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martedì 22 dicembre 2020

Recensione di "Aspettami fino all'ultima pagina" di Sofía Rhei

Buongiorno e bentornati sul mio blog! Natale si avvicina, anche se quest'anno sarà, come dire... diverso. Molte persone non riusciranno a vedersi, altri forse ringrazieranno i decreti che hanno evitato fastidiose riunioni tra parenti. Ognuno lo vivrà a modo suo. Ed io? Sono una persona riservata e preferisco tenerlo per me, anzi, qualcosa ve la dirò, qualcosa che in fin dei conti già conoscete: mi immergerò in qualche bella lettura, sfogliando pagine che mi riportino alle mie lunghe passeggiate con tappa obbligatoria in libreria, sognando che tutto torni alla normalità.

Vi parlo perciò dell'ultimo libro che ha soggiornato sul mio comodino: "Aspettami fino all'ultima pagina" di Sofía Rhei.



Trama: Silvia ha quasi quarant’anni, vive e lavora a Parigi e ha una relazione difficile con Alain, un uomo sposato che da mesi le racconta di essere sul punto di lasciare la moglie. Dopo tante promesse, sembra che lui si sia finalmente deciso, ma la fatidica sera in cui dovrebbe trasferirsi da lei, le cose non vanno come previsto. E Silvia, in una spirale di dolore e umiliazione, decide di farla finita con quell’uomo falso e ingannatore e di riprendere in mano la sua vita. Alain però non si dà per vinto, e Silvia non è abbastanza forte da rimanere indifferente alle avances dell’uomo che ama... Dopo giorni e notti di disperazione, viene convinta dalla sua migliore amica a fare visita a un bizzarro terapeuta, il signor O’Flahertie, che sembra sia capace di curare le persone con la letteratura. Grazie ad autori come Oscar Wilde, Italo Calvino, Gustave Flaubert, Mary Shelley, e al potere delle loro storie, Silvia comincia a riflettere su chi sia realmente, su quali siano i suoi desideri più profondi e su cosa invece dovrebbe eliminare dalla sua vita...


A volte, certi libri sembrano sapere che si ha bisogno di loro e solamente in quel preciso istante si avvicinano come amici a salvarti, darti consigli, condurti su una strada diversa.
Silvia vive una relazione clandestina da anni, con un uomo sposato, Alain. Tipica situazione in cui lei è l'amante innamorata, ma lui si rifiuta di chiudere con la sua precedente vita, tenendo il piede su due staffe, trovando appagamento in una donna e sicurezza nell'altra.
Sul posto di lavoro, invece, da giorni si presenta un uomo misterioso e affascinante, che si reca sempre a colloquio con il capo di Silvia, generando in lei e nelle sue colleghe numerose domande. Da qui la decisione di rivolgersi a un detective privato e di capire cosa stia accadendo.
Intanto Silvia diventa sempre più fragile: perde di vista se stessa per acconsentire ai desideri di Alain che, sfuggente, promette un futuro insieme che non sarà mai possibile. A questo punto, avviene la svolta: Silvia decide di recarsi da un terapeuta, un tale Mr. O' Flahertie, un uomo particolare, che ha il suo studio in una stanza di albergo. La sua cura consiste nel consigliare e regalare libri che possano cambiare la vita dei pazienti.
Il compito di guarire Silvia, dalla bassa autostima, dalla tristezza e dalla solitudine, passa quindi, non al terapeuta, ma agli autori: Italo Calvino, Mary Shelley, Oscar Wilde...
Inizia così un percorso di rinascita, di ripresa delle proprie aspirazioni, che farà di Silvia una donna nuova, capace di porre un punto alle situazioni rimaste in sospeso, aprendo il proprio cuore a chi lo merita davvero... anche se dovesse trattarsi di un uomo chiamato Odysseus Thanos, che lavora in una impresa funebre.


"Aspettami fino all'ultima pagina" è un romanzo scorrevole, non scontato. L'importanza terapeutica che viene conferita alla lettura è uno dei nodi fondamentali di tutta la narrazione. La ricerca di un consiglio, di uno stile di vita, anche di errori all'interno delle storie create da autori passati riescono a rimettere in sesto una donna ferita, il cui animo necessita di amore (non di sola passione), sicurezza e tranquillità.
Riguardo quel che Silvia vive si tratta di una situazione talmente frequente da non lasciarmi affatto sorpresa. A volte, ci si può ritrovare all'interno di una realtà che si era condannata, senza colpe; a volte, invece, si è consapevoli. Per dare una svolta, anche dal punto di vista sentimentale, occorre coraggio e non è da tutti trovarne.
Passiamo, però, ai personaggi maschili di questa storia, Alain e Odysseus, l'uno l'opposto dell'altro: mentre il primo desidera l'amante e la moglie, entrambe rappresentanti dell'amore/passione e della stabilità/fedeltà, il secondo invece non vuole altro che una relazione seria. Dico la mia su questo punto: di uomini come Odysseus sicuramente esistono, ma sono ben rari.
Curiosa, infine, la scelta del nome per l'uomo dell'impresa funebre: Thanos, che evoca il greco θάνατος, ovvero morte, e Odysseus, come l'eroe greco, un viaggiatore, assolutamente infedele a Penelope, il cui nome però significa "odio, odiare". Odiatore della morte che, quindi, allude a ciò che riporta la vita. Un sottile gioco di parole.
E Mr. O' Flahertie? Nonostante possa sembrare un tipo interessante, l'autrice avrebbe potuto caratterizzarlo meglio, prima di giungere a una conclusione misteriosa e forse paradossale.


