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lunedì 18 settembre 2023

Recensione di "Come un romanzo" di Daniel Pennac

Buonasera amici, torno su questo blog sempre più spesso ed è un bene. Finalmente, almeno in questo periodo, riesco a coltivare la mia passione per la lettura e la scrittura. Ed è proprio di un libro che parla di lettura e scrittura che voglio parlarvi. Si tratta di "Come un romanzo" di Daniel Pennac. Lo conoscete?


Trama: «Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.»
È proprio attraverso l'analisi del comportamento, di come giorno dopo giorno interagiamo con l'oggetto libro e i suoi contenuti, che Pennac riesce a dimostrare alcune storture dell'educazione non solo scolastica, ma anche familiare. Laddove, normalmente, la lettura viene presentata come dovere, Pennac la pone invece come diritto e di tali diritti arriva a offrire il decalogo. Piena libertà dunque nell'approccio individuale alla lettura perché «le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere».

Ho acquistato questo libro nella libreria della località in cui sono andata in vacanza, esattamente come "Il caffè alla fine del mondo". L'ho aperto e ho capito che sarebbe stata la mia prossima lettura perché sono rimasta a scorrere diverse righe prima di accorgermi che non avrei potuto terminarlo in libreria prima di averlo pagato.

Ovviamente non si tratta di un romanzo, ma piuttosto di un saggio riflessivo sulla lettura. Da quando iniziamo a leggere? Perché lo facciamo? Perché si legge sempre meno? Colpa della TV? Daniel Pennac ripercorre i primi momenti di un bambino, quando sono i genitori a leggergli le favole prima di andare a dormire. La lettura diventa quasi un rito irrinunciabile. Con il trascorrere del tempo, le cose cambiano.


Il bambino cresce, può leggere da solo, i genitori si allontanano ed è in questo momento che inizia il declino: quel rito piacevole, ora è diventato un momento di solitudine. A volte sono gli stessi genitori a sbagliare: non ti faccio vedere la TV, se non leggi. Quindi il premio non è la lettura, bensì la TV. Il libro si configura, quindi, come un oggetto negativo, inconsapevolmente.

E poi c'è la scuola che, a volte, con l'obiettivo di far amare la lettura ai ragazzi, in realtà finisce per fargliela odiare. Come? Imponendo letture di libri, soprattutto classici, durante le vacanze. Cosa accade dunque? All'epoca in cui Pennac scrisse il libro, i ragazzi copiavano dai compagni più bravi, senza aver imparato nulla; oggi, invece, riassunti, recensioni, analisi dei testi sono tutti a disposizione sul web. Non c'è più bisogno di leggere un libro "imposto" per sapere di cosa parli. Ma è proprio qui il punto: non è l'imposizione che si dovrebbe seguire. I ragazzi dovrebbero essere incuriositi dalla lettura, dai romanzi, dalle storie in essi narrati. Lì sta la bravura del docente: i ragazzi vanno coinvolti, bisogna far sì che non possano fare a meno di leggere un libro perché vogliono saperne di più. Il libro si trasforma, così, da oggetto "pesante" e quasi "di tortura", a un oggetto indispensabile.

Foto di WOKANDAPIX da Pixabay

Alla fine di tutte queste riflessioni, in cui non manca qualche nota ironica, Pennac inserisce il decalogo dei diritti del lettore: quello di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere, di leggere qualsiasi cosa, il diritto al bovarismo, di leggere ovunque, di spizzicare, di leggere a voce alta e, infine, il diritto di tacere.

Un lettore che si rispetti può non aver voglia di leggere; può saltare le pagine se le trova troppo noiose, senza per questo considerare noioso l'intero libro; può lasciare un libro a metà perché la storia non lo ha ispirato particolarmente; può rileggere un libro per capirne di più, o perché lo ha davvero amato; può leggere qualsiasi cosa, dai romanzi rosa ai gialli, fino ai saggi; può lasciarsi travolgere e ricordare per sempre le prime emozioni da lettore; può leggere dappertutto, sui mezzi pubblici, in camera da letto, persino al bagno; può "spizzicare", ovvero leggere pezzetti di testo di un determinato libro, lasciandolo poi per "spizzicarne" un altro; può leggere a voce alta per conferire più sentimento alle parole e per dare vita a quella storia fuori dalle pagine scritte; può infine tacere, non voler parlare della propria lettura, perché vuole assimilarla, tenerla per sé, custodirla.

