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sabato 15 settembre 2018

Recensione di "L'abbazia di Northanger" di Jane Austen

Buon sabato a tutti, amici lettori! Siamo a metà settembre e mi sembra trascorso così poco tempo da quando ho preparato i bagagli per staccare un po' la spina e andare al mare.
Anche oggi vi conduco all'interno di una lettura terminata durante le vacanze, "L'abbazia di Northanger". Avevo sentito parlare di questo romanzo della Austen e, sinceramente, avevo anche trovato qualche difficoltà nel reperirlo. Le librerie fisiche lo avevano insieme ad altre sue opere, poi ho risolto con una online (non le prediligo, ma ammetto che a volte siano utili e piuttosto convenienti per alcuni sconti).


Trama: Catherine Morland, la protagonista del romanzo, è invitata a trascorrere qualche giorno presso l’ex abbazia di Northanger, residenza della famiglia del giovane pastore anglicano con cui si è fidanzata, e che la crede una ricca ereditiera. Suggestionata dal luogo e ancor più dalle intense letture di romanzi dell’orrore all’epoca in gran voga, la giovane vive alterando banali eventi quotidiani alla luce di immaginarie atmosfere di terrore. Una serie di malintesi, frutto della sua fantasia sovreccitata, mette a repentaglio il rapporto sentimentale appena nato, pregiudicato anche dalla scoperta delle sue reali condizioni economiche. Celebrazione dei riti di iniziazione sociale della borghesia inglese di provincia a cavallo tra Sette e Ottocento, quest’opera della Austen non si esaurisce nella storia di una contrastata passione, ma rappresenta una sottile parodia del romanzo sentimentale, e soprattutto del romanzo gotico, che resta di grande attualità ancora oggi.

Attenzione: possibili SPOILER!

Catherine Morland viene presentata dall'autrice come un'autentica "eroina". Sin dai primi capitoli, però, si comprende come quell'appellativo sia piuttosto ironico, in quanto la sua esistenza scorre in maniera pacata, pur avendo compreso che da ragazzina la protagonista era una sorta di maschiaccio.


La diciassettenne Catherine non sembra possedere doti straordinarie, proviene da una famiglia abbastanza numerosa e benestante, ma di certo non ricca. Alcuni amici, gli Allen, la invitano a stare con loro a Bath per un certo periodo di tempo, durante il quale avrà modo di fare le sue conoscenze in occasione di balli e di incontri di cortesia. È allora che Catherine conosce Isabella Thorpe, innamorata di suo fratello James Morland, e il fratello della stessa, John Thorpe. Sarà proprio quest'ultimo a tentare di conquistare il cuore di Catherine. La ragazza però è ormai attratta da una nuova conoscenza, Henry Tilney, purtroppo visto una volta in occasione di un ballo e scomparso nel nulla. 


John Thorpe – personaggio che spicca per la noia che provoca parlando solo e sempre di cavalli e carrozze – combatte la sua battaglia, forte anche del fatto che sua sorella voglia sposare il fratello di Catherine. Le cose però si mettono male quando Isabella, improvvisamente, rompe il fidanzamento con James per mettersi con il capitano Frederick Tilney, fratello maggiore di Henry e di Eleonor. Catherine non saprà più nulla dei Thorpe, mentre invece sarà invitata da Eleonor a risiedere per un po' di tempo all'abbazia di Northanger insieme alla famiglia Tilney, dove rivedrà Henry. 
Già a partire dal viaggio in carrozza, il legame tra i due sembra consolidarsi maggiormente; anche l'amicizia con Eleonor diventa più forte. Fonte di inquietudine per Catherine è il Generale Tilney, padre dei suoi amici, che appare piuttosto cortese nei suoi confronti, ma allo stesso modo misterioso, come nascondesse qualcosa. Catherine, influenzata dalle sue letture gotiche e dalle storie narrate da Henry, inizierà a farsi congetture riguardo il misterioso passato del Generale, arrivando a pensare che la moglie non fosse in realtà morta, ma che lui la tenesse prigioniera nell'abbazia. La ragazza esplora, entra in alcune stanze, apre uno scrittoio durante una notte di tempesta, per poi scoprire che il manoscritto rinvenuto non è nulla di considerevole. Sarà Henry stesso, sorprendendola a curiosare, a dissuaderla riguardo le fantasie piuttosto insane, smorzandole così la vena "avventurosa". 