Vi saluto, vi auguro buone feste e vi lascio con qualche citazione.

«La causa della maggior parte delle malattie siamo noi stessi. Pertanto, per curarle, serve una strumentazione capace di penetrare nella parte più segreta, nella parte più vulnerabile del nostro essere. Esiste qualcosa che possa arrivare più a fondo di un libro, che possa calarsi più profondamente nell'anima? Solo ciò che fa presa su di noi può ridestare ciò che è stagnante, grattare via il marcio. La paura del dolore può essere combattuta solo con un dolore più bruciante, senza timore.»

«Ciascuno di noi è un mostro», le assicurò lui in tono solenne. «Siamo tutti Frankenstein. Affinché risulti evidente, basta guardarsi nello specchio giusto. Siamo fatti di pezzi di cose molto diverse, ciascuno di noi ha parti che sono morte e poi rinate. Occultiamo qualcosa, ci nascondiamo, e in tante situazioni ci spaventa mostrare come siamo fatti realmente. In ciascuno di noi c'è una parte aggressiva. È molto frerquente che, per proteggere gli altri, la rivoltiamo contro noi stessi. È su questa aggressione che viene da dentro, e che fa tanto soffrire il mostro di Frankenstein, che si fonda la scarsa autostima.»


«Ognuno di noi è una luna e ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno. La prima cosa è essere capaci di riconoscere tale oscurità in noi stessi [...]»

«C'è chi dice che tutte le decisioni che prendiamo sono causate da uno slancio d'amore, oppure dalla paura. Secondo alcuni, la condotta umana non conosce altre motivazioni. Nessuna emozione o reazione che possa ridursi a uno di questi due principi.»

«Immagino che la fedeltà non sia verso l'altra metà della coppia, ma verso se stessi.»

«La memoria, Silvia, è molto sopravvalutata. L'importante non è ciò che tratteniamo con la mente, ma ciò che ci resta impresso nell'anima.»



domenica 6 dicembre 2020

Recensione di "La misura della felicità" di Gabrielle Zevin

Buona domenica, amici! Come state? Domenica piovosa qui a Roma, in pieno clima invernale. Il cielo è grigio, ma in casa c'è un bel tepore... e sì, è quasi tempo di fare l'albero. In fin dei conti, il 6 dicembre è San Nicola.

Di cosa vi parlo oggi? Della mia ultima lettura, "La misura della felicità" di Gabrielle Zevin.


Trama: Dalla tragica morte della moglie, A.J. Fikry è diventato un uomo scontroso e irascibile, insofferente verso gli abitanti della piccola isola dove vive e stufo del suo lavoro di libraio. Disprezza i libri che vende (mentre quelli che non vende gli ricordano quanto il mondo stia cambiando in peggio) e ne ha fin sopra i capelli dei pochi clienti che gli sono rimasti, capaci solo di lamentarsi e di suggerirgli di “abbassare i prezzi”. Una sera, però, tutto cambia: rientrando in libreria, A.J. trova una bambina che gironzola nel reparto dedicato all’infanzia; ha in mano un biglietto, scritto dalla madre: Questa è Maya. Ha due anni. È molto intelligente ed è eccezionalmente loquace per la sua età. Voglio che diventi una lettrice e che cresca in mezzo ai libri. Io non posso più occuparmi di lei. Sono disperata. Seppur riluttante (e spiazzando tutti i suoi conoscenti), A.J. decide di adottarla, lasciando così che quella bambina gli sconvolga l’esistenza. 


Ad Alice Island, un luogo lontano dal mondo, esiste una piccola libreria, gestita da un uomo scontroso e piuttosto irascibile, A. J. Fikry. Da quando Nic, sua moglie, è morta, la sua esistenza è collassata e non ha più motivo di trovare un briciolo di felicità. Ha un solo amico, il commissario Lambiase, conosciuto in quell'orribile circostanza che gli ha cambiato la vita e che gli è rimasto accanto, come un angelo custode, cui si affianca la cognata - sorella di Nic - Ismay.
Una sera, però, A. J. trova una bambina di due anni, lasciata da sua madre davanti la porta, con un biglietto: "Voglio che diventi una lettrice. Voglio che cresca in mezzo ai libri e con persone che s'interessano a questo genere di cose". La mattina successiva il cadavere di una donna, gettatasi in mare, viene ritrovato a riva. 
La bambina, ormai orfana, si chiama Maya, è molto vispa e dolce, ama i libri e si affeziona immediatamente ad A. J., facendo sì che da persona chiusa e scontrosa, si trasformi in un uomo più accondiscente, gentile e persino aperto ad accogliere nuove letture (persino quelle che non avrebbe mai considerato) e un nuovo amore, sempre all'insegna della passione per libri e lettura.


