile, con un mistero che resiste a ogni sforzo empatico? Lacan affermava che il rapporto sessuale è impossibile, è sempre fallito. Non posso mai sentire quello che l’altro sente, confondermi, coincidere, essere lui. Ma è proprio dall’esperienza di questo fallimento che diviene possibile l’amore come amore per l’eteros. Si tratta di provare a condividere proprio l’impossibilità di condividere il rapporto. Se ti amo non è perché dialogo con te ma perché in te c’è qualcosa di te e di me che mi sfugge, impossibile da raggiungere. Scopro, cioè, in te un segreto che mi supera e si distanzia da ogni empatia possibile. Per questo Lacan identificava l’amore con la donna, se la donna è – come è – il nome più radicale del segreto impossibile da decifrare. In una ricerca intima e profonda, Massimo Recalcati indaga il miracolo dell’amore, il sentimento più misterioso di tutti. “La fedeltà non è una prigione, né una gabbia,” spiega, “se si trasforma in un sacrificio bisogna liberarsi. La fedeltà diventa una postura dell’amore perché trasforma lo stesso in nuovo, non c’è bisogno di andare altrove per trovarlo. Come quando guardiamo un’alba sorgere: l’abbiamo vista mille volte ma non ci stancheremmo mai di ammirarla, ogni volta ci appare diversa, nuova.”

Ricordo che Erri de Luca, nel suo libro "I pesci non chiudono gli occhi", scrisse riguardo la bellezza del verbo "mantenere". E qui Recalcati "Mantiene il bacio". Come si può mantenere un gesto tanto dolce, passionale, intimo come il bacio? Come si riesce a mantenere il legame che si crea tra due anime tramite il contatto dei corpi, delle bocche, delle lingue?

«Il bacio è forse l'immagine che, più di ogni altra, condensa la bellezza e la poesia dell'amore. [...] Se non c'è amore senza dichiarazione, non c'è amore senza bacio».


Mi tornano in mente anche i tempi andati, quando ero solo una studentessa delle scuole medie e il nostro professore di religione (eh sì) ci parlò della differenza tra tanti tipi di amore. Ci chiese "Ragazzi, quale dei due è il vero amore: quello dei genitori verso un figlio, o quello di una donna verso un uomo?".
Non ci pensai su due volte. Avevo le idee precise tanti anni fa, forse perché ero giovane e ancora non avevo incontrato chi davvero mi avrebbe far potuto battere il cuore, per poi puntualmente spezzarmelo. 
Risposi io: "Quello di una donna verso un uomo".
Il professore sorrise e mi chiese perché. Ero timida, già era un passo avanti l'aver alzato la mano per rispondere, dato che tendevo a confondermi con l'ambiente circostante. 
Proseguì lui: "L'amore di una madre per un figlio si chiama affetto; quello di una donna per un uomo è un amore intenso, diverso".
Ovviamente non andò oltre. Forse ai tempi d'oggi avrebbe persino iniziato una lezione di educazione sessuale, ma all'epoca no, ancora si tendeva a rimanere piuttosto neutrali in merito a certi discorsi.
E' proprio qui, però, che si inseriscono le riflessioni di Massimo Recalcati. Il bacio è l'inizio di tutto quel che si può chiamare amore nel vero senso della parola. Ogni bacio è una silenziosa dichiarazione d'amore, un "ti amo" scaturito dal cuore. Ed è il bacio d'amore quello che si ricorda chiudendo gli occhi, rivivendo ogni singola sensazione, ogni istante trascorso a intrecciare il proprio essere con l'altra persona, a respirare il respiro dell'altro.


Il bacio non unifica. Mantiene, infatti, due corpi separati, due entità distinte che trovano, in quel momento così intimo, un'intesa. E' proprio questo, però, la premessa per un amore probabilmente duraturo. Solo ed esclusivamente questa. 
L'amore non deve essere possessivo, altrimenti sfocia nella violenza; l'amore non deve annullare l'altro, ma lasciare all'altro la propria individualità e libertà; l'amore non deve riversarsi solo ed esclusivamente sui figli, ma deve proseguire ad essere provato per il partner, mentre si sarà consapevoli del legame filiare che, un giorno, si spezzerà, regalando indipendenza; l'amore è desiderio, brucia, ustiona e dura a lungo... ma forse non è per sempre, come tutti vorrebbero farci credere a cominciare dalle promesse matrimoniali; l'amore è anche separazione, laddove è meglio non farsi più del male e proseguire la propria vita singolarmente.


Non si possono tenere lezioni sull'amore. Questa è la premessa di Massimo Recalcati, ma ci si può solo limitare a riflettere, a cercare di capirne i meccanismi che hanno comunque e sempre una logica diversa a seconda della persona. L'amore è soggettivo e, proprio per questo, sempre differente. L'amore prima o poi capita a tutti ed è bello viverlo, che duri o meno. Forse siamo fatti per amare e l'amore «ci salva ogni volta dalla ferita del mondo».

«Mantengo il bacio nel buio della notte e nella luce del giorno. Lo mantengo nel tempo che passa. Lo mantengo nel furore acceso del mondo, nella sua ferocia. Gli amanti scavano il loro nascondiglio, la loro pace nella guerra, nell'infinito dolore dell'essere. Quando si baciano spengono il rumore del mondo, infrangono la sua legge, sequestrano il tempo dal suo movimento ordinario. Cadono insieme nelle loro lingue distinte e abbracciate».

sabato 7 dicembre 2019

Recensione di "Frozen 2 - Il Segreto di Arendelle"

Eccomi qui, tornata sul mio blog, stavolta non con un libro, ma con un film d'animazione che aspettavo con ansia: Frozen 2 - Il Segreto di Arendelle.
Non ero molto d'accordo quando ho saputo di un seguito del film. Per me era piuttosto autoconclusivo, pur lasciando in curiosità riguardo la morte dei genitori di Elsa e Anna e del perché una sorella era nata con i poteri e una no. In realtà la Disney è molto metaforica su quest'ultimo punto... ma ci arriverò.


I fatti narrati si svolgono sei anni dopo il primo film. Elsa è una regina illuminata, amata dal popolo di Arendelle; Anna e Kristoff sono ancora insieme e il loro amore è maturato. Finalmente Anna non è più quella principessa superficiale che abbiamo conosciuto nel primo film: è sempre allegra, ma si vede una consapevolezza diversa in lei, una forza d'animo crescente. E poi ci sono Sven, la renna amica di Kristoff, e Olaf, con i suoi stacchetti divertenti e le massime filosofiche. Sì, perché anche Olaf parla di crescita, un po' come se riflettesse l'animo di Anna.