Henry parte, così come il Generale. Catherine ed Eleonor possono stare sole e conoscersi meglio, fin quando giunge un ordine tremendo dal signor Tilney: la giovane Morland deve tornare a casa sua senza trattenersi oltre. Catherine non capisce: si interroga sulle sue azioni, su cosa possa averlo infastidito, ma non trova risposta, esattamente come Eleonor, addolorata della partenza dell'amica.


Una volta giunta a casa sua e dopo aver narrato la vicenda ai genitori, Catherine ripensa ai bei momenti trascorsi a Bath e a Northanger, percependo nostalgia e sgomento per l'epilogo. Un giorno, però, inaspettatamente, Henry Tilney si presenta a casa Morland. Proprio da lui conoscerà il vero motivo dell'allontanamento di Catherine: il Generale, notando una simpatia tra Henry e Catherine, aveva parlato con John Thorpe, che lo aveva informato della considerevole ricchezza della signorina Morland. Venuto successivamente a conoscenza del fatto che Catherine non fosse così altolocata, aveva preferito mandarla via e troncare quel rapporto con il figlio. Non avrebbe mai acconsentito al matrimonio con una ragazza povera.
Henry Tilney si era recato però anche a casa Morland per un altro motivo: proprio quello di chiedere la mano di Catherine. Infine i due si sposano felicemente. Il Generale, da parta sua, poté stare tranquillo riguardo la dote della ragazza che risultò essere invece di una cifra notevole, seppur non elevatissima.


Nonostante abbia amato lo stile della Austen nel caso di "Orgoglio e pregiudizio" e parzialmente in "Mansfield Park", per "L'Abbazia di Northanger" ho trovato numerose parti – quasi tutte – piuttosto lente. È eccessiva la descrizione dei balli, l'attenzione verso le piccolezze che monopolizzavano la vita delle signore della società inglese (il vestiario, i romanzi letti, cosa fosse o meno conveniente, i matrimoni organizzati a partire da conoscenze davvero basilari).

È sempre molto apprezzabile la minuziosa descrizione societaria per cui, forse, questo romanzo della Austen dovrebbe considerarsi come uno spaccato della vita dell'epoca, piuttosto che come un'opera narrativa, ma anche come una sorta di "satira" nei confronti di quelle famiglie dedite esclusivamente a balli, conoscenze convenienti e matrimoni in grande stile. 
In realtà, anche gli altri due romanzi letti precedentemente presentavano le medesime caratteristiche, ma era la protagonista a tracciare la differenza. Il carattere di Catherine, diversamente da quello di Elizabeth Bennet di "Orgoglio e pregiudizio", è piuttosto remissivo, senza alcun brio ed Henry, a parte alcune sue battute sui vocaboli corretti da usare, non appare simpatico, né affascinante, al contrario di Mr. Darcy, personaggio romantico per eccellenza. 


Le mie aspettative erano molto maggiori. Non conoscendolo, pensavo di leggere, tra le altre cose, un romanzo goticheggiante, invece la parte relativa all'abbazia riguarda davvero pochissimi capitoli rispetto a tutto il resto. Il titolo appare quindi fuorviante e "l'avventura" di Catherine si rivela come un totale abbaglio, denotando una ragazza dalla fantasia estrema, ma piuttosto sciocca.

Consigliato alle più scatenate fan della Austen, o comunque della letteratura inglese (rientro in quest'ultima categoria); da evitare nel caso in cui ci si aspetti un romanzo differente, scorrevole e dai tocchi gotici.

Vi lascio con alcune citazioni:

«L'amicizia è di certo il miglior balsamo per le pene d'amore».


«Non c'è nulla che non farei per chi mi è veramente amico. Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura. I miei affetti sono sempre eccessivi».


«La donna si veste elegantemente solo per se stessa: nessun uomo l'ammirerà di più e non piacerà di più a nessuna donna per questo. Semplicità e buon gusto sono sufficienti per gli uomini, mentre qualcosa di non troppo nuovo e o di un tantino fuori moda la renderà più amabile alle donne».