"La misura della felicità" è un romanzo profondo, dedicato all'animo delle persone, alle loro esperienze, alla possibilità di fallire, trovando la forza di ricominciare. Si tratta, ovviamente, anche di un libro perfetto per gli amanti di librerie, biblioteche e lettura, perché sono proprio le storie stampate su carta a fare da filo conduttore.
La presenza di poche righe di presentazione in relazione ad alcuni libri letti da A.J. dirette a Maya acquisteranno pian piano significato per il lettore, trovando una risoluzione solo negli ultimi capitoli. 
Aspettatevi un finale molto triste che lascia trasparire una nota di dolcezza.
Unica pecca, che dipende però da un gusto assolutamente personale: l'utilizzo del tempo presente per narrare fatti passati. Non lo amo particolarmente.

Vi lascio con qualche estratto. Alla prossima!

«Ha trentun anni e pensa che avrebbe già dovuto incontrare qualcuno. E invece. Amelia-lato-positivo crede che sia meglio stare da sola piuttosto che con qualcuno che non condivida la tua sensibilità e i tuoi interessi. (È così, vero?) Sua madre sostiene che sono stati i romanzi a rovinare Amelia, alterando le sue aspettative nei confronti degli uomini veri. È un'osservazione che la offende, perché implica che lei legga soltanto libri con personaggi banalmente romantici. Ogni tanto sì, e non ci trova nulla di male; ma i suoi gusti sono molto più variegati. Adora Humbert Humbert, ma non lo vorrbbe né come compagno di vita né come fidanzato e neppure come conoscente. Prova lo stesso per Holden Caufield, e per Mr Rochester e Mr Darcy».

«Ma credo pure che la mia reazione più recente a questo libro sia la prova che bisogna incontrare le storie al momento giusto. Ricorda, Maya: le cose che ci colpiscono a vent'anni non sono necessariamente le stesse che ci colpiscono a quaranta, e viceversa. Questo è vero nei libri e anche nella vita».


«Tutto quel che ti serve sapere di una persona lo capisci dala sua risposta alla domanda: "Qual è il tuo libro preferito"?».

«Talvolta i libri non ci trovano finché non è il momento giusto».

«"È la segreta paura di non essere degni dell'amore che ci isola, ma è solo perché siamo isolati che pensiamo di non esser degni dell'amore", dice il brano. "Un giorno, chissà quando, starai guidando lungo una strada. E un giorno, chissà quando, lui, o lei, sarà lì. Sarai amato perché, per la prima volta nella tua vita, proverai il sincero desiderio di non essere solo. Avrai scelto di non essere solo».


«Forse nel mondo intero, in ogni istante, la misura della felicità è pari a quella dell'infelicità».

«Che differenza c'è tra un libro e l'altro? Sono diversi perché lo sono, decide. Bisogna leggerne molti, bisogna crederci, bisogna accettare che ti deludano, perché qualcuno, di tanto in tanto, ti possa entusiasmare». 

martedì 10 novembre 2020

Recensione di "La vita inizia quando trovi il libro giusto" di Ali Berg e Michelle Kalus

Buonasera a tutti, amici! L'anno scorso a quest'ora ero già uscita a fare una passeggiata per le strade di Roma, gustandomi le prime luci della sera accendersi per rischiarare i monumenti, le fontane, gli antichi palazzi e avvertendo l'aria che, d'un tratto, faceva presagire l'avvicinarsi dell'inverno. Avevo, probabilmente, già assaporato il mio buon caffè a Sant'Eustachio con la sua immancabile schiuma, percorso qualche passo verso il Pantheon, osservato le vetrine scintillanti in mezzo ai gruppi di turisti che si muovevano in massa, tornando poi verso piazza Argentina e facendo una tappa obbligatoria a La Feltrinelli, anche solo per inspirare l'odore di libri e perdermi tra titoli e nuove copertine. 
Quest'anno, invece, sono in camera mia, attorniata ovviamente da libri - di cui la gran parte archeologici - e avverto molta nostalgia di una libertà che mi apparteneva e che, da qualche mese, ognuno di noi ha perso. Potrei provare a uscire, fare una breve passeggiata, ma l'incoscienza della gente che, incurante dei numeri relativi al covid in rialzo e alla grave situazione di emergenza che stiamo vivendo, mi costringe a stare chiusa in casa, sognando di viaggiare e girare il mondo.
Bene, quale modo migliore se non perdersi tra le pagine di un buon libro? Ecco, dunque, che in mio aiuto è corso un romanzo di Ali Berg e Michelle Kalus, "La vita inizia quando trovi il libro giusto".