Ecco, perciò, che Daniel Pennac riesce a farci osservare "la lettura" da punti di vista differenti, a farci riflettere sui meccanismi negativi e positivi che si generano da quelle che noi consideriamo come azioni normali perché radicate nella società. Amare la lettura è impossibile al giorno d'oggi? No, nulla è impossibile se ci sono lettori innamorati e scrittori desiderosi di essere letti.

Vi lascio con alcuni piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione!


«Se dovessimo tener conto delle letture importanti che dobbiamo alla Scuola, ai Critici, a tutte le forme di pubblicità e, viceversa, di quelle che dobbiamo all'amico, all'amante, al compagno di scuola, vuoi anche alla famiglia - quando non mette i libri nello scaffale dell'educazione - il risultato sarebbe chiaro: quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. [...] Quando una persona cara ci dà un libro da leggere, la prima cosa che facciamo è cercarla fra le righe, cercare i suoi gusti, i motivi che l'hanno spinta a piazzarci quel libro in mano, i segni di una fraternità».



«Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare.) Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere. [...] Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere».

«L'uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale».

giovedì 14 settembre 2023

Recensione di "Il caffè alla fine del mondo" di John Strelecky

Buonasera a tutti, amici lettori! In questa calda serata di settembre, vi parlerò di un libretto trovato, del tutto casualmente, in una libreria della località in cui sono andata in vacanza. Non ero alla ricerca di qualche storia particolare, ma l'ho trovata comunque... o forse era lei a cercare me.


Trama: A volte nella vita quello che sembrava un fastidioso imprevisto può rivelarsi una scorciatoia verso la felicità. È ciò che accade a John, il protagonista di questo libro, un uomo che va sempre di fretta ma che un giorno, per colpa del traffico, è costretto a rallentare e imboccare un cammino secondario, reale e metaforico, ignaro che quello che sta per incontrare – un misterioso caffè in mezzo al nulla – lo cambierà per sempre. Sì, perché il caffè alla fine del mondo esiste ed è dentro di noi, è il luogo dove tutte le nostre domande trovano risposta, dove i nostri desideri appaiono nitidi e raggiungibili, e dove finalmente troveremo il coraggio di cambiare. Un libro da tenere sul comodino, da leggere e rileggere, per non scordarci mai che affrontare noi stessi è l'unica via verso la felicità.


Tutto il libro, piuttosto breve, è metaforico, basti pensare al suo inizio: John - tra l'altro il protagonista si chiama come l'autore, quindi è forse possibile leggerci qualcosa di personale? - imbocca la strada abituale perché vuole staccare, prendersi una pausa, e la trova bloccata. Un traffico assurdo e quando giunge al bivio, la polizia gli fa cambiare direzione causa incidente, spingendolo a perdersi.
In questo nulla delle strade americane, che siamo così abituati a osservare nei film, c'è un bar, unico luogo civile e illuminato. John si ferma qui, tanto più che il carburante non abbonda nella sua automobile. Entra in questo locale e trova un'atmosfera accogliente e d'altri tempi, con il bancone lungo, gli sgabelli, i divisori, un vecchio registratore di cassa, le zuccheriere.
Ci saremmo aspettati che John fosse l'unico cliente e invece il bar, sperduto nel nulla, ha diverse persone sedute ai tavoli, ognuno dietro il proprio separé, in coppia o da solo, ma tutti sono a proprio agio.

Foto di StockSnap da Pixabay

Il bar, denominato "Checifaiqui", è gestito da Casey e da Mike, che diventano i due principali interlocutori di John quando quest'ultimo apre il menù, in cui ci sono vari messaggi, tra cui il seguente: "Spunti per ingannare l'attesa: Che ci fai qui? Hai paura della morte? Ti senti appagato?".
John non crede ai propri occhi, ma sia Casey che Mike si avvicinano, gli parlano, gli pongono delle domande e lui reagisce, incuriosito. Che ci fa lì, in quel bar? Oppure altrove?
In realtà "Che ci fai qui?" è la prima e fondamentale domanda che caratterizza tutto il libro ed equivale a chiedersi "Qual è il tuo Scopo di Esistenza (SDE)"?