«Quando la gente desidera fare colpo, deve sempre essere ignorante. Presentarsi come persone aggiornate significa essere incapaci di considerare la vanità degli altri: cosa che una persona sensibile dovrebbe sempre evitare. Specialmente una donna, se ha la sfortuna di sapere qualcosa, dovrebbe sempre fare in modo di nasconderlo meglio che può. I vantaggi della naturale scempiaggine di una bella fanciulla sono stati già descritti dalla straordinaria penna di un'altra autrice; per rendere giustizia agli uomini, tuttavia, debbo soltanto aggiungere che, sebbene la maggior parte di essi, e in particolare i più sciocchi, ritengano che la stupidaggine femminile sia una grande occasione per porre in rilievo il loro fascino personale, c'è una parte di loro che è troppo intelligente e troppo colta per non desiderare in una donna qualcosa di più della semplice ignoranza».

mercoledì 12 settembre 2018

Recensione di "Uno sconosciuto accanto a me" di Marilena Barbagallo

Durante una mattina di agosto, nel bel mezzo dell'estate, con il lento sciabordio delle onde sulla spiaggia, ho iniziato a leggere "Uno sconosciuto accanto a me" di Marilena Barbagallo. Era un altro dei miei regali di compleanno che non ha atteso troppo tempo sul comodino.


Trama: Cosa proveresti se ti svegliassi imprigionata? Cosa faresti se la tua prima immagine fosse quella di Amir Shakib? Questo è ciò che accade a Lena Morozov, prelevata con la forza dal Settore Zero per portare a termine una missione a lei sconosciuta. Amir Shakib è pura oscurità, è marcio dentro, conosce il dolore, ma non lo sente più. Nessuno meglio di lui è capace di isolare le emozioni, annientare un’anima, sbriciolarla tra le dita e ricostruirla a sua immagine. Così le vite di Lena e Amir si incrociano. Lui è il suo Maestro e lei è la sua allieva. Lei cerca di resistere, lui deve spezzarla. Ma quando Amir riesce a entrarle nella mente, Lena non si aspetta di dover combattere anche contro la brama oscura, il desiderio di avvicinarsi al proibito, a colui che distrugge qualunque cosa tocchi. Lena sa che è sbagliato, ma ne è attratta; Amir sa che non deve, ma vuole. Insegnarle a sopravvivere sarà l’obiettivo, tenerla con sé l’unico desiderio.

Tutto inizia con la fugace visione di una normale ragazza fuori da un locale. Lena Morozov è ignara del fatto che, da lì a poche ore, la sua vita cambierà per sempre. È osservata da una presenza oscura, la stessa che sarà incaricata di rapirla, mettendo in scena la sua morte. Lena si risveglia legata a un lettino, due voci confuse chiacchierano e parlano di lei: una appartiene a un uomo, di cui scorge gli anfibi, l'altra a una donna dotata di tacchi a spillo, la temibile Olimpia. È appena iniziato l'incubo di un addestramento impartito contro la sua volontà e dettato dal suo Maestro, Amir Shakib, italo-iraniano, ex bambino soldato e spia per il Settore Zero. Amir è spietato, crudele, vuoto e oscuro, perverso, passionale ed estremamente affascinante. Lena è la sua allieva e il solo compito di cui è stato incaricato consiste nello svuotarla da qualsiasi sensazione, rendendola una fredda macchina da guerra per la missione che la ragazza dovrà affrontare. Ma tra i due accade l'imprevisto: anche il miglior soldato, dal passato buio e doloroso, non è immune a quel sentimento chiamato amore che si insinua lentamente, passando dal puro piacere carnale a quel dolore che spezza il cuore. Lena è stata la sola a riuscire a guarirlo e lui non può più fare a meno di lei. E Lena, che lo detesta per i suoi modi brutali e vorrebbe ucciderlo, impara a capirlo, a comprendere che Amir ha solo agito per il suo bene, rendendola una guerriera capace di resistere alle peggiori angherie, ma anche estremamente dipendente da lui. 


"Uno sconosciuto accanto a me" è il primo volume di una serie (immagino una trilogia?), cui farà seguito "Ancora accanto a me", appena uscito, edito ancora dalla Newton&Compton. L'autrice mi ha lasciata con la curiosità di conoscere come proseguirà la prima e importantissima missione di Lena, ma soprattutto quali altri misteri si celino dietro la vita della ragazza che si prospetta non meno complicata di quella di Amir.