Ma mentre tutto scorre tranquillamente ad Arendelle, Elsa è strana. Sente una voce che sembra chiamarla, una voce che può ascoltare solo lei. E' prima flebile, poi sempre più insistente, tanto da non farla dormire la notte. Elsa non riesce a confessarlo ad Anna, ha paura di essere giudicata e di rovinare l'equilibrio che si è creato, ma contro i poteri che crescono non può fare nulla.
Una notte, infatti, segue la voce, esce dal palazzo e davanti a lei si manifestano, come in un sogno, visioni di personaggi, di un altro mondo, tanto vicino quanto distante, finché il ghiaccio che scaturisce dal suo profondo emerge e congela la realtà: le particelle sembrano immobili, suddivise in piccoli cristalli, con i simboli del fuoco, dell'acqua, della terra e dell'aria. Subito dopo, ecco la tempesta che spazza via Arendelle, il terremoto fa alzare le strade, i lampioni si spengono e una pioggia incessante investe il regno. Anna, Kristoff, Elsa, Sven e Olaf portano la popolazione in salvo sulle montagne intorno. Cosa sta accadendo?


Ecco lì che torna alla mente un breve flashback in cui Elsa e Anna, ancora bambine, sono con la madre e il padre all'interno del palazzo. E' il re a narrare la sua stessa storia, di quando era solo un ragazzo al seguito di suo padre (nonno di Elsa e Anna), che lo condusse insieme all'esercito nelle terre dei Northuldi, il popolo della Foresta Incantata. I Northuldi erano loro alleati e avevano uno stretto rapporto con la magia degli Elementi. Loro stessi non erano magici, ma gli Elementi erano legati ad essi. Arendelle costruì una diga nella Foresta, apparentemente con l'intenzione di fare del bene. Il re non ricordava poi molto... la memoria si faceva confusa fino a una battaglia tra i soldati di Arendelle e i Northuldi. Il padre era morto, lui era svenuto nella foresta ma qualcuno lo aveva salvato e riportato ad Arendelle di cui si era ritrovato sovrano. La nebbia aveva poi avvolto la Foresta per sempre, precludendo l'accesso a chiunque.
E' allora la madre di Elsa e Anna che prosegue con una ninna nanna che parla di tempi lontani, di magia e di qualcosa di misterioso che ha sempre affascinato le due sorelle. Ed è proprio in quella ninna nanna che si nasconde la verità.


La voce chiama Elsa al di là della cortina di nebbia ed il piccolo gruppo, accodandosi alla regina, varca la soglia, senza avere la possibilità di tornare indietro.
Dietro il mistero della nebbia, sono ancora vivi i Northuldi e i soldati di Arendelle rimasti intrappolati. Ma è proprio mentre iniziano le presentazioni che gli spiriti degli Elementi si manifestano immediatamente: il vento, denominato Zefiro, li avvolge in una tempesta che Elsa riuscirà a domare. E i primi ricordi si cristallizzano, indizi verso la verità. Ci sono statue che ricordano una battaglia...
Segue il fuoco, che avvolge la foresta, implacabile, rapido, e cercatore di pace. Il fuoco si rivela in forma di una piccola salamandra che ama tanto il ghiaccio.


E la terra è viva tramite i giganti che, furiosi, si risvegliano facendo tremare la Foresta. Infine vi è l'acqua, in forma di cavallo, la più indomabile, che cerca uno scontro. Solo Elsa riuscirà, raccogliendo la propria forza interiore, a tenerlo dalla sua parte. Ma vi è un quinto elemento, misterioso, il solo che ha il potere di domarli tutti, di farli stare in equilibrio.

Non racconterò tutto il film perché merita di essere visto, ma farò qualche considerazione.
Questo film è ancora tutto incentrato su Elsa, sulla sua missione. Nel primo ha preso coscienza di sé, ha imparato a non avere paura di se stessa e a non odiarsi; nel secondo, invece, cerca il proprio posto nel mondo. Ed è su questo punto che, credo, ci si dovrebbe soffermare perché la Disney ha creato un personaggio che riflette esattamente la donna di oggi.


La donna degli anni 2000 non vuole essere salvata, ma vuole salvarsi da sola. Certo, ha bisogno  dell'appoggio della famiglia (Anna) e degli amici (Kristoff, Sven e Olaf), ma necessita di trovare il suo equilibrio. La donna attuale non ha intenzione di essere solo e esclusivamente una madre di famiglia, ma vuole disperatamente affermarsi, capendo chi è, cosa è destinata ad essere, vuole realizzarsi.
Elsa non ha un fidanzato, ma non ne ha nemmeno bisogno al momento (ed evito tutte quelle sterili discussioni su fidanzato o fidanzata... rispondendo che una donna forte NON è necessariamente omosessuale e che nei film Disney, visti anche e soprattutto da bambini, certe cose bisognerebbe proprio evitarle perché non sono assolutamente contestuali).
Elsa è completa così com'è. Voleva trovare se stessa ed esserlo, capire il perché dei suoi poteri (in questo film la risposta sarà data) e cosa fosse destinata ad essere veramente.


Anna, invece, potrebbe sembrare un personaggio scontato: la classica principessa che cercava l'amore e trovava la propria realizzazione lì, nell'essere una brava moglie, avvolta da tanto romanticismo. In questo film, come dicevo, vediamo una Anna molto più matura. E' allegra, spontanea, sorridente, ma meno ragazzina. Anche lei ha raggiunto un equilibrio e ha sviluppato un coraggio notevole che la spinge ad affrontare da sola i giganti di terra. E chi si chiede perché Anna non abbia poteri, ha mai pensato che invece Anna di poteri ne abbia da vendere? Anna non possiede la magia come quella di Elsa, ma la custodisce all'interno del proprio cuore. Le due sorelle sono complementari.


Con questo termino, andando un po' controcorrente e dichiarando Frozen 2 davvero un bel film. Sulle canzoni farò un ultimo appunto: sicuramente "All'alba sorgerò" era più musicale, ma vi posso assicurare che "Verso l'ignoto" e "Mostrati" hanno il loro perché.
Riguardo le canzoni di Anna, Sven e Olaf mi è parsa un po' una ripetizione delle prime, una ripresa che nell'adattamento italiano non rende molto l'idea (l'inglese è più musicale in alcuni tratti).
Andatelo a guardare nei cinema: se vi è piaciuto Frozen, il numero 2 non vi deluderà.

giovedì 14 novembre 2019

Recensione di "I pesci non chiudono gli occhi" di Erri De Luca

Buongiorno a tutti, lettori! Come state? In un attimo di pausa, voglio portarvi verso Napoli e la sua spiaggia, di preciso nel periodo dell'immediato dopoguerra, dove un bambino di 10 anni era in vacanza con la sua famiglia, in un caldo settembre italiano.


Trama: A dieci anni l'età si scrive per la prima volta con due cifre. È un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti. D'estate si concentra una fretta di crescere. Un uomo, cinquant'anni dopo, torna coi pensieri su una spiaggia dove gli accadde il necessario e pure l'abbondante. Le sue mani di allora, capaci di nuoto e non di difesa, imparano lo stupore del verbo mantenere, che è tenere per mano.