Trama: Frankie ha sempre cercato le risposte nei libri. Al perché la sua carriera non sia decollata, al perché sia così difficile andare d’accordo con sua madre o, a ventotto anni, non abbia ancora vissuto la sua grande storia d’amore. Leggere le pagine di Jane Austen, Francis Scott Fitzgerald e John Steinbeck l’ha sempre aiutata. Ma, al di fuori delle amicizie letterarie, Frankie si sente spesso sola. La sua vita, ora, sta per cambiare. Il suo piano non può fallire. I libri non possono tradirla. Per giorni ha lasciato una copia dei suoi romanzi preferiti sui mezzi pubblici che prende per andare al lavoro, scrivendo all’interno il suo indirizzo e-mail. Perché per una grande lettrice come lei non c’è modo migliore di fare nuove conoscenze, o addirittura di trovare l’anima gemella, se non grazie a un libro. Ne è sicura. Quando le risposte cominciano ad arrivare, Frankie colleziona appuntamenti su appuntamenti. E, purtroppo, delusione su delusione. Perché, di fronte a lei, si presentano le persone più strambe che abbia mai conosciuto e nessuna sembra quella giusta. Tra di loro non c’è l’ombra né di un amico né tantomeno di un fidanzato. Fino a quando non incontra Sunny, un uomo che sembra uscito da uno dei suoi romanzi preferiti. Ma ha un difetto terribile: gusti letterari opposti ai suoi. 


Cosa mi ha attratto di questo romanzo? Il titolo. Mi sarei aspettata un più consueto "La vita inizia quando trovi l'uomo giusto", ovviamente in pieno stile romantico (e un po' smielato), ma così non è stato. Un libro giusto. Ed è vero, tremendamente vero: un libro può cambiarti la vita. Ma non è di me che devo parlarvi, bensì di Frankston Rose, per gli amici Frankie, scrittrice di successo e libraia che decide di prendere in mano la sua vita e darle una svolta.
Dopo essersi demoralizzata leggendo (le poche) recensioni negative indirizzate ai suoi romanzi, Frankie smette di scrivere. Piomba in una specie di bolla di sapone, lasciando ogni occasione e ogni persona fuori dalla sua sfera. I soli a possedere un accesso privilegiato sono Cat, la sua eccentrica migliore amica e socia libraia, insieme al suo giovane amico di soli 17 anni, Seb, disperatamente (e segretamente) innamorato di lei.


Su suggerimento di Cat, che vuole trovarle il fidanzato, Frankie idea un modo che le permetterà di conoscere nuove persone e riprendere finalmente a scrivere: lasciare alcuni dei suoi romanzi preferiti sui mezzi pubblici insieme a un messaggio - firmato Rossella 'O - e alla sua email, per poter permettere al potenziale interessato di contattarla; inoltre, Frankie apre un blog, sul quale scriverà ogni sua (dis)avventura.
Mentre la nostra imbranata e dolce protagonista, fan di Jane Austen, è alla ricerca dell'uomo giusto - che possegga ovviamente i suoi stessi gusti letterari - conosce totalmente per caso mr. Sunny Day, un ragazzo bello e perfetto, ma altrettanto bizzarro... in fissa con la lettura del genere Young Adults, che lei detesta.


Il loro primo incontro è in libreria. Sunny si reca in cassa per acquistare niente di meno che "Twilight", senza fingere che fosse per qualcun altro, ma dicendo l'assoluta verità: è per me.
Mentre in Frankie sorgono varie perplessità sulle scelte di quell'uomo, allo stesso tempo ne è incuriosita. E il primo bacio tra i due? E' Frankie a darglielo... sul naso.
Ma Frankie riuscirà davvero ad aprire il suo cuore e a far entrare quel raggio di sole che Sunny sembra poterle offrire? E i suoi sogni? La scrittura continuerà a prendere polvere in un cassetto chiuso a chiave per paura di essere giudicata?
Intanto, tra episodi divertenti, colpi di scena e libri disseminati per la città, il blog ha un successo enorme... e il genere maschile sembra esserne stato colpito perché Frankie farà degli incontri assolutamente esilaranti.


In un periodo come questo, un libro simile mi ha tenuto compagnia e fatto ridere, scaldandomi al contempo il cuore con una bella storia d'amore contemporanea. Frankie è sbadata, insicura, innamorata dell'amore e della letteratura; Sunny è il ragazzo perfetto, particolarmente buffo e molto sensibile.
L'intera storia, ambientata a Melbourne in Australia, si arricchische con l'indicazione - all'inizio di ogni capitolo - dei titoli letterari lasciati sulle varie linee di tram, metro o treno.
Insomma, è una lettura che mi è piaciuta tantissimo e mi ha coinvolto, perciò consigliata dal mio punto di vista. Se amate Jane Austen, i sogni e la letteratura, non potete perderlo!