Ora alcune considerazioni: il romanzo mi ha tenuta incollata alle pagine perché ha un ritmo incalzante. Si vuol sempre capire fin dove potrà spingersi l'allenamento imposto da Amir e quanto durerà Lena sotto l'imposizione dei suoi colpi brutali. Amir è un personaggio straordinario, affascinante e pericoloso, la cui indole è stata forgiata dalla morte osservata tramite gli occhi di un bambino soldato, costretto a combattere da un padre terrorista e soffocato dalle perverse attenzioni di una madre psicopatica. Il dolore, le oscenità, la guerra lo hanno reso una macchina priva di ogni sentimento, fredda, eppure fragile. Il desiderio della solitudine è dettato dalla paura di poter soffrire e Amir preferisce non avere nessuno. Se si occupa soltanto di se stesso, sarà invincibile. 


Lena, invece, ha carattere, non si piega, combatte resistendo ai tormenti che Amir le infligge; quella ragazza è una sfida per lui, lo irrita, ma lo attrae incuriosendolo, finché egli stesso non rimane intrappolato, cedendo a quella libertà che solo Lena è stata capace di donargli. 


Complimenti a Marilena Barbagallo per aver costruito la personalità di Amir e Lena in maniera così magistrale. Raramente ho trovato due personaggi complementari capaci di rapirmi per il loro carattere battagliero.

L'altro risvolto della medaglia è quello erotico: credo che ogni lettrice che si imbatta in "Uno sconosciuto accanto a me" desideri ardentemente l'unione di Amir e Lena, in quanto la tensione arriva a livelli molto alti. Un conto però è una scena di sesso, anche sfrenato, e un conto è ritrovarsi davanti a capitoli interi dedicati esclusivamente a quello, con un Amir eternamente eccitato e una Lena insaziabile. Ancora una volta ha giocato un ruolo piuttosto grande, almeno è quel che rilevo, la moda del momento scaturita dalle "Cinquanta sfumature di grigio" e sfociata in romanzi rosa e thriller che si trasformano in narrativa hot molto spinta. Avrei dato, piuttosto, maggior spazio alla descrizione di personaggi come Teo, Aisha o alla stessa Olimpia, invece che continuare a narrare le imprese acrobatiche di Lena e Amir che, nonostante risveglino innegabilmente gli ormoni delle lettrici, alla lunga possono stancare.


Credo, comunque, che proseguirò nella lettura della serie. Anche io sono un'insaziabile curiosa e voglio proprio sapere quale sarà la continuazione dell'ultima sorprendente scena.

Un saluto a tutti e vi lascio con qualche citazione:

«Fantastico con la mente e spero che le mie lacrime scorrano per forgiare una corazza di cui intendo vestirmi. La indosserò e non ci saranno colpi o parole in grado di forarla. Sono sola, adesso, e lo prometto a me, lo giuro alla mia figura pietosa, lo assicuro nel profondo del mio cuore, in un angolo meno buio della mia anima. Non ci sarà oscurità in grado di spezzarti. Te lo prometto, Lena». 


«Se si crede in qualcosa, quella sembra essere l'unica verità» 


«Seguirò le disposizioni del Settore, mi adatterò, imparerò ciò che devo sapere, obbedirò a Amir, sarò il suo riflesso e poi lo distruggerò. La sua opera d'arte uscirà dal suo quadro e gli si rivolterà contro».

  
«Quando vuoi una cosa e non puoi averla, cerchi di distruggerla». 


«Ricorda le mie parole, Lena: se non arriva dritto al cuore, non è dolore».


«Puoi resistere a tutto, ma non all'amore».


lunedì 10 settembre 2018

Recensione di "Dark Hall" di Lois Duncan

Attenzione: possibilità di SPOILER!

Di solito i thriller, o comunque i fantasy/paranormal con risvolti horror non sono i miei libri preferiti. "Dark Hall" faceva parte dei miei regali di compleanno e la copertina, al solo primo sguardo, mi ha intrigata: l'ombra di una ragazzina che ha le fattezze della mietitrice, la Morte. Ha così prevalso la curiosità e ho iniziato a sfogliare le pagine senza riuscire a fermarmi.


Trama: Dopo che la madre di Kit si è risposata , la ragazza è costretta a frequentare l'esclusiva Blackwood School di Madame Duret, dove la sua migliore amica, nonostante sia una studentessa migliore, non è stata accettata. Non appena giunge alla scuola, Kit sente che qualcosa non va e scopre che ci sono solo altre tre allieve oltre a lei. Dopo breve tempo tutte le ragazze cominciano a manifestare particolari talenti artistici che non sapevano di possedere, ma la sensazione che qualcosa di oscuro stia accadendo è sempre più forte in Kit.