Perché quella ragazzina non gioca come gli altri, ma legge libri gialli? Il piccolo autore è fermo sulla spiaggia, cerca di completare la settimana enigmistica, eppure ogni tanto tira su lo sguardo e incrocia quello di una bambina che, altrettanto curiosa, ricambia.
Quell'estate è diversa per Erri che, compiuti 10 anni, si sente inadatto in un corpo che non lo rappresenta: anima e "involucro" non vanno d'accordo perché non crescono di pari passo. Mentre questo conflitto intimo è in atto, per la prima volta in vita sua, assapora qualcosa di nuovo, un sentimento. Mai prima di allora aveva potuto tollerare il verbo "amare" che è sempre presente tra le pagine dei romanzi, eppure adesso quello stesso verbo inizia ad assumere contorni che, seppur sfocati, gli danno consistenza, materializzandosi in quella ragazzina così diversa da tutti gli altri.


Tra un ghiacciolo e una chiacchierata sul comportamento degli animali, che la ragazzina adora osservare e studiare, i due bambini scopriranno cosa significa "mantenere", che comporta la promessa di "tenere per mano".
L'amore, però, fa conoscere anche il dolore. Per amore bisogna lottare. Ed è questo che quel ragazzino di 10 anni comprende quando gli altri bambini della spiaggia, invidiosi del suo rapporto con la ragazzina, lo prendono di mira, fino a pestarlo. Lui non è capace di reagire, né di fare del male, lui è bravo a nuotare, a fondersi con l'acqua, ma non ad usare violenza. La ragazzina, che non è come tutti gli altri, sceglie comunque lui. A lei non interessano gli stupidi.
Con una dolcezza stravolgente, accadrà anche il primo bacio, ad occhi aperti per il giovane Erri, come i pesci che non chiudono gli occhi.


L'episodio di un'estate è intervallato da ricordi di un'infanzia a tratti dolorosa, di un padre ormai assente, partito per l'America per cercare lavoro, e della madre, rimasta con Erri e la sorella che decide di rimanere a Napoli senza raggiungere il marito; un'infanzia che parla di mare, di pesca all'alba, di reti e di ami; e poi crescendo, ormai adulto, del lavoro in fabbrica.


Una trama semplice, composta di ricordi di una vita, eppure è lo stile di Erri De Luca ad essere particolarmente evocativo, direi poetico e delicato. Sfogliando le pagine si ode il suono del mare e dell'infrangersi tranquillo delle onde sugli scogli, della chiglia delle barche che atterra ritimicamente sulla superficie dell'acqua, il chiacchiericcio dei bagnanti, si avvertono i granelli di sabbia sotto i piedi, l'odore di salsedine e quello stampato della settimana enigmistica; ma anche le tenere carezze di una madre, una sordida nostalgia per il padre, le mani ruvide, callose e gentili del pescatore, il sapore di qualcosa di nuovo, come può essere il primo bacio di ognuno di noi. E infine, la malinconia per una vita che avrebbe potuto essere e non è stata... un'esistenza al fianco della ragazzina.

Non conoscevo Erri De Luca, pur avendone sentito parlare. Era tra gli autori che avrei voluto scoprire, i suoi libri tra quelli in lista, ma non avevo ancora sfogliato nulla realmente.

Vi lascio con qualche frase, anche se è difficile scegliere i pensieri più belli.

«Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. È dire "ti sento". Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.»


«Quell’amore pulcino conteneva tutti gli addii seguenti. Nessuna si sarebbe fermata, non avrei conosciuto le nozze, niente fianco a fianco davanti a un terzo che domanda: “Vuoi tu?”. L’amore sarebbe stato una fermata breve tra gli isolamenti. Oggi penso a un tempo finale in comune con una donna, con la quale coincidere come fanno le rime, in fine di parola.»


«I baci spingevano dai talloni puntati nella sabbia. Risalivano le vertebre fino alle ossa del cranio, fino ai denti. Ancora oggi so che sono il più alto traguardo raggiunto dai corpi. Da lassù, dalla cima dei baci si può scendere poi nelle mosse convulse dell’amore.»


«Si amavano quei due, si regalavano libri.»




domenica 3 novembre 2019

Recensione di "102 chili sull'anima. La storia di una donna e della sua muta per uscire dall'obesità" di Francesca Sanzo

Buonasera a tutti, lettori! Eccomi qui, in una serata domenicale in cui fuori diluvia a scrivere il mio blog per proporvi la recensione di un libro molto particolare. Si intitola "102 chili sull'anima. La storia di una donna e della sua muta per uscire dall'obesità" di Francesca Sanzo. No, non sto cercando una guida per perdere i miei chili di troppo (che ci sono indubbiamente). Non è questo il punto, perché non si tratta di un libro per combattere l'obesità, bensì di un percorso verso il cambiamento.


Trama: Si può decidere di cambiare a qualsiasi età, anche a 40 anni: Francesca Sanzo, autrice e protagonista di questa storia lo fa nel 2013 quando intraprende una dieta per perdere 40 chili e passare dall'essere una persona gravemente obesa a rientrare nel corpo che si sente addosso. Il suo percorso è una vera e propria muta, perché per perdere molti chili bisogna prima di tutto capire perché. Questo libro non è un manuale di dieta ma il racconto di un processo di evoluzione, di una muta per volersi bene, per riflettere su quello che si è inceppato e provare a trovare una strada nuova, anche attraverso la narrazione. Proprio degli "inceppi" della sua vita racconta Francesca, attraverso salti e flashback tra presente e passato: ricerca di un nuovo stile di vita e riflessione su quello che l'ha portata a "mascherarsi" grazie all'obesità. Comprendere che a un certo punto della vita bisogna smettere di lottare ed accogliere la propria "anima nera" ovvero quella zona profonda di noi che ci spinge ad assumere comportamenti disfunzionali e a farci sentire inadeguati al mondo. Il rapporto con il cibo e con Francesca dal 2005 si narra sul suo blog panzallaria.com e lo ha fatto anche durante l'anno della sua muta raccogliendo, intorno alla sua, le storie di tante persone che l'hanno seguita e che prendendo spunto dal suo racconto, hanno deciso di attuare piccoli cambiamenti nella propria vita e cominciare a scendere a patti con la propria anima nera. Ed è proprio a tutte le anime nere del mondo che Francesca dedica il suo libro, nella speranza che possa essere di ispirazione per chi pensa che non sia mai troppo tardi per cambiare e per chi vuole cominciare a volersi bene davvero.