Per quanto riguarda, invece, l'idea di lasciare libri per ritrovare la vena creativa e il ragazzo giusto penso che non sia male... peccato che a Roma i lettori (giovani) sui mezzi pubblici siano veramente pochi, altrimenti l'avrei provata, o meglio, se non fossi troppo gelosa delle mie letture che non abbandonerei MAI. 
Ricordo che, quando prendevo quotidianamente la metro per andare a lezione (sto parlando di circa 4 anni fa), eravamo io e due-tre signore (sottolineo) a leggere libri nella stessa carrozza. Ho incontrato al massimo uomini di una certa età immersi nella pagina finanziaria di un quotidiano sgualcito, o pochi universitari dissociati dal mondo con un e-reader. In Italia si legge poco, sono i dati a parlare... Eppure una piccolissima speranza si è accesa qualche giorno fa quando, passeggiando vicino casa, ho notato ben 2 "librerie di strada" con volumi gratuiti e già letti da scambiare. Chissà, magari un giorno funzionerà... se solo ognuno si degnasse poi di riportare il libro o di inserirne un altro.

Come sempre vi lascio con qualche citazione e vi auguro buona serata! Alla prossima!

«Non aveva mai provato una gioia così pura e disinteressata prima di quel momento. "È questo che si prova?" si chiese. "È così che ci si sente quando si è veramente innamorati". Nascose quel pensiero nel profondo del suo essere.»


«All'improvviso, tutto mi è sembrato così evidentemente (e quasi fastidiosamente) chiaro. Avete mai letto L'amore fatale di Ian McEwan? Ho riletto alcune parti mentre andavo a lavorare. Scrive: "Quando sarà finito, capirai che dono era l'amore. Soffrirai molto. Quindi, torna indietro e battiti per conservarlo". Non è bellissimo quando un libro sembra proprio parlare a te?»

P. S. Lasciare libri sui mezzi pubblici non è solo l'idea contenuta in un libro. Il progetto "Books on the rail" esiste davvero... in Australia: https://www.booksontherail.com/
 

sabato 17 ottobre 2020

Recensione di "Io che amo solo te" di Luca Bianchini

Buonasera amici lettori! In questo "dopo cena" o in un "prima di andare a dormire (tardi)" in mio perfetto stile, torno sul blog per parlarvi della mia ultima lettura. Ovviamente (e purtroppo) non è più estate, io non sono più così spensierata e con più tempo libero, devo divorarmi su commissione volumi e articoli di archeologia, perciò ho di nuovo la pila di libri che mi attende sul comodino e mi guarda speranzosa. Ma la sera sono davvero troppo stanca, tanto da implorare Morfeo di farmi sognare appena chiusi gli occhi.
Dicevo, la mia ultima lettura è stata "Io che amo solo te" di Luca Bianchini, da cui è stato tratto un film.


Trama: Ninella ha cinquant'anni e un grande amore, don Mimì, con cui non si è potuta sposare. Ma il destino le fa un regalo inaspettato: sua figlia si fidanza proprio con il figlio dell'uomo che ha sempre sognato, e i due ragazzi decidono di convolare a nozze. Il matrimonio di Chiara e Damiano si trasforma così in un vero e proprio evento per Polignano a Mare, paese bianco e arroccato in uno degli angoli più magici della Puglia. Gli occhi dei 287 invitati non saranno però puntati sugli sposi, ma sui loro genitori. Ninella è la sarta più bella del paese, e da quando è rimasta vedova sta sempre in casa a cucire, cucinare e guardare il mare. In realtà è un vulcano solo temporaneamente spento. Don Mimì, dietro i baffi e i silenzi, nasconde l'inquieto desiderio di riavere quella donna solo per sé. A sorvegliare la situazione c'è sua moglie, la futura suocera di Chiara, che a Polignano chiamano la "First Lady". È lei a controllare e a gestire una festa di matrimonio preparata da mesi e che tutti vogliono indimenticabile: dal bouquet "semicascante" della sposa al gran buffet di antipasti, dall'assegnazione dei posti alle bomboniere - passando per l'Ave Maria -, nulla è lasciato al caso. Ma è un attimo e la situazione può precipitare nel caos, grazie a un susseguirsi di colpi di scena e a una serie di personaggi esilaranti.

Come dice Antonello Venditti nella sua celebre canzone "Amici mai", "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano... amori indivisibili, indissolubili, inseparabili..."
Questo è l'amore che appartiene a Ninella e a don Mimì: due persone che non hanno mai smesso di amarsi, di pensarsi, che non sono riuscite a dimenticarsi l'uno dell'altra. Eppure la vita ha deciso diversamente per loro, anzi, si è pure burlata del loro sentimento. Le loro famiglie si opposero al matrimonio e i due non poterono far altro che acconsentire; anni più tardi, i rispettivi figli decidono di sposarsi. Ninella e don Mimì si ritrovano improvvisamente a vestire i panni della madre della sposa, Chiara, e del padre dello sposo, Damiano.
C'è il matrimonio da organizzare a Polignano, in un paese bellissimo dove le case affacciano sul mare e il maestrale soffia tra le stradine bianche. E un matrimonio in Puglia deve essere estremamente accogliente (gli invitati sono tantissimi), abbondante nelle decorazioni e nel cibo, e perfetto, altrimenti si fa brutta figura.


