book

venerdì 31 gennaio 2020

Recensione di "Come fermare il tempo" di Matt Haig

Buon pomeriggio a tutti, cari lettori! Come state? Quale libro avete sul comodino in questo periodo?
Personalmente, dopo aver usato la mia gift card Mondadori, ho una pila di libri... e ogni volta che entro in qualche libreria, devo comunque trattenermi dallo spendere minimo quei 10 euro per tornare poi a casa con una busta e una storia da leggere. Ma come dico sempre, i soldi dedicati ai libri sono ben spesi!
Ultimamente ho letto la storia di Tom, racchiusa in un romanzo dalla copertina azzurra, con una clessidra contenente una rosa rossa - che mi ha sempre fatto pensare alla maledizione della Bestia - la sagoma di un uomo seduto sulla sabbia in posa riflessiva e il suo cane accucciato al fianco.
Un micromondo racchiuso all'interno del simbolo del tempo che, inesorabilmente, trascorre.


Trama: Pensate a un uomo che dimostra quarant’anni, ma che in realtà ne ha più di quattrocento. Un uomo che insegna storia nella Londra dei giorni nostri, ma che in realtà ha già vissuto decine di vite in luoghi e tempi diversi. Tom ha una sindrome rara per cui invecchia molto lentamente. Ciò potrebbe sembrare una fortuna… ma è una maledizione. Cosa succederebbe infatti se le persone che amate invecchiassero normalmente mentre voi rimanete sempre gli stessi? Sareste costretti a perdere i vostri affetti, a nascondervi e cambiare continuamente identità per cercare il vostro posto nel mondo e sfuggire ai pericoli che la vostra condizione comporta. Così Tom, portandosi dietro questo oscuro segreto, attraversa i secoli dall’Inghilterra elisabettiana alla Parigi dell’età del jazz, da New York ai mari del Sud, vivendo tante vite ma sognandone una normale. Oggi Tom ha una buona copertura: insegna ai ragazzi di una scuola, raccontando di guerre e cacce alle streghe e fingendo di non averle vissute in prima persona. Tom deve a ogni costo difendere l’equilibrio che si è faticosamente costruito. E sa che c’è una cosa che non deve assolutamente fare: innamorarsi.
Come fermare il tempo è una storia folle e dolceamara su come perdere e poi ritrovare se stessi, sull’inevitabilità del cambiamento e sul lungo tempo necessario per imparare a vivere. Una storia bellissima in cui riconoscersi, per piangere su tutto ciò che perdiamo e per rallegrarci delle meraviglie della vita.


Da sempre, l'uomo ha cercato un modo per non invecchiare, per rimandare al più tardi possibile l'epoca dei capelli bianchi, delle rughe, della debolezza, delle malattie e, infine, della morte. Tom, a volte, vorrebbe invece provare l'ebrezza di vedere qualche segno di anzianità sul suo viso, vorrebbe in casi estremi farla finita... Tom ha più di 400 anni. Soffre di una sindrome definita "anageria", che lo fa invecchiare molto lentamente. Ha vissuto l'epoca della caccia alle streghe e della superstizione, quella di Shakespeare, del capitano Cook, le guerre mondiali, fino a giungere al XXI secolo in cui ha deciso di fare l'insegnante a Londra per un po' di tempo, finché non desterà troppi sospetti e sarà costretto a cambiare di nuovo paese e identità.


La sua intera esistenza è andata avanti così, impregnata di dolore, una fuga continua dalla normalità che lo accusava di essere diverso e, perciò, di costituire una minaccia. 
Eppure, in passato, Tom ha conosciuto l'amore, Rose... una donna semplice e dolce che non ha mai dimenticato, una donna che ha visto invecchiare al suo fianco mentre lui manteneva l'aspetto di un ragazzo e dalla quale ha avuto una figlia, Marion, perduta quando è stato costretto a fuggire per non mettere nessuno in pericolo.


Correvano gli anni 1665-1666 e a Londra la peste mieteva vittime. Rose fu una di queste. Da allora, Tom ha iniziato ad essere il fantasma di se stesso: vagando per innumerevoli paesi, viaggiando in lungo e in largo, inventandosi lavori e identità, portando nel suo cuore una parte di sé, sua figlia, che aveva ereditato l'anageria, e il sogno di ritrovarla.
Tom e Marion non sono però gli unici nella loro particolarità. Esiste una società, quella degli Albatros, capitanata da un tale Hendrich, che apparentemente ha lo scopo di riunire tutti gli uomini e le donne con questa mutazione per proteggerli da eventuali esperimenti scientifici. La verità, invece, è ben altra... E una delle regole principali è non innamorarsi delle effimere, ovvero dei normali essere umani. Ma cos'è una lunga vita senza l'amore?