Mi sono immedesimata in Kit, adolescente problematica, orfana di padre, che la madre in procinto di partire con il nuovo compagno per il viaggio di nozze, deve necessariamente lasciare in un istituto. Tra tutti i collegi, la scelta ricadrà su un luogo oscuro, che trasuda stranezza, oscurità e malvagità al solo primo sguardo: si tratta di Blackwood, una vecchia casa in cima a una collina, cui si giunge dopo curve tortuose, lontana dal villaggio. Dalle finestre traspare una luce aranciata, quasi danzassero al loro interno le fiamme dell'inferno, per non parlare poi dell'arredamento antico, tendente al vittoriano. La stanza di Kit ospita un letto a baldacchino con pesanti tende e una coperta di velluto, uno scrittoio, un mobile con uno specchio… e la porta si chiude solo dall'esterno. 


Madame Duret, la direttrice del collegio, nonché professoressa di lettere e arte (famosa per aver individuato un Vermeer in circostanze poco chiare), è una donna misteriosa, avvolta da un'aura di tenebra e, cosa ancor più strana, i professori sono solo due, uno anziano che insegna matematica e Jules, figlio di Madame, insegnante di musica.

Oltre all'ambiente, Kit si insospettisce quando alcuni elementi appaiono eccessivamente strani:

- la sua migliore amica non viene ammessa, pur essendo di gran lunga più brillante di lei negli studi

- i docenti sono solo tre

- le allieve ammesse sono quattro, nonostante la scuola sia considerata come un'eccellenza

- i cellulari non hanno rete e non esiste internet. Per comunicare, il solo modo è scrivere lettere… che devono essere però spedite dal professore di matematica. Inoltre, l'unico telefono è collocato nella stanza della direttrice.

- i sogni appaiono quasi veri, tenebrosi, gelidi… Kit vede un uomo, Sandy una donna di cui conosce persino il nome (tale Ellis). Forse si tratta di realtà diverse, eventi appena percepibili dalle normali persone, non da quattro ragazze con capacità particolari, quelle di entrare in contatto con altre entità, con persone che non ci sono più da molto tempo e che avrebbero voluto continuare a vivere, a dipingere, a suonare, a scrivere poesie e formule matematiche, anche a costo di prosciugare e annullare la personalità delle proprie vittime. 


E quelle vittime sono proprio loro, Kit, Sandy, Ruth e Lynda, riunite da Madame Duret… ma per quale scopo? Che fine hanno fatto le ragazze che hanno preceduto Kit e le sue amiche? Perché Jules, quel ragazzo apparentemente sensibile, aiuta sua madre in un piano tanto assurdo? E perché Blackwood è temuta dalla gente del paese e avvolta da quell'aura di malvagità? 


"Dark Hall" mi ha piacevolmente impressionata, tenendomi incollata alle pagine e immergendomi in un clima gotico, misterioso, composto di ombre e di un passato che ritorna in maniera inquietante a vivere nel flusso di tempo presente.

Ci sono stati elementi che mi hanno ricordato "Harry Potter" di J. K. Rowling (es. scuola esclusiva modello Hogwarts, entità paranormali, il gelo che precede gli spettri come fossero i malvagi Dissennatori) e la saga di "Everinght" dell'autrice Claudia Gray (anche qui gli spettri erano preceduti da un gelo micidiale).

Da archeologa cristiana, infine, ho piacevolmente notato che la mamma di Kit, in una telefonata fatta dall'Italia (sono commossa per la scelta), parla di visite a San Pietro, al Foro e – udite, udite – alle catacombe. La piccola archeologa rifugiata nel mio animo ha sorriso divertita.

"Dark Hall" è un romanzo decisamente consigliato, anche se credo che, dato il finale, nella mente dell'autrice dovesse esserci l'idea di un proseguimento. Lois Duncan è però venuta a mancare nel 2016, quindi "Dark Hall" termina qui. 


Ho scoperto, infine, che da questo libro è stato tratto un film, uscito agli inizi di agosto in Italia. Direi che il prossimo passo sarà sicuramente quello di confrontare la versione cinematografica con quella letteraria, seguendo l'ordine naturale degli eventi: prima il libro, terminato e apprezzato, poi il film. 

