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martedì 2 febbraio 2021

Recensione di "Quanto blu" di Percival Everett

Buongiorno lettori e bentornati su questo blog! Siamo ormai agli inizi di febbraio, il consueto gelo invernale non è ancora terminato... e vi confesserò di aver ceduto all'offerta di La Feltrinelli: due libri con copertina del lettore (che trasmette anche molto calore).

Oggi provo a farvi immergere in un quadro, un'enorme tela, in cui i toni del blu sono abilmente mescolati. Ma cosa vogliono comunicare? Andiamo a scoprirlo.



Kevin Pace è un artista e lavora da tempo a un dipinto che non lascia vedere a nessuno: non ai figli, non al migliore amico Richard e neppure a sua moglie Linda. Questa enorme tela di quattro metri per sette, interamente ricoperta da strati di vernice blu di diverse sfumature, potrebbe essere infine il suo capolavoro. Kevin non sa ancora dirlo o, meglio, non gli interessa, perso com'è nel suo passato di cui questo quadro sembra essere una sintesi, un'enigmatica e incomprensibile rappresentazione. Perché Kevin custodisce un segreto: dieci anni fa, a Parigi, ha avuto una relazione con una giovane pittrice e, seppur oggi non riesca a spiegarsi cosa lo mosse allora, il fantasma della ragazza e le bugie raccontate per anni non smettono di assediarlo. Mentre combatte con i demoni della sua memoria, Kevin deve difendere i sacrifici fatti in nome dell'arte e proteggere la sua famiglia da ciò che non hai mai avuto il coraggio di rivelare: il suo quadro, che racchiude un'indicibile verità, potrebbe essere la sua salvezza, o la sua condanna definitiva.

Questo romanzo mi ispirava da tempo e da mesi entravo in libreria, lo sfogliavo, leggevo instancabilmente qualche riga, lo rimettevo al suo posto e lo salutavo, con la promessa di tornare ad acquistarlo. E alla fine l'ho letto. Tutto, ogni singola riga, ogni pagina, ogni sensazione stampata.
Percival Everett ci trasporta all'interno dell'animo di Kevin Pace, un pittore contemporaneo, un astrattista. Si sa, gli artisti possiedono sempre quel tormento che li rende inquieti, creativi, e Kevin non fa eccezione. Ma cosa si cela dentro di lui e, sopratutto, in quel dipinto misterioso che tiene nel suo scantinato, lontano dagli occhi di familiari e amici?
Il racconto in prima persona si svolge in tre diversi tempi e luoghi: Philadelphia, ai giorni nostri, dove Kevin abita con la famiglia; Parigi, una decina di anni prima; 1979, a El Salvador.


Per ogni epoca esiste un segreto: la promessa fatta e mantenuta (ma che avrebbe, forse, dovuto spezzare) ad April, sua figlia, riguardo la gravidanza inaspettata e indesiderata; un amore fresco e troppo giovane per Victoire, pittrice; gli orrori della guerra civile, la morte davanti agli occhi e una legittima difesa che equivale a una macchia nell'animo, a un omicidio.
A tutto questo si aggiungano i problemi che ogni uomo può affrontare nell'arco della propria vita: un matrimonio apparentemente felice che nasconde la mancanza del vero amore; l'alcolismo, abbandonato, poi ripreso, per non pensare, per dimenticare; la voglia di evadere da una vita che sta stretta, che forse non si è scelta completamente in maniera consapevole; l'ardore di un amore puro, che si è costretti ad abbandonare a causa delle convenzioni sociali.
C'è chi quest'ultima esperienza la chiama "crisi di mezza età". Molti uomini (e anche donne) ne soffrono: l'eterno Peter Pan che riemerge dal corpo di un uomo e insegue la giovinezza, finendo per invischiarsi in una storia con l'amante più giovane. A volte, però, capita - come nel caso di Kevin - che si conosca il vero amore, lo si conosca tardi, lo si percepisca con la persona in quel momento sbagliata che non corrisponde alla donna scelta come propria compagna di vita... soprattutto se sei un uomo che si è sposato per avere sicurezze, non per sentimento. E Victoire cosa rappresenta? La freschezza, la libertà, la purezza di spirito che Kevin aveva perso tanti anni prima. Perdersi nel suo amore significa anche dissetarsi. Victoire è la spuma bianca a riva lasciata da un oceano profondamente blu.


E Linda allora? Il porto sicuro, la madre dei figli, un sentimento molto più simile a un grande affetto che a un sincero amore. Perché se è vero che per rimanere insieme bisogna superare le difficoltà che il matrimonio pone davanti (e sono tante), è anche vero che occorra un sentimento saldo e sincero.
Kevin appare spesso come un uomo solitario, perso in un'altra dimensione: egli trova conforto nella pittura, attraverso la quale può esprimersi e liberare la propria anima dai pesi che la tengono ancorata a terra; quella stessa pittura che gli permette, almeno per un po', di vivere la vita di cui aveva bisogno, non quella in cui - per scelte a volte frettolose e non ponderate - si è ritrovato.

"Quanto blu" è un romanzo particolare, al confine tra il genere narrativo e quello psicologico, che pone di fronte ai problemi più comuni, vissuti con intensità, a volte senza soluzione, delineando probabilmente il profilo di ogni essere umano.

Dalle righe che avevo letto qua e là durante le mie visite in libreria, avevo avuto l'impressione di trovarmi davanti a un romanzo diverso. Ho personalmente percepito come piuttosto pesante, seppur ben scritta, la parte relativa al 1979: quella guerra civile, con tutti gli orrori connessi, scorre lentamente (a volte troppo), nonostante rimanga impressa - come credo sia stata intenzione dell'autore - nella mente del lettore. Avrei forse voluto immergermi in una lettura più leggera, seppur con i suoi dovuti approfondimenti. Ad ogni modo, "Quanto blu" è sicuramente un bel romanzo che pone vari spunti di riflessione, certamente consigliato a un determinato genere di lettore.


«Lo dicevano spesso, che io evitavo il blu. Ed era vero. Quel colore mi metteva in crisi. Non riuscivo a controllarlo. C’era quasi sempre come una base di calore nella mano di fondo, ma in superficie non si vedeva mai, non era mai più che un’idea in nessun quadro. E sebbene il blu sia tanto piacevole, sia un colore gradito o amato da molti - nessuno odia il blu - non lo potevo usare. Il colore della fedeltà, della lealtà, l’argomento dei filosofi, il nome di una forma musicale... ma il blu non era mio. E per estensione nemmeno il verde. Di fatto, in giapponese e in coreano il blu e il verde hanno lo stesso nome. E benché il cielo sia blu, in quanto colore agli umani è arrivato tardi».

«Ero arrivato ad amare il potere dei segreti e vedevo ogni quadro come un segreto in attesa di essere svelato».

«Le sfiorai una guancia. "Sei amorevole, sei un color puro". "Amorevole, è una parola interessante". "Sì, vero?". Mi prese la mano. Le chiesi: "Allora che cos'è questo... noi, che cosa abbiamo?". "L'amore". "L'amore" ripetei come in ascolto di quella parola. "È una parola così grossa". "Tu amami e basta" lei mi disse. "Ti amo"».

«Tieni un segreto abbastanza a lungo e non potrà più essere svelato, o semplicemente non lo sarà». 

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