102 chili sull'anima... ma forse si tratta solo di un numero indicativo e di null'altro. Se l'anima si sente oppressa, schiacciata, soffocata i chili saranno molti di più. Chili di dolore, di rabbia, di tradimenti, di rivincite che non ci sono state, di delusioni, di ricordi, di parole che ancora scavano e fanno male, trovando il loro sfogo in qualcosa che si riflette in noi. I cosiddetti disturbi psicosomatici, ad esempio, sono esito di problemi interiori, invisibili, che ognuno porta con sé e di cui non riesce in alcun modo a liberarsi.
102 chili... era questo il peso raggiunto dall'autrice, Francesca Sanzo, prima del momento in cui, giunta a un momento di rottura con se stessa e con le situazioni in cui non si sentiva più a suo agio, decidesse di cambiare, di iniziare un percorso e di effettuare una muta.
E' questa la storia di una persona che, prima di ogni cosa, prende consapevolezza del problema, di quel che le causa disagio, di ciò che non la fa star bene con se stessa, di ciò che non le permette di amarsi. E' la storia di una riconciliazione con l'anima "nera" che grida silenziosamente, che vorrebbe ricevere affetto e che, ignorata, lasciata in un angolino, sfoga i suoi desideri inducendo il corpo a compiere azioni controproducenti. Come lo sfogo nel cibo. Francesca questo lo sa: ricorda quando faceva nuoto e si sentiva bene con se stessa, ma allo stesso tempo ricorda i dolori che si sono stratificati nel corso degli anni, dall'anoressia adolescenziale, alla depressione post-partum, all'obesità, al difficile rapporto con il padre, passando tuttavia per tanti successi. Perché Francesca è una vera guerriera. Ha fatto della sua passione una professione e già questo dovrebbe far comprendere chi sia questa donna, in un mondo in cui il lavoro non c'è mai per tutti. Lei si è reinventata, non si è arresa... e non si è arresa nemmeno nella battaglia con se stessa, andando in fondo a quella sorgente di dolore.
L'obesità, forse, è stato solo qualcosa di secondario, l'effetto visibile di qualcosa di più interno, di tutte quelle insicurezze che si erano accumulate nella sua mente e nella sua anima.
Ed è allora rivolgendosi prima a una nutrizionista, poi facendo proprie delle abitudini alimentari e sportive (la corsa) che indubbiamente hanno cambiato anche il suo modo di porsi, che Francesca è riuscita ad accettarsi, a parlare con se stessa e a curarsi nel corpo e nell'anima, due entità strettamente collegate.
Il libro di Francesca Sanzo è la storia di una persona che ha avuto coraggio di riprendere in mano la propria vita... di certo non è una guida per uscire dall'obesità, ma la narrazione dell'esperienza di una donna forte, seppur con le sue debolezze, quelle stesse che ha deciso di affrontare e arginare, ascoltandosi e amandosi.


Ma perché ho deciso di leggere questo libro? Non conoscevo l'autrice, non conoscevo i suoi scritti e non è il genere di letture che prediligo. Solitamente mi butto a capofitto in narrativa poco impegnativa perché, dovendo stare tutti i giorni a contatto con libri storici, archeologici, etc. che comunque richiedono una certa concentrazione, quando ho qualche minuto libero voglio provare a non pensare. A volte, però, riflettere fa bene e "102 chili sull'anima" ha compiuto il suo scopo, quello di far meditare anche me. Io pure, come Francesca, ho le mie insicurezze; io anche ho avuto e ancora oggi ho un rapporto complicato con il mio aspetto fisico e, nonostante i più mi dicano che sono molto bella così, non ci credo mai. Esito di ricordi che ancora fanno male... di persone che sono state crudeli, colpa mia che per adeguarmi al resto del mondo, per essere accettata, ho finito per non accettare me stessa e per dirmi "Sono intelligente e ciò che conta è quel che ho dentro. Tutto il resto non ha importanza". Che in generale è pure un discorso che fila, ma bisogna essere sinceri: si tratta di una giustificazione per circumnavigare il problema della non completa accettazione di sé.
Personalmente, sono una perfezionista e se non faccio le cose come dico io, inevitabilmente mi sento fallita. Mi capita nel lavoro, mi capita nel disegno (sono capace di distruggere le mie creazioni in 2 minuti se non mi piacciono), mi capita nella vita. Le ansie, le preoccupazioni, quei chili sull'anima derivano necessariamente da eventi che si sono stratificati, che magari non sono stati affrontati a tempo debito e che stanno lì, a pesare.
Mi riferisco a frasi, atteggiamenti, parole che mi hanno buttata giù, che mi hanno fatto perdere fiducia in me stessa, che mi hanno creato grossi problemi di autostima. Però devo dire una cosa in mio favore: mi piace sbagliare, non per il gusto di farlo (non sono una pazza), ma perché voglio imparare dai miei errori. Sbagliare non è una parolaccia, bensì il primo passo per migliorarsi.
Nella situazione di stallo, perciò, non ci si può crogiolare per tutta la vita perché quest'ultima è stata ingiusta. Bisogna prendere il coraggio e andare incontro a quel che ci ha tenuti bloccati. Io anche, come Francesca e come tutte le persone al mondo, riuscirò. Magari non subito, ma gradualmente. Una muta è necessaria... e forse non una sola, ma tante, facendolo in primis per se stessi, per volersi bene, per vivere, cambiare e migliorare. Non per il mondo esterno, si intende.
Questo è stato solo il primo passo per provare a prendere coscienza. La strada è in salita, ma non è impossibile. Nulla lo è se c'è forza di volontà. Io lo so bene, dopo le mille battaglie che ho dovuto affrontare, senza poter accantonare le mie due "sciabole" (sono ambidestra, combatto con entrambe le mani e su questo non si discute, in perfetto stile fantasy!). Ed è pur vero che un conto è dirlo a parole e un conto sono i fatti, ma a un certo punto si dovrà pur iniziare!
Poco tempo fa, una persona mi ha detto: «Se stai a pensare a chi ti ha realmente fatto del male, non andrai avanti. Ti porterai quel peso dietro e non riuscirai a liberartene. Tutti hanno ricevuto del male, ma bisogna scrollarselo di dosso e proseguire». Giusto. Si parlava di ambito professionale, ma è la stessa cosa. Allora ho annuito, non troppo convinta. Adesso invece posso dire di sì, permettendomi un lieve sorriso.


Termino con qualche pensiero tratto dalle pagine del libro di Francesca Sanzo, che logicamente consiglio a tutti, perché ognuno ha bisogno di riflettere seriamente ogni tanto.

«Cambiare costa fatica. E non mi riferisco al cambiare stile di vita, non è quella la fatica maggiore che deve fare una persona che ha un rapporto disfunzionale con il cibo. Cambiare costa fatica perché ci mette di fronte alle nostre paure e la paura tace solo nell'immobilità e nelle certezze».

«Smettere di giustificarmi è stato il più profondo atto d'amore che ho regalato a me stessa: prima o poi bisogna cominciare ad affrontare la paura e gli spettri, quelli del presente e quelli del passato».


«Il cambiamento ha bisogno di stanze tutte per sé: è impossibile metabolizzare periodi in cui decidi di superare i tuoi limiti se non ti ricavi uno spazio esistenziale di concentrazione, di amor proprio».