Buona serata!

sabato 8 settembre 2018

Recensione di "I nostri momenti magici" di Caroline Roberts

Salve a tutti amici, come state? In questi giorni sto letteralmente sommergendo il blog di recensioni, ma l'estate mi ha ispirato particolarmente. Si sa che poi, tra una cosa e l'altra, rilassarsi vuol dire anche portare con sé un buon libro da sfogliare, immergendosi in altri luoghi, in altre storie, vivendo quelle stesse sensazioni che magari, in un altro punto imprecisato del mondo, un lettore sconosciuto sta percependo scorrendo le medesime parole. È stato questo il caso di "I nostri momenti magici" di Caroline Roberts.


Trama: Dopo aver affrontato un anno difficile, Claire desidera solo una vacanza rilassante. Ha deciso di concedersi una pausa in un bellissimo cottage al mare, per dedicarsi a scrivere tutto quello che le passa per la testa. Tre settimane di pace sono proprio ciò di cui ha bisogno per dimenticare le preoccupazioni che l’hanno assediata. È determinata a godersi la felicità che si può trovare in ogni piccolo dettaglio. Il suo rassicurante progetto, da vivere in completa solitudine, subisce però un brusco cambiamento quando Claire conosce il nuovo vicino: l’affascinante e silenzioso Ed, dal fisico scultoreo, che lui non esita a mettere in mostra durante le sue nuotate mattutine. Un po’ di romanticismo estivo rischia di mettere a repentaglio i piani di Claire, ma potrebbe anche rivelarsi il segreto per una vacanza indimenticabile...


Bamburgh, la spiaggia e il suo magnifico castello, un piccolo borgo, qualche turista, un cottage un po' malandato in riva al mare, tante tazze di tè fumante e un vicino che ama immergersi la mattina presto nelle gelide acque del Mare del Nord… completamente nudo. Un po' di pace, relax e anche qualche visione "inusuale" è quel di cui Claire ha bisogno per riprendersi da un periodo difficile della sua vita, completamente occupato da una dura lotta contro il cancro che l'ha trasformata in una sopravvissuta. Eppure, proprio come tutte le esperienze dolorose, la malattia ha fatto sì che Claire riuscisse ad apprezzare maggiormente le piccole cose, quei mattoncini di felicità e benessere giornaliero, quelle azioni che finiscono per essere quasi scontate, pur essendo le più importanti. È allora che Claire scrive una lista dei suoi "momenti magici", di ciò che vorrebbe fare, di quel che vorrebbe provare e vivere. 


Bamburgh e quel cottage dall'arredo vecchiotto, quasi abbandonato, diventa un rifugio in cui recuperare la pace perduta. Tra passeggiate in riva al mare, gite fino al castello, tramonti osservati sorseggiando un buon bicchiere di vino, Claire inizierà ad assaporare ogni singolo istante di quella vita che pensava finita, di quella sua seconda possibilità.
A rendere interessante il soggiorno, vi è il vicino biondo e dall'aspetto decisamente notevole, tale Ed, che da scontroso e asociale, si rivelerà essere invece un ragazzo dolce, comprensivo e passionale. Ma anche Ed ha i suoi segreti, anche lui è un sopravvissuto… a cosa però? 


Ognuno di noi nasconde dettagli di un passato che provocano dolore. Bisogna saperli accettare, facendo tesoro delle esperienze e andando avanti, anche se non sempre è così facile.
Il romanzo di Caroline Roberts punta molto a sottolineare l'attenzione da rivolgere ai singoli istanti, rimarcando l'importanza da dare ai sentimenti e alle emozioni, ma anche alla propria libertà perché se si riesce a star bene con se stessi, è solo allora che si può andare d'accordo con tutti. 


I momenti magici che costellano i vari capitoli sono le piccole cose della vita: il sorriso di una persona cara, lo scodinzolare del cane, un odore familiare, un attimo di pausa piacevolmente vissuto con un buon libro e un caffè fumante, un abbraccio o un dolcissimo bacio.


Oltre i meravigliosi paesaggi inglesi e la profonda delicatezza di alcuni istanti descritti, il romanzo si è svolto però, almeno per i miei gusti, un po' troppo lentamente. L'ho trovato a volte ripetitivo (nonostante sia importante la ripresa post trauma della protagonista), reso leggermente più "piccante" dall'intervento di Ed che risveglia non solo la passionalità di Claire, ma anche quella delle lettrici. Tuttavia, avrei preferito un po' più di azione, di emozioni soprattutto e meno "routine".