John, che incarna poi tutti noi, si mette a riflettere ad alta voce, ascoltando le esperienze di Casey, di Mike, ma anche di un'altra donna presente nel bar. Qual è il suo scopo di esistenza? Qual è il suo sogno? Cosa vuole fare nella vita? Ma soprattutto, perché sembra che ognuno non faccia mai ciò per cui è nato, accontentandosi di fare un lavoro che non ama per guadagnare e poi ottenere pochissimo tempo da dedicare a quel che realmente vorrebbe fare? Vale la pena di vivere così, oppure è possibile impegnarsi da subito per raggiungere il proprio SDE?
Le due domande successive seguono a ruota. Hai paura della morte? John riflette, fino a pensare che, probabilmente, chi ha vissuto seguendo il proprio SDE, non deve temere la morte. Ha realizzato tutto, ha vissuto una vita felice, appagante. E da qui "Ti senti appagato?"

Foto di Pexels da Pixabay

La metafora iniziale della strada l'ho letta come la vita di John, improvvisamente trafficata, bloccata. John, quindi, è costretto a deviare, ma si perde perché non sa dove si sta dirigendo. I titolari del bar costituiscono una luce per lui, una ricarica per proseguire lungo la strada che, in realtà, John avrebbe voluto e avrebbe dovuto imboccare sin dall'inizio. Dà una svolta alla propria vita.
Quanti di noi si accontentano, a volte per necessità, a volte perché gli ostacoli sono talmente tanti che finiamo per demoralizzarci? Ma dentro il nostro cuore conosciamo perfettamente cosa vogliamo. C'è chi ha più coraggio, a volte incoscienza, a volte ancora testa dura per inseguire i propri obiettivi e vivere felice, anche se - a volte - non diventa ricco (felicità e ricchezza non sempre procedono di pari passo).
Nella vita, però, l'importante è sentirsi appagati. Chiudere gli occhi la sera e pensare con entusiasmo al giorno successivo e con il medesimo entusiasmo a quello già trascorso. Ci saranno comunque momenti difficili, perché trovare il proprio SDE non costituisce una magia, ma si tratta di uno stato d'animo differente che aiuta ad affrontare proprio quelle discese demoralizzanti con più leggerezza.

Non nego, infine, di aver desiderato di trovare un bar come il "Checifaiqui", un posto che si posiziona tra l'immaginario e il reale, o forse appare a chi più ne ha bisogno, un po' come la "stanza delle necessità" di Harry Potter.
"Il caffè alla fine del mondo" è un libretto che scorre velocemente, anche se consiglio di leggerlo con attenzione e, insieme a John, di porsi le sue stesse domande. In fin dei conti, i libri ci accompagnano per insegnarci qualcosa e io, da questa lettura, ho imparato a pensare che, forse, insistere per seguire il proprio SDE non è sbagliato. La strada sarà probabilmente più complicata, bisognerà cambiarla, prendere una traversa, ma la soddisfazione e la felicità di percorrerla per tornare a ciò che, a malincuore, avevamo lasciato, sarà incomparabile.

«Non permettere alle cose, o alle persone, di portarti a credere di non avere più il controllo del tuo destino. Scegli attivamente la tua strada, altrimenti qualcun altro la sceglierà per te».

mercoledì 6 settembre 2023

Recensione di "Lascia lui per me" di Whitney G.

Buon pomeriggio, amici e bentornati sul mio blog!

E' settembre, tutto riprende a ritmi che, a volte, sono veramente troppo frenetici. Ricominciano i nervosismi, il traffico, le code interminabili di turisti e Roma si trasforma, talvolta, in un luogo invivibile.
Tuttavia, anche in mezzo al traffico (alias, sui mezzi pubblici incanalati nel traffico), ormai sapete che mi troverete con un libro aperto mentre mi tuffo a capofitto in una nuova storia.