«Ho sempre temuto di non piacere, di non essere abbastanza simpatica, di non far divertire, di essere troppo sboccata, di non aver organizzato la gita perfetta, di non essere abbastanza di compagnia, di non ascoltare [...]. Ho scambiato per generosità atteggiamenti che erano solo frutto della mia insicurezza: volevo piacere e in questa ansia di non deludere nessuno, non guardavo davvero chi avevo di fronte, non calibravo le mie energie, non chiedevo mai niente in cambio (anche se in realtà stavo chiedendo fiducia assoluta)».

«Tanto sbagliano tutti. E ora so che gli sbagli non sono altro che il modo in cui imparo le cose».


«Ho cercato per anni approvazione e ho sempre improntato le mie giornate, la mia vita, alla ricerca del consenso. L'ho fatto attraverso ciò che pubblicavo online, l'ho fatto sul lavoro e con gli amici e i familiari».

«Sono una persona poco equilibrata che tende all'equilibrio, una persona depressa che tende alla felicità e una persona felice che tende alla depressione. Sono così. Non è una tragedia».

giovedì 31 ottobre 2019

Recensione di "Una fantastica vacanza in Grecia" di Karen Swan

Buongiorno a tutti, lettori! Come state? Tra un impegno e l'altro, e le varie modifiche che ho dovuto apportare al blog, è trascorso un bel po' di tempo.
Ho nuovamente il comodino occupato da una pila di libri che, mi ripeto, prima o poi leggerò con calma (non so a che epoca corrisponda questo "prima o poi" in realtà).
Finalmente ho terminato di leggere "Una fantastica vacanza in Grecia" di Karen Swan.


Trama: In fuga da Londra con il cuore infranto, Chloe Marston è arrivata a New York sperando in un nuovo inizio. Così ha cominciato a lavorare in un’agenzia di concierge di lusso, mettendocela tutta per dare il meglio di sé. Rendere perfetta la vita degli altri è il suo unico scopo, nonostante la sua vada a rotoli. Tutto cambia quando la sua collega è vittima di un brutto incidente e Chloe si ritrova a doverla sostituire, occupandosi dei più importanti clienti dell’agenzia. Si tratta di uomini ricchi e molto esigenti: tra loro c’è il carismatico Joe Lincoln, che le chiede di trovargli una casa isolata nelle isole greche, circondata da ettari di terreno. Chloe sta per inviare qualcuno a fare un sopralluogo, ma quando Tom, il suo ex che le ha spezzato il cuore, si presenta inaspettatamente a Manhattan, lei decide di agire d’impulso per darsi la possibilità di ricominciare daccapo: sarà lei stessa ad accompagnare Joe in Grecia, sfruttando l’occasione per schiarirsi le idee e capire che cosa desidera davvero. Vale la pena dare una seconda possibilità a Tom? E chi è davvero Joe, verso il quale prova un’irrefrenabile attrazione? Il dissidio di Chloe è complicato dalla misteriosa scomparsa della moglie di un suo cliente e da alcune tragiche scoperte. Chloe prova a tirare le fila per capire di chi può fidarsi, ma riuscirà a scoprirlo in tempo?

Ci sono sentimenti che fanno partire per raggiungere la persona amata o per fuggire da essa e da una storia che non avrebbe potuto avere alcun futuro. Chloe decide di attraversare l'oceano, lasciando Londra per trasferirsi a New York, la città in cui tutto è possibile, anche ricominciare la propria vita lontana da Tom, l'uomo che l'ha ferita.
E' così che la ragazza prosegue a compiere il suo lavoro nella sede distaccata nell'agenzia di concierge di lusso americana, finché non accade un imprevisto: una sua collega e cara amica, Poppy, viene investita, riportando gravi traumi e ferite. Sarà Chloe a dover prendere il suo posto, sostituendola nella mansione di organizzatrice di eventi per personaggi ricchi e famosi.
Proprio in tal modo, improvvisamente, un tale Joe, uomo affascinante, misterioso e caratterialmente forte, si presenta come cliente di Poppy con una richiesta un po' particolare: trovare una casa isolata su un'isoletta greca. E' vero, non si tratta di un'agente immobiliare, eppure Chloe è quasi costretta ad accettare, ritrovandosi a viaggiare con un uomo che non conosce e a condividere con lui momenti che rimarranno indimenticabili.


La magia creata dall'estate, dal mare, dalla Grecia, dalle chiacchierate davanti a un buon bicchiere di vino osservando il tramonto, viene bruscamente interrotta dal ritorno alla realtà. Chloe deve tornare a New York e proseguire il suo lavoro, dopo aver compiuto con successo la sua "missione"... anche se non avrebbe dovuto lasciarsi andare con un cliente.
Al ritorno, però, una brutta sorpresa la attende e proviene proprio da un cliente ricco e potente, Alexander Subocheva, che sembra essere deciso ad espandere le sue mire finanziarie ovunque, mentre la moglie è scomparsa nel nulla, forse suicida o forse rapita. La cosa più assurda è che Chloe è tra i sospettati... e Joe non è chi dice di essere.

Il primo dettaglio che ormai non posso più fare a meno di notare è che, nonostante la copertina sia accattivante, il titolo italiano non è pertinente con il contenuto del libro. Chloe e Joe trascorrono giornate in Grecia, peccato che il racconto duri pochissimi capitoli e che il romanzo sia incentrato piuttosto sul lavoro di Chloe e sulle assurde richieste dei suoi clienti. Il titolo originale infatti è "The Greek Escape", "La fuga greca".
Per il resto, ho trovato la narrazione poco scorrevole fino ad almeno il capitolo 15, quando entra in scena Joe e il viaggio, elementi che gettano un po' di pepe sui fatti. Il lettore si sente curioso di capire perché uno strano cliente abbia richiesto una casa isolata in Grecia e sarà portato a voler conoscere quest'uomo misterioso. Il seguito subisce di nuovo una battuta d'arresto, per poi raggiungere la risoluzione del caso negli ultmi due capitoli. Non è stato proprio il top.


Ho trovato poco caratterizzati anche i personaggi. La stessa Chloe, la protagonista, è descritta solo dal punto di vista sentimentale, con pochi approfondimenti riguardanti il suo modo di essere e molte digressioni sul suo lavoro. Forse Elle, la sua amica, sembrerebbe quella più in gamba e vivace, peccato che non ricopra ruoli di spicco nella narrazione.
Alexander è un uomo freddo e calcolatore, attratto solo dai soldi, un perfetto "cattivo". Purtroppo però anche la sua aura misteriosa si esaurisce ben presto.
In sintesi, un libro da leggere nei ritagli di tempo, in vacanza, senza nessuna aspettativa.

lunedì 9 settembre 2019

Recensione di "Un giorno perfetto per innamorarsi" di Anna Premoli

Buonasera amici! Eccomi tornata con il terzo e ultimo libro del mese di agosto. Lo so, durante gli anni precedenti ho sfogliato decisamente molti più romanzi, ma come già anticipato nei precedenti post, è stato un periodo particolarmente stressante, invece che rilassante come dovrebbe di norma essere una vacanza.