«Spero che questo libro vi faccia pensare a quali potrebbero essere i vostri momenti magici e vi aiuti ad apprezzarli ancora di più ogni volta che se ne presenterà uno nuovo», scrive Caroline Roberts introducendo il romanzo.

Giudizi personali a parte, l'intento dell'autrice, almeno nel mio caso, direi che è stato raggiunto. Ho già iniziato a stilare la lista dei momenti magici da vivere e da apprezzare.

1. Passeggiate in solitaria tra i vicoli di Roma

2. Istanti e sorrisi con la mia famiglia

3. Chiacchiere genuine con le/gli amiche/i

4. Un buon libro e una tazzina fumante di caffè

5. Il sole che riscalda la pelle nelle mattine d'estate

6. Il luccichio del mare e l'acqua che mi accarezza

7. Scrivere le pagine del mio nuovo romanzo

8. Aiutare persone lasciate sole o in difficoltà

9. L'odore dell'erba appena tagliata

10. Viaggiare, preparare una valigia e pensare alla prossima meta

11. Passeggiare nel verde della natura tra le montagne d'Abruzzo

12. Un abbraccio improvviso… e quel bacio così intenso da parte di quella persona che è riuscita a farmi battere il cuore dopo tantissimo tempo

I vostri momenti magici invece? Io sono sicura di poterne scrivere molti di più. Questi sono forse i più rilevanti, ma ho una lista infinita di "piccole cose" di cui non potrei e non vorrei fare a meno. 


Qualche citazione per voi:

«Cosa faceva Ed? A cosa stava pensando? Anche lui guardava il mare? Il mondo era grande come il cielo al chiaro di luna, piccolo come un granello di sabbia; era pazzo, poteva ferire, era magnifico. Ci si poteva smarrire. Due luci solitarie, una accanto all'altra».


«Claire riusciva a sentire il rumore delle onde, ormai più calme, che scrosciavano e si ritiravano. Il mare. Che esigeva rispetto e timore, ma che, nella sua mutevolezza, possedeva bellezza e ispirava soggezione. Il potere essenziale dell'acqua».

giovedì 6 settembre 2018

Recensione di "L'ultimo caffè della sera" di Diego Galdino

Roma, Trastevere: l'estate non è ancora terminata, è agli sgoccioli dicono, ma da brava romana so per certo che durerà almeno fino a ottobre, per lasciare il passo a un autunno mite. Cammino, calpestando i sanpietrini intrisi di storia. Chissà quante altre persone prima di me lo hanno fatto, chissà che stato d'animo avevano, da dove provenivano e se andavano di fretta, oppure se si godevano quelle meraviglie che pian piano emergevano dalle stradine della Città Eterna.


Roma è così: ogni angolo nasconde un tassello di storia, una curiosità, un particolare che te la fa amare ogni giorno di più. È proprio il suo essere unica e magica che spinge ognuno di noi abitanti a tornare in quelle stradine, senza mai stancarsi di ammirarle, di fotografarle, di viverle portandole nel cuore. 


Trastevere… a pochi passi da lì frequentavo il liceo. Tante volte sono scesa lungo le scale che da via Dandolo conducono al MIUR, per poi inoltrarmi da piazza S. Cosimato all'interno di quel rione immerso ancora in un'altra epoca; ho percorso quelle vie con i miei migliori amici o con la mia famiglia, scherzando e chiacchierando; ho passeggiato da sola, seguendo l'arte e l'archeologia, spesso soffermandomi sulle lastre incise nel portico della basilica di S. Maria… e, infine, insieme a una persona che, durante una calda mattina di giugno, si è portata via un frammento del mio cuore senza avermelo ancora restituito.


Roma nun fà la stupida stasera… e c'è poco da fare, è lei a farti innamorare, a farti battere il cuore anche quando pensi che una morsa di ghiaccio lo abbia avvolto inesorabilmente. 
È quello che capita a Massimo. Dopo la storia con Geneviève, non è più riuscito a riprendersi. Ha tentato invano di incrociare lo sguardo di altre donne, di affidare se stesso a un altro amore, ma il ricordo di quella ragazza francese gli aveva marchiato il cuore in maniera indelebile. Erano state forse le persone giuste al momento sbagliato… non per Massimo, che per Geneviève avrebbe fatto di tutto, ma per lei che travolta dalla paura provocata dagli amori intensi ha preferito lasciarlo, tornando a Parigi. 