Luca Bianchini ci trasporta, perciò, per 3 intensi giorni all'interno delle due famiglie, quella della sposa e quella dello sposo. Chiara deve pensare al vestito, alle bomboniere, alle decorazioni della chiesa, alle foto (e al fotografo per cui prova una irresistibile attrazione ricambiata), ai tavoli, al trucco; Nancy, ormai a dieta ferrea, è stata ingaggiata come cantante in chiesa per intonare "Jesus loves me" ed è alle prese con Tony; Ninella, con i suoi colpi di sole eccessivi, un vestito rosso sgargiante, riflette e fuma, pensando egoisticamente al solo momento in cui avrebbe potuto rivedere don Mimì e sognare un presente alternativo, un matrimonio - il suo - che non c'è mai stato con l'uomo che amava veramente.

Nell'altra casa, quella degli Scagliusi, Damiano è agitato, anche se non dà a vederlo. Pensa che rinuncerà alla propria libertà e proprio il giorno prima delle nozze si presenta la sua ex, Alessia. Perché si sa, l'amore è forte (in teoria), ma la carne è anche debole. Matilde, la First Lady, ha ripensato al vestito di Chiara e chiede a Ninella - che di professione fa la sarta - di renderlo più presentabile con un po' di pizzo a coprire la scollatura; Orlando, il fratello di Damiano, è in crisi, innamorato pazzo del suo Innominato che finge di essere eterosessuale, mentre trascorre attimi di passione con lui; infine, don Mimì, che forse non è mai stato un padre partecipe, né un marito affettuoso, pensa a quel passato che gli ha rovinato la vita e vorrebbe poter tornare indietro, avere il coraggio di affrontare la situazione e sposare Ninella.
In un clima di chiacchiere, preparativi, insicurezze, prese di coscienza, rimpianti e risate, Luca Bianchini dipinge, con un po' di ironia, un matrimonio che è stato al centro dell'attenzione dell'intera Polignano. E mentre Chiara e Damiano saranno impegnati a cominciare la propria vita insieme dopo aver scoperto di apprezzarsi così come sono, Ninella e don Mimì si ritroveranno, come se gli anni non fossero mai passati, ma dovranno fare i conti con quel che sono diventati.

In poche parole, un libro divertente e al contempo romantico, il primo che abbia letto di Luca Bianchini.


Vi lascio con qualche citazione. Buona notte!

«Ci sono notti in cui la tua unica sveglia è il cuore. Ti allarma, ti tranquillizza, ti riagita, prova a convincerti che va bene - inutilmente - per lasciarti in preda all'ansia o agli ansiolitici, a seconda».

«La felicità è talmente impalpabile che non può avere testimoni, pensava. La riconosci solo se ti ci trovi in mezzo».

«Ogni amore custodisce almeno un segreto e solo alcuni non ne hanno timore: gli adolescenti, gli anziani e i disperati. Per tutti gli altri, la vita mette sempre trappole in cui è possibile cadere, l'importante è che nessuno ti veda».

«Amare una persona significa accettare che possa avere un segreto. Per la prima volta si rese conto che forse non era solo innamorata dell'idea del matrimonio, ma anche di Damiano».


«Ci sono storie che hanno bisogno di buio e silenzio. Solo dopo tanto tempo, come alcuni vini, potranno essere raccontate».

«Ci sono amori che non lasciano nemmeno una foto, e sono i più difficili da dimenticare».

«Le aveva detto poche parole. Più per amore che per timore. Perché l'amore a volte ha bisogno di pause lunghe e frasi brevi, come se si pronunciassero in salita».

«Chi è nato su uno scoglio lo sa: il mare ha sempre una risposta e una carezza per te».

«Ma il mio problema è che mi ero impuntata con l'amore vero. Quando in amore si cerca la perfezione, si trova la solitudine».

domenica 27 settembre 2020

Recensione di "L'arte di amare" di Erich Fromm

Buonasera amici, o forse, potrei dire già buonanotte. Di nuovo all'insegna di una giornata segnata dal diluvio, i libri mi hanno fatto compagnia. Condivido con voi la recensione dell'ultimo volume letto durante le mie vacanze.