Trama: Kayla Davis è una donna "metropolitana". Di New York ama tutto: il traffico, il caos, le folle. Nota per il suo sarcasmo e le sue relazioni mordi e fuggi, Kayla aspira a diventare un'affermata giornalista. Anche se al momento si accontenta di scrivere recensioni sui posti più alla moda della città. L'occasione di fare il salto arriva quando il suo capo decide di mandarla in una sperduta cittadina dell'Arkansas, per preparare un pezzo di rilievo nazionale su un argomento del tutto particolare… Kayla coglie al volo la proposta e, abbandonata l'amata New York, prova a inserirsi nella vita di Heber Springs. L'impatto non è dei migliori: le sue scarpe tacco dodici, preferibilmente blu elettrico, mal tollerano le polverose zone dell'America del Sud, il suo temperamento frenetico mal si adegua alla calma di un posto dove tutti si conoscono. Ma soprattutto, Kayla non pensava di dover fare i conti con la comparsa di Greyson Moir. Ce la farà Kayla a dimostrare quanto vale?


Kayla è la tipica donna in carriera newyorkese, sempre in movimento, amante della vita frenetica, degli aperitivi a tutte le ore del giorno e della moda, nonché degli uomini belli e disinteressati a una relazione che duri più di una notte. È una giornalista, lavora per il New York Times e il suo capo la invia nella piccola cittadina di Heber Springs, in Arkansas, per riuscire a "indagare" sull'estrazione dello shale gas e sulle concessioni. 


Sarà per poco tempo, prosegue a ripetersi Kayla non appena arriva nel piccolo centro, dove già abita l'eccentrica zia Jill dai capelli colorati di blu, esattamente come i tacchi a spillo che la ragazza decide di indossare… quelle stesse scarpe notate, sin dal primo momento, da Greyson, l'affascinante e misterioso uomo per cui tutti farebbero di tutto. Quel Greyson che è anche il sindaco di Heber Springs. L'attrazione tra i due è esplosiva a cominciare dai primi sguardi e dai primi scambi di battute. Peccato che Kayla e Greyson la pensino in maniera diametralmente opposta sull'amore: se per lei l'amore quasi non esiste ed è meglio lasciarsi andare a relazioni occasionali per puro e semplice divertimento, Greyson è invece il classico bravo ragazzo, quasi un principe azzurro, che vuole amare ed essere ricambiato per costruire insieme alla sua donna un solido futuro. Ma com'è possibile che dietro quegli occhi incredibilmente azzurri, i muscoli ben allenati e quel bel viso si nasconda un uomo tanto profondo? Kayla non riesce a darsi pace e, tralasciando lo scopo lavorativo per cui si era trasferita in Arkansas, parte alla conquista di Greyson, per mettere alla prova sia l'affascinante sindaco che nessuna riesce a sedurre, sia se stessa. Questo pericoloso gioco le costerà però molto caro… perché a volte con il fuoco ci si ustiona, non solo con quello della passione, ma anche e soprattutto con quello dell'amore. 


Nonostante abbia apprezzato moltissimo il personaggio di Kayla con le sue battute brillanti e scene comiche talvolta degne di una Bridget Jones alla moda, il romanzo non mi è piaciuto e ho fatto fatica a terminarlo. Forse ne ero stata attratta inizialmente, ma la narrazione si svolge sempre nello stesso identico modo: Kayla e Greyson che si incontrano, si piacciono, si attraggono, giocano l'uno con l'altro, si lasciano e si riattraggono come due calamite, fin poi a cedere in un ritmo snervante di serate passionali che prendono il via solo a partire dagli ultimi capitoli. È chiaro però sin dalle prime righe l'intento di questa storia senza colpi di scena. 


Purtroppo già il nome Greyson mi aveva condotto sulla via dell'allarme, della serie "Ecco il nuovo Mr. Grey delle costanti Cinquanta sfumature" che ormai tutte le autrici riprendono per avere un nutrito pubblico femminile. La mia ipotesi è stata confermata. Certo, qui abbiamo un Greyson scottato che cerca una relazione seria e che pratica addirittura l'astinenza, mentre la parte della donna assetata di contatto fisico la gioca lei, ma alla fin fine è sempre verso un vortice di sesso sfrenato che si vuole arrivare. La stessa menzione – non dirò in quale contesto – del celebre libro non fa altro che deporre a favore del fatto che il romanzo di Anna Premoli echeggi le "Cinquanta Sfumature", oltre a riprendere le mode del momento verso Outlander e la passione da teenager per attori del calibro di Ryan Gosling.

Cercavo una storia leggera, divertente, ma anche meno scontata. Un vero peccato.

domenica 8 settembre 2019

Recensione di "Spiacente, non sei il mio tipo" di Anna Zarlenga

Buon pomeriggio amici! La domenica è fatta per rilassarsi e per riuscire a portare a termine piccoli impegni rimasti in sospeso nel corso della settimana. Mi piace dedicarmi al mio blog e alle letture, consigliandone alcune e fornendo la mia modesta opinione sui romanzi che ho potuto sfogliare.


Trama: Sara e Teo non potrebbero essere più diversi. Lei lavora come ricercatrice all'università, lui è un figlio di papà che presto o tardi erediterà una casa di produzione televisiva. Lei è bassina, ha forme morbide ed è poco appariscente, lui è il classico playboy sbruffone. In sostanza non hanno nulla in comune se non, a quanto pare, un'indiscussa antipatia per i matrimoni. Ed è proprio a una cerimonia di nozze che si conoscono e hanno modo di trovarsi insopportabili a vicenda. La reciproca e dichiarata incompatibilità non impedisce loro di dare inizio a un battibecco che li porta, un po' per sfida, un po' per gioco, a oltrepassare il limite... Ma nessuno dei due dà peso alla cosa: sono perfettamente consapevoli di non piacersi e che non si incontreranno mai più. I piani del destino sono però ben altri. Dopo una vita passata a dissipare soldi senza realizzare granché, Teo è costretto dal padre a riprendere a frequentare l'università: in caso contrario potrà dire addio al suo lavoro nell'azienda di famiglia. E il caso vuole che una delle sue docenti sia proprio l'insopportabile ragazza conosciuta mesi prima a un matrimonio...

In questa storia non abbiamo il classico "belloccio" che, incontrata la ragazza attraente, genera scintille sin dalle prime pagine. Nel romanzo di Anna Zarlenga tutto inizia da un matrimonio, evento funesto che sconvolge la vita di Teo, abituato alle serate in compagnia di Silvio, il suo migliore amico, a perdersi nei locali, svegliandosi il mattino successivo con belle ragazze disponibili e dal quoziente intellettivo piuttosto basso. Ma quello è un giorno maledetto pure per Sara, sorella della sposa: detesta i matrimoni e quello in particolare, dato che conosce bene che tipo sia Silvio, suo cognato. Per di più Sara riceve un confetto su una lente degli occhiali che si incrinano fastidiosamente. Chi sarà l'autore di un simile gesto? Proprio un rozzo maleducato, sicuramente… e invece è il bel Teo: occhi azzurri nascosti dietro un paio di occhiali da sole, completo nero (perché a lutto) e incredibilmente attraente. Sara, però, non si fa incantare dall'aspetto fisico e, con la parlantina e la battuta sempre pronta che la contraddistingue, lo attacca con parole taglienti come lame. 