Tra spunti di riflessione e un velo di malinconia che impregna le pagine del libro, gli occhi di Tom - che riescono a guardare la stratificazione del tempo - conducono il lettore ad osservare una realtà composta di piccoli istanti, di un passato, un presente e un futuro che, talvolta, si fondono tra loro.
L'anageria è un dono forse, mentre per lui costituisce ormai una condanna, un'eterna solitudine, che lo ha costretto a chiudersi all'interno di una gabbia di paure, con la sola piccola speranza di ritrovare la figlia. Eppure, infine, vivere un'esistenza così lunga deve avere un senso. E quel senso, quella motivazione, è proprio l'amore, ciò che Tom aveva evitato per tanti secoli e che, inconsciamente, portava dentro di sé, ciò di cui aveva bisogno... proprio come ogni essere umano.


"Come fermare il tempo" riprende una tematica che, come dicevo in principio, ha affascinato numerosi filosofi e, in generale, l'uomo da sempre. Il tempo, lo scorrere continuo di istanti, un passato verso cui non si può tornare, un futuro che non si può conoscere e un presente che, molto spesso, sottovalutiamo senza gustarlo appieno. Non si tratta, perciò, di un argomento nuovo. La bravura di Matt Haig consiste, però, nell'aver costruito un personaggio meraviglioso, mutevole per necessità, ma sensibile, solitario, malinconico, un po' come le note provenenti dal liuto che Tom sapeva suonare così bene, fino a inserirlo ogni volta in un contesto storico approfondito quanto basta per creare scorrevolezza e curiosità.
Un bel romanzo che consiglio assolutamente di leggere, un libro che ormai considero come uno dei miei migliori amici di carta.

«Mi sono innamorato una volta sola in vita mia. Immagino che, in un certo senso, questo faccia di me un romantico. L'idea che noi tutti abbiamo un univo vero amore, e che dopo la sua scomparsa nessun altro possa reggere il confronto. È un'idea dolce, ma la realtà è terrore puro. Dover affrontare innumerevoli anni di solitudine dopo. Esistere quando il senso della propria vita non c'è più. E il senso della mia vita, per un po', è stato Rose».

«Immagino sia questo il prezzo da pagare per l'amore: assorbire il dolore di un'altra persona come se fosse il proprio».

«Posò il liuto sul letto accanto a sé e mi baciò. Chiusi gli occhi, e il resto del mondo svanì. Non esisteva nient'altro. Nient'altro, tranne lei. Lei era le stelle, il firmamento e gli oceani. Non c'era altro che quell'unico frammento di tempo, e quel germoglio d'amore che vi avevamo piantato. E poi, dopo un po' che era iniziato, il bacio terminò, e io le accarezzai i capelli, e le campane della chiesa suonarono in lontananza, e ogni cosa nel mondo fu in ordine».


«Ci baciammo. Chiusi gli occhi e aspirai l'odore della lavanda e quello di Rose. Mi sentivo così terrorizzato e innamorato da rendermi conto che quei due sentimenti (il terrore, l'amore) in realtà erano una cosa sola».

«È strano quanto sia vicino il passato, anche quando lo credi lontanissimo. Strano come sia capace di balzare fuori da una frase e aggredirti. Strano come ogni oggetto, ogni parola possa ospitare un fantasma. Il passato non è un luogo a parte. È molti, molti luoghi, sempre pronti a risorgere nel presente».

«Spesso la vita va così. Aspetti qualcosa per tanto, tanto tempo: una persona, un sentimento, un'informazione, e alla fine, quando te la trovi davanti, non riesci quasi a rendertene conto. Il buco è così abituato a essere tale che non è più capace di richiudersi».

«Le persone che ami non muoiono mai».


domenica 5 gennaio 2020

Recensione di "La pittrice di anime" di Isabel Wolff

Buonasera lettori, come state? Le vacanze natalizie sono quasi terminate e il ritmo di ogni cosa riprenderà come sempre. Ma l'inverno durerà ancora almeno due mesi e ciò equivale a dire cioccolata calda, copertina e un buon libro a farci compagnia, mentre fuori piove o nevica.
In questi giorni mi sono dedicata alla lettura di "La pittrice di anime" di Isabel Wolff, un romanzo che avevo acquistato quest'estate a dire il vero, ma come al solito i miei tempi sono rallentati dal lavoro, dallo studio e dalla stanchezza che mi assale.



