Buonasera amici lettori! Ben ritrovati tra i meandri del mio piccolo blog letterario!
Qualcuno di voi avrà probabilmente già cenato, qualcun altro starà aspettando ancora una manciata di minuti. Io invece vi parlo dell'ultimo libro che ho letto, anche questo iniziato quando ero ancora in modalità estiva. Si tratta di "Parigi è sempre una buona idea" di Nicolas Barreau.
Trama: Parigi è sempre una buona idea, si sa. Innamorati o no, vale sempre la pena di fare una passeggiata per le vie della Ville Lumière. Lì, in rue du Dragon, una deliziosa stradina nel cuore di Saint-Germain, ci si può imbattere in un piccolo negozio con una vecchia insegna di legno, un campanello d’argento démodé sulla porta e, dentro, mensole straripanti di carta da lettere e bellissime cartoline illustrate: la papeterie di Rosalie Laurent.
Talentuosa illustratrice, Rosalie è famosa per i biglietti d’auguri personalizzati che realizza a mano. Ed è un’accanita sostenitrice dei rituali: il café crème la mattina, una fetta di tarte au citron nelle giornate storte, un buon bicchiere di vino rosso dopo la chiusura della papeterie. I rituali aiutano a fare ordine nel caos della vita, ed è per questo che ogni anno, per il suo compleanno, Rosalie fa sempre la stessa cosa: sale i 704 gradini della Tour Eiffel fino al secondo piano e, con il cuore in gola, lancia in aria un biglietto su cui ha scritto un desiderio. Ma finora nessuno è mai stato esaudito. Tutto cambia il giorno in cui un anziano signore entra come un ciclone nella papeterie. Si tratta del famoso scrittore per bambini Max Marchais, che le chiede di illustrare il suo nuovo libro. Rosalie accetta felice e ben presto i due diventano amici, La tigre azzurra ottiene premi e riconoscimenti e si aggiudica il posto d’onore in vetrina. Quando, poco tempo dopo, un affascinante professore americano, attratto dal libro, entra in negozio, Rosalie pensa che il destino stia per farle un altro regalo. Ma prima ancora che si possa innamorare, ha un’amara sorpresa. Perché l’uomo è fermamente convinto che la storia della Tigre azzurra sia sua…
Sono stata a Parigi ormai tanti anni fa. Era il 2010, in viaggio di studi con la mia università e la capitale francese fu l'ultima tappa di un itinerario interessante, ma abbastanza faticoso. Ricordo che piovigginava, il cielo era grigio, il pullman ci lasciò davanti al Louvre, ma io non fui con il gruppo che entrò nel museo (lo avreste mai detto?). Decisi di dedicare la mia unica giornata a Parigi a conoscere la città, percorrendo le sue strade e osservando i suoi monumenti, qualcuno solo da lontano. Vidi dall'esterno la cattedrale di Notre-Dame dove, sono certa, mi sarei persa al suo interno, incantandomi sulle vetrate e rievocando il celebre romanzo di Victor Hugo, così come il bellissimo cartone animato Disney. Avrei persino cantato la canzone di Esmeralda.
Quando io e il mio gruppetto arrivammo sotto la Tour Eiffel, stavamo cercando disperatamente un posto economico in cui mangiare (una rarità praticamente!). Avevamo optato per Mc Donald's, ma pur avendo chiesto a ben 3 signori, tutti quanti ci avevano dirottato altrove. Simpatici i francesi... infine, chiedemmo a un signore che vendeva braccialetti di corda. Ci disse che dall'Africa era passato in Italia per raggiungere la Francia e parlava italiano. Ci indicò finalmente la direzione giusta.
Nel pomeriggio, dopo aver ripreso un po' di energie, salimmo a Montmartre, visitando la Basilica del Sacro Cuore. Ricordo poco della serata. Ero stanca, ma certamente le foto avranno immortalato anche quei momenti.
Questa fu la mia unica volta a Parigi. Ci sarei voluta tornare, ma non nego che sia una meta piuttosto costosa e che, in questi anni, non me lo sia potuto permettere. Una mia amica, una volta, mi disse: "Ci tornerai per il tuo viaggio di nozze, che dici?". All'epoca mi misi a ridere, già disillusa su quell'opportunità futura che classificavo tra le cose "impossibili". E infatti, a Parigi non ci sono tornata, né da sola, né accompagnata... ma mai dire mai.