Dal canto suo Teo di solito non comunica con le "racchie" e Sara non corrisponde proprio ai suoi standard: bassa, occhiali dalle lenti spesse, fisico molto curvy, castigato in completi che sembrano usciti dall'armadio della nonna. È lo stesso Teo a confondere l'atteggiamento inviperito di Sara nei suoi confronti come un tentativo di seduzione da parte della ragazza. 


È così che inizia la storia di quei due che non sono il tipo l'uno dell'altro, eppure ogni volta che si trovano insieme fanno scintille. Si "pizzicano" a vicenda con battute e gesti comici… ed è proprio così che Teo, che prende inizialmente la situazione alla leggera, si ritroverà innamorato perso di una persona che non è mai stata il suo tipo; allo stesso modo Sara, da sempre attratta dal suo professore più grande di lei, con la testa fra le nuvole e l'animo filosofico di uno studioso provetto, perderà la testa per un tipo come Teo, spensierato figlio di papà, intelligente, ma senza voglia di applicarsi. 


L'ironia è il legante che tiene insieme le pagine di questo romanzo, l'elemento che anche nelle situazioni più complicate finisce per diventare il fine ultimo delle conversazioni. I protagonisti sono simpaticissimi: Teo, con la sua aria da bello e dannato, è colui che accetta la sfida con se stesso raggiungendo l'obiettivo di far capitolare Sara, solo per poi usarla e poterla lasciare, finché non si imbatte nel sentimento per eccellenza, che lo spiazza, facendo emergere la sua parte più dolce e romantica. Sara, invece, non è il prototipo di una modella (il che l'avvicina alla lettrice media), ma una ragazza indipendente che tiene poco al proprio aspetto fisico privilegiando la carriera e dando tutta se stessa per poter realizzare il sogno accademico. Eppure, a volte, anche l'impossibile diventa realtà e due tipi apparentemente opposti possono trovare insieme la via della felicità. 
Vi lascio con alcune citazioni tratte dal romanzo.

«Lo hai detto tu. La paura ci può bloccare, impedendoci di trovare la felicità […]» 


«Non siamo compatibili, ma complementari: quello che manca a uno, l'altro lo compensa. Con lei le mie barriere cadono, la mia consapevolezza di essere quasi un buono a nulla mi investe, ma la supero: con lei posso trovare un posto nel mondo». 


«La fiducia si guadagna e si può anche perdere, se mal riposta». 


«Ma la fiducia è un atto spontaneo. Solo con la fiducia comprendiamo ciò che a prima vista sembra incomprensibile».

sabato 7 settembre 2019

Recensione di "Non amarmi" di Lori Foster

Buongiorno a tutti lettori! Come state? Siete tornati dalle vacanze? Le mie sono durate troppo poco a dire il vero... e un periodo che avrebbe dovuto essere rilassante si è trasformato in un concentrato di impegni e stress. Per fortuna, però, i libri riescono sempre ad assolvere la loro "magica" trasportando fuori dal tempo e dallo spazio anche per poche ore.
Non sono riuscita a leggere tutti i romanzi che avrei voluto e che avevo portato con me... ma recupererò (spero).
Ecco perciò la prima delle mie letture, già iniziata a luglio.


Trama: Pepper Yates, coinvolta suo malgrado in una losca faccenda di malavita, vive in clandestinità da due anni, nascondendosi in un condominio fatiscente sotto il nome di Sue Meeks. Ha cambiato il proprio aspetto, prediligendo abiti informi, ed è molto riservata. Quasi troppo. Quando però si ritrova come vicino di casa l'affascinante Logan, si lascia stuzzicare dall'attrazione che prova per lui. Non è prudente uscire dal guscio che per anni l'ha tenuta in vita, ma la passione è irresistibile e lei non può che lasciarsene travolgere. Con delle regole, però: rimanere al buio, non spogliarsi e non lasciarsi toccare. Ma Logan non è chi dice di essere, e Pepper rischia di veder crollare il velo di anonimato dietro cui si nasconde... e il proprio cuore ridursi in frantumi.

"Non amarmi" è stato un regalo, non una scelta. Devo dire che la trama non mi aveva eccessivamente entusiasmata, troppo generica, con termini che lasciavano intendere solo una storia di passione nascosta da qualche segretuccio e nulla più. Non mi sarei aspettata di trovarmi davanti un romanzo sensuale, con elementi investigativi che echeggiavano 007. 


Sue Meeks è una ragazza strana, sempre vestita in modo non appariscente, che tende a camuffarsi con l'ambiente circostante, quasi a voler sparire… intento che però non riesce completamente, almeno agli occhi di Logan Riske, un agente sotto copertura, residente in un palazzetto e vicino di casa di Sue. Logan sta dando la caccia a Rowdy Yates, testimone dell'omicidio di un suo caro amico in una discoteca, e sa bene che l'insignificante Sue è in realtà Pepper Yates, sorella del ricercato. 


L'uomo è deciso a usarla pur di arrivare al suo scopo, eppure dopo una serie di sguardi e di approcci che si spingono sempre più verso picchi di passionalità in netto contrasto con l'apparenza della donna, i due finiscono per legarsi l'uno all'altro: Logan scopre aspetti inusuali, dolci e al contempo sensuali di Pepper e Pepper si ritrova a fidarsi suo malgrado di Logan… finché un blitz non incasterà Rowdy spegnendo per sempre quella magia che si era creata. 


Pepper Yates scappa perché ora tocca a lei entrare in scena, liberandosi da una maschera indossata per troppo tempo, ricercata da un pericoloso trafficante di essere umani, da poliziotti corrotti e da un agente innamorato e deciso a proteggerla ad ogni costo.

Non rivelerò di più. Devo dire che il romanzo è andato ben oltre le mie aspettative. Pensavo di trovarmi, come anticipato, davanti alla classica storiella sentimentale con risvolti piccanti, a volte immotivati; invece ho sfogliato le pagine di una storia non eccessivamente impegnativa, in cui si accostano sentimenti, passione, omicidi e indagini. Sarebbe forse più opportuno definirla un poliziesco romantico.
In tutto ciò, bisogna aggiungere che l'autrice abbia dato sicuramente rilievo al rapporto fratello-sorella tra Rowdy e Pepper che, sin dall'infanzia, si sostengono a vicenda, nonostante le varie vicessitudini, costruendo così due personaggi dal passato complicato che riescono però a procedere nella tempesta della vita.