Come se non bastasse, Dario, l'amico più caro di Massimo, viene a mancare e il bar Tiberi perde una colonna portante. Quando in un clima di velata tristezza e di cambiamento una ragazza dagli occhi blu e dai capelli neri chiede del famoso caffè alla nutella, Massimo avverte qualcosa di diverso. È forse una scossa che il suo cuore aspettava, quel calore che tanto gli era mancato, ma Mina – questo il nome della ragazza dalle origini indo-italiane che lavora in un negozio di abbigliamento al centro – torna a farlo vivere, lentamente, partendo dalle piccole cose, da una conoscenza graduale, da una bellissima amicizia che esplode in una romantica passione. 

  
Tra un caffè e l'altro sorseggiato nel bar di fronte alla basilica di S. Maria in Trastevere, una pizza in macchina seguita da lunghi baci appassionati e momenti indimenticabili trascorsi in una stanza dalle pareti rosa, Massimo e Mina capiscono di essere fatti l'uno per l'altra. Il destino li ha fatti incontrare, ma è quello stesso che ha anche ingarbugliato qualche filo di troppo… perché il passato a volte può affacciarsi, chiedendo di compiere delle scelte difficili. 


"L'ultimo caffè della sera" è un romanzo romantico, di quelli che mentre ne sfogli le pagine, fanno riprendere vita a ricordi ed emozioni. Ed è anche una storia tutta romana, con personaggi secondari che introducono il lettore nel tipico clima della Città Eterna, dove i piccoli bar e le piazzette, poste all'ombra dei familiari monumenti, diventano luoghi di ritrovo, di confidenze, di scherzi con quelle battute che solo un romanaccio doc può intonare nella maniera più corretta. 


Massimo è l'uomo che vorrei incontrare, una persona buona, che sa donare il proprio cuore, devoto al lavoro e ancora di più alla donna che ama, nonché alla sua città, Roma. Ma credo che gli uomini come Massimo siano pressoché estinti. Mina è invece una ragazza semplice che nasconde tanta forza e coraggio; una ragazza che, nonostante le delusioni, non ha smesso di credere nell'amore. E quest'ultimo l'ha ripagata perché, come dice una canzone di Max Pezzali, «L'amore ha detto il vero nel promettere “Ritornerò”».

Grazie caro Diego per questo romanzo, in cui la nostra meravigliosa Roma fa da scenario a una storia che riscalda il cuore. 


Alcune citazioni che ho scelto per voi:

«Negli amori tormentati ci si riconosce dato che bene o male, in un modo o nell'altro, che sia stato ieri, oggi o tanto tempo fa, chiunque ha amato così, senza colpa, né peccato, ma solo perché non ne poteva fare a meno». 


«Ma lei non lo stava aspettando, non più, forse l'aveva già aspettato troppo, ma gli uomini, a volte, sanno essere dei vigliacchi che prima lanciano il cuore e poi nascondono la mano». 


«[…] lui si sentì come il direttore d'albergo di Pretty Woman e sorridente le rispose: “Dev'essere difficile lasciare andare qualcosa di così bello”, per poi concludere, “perché alla fine è sempre lei che salva lui”».


«Lasciarsi andare è bello. Lasciarsi andare è giusto. Lasciarsi andare è un atto di fede, e la fede fa bene». 


«Forse sarei stata qui a cena con te lo stesso, perché l'essere umano non cerca la felicità, quella si può trovare in tanti modi, o posti, noi cerchiamo l'amore: l'ultima casa della nostra vita». 


«Capita di conoscere persone e di provare per loro un sentimento fortissimo in poco tempo. E succede, inevitabilmente, di sentirsi tanto uniti a queste persone da convincersi di essere nati solo per stare con loro e che faranno parte della nostra vita per sempre». 


«La vita è così, la passi a correre da solo cercando sempre di raggiungere qualcosa, poi, un bel giorno, ti rendi conto che per trovare la cosa più importante di tutte, la felicità, ti bastava fermarti e restare seduto su una panchina insieme alla persona giusta». 


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