Foto di María Bonmatí da Pixabay
Detto ciò, passiamo alla storia vera e propria. Rosalie è un po' come me: mentre a tutte le bambine (o quasi) piaceva il rosa, a me affascinava l'azzurro, il colore del cielo e, di conseguenza, del mare. Anche gli occhi di Rosalie sono azzurri e si abbinano perfettamente a una lunga treccia castana. La nostra protagonista è un'artista, osteggiata dalla sua mamma (tipico) che avrebbe voluto per lei un futuro diverso. Ma Rosalie, una volta terminati gli studi, è felice così e riesce ad aprirsi una cartoleria "Luna Luna", dove vende deliziosi bigliettini che dipinge lei stessa, penne, matite, colori e tutti quegli oggetti bellissimi che si trovavano nelle cartolerie di qualche anno fa (a Roma, questo tipo di negozi sono quasi scomparsi).
Al suo negozio, un giorno, si presenta un tale Max Marchais che, molto goffamente, fa cadere un espositore. L'uomo, dai profondi occhi azzurri e dalla gentilezza di altri tempi, le chiede di illustrare il suo nuovo libro di fiabe, "La tigre azzurra". Rosalie rimane stupefatta: Max Marchais, l'autore di cui aveva letto tanti libri da bambina, le chiedeva una cosa del genere? La ragazza è al settimo cielo e inizia a lavorare per questo progetto, finché il libretto non va in stampa.
Ma la felicità non dura per sempre... perché un pomeriggio, mentre Rosalie è in negozio, un bellissimo uomo, biondo con occhi azzurri in cui perdersi, si è bloccato davanti alla vetrina e fissa "La tigre azzurra". Poi varca la soglia, ma sembra fuori di sé: è un professore americano di letteratura, si chiama Robert Sherman e ritiene che la storia della tigre sia sua. Vuole denunciare sia Rosalie che Marchais! Come finirà?
Vi posso anticipare che, tanto per citare il titolo, "Parigi è sempre una buona idea", che è una città romantica e che ci saranno altri colpi di scena. Sicuramente l'autrice - eh sì, perché Nicolas Barreau, in realtà, è Daniela Thele - è riuscita a farmi venire ancora più voglia di tornare nella ville lumière, descrivendo stradine, ristorantini, librerie e cieli sfumati che avvolgono la Torre.
E poi è una bella storia. Il sentimento c'è e si percepisce, nasce in maniera talmente spontanea da sembrare una fiaba o una storia d'altri tempi. Insomma, per animi romantici e sensibili come il mio, questo libro è un toccasana.
Certamente, alcuni elementi sono abbastanza prevedibili, ma c'è un dettaglio importante: alla fine vince sempre il cuore.
Un romanzo leggero, tutto azzurro e consigliato a chi possiede la capacità di sognare e un cuore che, nonostante le delusioni, riesce ancora a battere forte.
Vi lascio con qualche citazione e vi aspetto alla prossima recensione!
«Fosse stato per Rosalie, si sarebbero spedite molte più lettere e cartoline. La piccola - e a volte anche grande - felicità che una lettera scritta a mano riesce a dare sia a chi la manda sia a chi la riceva non è paragonabile all'effetto di un'email o di un sms, che perdono subito importanza e vengono dimenticati in fretta. La piacevole sorpresa di trovare una lettera nella posta, la gioiosa attesa di voltare una cartolina, aprire con cura una busta o strapparla con impazienza. L'occasione di tenere tra le mani una parte della persona che ha pensato a noi, di studiarne la grafia, indovinarne l'umore, magari intuire perfino una traccia di tabacco o di profumo. È una cosa incredibilmente viva. E anche se ormai si scrive sempre meno perché a quanto pare non se ne ha più il tempo, Rosalie non conosceva nessuno che non ricevesse volentieri una lettera o una cartolina».
«Le macchie di colore sono la cosa più importante. Non bisogna mai smettere di sognare. E non bisogna mai smettere di credere ai propri desideri».
«Era così facile la vita da bambini. Come poteva quella vita così facile diventare tanto complicata? Sono le mezze verità, le frasi non dette, i sentimenti nascosti e tutte le cose che ognuno tiene per sé a offuscare la magnifica chiarezza dell'infanzia, a disorientarci perché un bel giorno abbiamo capito che nella vita non esiste un'unica verità?».
«In quel luogo nessuno sentiva il bisogno di stare al passo con i tempi: la piacevole calma che si respirava nella libreria si trasmetteva anche ai visitatori che, notò Robert sorridendo, sembravano muoversi con delicatezza e attenzione».
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