Logan è il classico investigatore sexy, che ha forse visto troppi film di James Bond senza riuscire ad imitarlo realmente e Dash, suo fratello, è la spalla che gli fornisce una copertura idonea. Reese Barenden, collega di Logan, invece, con il suo comportamento ambiguo, riesce a ricoprire un ruolo di tutto rispetto: quello del bravo poliziotto, sospettoso di tutto, ma dal cuore tenero… soprattutto quando si tratta di adottare un cucciolo di cane abbandonato e di riuscire a vedere oltre l'apparenza di Alice, una timida e alquanto strana vicina di casa che sarà una pedina importante specie nella fase di risoluzione del caso.

"Non amarmi" non è di certo un best seller, ma una lettura piacevole, un romanzo da sfogliare sotto l'ombrellone.

martedì 23 luglio 2019

Recensione di "Detective dell'arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura" di Roberto Riccardi

Buongiorno a tutti amici! In un ritaglio di tempo volevo condividere con voi la mia recensione di "Detective dell'arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura" di Roberto Riccardi.


Trama: Un film nel 2014 li ha resi famosi. Erano i Monuments Men, 350 uomini di tredici Paesi che salvarono i capolavori dell'arte dalle devastazioni della Seconda guerra mondiale. Di militare avevano ben poco, erano in prevalenza esperti di arti figurative, archivisti e restauratori. Nello stesso periodo Rodolfo Siviero, agente segreto e critico d'arte, riportava in Italia con operazioni degne di un romanzo d'avventura i capolavori sottratti dal "Kunstschutz" voluto da Hermann Göring. Era figlio di un carabiniere. Prima di lui c'era stato lo scultore Antonio Canova, nominato ambasciatore dal papa per recuperare le opere portate via da Napoleone in forza del trattato di Tolentino. Nel 1969 l'Arma dei Carabinieri ha creato una struttura dedicata alla salvaguardia dell'arte, composta da squadre abituate a lavorare sui grandi scenari internazionali utilizzando tecniche professionali e innovative. È il nucleo (ora comando) Tutela patrimonio culturale. I suoi uomini hanno rimesso al loro posto La Muta di Raffaello, Il giardiniere di Van Gogh, il Cratere di Eufronio, la Triade capitolina. I risultati vanno ben al di là delle cronache giudiziarie: viaggiano fra il passato e l'eterno. Nel cinquantenario della fondazione del Tpc, a cui sono dedicati eventi e mostre in tutto il mondo, questo libro racconta le indagini, i successi e i casi su cui non è stata ancora scritta la parola fine. Dalla riapertura delle domus di Pompei al giallo del Caravaggio rubato e ai falsi Modigliani, dal salvataggio delle opere d'arte dopo il terremoto in Umbria del 2016 all'impegno in Iraq per la protezione e il recupero dei beni archeologici dopo la Seconda guerra del Golfo, è una carrellata di storie avvincenti e colpi di scena. Che non solo svelano il mondo sommerso dei tombaroli, dei furti su commissione e dei falsari di mestiere, ma rivelano anche le emozioni, i ricordi, gli aneddoti dei detective dell'arte, che hanno fatto del loro lavoro una passione senza confini.

Piove a Palermo. E' una notte di ottobre del 1969. Il Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri è stato fondato da solo qualche mese e già un caso importante si presenta davanti ai suoi occhi: dall'Oratorio di San Lorenzo è scomparsa "La Natività" del Caravaggio. Ancora oggi quel dipinto è nella lista delle opere d'arte più ricercate di tutti i tempi, il simbolo del traffico d'arte internazionale.


E' così che il Gen. Roberto Riccardi, attualmente Capo Ufficio Stampa dell'Arma dei Carabinieri, comincia la sua narrazione, illustrando in modo scorrevole e a volte "poetico" il mestiere dei Detective dell'arte, degli 007 Italiani che si occupano di recuperare le opere illecitamente sottratte, di restituirle, ma anche e soprattutto di contrastare ogni azione criminale rivolta verso il patrimonio culturale e paesaggistico.


Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha compiuto 50 anni il 3 maggio scorso ed è proprio grazie a questo reparto speciale dell'Arma, fiore all'occhiello tutto Italiano, che l'umanità è in grado di recuperare frammenti della propria storia.
E' quando i tombaroli si aggirano furtivamente nelle campagne che i Carabinieri del TPC indagano e contrastano i trafficanti d'arte internazionali. La Triade Capitolina, magnifico gruppo scultoreo, è stata recuperata così.


E' quando i ladri, frequentemente aiutati da una talpa interna, decidono di recarsi a un museo per rubare opere importanti, magari su commissione, che i Carabinieri del TPC devono essere immediatamente reperibili e correre sul luogo del "delitto" per raccogliere le prove e iniziare le indagini. "Il giardiniere" di Van Gogh, o i dipinti trafugati dal Museo di Castelvecchio a Verona hanno richiesto complesse operazioni investigative prima di portare a casa un risultato positivo, restituendo alla collettività le opere d'arte. 


Ma tutto ciò non riguarda esclusivamente le opere già note: tra i "ricercati" dai Carabinieri vi sono anche manufatti di arte sacra, piccoli oggetti, quadri di artisti sconosciuti che avevano un valore affettivo, sacro, religioso "bisognosi" di essere recuperati per colmare un vuoto tangibile nelle comunità.
Poi ci sono i falsari, sempre pronti a immettere sul mercato manufatti contemporanei spacciati per originali, uomini senza scrupoli che, pur di guadagnare sulla buona fede degli acquirenti, sarebbero disposti a qualsiasi cosa. E' così che sorgono casi come quello dei falsi Modigliani per citarne solo uno dei più famosi.
Infine ci sono le missioni "speciali": i Caschi Blu della Cultura, Unite4Heritage, sono in prima linea quando si tratta di dare man forte in situazioni tragiche, quali calamità naturali (terremoti, alluvioni, incendi, etc.) e guerre, che minacciano il patrimonio culturale.


Tutto questo riguarda le attività del Comando Carabinieri TPC, che può fare costante affidamento sulla "Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti", il più grande e completo database al mondo contenente informazioni e fotografie relative alle opere d'arte trafugate.


Roberto Riccardi, oltre a narrare le imprese, nomina anche le persone che indossano quella divisa: donne e uomini impegnati costantemente per far sì che la memoria e la storia, nazionale e internazionale, non si disperda, ma continui a raccontare dettagli di un passato tremendamente attuale. Donne e uomini infaticabili, che sacrificano spesso gli affetti per adempiere al proprio dovere e rimanere al servizio di ogni cittadino.
I Monuments Men hanno indubbiamente scritto una pagina importante di storia; i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale camminano accanto al cittadino ormai da 50 anni, senza mai lasciarlo solo, impedendo prima di ogni altra cosa che la deliquenza possa in qualche modo compromettere la memoria di ognuno di noi. 


E' ormai dal 2013 che ho personalmente iniziato il cammino della tutela del patrimonio, studiando i casi specifici, occupandomi della comunicazione e informando ogni cittadino degli eventi "delittuosi" riguardanti i beni culturali. E' solo puntando sulla consapevolezza del singolo che si potrà (forse) educare al rispetto verso la storia e le testimonianze di un passato collettivo.
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