Trama: Ella è una ritrattista di grande successo e sensibilità: dalle sue opere emergono le sfumature più intime delle persone. Il suo atelier diviene così un luogo nel quale tirare fuori sé stessi, per conoscersi meglio. Perché dietro ogni volto si nasconde una storia che vale la pena di essere raccontata. C'è una donna che guarda al passato con cui vorrebbe riconciliarsi, mentre un'altra tenta di convivere con i primi segni del tempo; e poi c'è lui, un uomo che con la sua presenza diventa sempre più importante. Incontro dopo incontro, Ella percorre un cammino fatto di empatia e conoscenza, fino a quando una lettera inattesa non la obbligherà a riscrivere la propria storia familiare, confermando con ancor più forza l'ingannevole peso delle apparenze. Ora non resta che dipingere quel ritratto, che la illuminerà come solo la vita stessa, con tutta la sua meraviglia, sa fare.


Cosa mi ha attratto di questo romanzo? La copertina, inutile negarlo, che mostra caratteristiche vintage, con un rosa antico e soffuso a incorniciare un volto di una giovane sposa, tracciato come fosse un ritratto dalle morbide linee e dal sapore misterioso... sì, perché della ragazza non si scorge lo sguardo, lo specchio dell'anima. Ma non solo. Ella, la protagonista, ama disegnare e dipingere, proprio come me. Personalmente mi dedico a vari soggetti, dai paesaggi, agli animali, ai cartoni animati, ma ritraggo solo le persone che, in qualche modo, mi hanno colpita... coloro che hanno lasciato un segno nella mia vita.
Il mio (al momento) è un hobby; Ella, invece, di mestiere fa la ritrattista. Riceve molte commissioni, proprio per questa sua capacità di rendere verosimili quei tratti di matita e pennello, mescolati con la densità dei colori ad olio e l'odore dell'acquaragia. Da quando iniziano i suoi ricordi, ha sempre amato disegnare ed è proprio con un flashback che si apre la narrazione: una Ella bambina con il suo album davanti e in mano una matita. Ritrae suo padre, John... che a un certo punto abbandona lei e sua madre. 


Ora Ella ha 35 anni, un'altra sorella Chloe, nata dal matrimonio della madre con Roy, l'uomo che l'ha adottata trattandola sempre come fosse una figlia, ed è immersa nel suo amato lavoro. Le vengono commissionati ritratti da parte di personalità importanti, da privati che vogliono fare un bel regalo... dalla sua sorellastra che desidera far ritrarre Nate, il suo futuro sposo. Quest'ultimo è un uomo molto attraente, occhi verde-azzurri, capelli neri, simpatico, garbato, di origini italiane e, nonostante durante i primi tempi Ella lo odiasse a causa di un malinteso, qualche chiacchiera e molte confidenze davanti a una tela faranno sì che tra i due sbocci qualcosa di importante, dai contorni purtroppo apparentemente impossibili.


Mentre Ella è in contrasto con se stessa per questo sentimento inaspettato e travolgente, un articolo di giornale fa sì che John, il suo vero padre, torni a cercarla via email. Ella non vuole ascoltarlo perché non può perdonarlo, anche se alla fine quel vuoto instabile nell'animo chiede di essere colmato e si decide a contattarlo. Sarà il ritorno di John a mutare la visione che Ella aveva della sua stessa vita, trascorsa con una madre che ha intessuto una trama di bugie; e ancora il ritorno di quest'uomo farà sì che, finalmente, la ragazza riesca a fare chiarezza nel suo cuore.


"La pittrice di anime" è un bel romanzo, scritto in maniera scorrevole, senza eccessive pause che tendano a farlo diventare noioso. I ritratti sembrano emergere dalle pagine del libro, assumendo una forma definitiva, mentre è Ella a dar loro vita, a intrappolare l'aspetto e l'animo delle persone che si siedono di fronte a lei (in uno stile che richiama l'inquietante e famoso ritratto di Dorian Gray). L'esperienza di farsi ritrarre non è solo un lavoro, ma una vera e propria conoscenza, quasi una seduta psicologica: assistiamo ad una Ella che, in punta di piedi, entra nell'esistenza delle singole persone, diventando la loro migliore amica. Il ritratto evoca, in un certo senso, la plasmazione, alludendo al mito di Prometeo e quella scintilla negli occhi corrisponde allo spirito vitale, infuso soltanto alla fine. Ed è forse proprio questo ciò che un artista fa: crea, infonde vita alle opere, plasma la materia rendendola diversa, sublime e allo stesso tempo perfetta.

In appendice l'autrice scrive di essersi ispirata ad opere e fatti reali, nonostante la storia sia completamente frutto dell'invenzione. E' così che ho scoperto il dipinto "Design for a Group Portrait" di Herbert J. Gunn, risalente al 1929, battuto all'asta qualche anno fa e la sua particolare storia.


«[...] "Perché una foto è solo uno scatto di un singolo momento" dissi. Era una spiegazione che avevo fornito molte volte. "Ma un ritratto rappresenta la somma dei momenti, tutti i momenti, della vita del soggetto. Quindi anche se potrebbe essere uguale a te, non mostrerebbe chi sei, che è quello che cercherò di fare io"».

sito