Trama: Ogni essere umano avverte dentro di sé in modo istintivo e insopprimibile l’assoluta necessità dell’amore. Eppure, in molti casi, si ignora il vero significato di questo complesso aspetto della vita. Per lo più l’amore viene scambiato con il bisogno di essere amati. In questo modo un atto creativo, dinamico e stimolante si trasforma in un tentativo egoistico di piacere. Ma il vero amore è un sentimento molto più profondo, che richiede sforzo e saggezza, umiltà e coraggio. E, soprattutto, è qualcosa che si può imparare. Da un grande e insuperato maestro della psicologia del Novecento, un saggio da leggere tutto d’un fiato, un invito a vivere il vero amore che ognuno può fare proprio.


In un'epoca in cui siamo sempre di fretta, in cui ogni minuto di tempo libero dev'essere immediatamente occupato da attività spesso futili, in un momento storico in cui droga e alcool colmano quei vuoti dell'animo, per l'amore forse non c'è abbastanza spazio. Qualcuno non sa neppure cosa voglia dire "amare" confondendo il tutto con l'attrazione sessuale, con un bisogno temporaneamente soddisfatto che non fa altro che alimentare quell'esigenza di sentimenti, quella necessità di eliminare la solitudine.
Non troverete nel saggio di Fromm un manuale per individuare il vero amore o per imparare ad amare una persona, ma una serie di profonde riflessioni sul comportamento dell'essere umano, nonché alcuni "consigli" da seguire per riuscire ad amare nella quotidianità, facendo sì che diventi un processo spontaneo e naturale. 
Per amare occorrono umiltà, coraggio, volontà, pazienza, concentrazione, un mix di elementi difficili da conquistare e da possedere in maniera costante. Nella suddivisione dei tipi di amore – fraterno, materno, erotico, per se stessi, per Dio – Fromm si ritrova ad analizzare i comportamenti dell'essere umano dalla nascita alla maturità, tracciando uno spaccato della società. E se è vero che l'amore è la forza più potente, si giunge alla conclusione, forse un po' pessimistica, che purtroppo l'amore nella società attuale è l'eccezione, un fenomeno ormai divenuto marginale. 


«L'amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L'amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L'amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo». 

«Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno». 

«L'amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un'altra persona» 

«Amare significa affidarsi completamente, incondizionatamente, nella speranza che il nostro amore desterà amore nella persona amata. Amare è un atto di fede […]». 


«Paradossalmente, la capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità d'amare. Chiunque tenti di stare solo con se stesso scoprirà quanto difficile sia». 

«L'amore è possibile solo se due persone comunicano tra loro dal profondo del loro essere, vale a dire se ognuna delle due sente se stessa dal centro del proprio essere».

giovedì 24 settembre 2020

Recensione di "Finché il caffè è caldo" di Toshikazu Kawaguchi

Buongiorno amici! Avevo deciso di andare a vedere una mostra stamattina, visitando ovviamente il sito archeologico in cui è ospitata, e il diluvio universale ha pensato bene di farmi desistere, rimandando questo appuntamento culturale. In sintesi, mi sono svegliata presto per poi rimanere a casa a lavorare.
In questa breve pausa, mi dedico al blog e torno a parlarvi di uno dei libri che ho letto ad agosto scorso.


Trama: In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutti scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.
Finché il caffè è caldo è diventato un caso editoriale in Giappone, dove ha venduto oltre un milione di copie. Poi ha conquistato tutto il mondo e le classifiche europee a pochi giorni dall’uscita. Un romanzo pieno di fascino e mistero sulle occasioni perdute e sull’importanza di quelle ancora da vivere.


Chi non ha mai desiderato di poter tornare nel passato, in un determinato giorno, per cambiare le cose, o dire qualcosa di importante a una persona speciale? Chi non ha mai voluto poter fare un salto nel futuro e sapere se i propri sogni, alla fine, si realizzeranno? 
In un piccolo caffè giapponese dall'aspetto retrò e tre orologi appesi che segnano tutti un'ora diversa, il salto nel tempo è possibile, accomodandosi su una particolare sedia e bevendo un caffè speciale contenuto in una caffettiera argentata. Ma non tutto è così semplice come sembra. Ci sono delle regole cui attenersi strettamente:

1. Le uniche persone che si possono incontrare nel passato sono quelle entrate nel caffè. 

2. Qualunque cosa si faccia quando si è nel passato, non si può cambiare il presente. 

3. Per tornare nel passato, bisogna sedersi solo e unicamente su quella sedia. 

4. Quando si torna nel passato bisogna restare su quella sedia e non ci si può muovere da lì. 

5. C'è un limite di tempo, ovvero bere tutto il caffè finché è caldo. 

È quindi in quel piccolo locale che si incrociano le storie di due innamorati che non si sono mai dichiarati esplicitamente; di marito e moglie che avrebbero voluto dirsi più speso "ti amo"; di due sorelle che si volevano bene, ma avrebbero voluto non doversi separare; di madre e figlia, che avrebbero voluto conoscersi. 
A volte la vita ci porta a compiere delle azioni e a prendere decisioni in modo troppo frettoloso, finanche a ferire le persone che ci sono care. Riflettendo, solo successivamente, pensiamo "se avessi detto…" oppure "se avessi fatto…" a quest'ora le cose sarebbero diverse. 


