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domenica 1 settembre 2024

Recensione di "La felicità è una storia semplice" di Lorenza Gentile

Buonasera amici e buon 1° settembre! Al contrario di tutti quelli che già avvertono l'aria autunnale, io sento ancora una gran voglia di estate. Sarà che sono una persona che non si arrende alla fine delle belle giornate, della luminosità fino alle 21.00, degli aperitivi e dei gelati, ma penso che finché non arriva ottobre possiamo goderci gli ultimi bagliori estivi.

Detto ciò, vi porto a conoscere "La felicità è una storia semplice" di Lorenza Gentile.


Trama: Vito Baiocchi ha quarantasei anni, vive a Londra, è senza lavoro da sei mesi e la sua unica amica è un’iguana di nome Calipso. Sentendosi un inetto senza speranze, Vito ha deciso di togliersi la vita, e di farlo con stile. Ma proprio quando, lavato e vestito di tutto punto, sta per dire addio al mondo, il telefono squilla: è nonna Elvira. E quindi nulla da fare, il piano salta. Vito è da sempre incapace di sottrarsi all’autorità della dispotica ottuagenaria e si trova costretto a volare in tutta fretta a Milano, perché Elvira desidera essere accompagnata in Sicilia, al suo paese d’origine. Distrutta alla fine degli anni Sessanta da un terremoto che si è portato via i genitori e il nonno di Vito, Gibellina è ora ricostruita, e con essa la casa che la nonna ha deciso di rivedere. Affare di una giornata, pensa Vito, in aereo è un attimo. Ma la donna vuole viaggiare in treno e così i giorni si moltiplicano. Firenze, Roma, Assisi, Napoli, Palermo: il viaggio sembra infinito, le confessioni di nonna Elvira molte e inaspettate, e a ogni tappa Vito incappa in coincidenze improbabili e in nuove disavventure tragicomiche. Ma forse proprio grazie a questi ostacoli riuscirà a ritrovare l’energia perduta e a prendere finalmente in mano la propria vita. Perché la felicità ci può sembrare talvolta irraggiungibile, ma basta davvero pochissimo per riuscire ad avvicinarla.


Londra: Vito Baiocchi si è vestito di tutto punto per suicidarsi. Ha preparato ogni cosa, lasciato un biglietto, dato da mangiare alla sua iguana Calipso e ha la corda tra le mani. Dovrà solo dare un calcetto alla sedia in vimini e la morte sopraggiungerà in pochi secondi. Ma quel momento viene interrotto dallo squillo del cellulare. Vito prova a ignorarlo, poi squilla anche il telefono di casa e non riesce a fare finta di niente. Scende e va a rispondere: è sua nonna, la persona che lo ha cresciuto come una madre, che gli chiede aiuto. E così Vito si salva, per la seconda volta da quando è venuto al mondo. La nonna vuole tornare a Gibellina. La casa, danneggiatasi con il terremoto degli anni Ottanta, è stata riparata e ha una missione molto importante: deve comunicare una cosa a Santo, il fratello di suo marito Alfredo, quest’ultimo morto durante il sisma insieme alla figlia e ai genitori di Vito.

Vito è indeciso, non sa che fare. Lui vive a Londra e significherebbe rimettere piede in Italia, ma non può sottrarsi alla richiesta di aiuto della nonna. Il volo Londra-Milano lo riconduce a casa e da lì la nonna lo guida lungo un itinerario che farà tappa a Firenze, Roma, Napoli, Palermo e infine Gibellina.


A Firenze la nonna vuole assolutamente salire sulla cupola del Duomo. Bloccando tutta la fila di turisti, riesce nell’impresa, solo per guardare dall’alto la città. Fa la stessa cosa a Roma, sulla cupola di San Pietro, ma stavolta l’ascensore risparmia la fatica a tutti. La nonna Elvira osserva le città dall’alto, quasi fosse una missione. Durante il viaggio lungo alcune delle più belle mete italiane, Vito e nonna Elvira incontreranno persone nuove, capaci di aprire gli occhi su altre prospettive (anche divertenti), e persone “vecchie” in grado di far recuperare le radici e, talvolta, di mettere un punto su questioni passate che non avevano dato pace al nostro protagonista.

Ma soprattutto, Vito si è salvato e ha capito, grazie alla nonna e al suo ultimo viaggio, che la vita è composta di tanti momenti negativi alternati a istanti di felicità. È proprio per questi ultimi, del tutto inaspettati, che bisogna andare avanti: un nuovo lavoro, una nuova meta, un nuovo amore possono dare nuova linfa anche all’esistenza di una persona piuttosto sfortunata come Vito.

"Cretto" di Alberto Burri, Gibellina (foto di Boobax, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)


Volete la verità? Io adoro la scrittura di Lorenza Gentile. Mi sono letteralmente innamorata di "Le piccole libertà" e del particolare legame familiare che rientra sempre nei suoi romanzi, ma… questo libro lo avevo scartato in libreria. Già visto molto tempo fa, avevo deciso di non intristirmi con la storia di un uomo che voleva suicidarsi. E invece, questo libro di triste ha molto poco. C’è tanta ironia e Vito ed Elvira che girano per l’Italia sembrano un po’ Carlo Verdone con la nonna, interpretata da Elena Fabrizi, ovvero la mitica Sora Lella. Certo, la conclusione vi strapperà una o più lacrime, ma vi assicuro che c’è un lieto fine.

Assolutamente consigliato! Me lo sono divorato in due giorni.
Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!

p.s. Tra le altre cose, come resistere a un libro che include la descrizione della bella visuale da via Piccolomini? La prima citazione è proprio legata alla nota via romana, che la sottoscritta conosce molto bene.

p.p.s. Gibellina è legata al grande "Cretto" di Burri. Leggetene la storia.


«Prima di andare a casa Peppino ci tenne a fargli vedere Roma.
- Ti prende per il cuore e non ti molla più, - gli disse mentre correvano verso San Pietro. La basilica si ergeva sfarzosa proprio davanti a loro. Costeggiarono la piazza e presero una strada a sinistra. Dopo qualche minuto Peppino lo chiamò: - Vito, guarda dietro di te.
Baiocchi si girò. Vedeva la cupola di San Pietro, in lontananza.
- Non distogliere gli occhi, - continuò Peppino.
Man mano che si allontanavano, la cupola si ingrandiva. Arrivarono alla fine della strada che la cupola era enorme. Quando tornarono indietro si rimpicciolì a vista d’occhio».

«- Ognuno viaggia con la propria storia, stretta dentro di sé, - disse. – Pensa di essere unico, è giusto. La vita è nostra, siamo noi i protagonisti. Ma poi ci sono tante altre vite che si intrecciano, tanti protagonisti di altre storie… - Guardava lontano. – L’unico modo per incontrarsi è lasciare che l’altro entri dentro la nostra vita, che la modifichi. Capisci? – Fece una lunga pausa. – Solo adesso che la mia storia è quasi finita, Vito, mi rendo conto che sono stata l’unica protagonista».

«Che cosa significava aver amato un uomo per tutta la vita senza dirlo a nessuno, negandolo perfino a sé stessa?»

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