Il libro di cui vi parlerò lo avevo iniziato un bel po' di giorni fa e mi era stato regalato. Ormai le mie scelte sono diverse, ma mi piace alternare... questa volta, sono sincera, ho faticato a proseguire la lettura, ma ho una regola: nessun libro dev'essere lasciato a metà perché può nascondere qualche sorpresa piacevole.


Trama: Hayden e Penelope sono amici, ma non è sempre stato così. Quando si sono conosciuti, lui era il migliore amico di Travis, il fratello maggiore di lei. Dopo la morte dei loro genitori, Travis ha deciso di inseguire il sogno di diventare un campione di arti marziali e, dovendo lasciare Penelope da sola, ha chiesto all’amico di prendersi cura di lei. Nel tempo, Hayden le si è affezionato, finendo per vederla anche lui un po’ come una sorellina… o forse no?Già, perché negli ultimi tempi Hayden si è accorto che i suoi sentimenti nei confronti di Penelope sono cambiati, e che l’affetto si sta trasformando in un amore travolgente. Ma dichiararsi è tutt’altro che semplice: lei viene da una lunghissima serie di storie fallimentari, e ogni volta che incontra un uomo che le piace si rivolge a Hayden. Del resto, chi può darle consigli meglio di lui, che ha fatto una fortuna con una dating app? Ma Hayden non ne può più. Deve assolutamente convincerla a lasciare la sua ultima fiamma e a scegliere lui… Sì, ma come?

Come ho trovato questo romanzo? Dalla premessa, penso sia piuttosto intuitivo: monotono.
Il filone base, che comunque non emerge su altri aspetti ben più hot di tutta la vicenda, lega Penelope e Hayden come amici. Hayden si prende cura di lei, su incarico del fratello maggiore, poiché quest'ultimo è sempre in giro per le sue gare di pugilato, mentre i genitori sono morti. Penelope, avviata alla carriera di pattinatrice, non ha amici. Sua madre era la più grande amica, oltre che la sua allenatrice.
La ragazza è piuttosto sprovveduta. Cerca in mille ragazzi un briciolo di amore, senza trovarlo: c'è chi è disinteressato a lei, chi la truffa, chi ha scheletri nell'armadio insopportabili. Hayden è sempre quella persona che le sarà vicina, che la starà ad ascoltare la sera, che la consiglierà e asciugherà le sue lacrime. Finché i due non si rendono conto che si sono innamorati. Ovviamente ci impiegano anni a confessarselo. Nel mentre Hayden prosegue con le sue storielle occasionali e Penelope insiste nel cercare un ragazzo serio che, evidentemente, non esiste.
Quando i due, finalmente, si avvicinano, non potranno fare a meno di resistersi, mettendosi insieme e pensando a un futuro.

Foto di Annette da Pixabay

C'è l'elemento tragico (morte dei genitori e incidente di Penelope) e c'è anche un sogno, quello della ragazza, di diventare una campionessa indiscussa nel pattinaggio sul ghiaccio. Ma proprio non ci siamo. Non ci siamo perché è un libro veramente povero. La trama è sviluppata poco e male, tra presente e futuro, tra visione di Hayden e quella di Penelope, senza contare i numerosi errori di traduzione che rendono difficoltoso capire di chi si stia parlando.
Tutto è incentrato sul sesso sfrenato, nell'ennesima imitazione di Mr. Grey. Hayden è il latin lover ricco sfondato, con un passato tragico (il padre ha abbandonato la famiglia quando Hayden era piccolo), che ha avventure tutti i giorni, ma con Penelope invece fa il principe azzurro. Lei, a tratti sembra veramente sprovveduta, a tratti tipicamente gattamorta con picchi isterici, che la spingono a sfoghi davvero irritanti.
Unico lato positivo: i dialoghi - quando non hanno errori di traduzione - sono divertenti e stuzzicanti.

Che dire? "Lascia lui per me" non mi è piaciuto... sarà che sono portata per storie più romantiche e, forse, non mi ci ritrovo, oppure che si tratta di romanzi rosa per un pubblico più giovane e decisamente "spigliato", ma non riesco a consigliarlo.

Terminata questa parentesi, tornerò alle mie letture, quelle che mi coinvolgono anche solo osservando la copertina. Perché, si sa, un libro è come la bacchetta di Harry Potter: ti sceglie.
A presto!
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