"Finché il caffè è caldo" conduce a soffermarsi sul valore dei piccoli gesti quotidiani, sui sentimenti e le mancanze, vivendo, senza rimanere ancorati al passato come il curioso e fondamentale fantasma della signora in bianco, ospite fisso del caffè. E, citando il noto film con Julia Roberts "Il matrimonio del mio migliore amico", ricordiamoci che quando si vuol bene o si ama una persona bisogna dirglielo subito e forte, altrimenti il momento passa ed è poi troppo tardi per rimediare all'errore commesso. 


«L'acqua cade dall'alto al basso, è la forza di gravità. Anche le emozioni forse agiscono secondo la stessa legge. Di fronte a una persona con cui si ha un legame profondo e a cui si sono rivelati i propri sentimenti, è difficile mentire e lasciar perdere. La verità vuole uscire a tutti i costi, soprattutto quando si cerca di occultare la tristezza o la fragilità. È molto più facile nascondere la tristezza a un estraneo, o a qualcuno di cui non ci si fida».

domenica 20 settembre 2020

Recensione di "La cacciatrice di storie perdute" di Sejal Badani

Buonasera amici! In una serata tipicamente autunnale, con il cielo grigio, qualche goccia di pioggia e una magnifica ma inquietante falce di luna rossa, torno sul blog per parlarvi di una lettura che ha un sapore orientale.


Trama: Jaya ha il cuore spezzato. Ha tentato a lungo di avere un bambino, ma dopo la terza gravidanza interrotta sta cominciando a perdere le speranze. Anche il suo matrimonio inizia a sfaldarsi e così, nel disperato tentativo di ritrovare sé stessa, decide di allontanarsi da New York per riavvicinarsi alle sue origini indiane. Non appena Jaya arriva in India viene immediatamente sopraffatta dai colori, dai profumi e dai suoni. Ogni cosa ha un fascino esotico, per lei, e ben presto il desiderio di riscoprire la cultura della sua famiglia prende il sopravvento. Ma ci sono segreti del passato a lungo taciuti che hanno il potere di influire sulle generazioni a venire. E così Jaya viene a conoscenza della storia di sua nonna e di un amore clandestino che è destinato a cambiare per sempre la sua vita. Solo dopo aver scoperto il coraggio e l’inarrestabile spirito di resilienza che hanno caratterizzato le donne della sua famiglia, infatti, Jaya si accorgerà di avere dentro di sé una forza che non avrebbe mai potuto immaginare di possedere.

"La cacciatrice di storie perdute" è un romanzo regalatomi un po' per caso che si è rivelato decisamente magnifico. Sejal Badani trasporta il lettore nell'India della colonizzazione britannica, quando Gandhi faceva la sentire la propria voce per far sì che il suo popolo fosse libero e indipendente. Un'India ancora arretrata, colma di credenze popolari dal fascino antico, ma anche di ingiustizie come quella dei matrimoni giovanili e combinati, quella della divisione in caste, per non contare l'assegnazione del ruolo sottomesso per le donne, considerate prima proprietà del padre e poi del marito. Quelle stesse donne cui era preclusa l'istruzione perché ritenute in grado di soddisfare unicamente il marito gestendo la casa e generando figli. 


"La cacciatrice di storie perdute" intreccia le vite di Amisha e Jaya, nonna e nipote, una libera nell'animo ma costretta alle convenzioni sociali, l'altra alla ricerca di se stessa, dopo un periodo terribile segnato da tre aborti spontanei. 
Jaya decide di volare in India, il paese d'origine di sua nonna e di sua madre, mentre riflette sul rapporto con il marito Patrick, sfilacciato dalla sofferenza. Ed è qui che, seguendo quanto scritto in una lettera giunta a sua mare, incontrerà Ravi, l'anziano domestico al servizio di sua nonna Amisha. Ravi era un intoccabile di nascita, considerato quasi un rifiuto della società, cui venne data la possibilità di riscatto grazie ad Amisha, diventandone così servitore, confidente e migliore amico. Proprio in qualità di confidente, Ravi conosce la storia di Amisha e sua figlia Lena, che rivelerà pian piano a Jaya. Finalmente, dopo una vita trascorsa credendo che sua madre Lena provasse poco affetto nei suoi confronti, Jaya riesce a ricomporre i tasselli di un'esistenza distrutta a causa di un amore impossibile, quello tra Amisha e Stephen, luogotenente britannico… e padre naturale di Lena. 


Amisha viene presentata come una donna coraggiosa e forte, anticonvenzionale ma destinata comunque ad adattarsi a quelle ingiuste decisioni prese da altri al posto suo in quanto donna. È una scrittrice dal talento innato e saranno proprio le storie che le sgorgano dal cuore a farla evadere da un matrimonio combinato e anaffettivo con Deepak, per incontrare lo sguardo verde del dolce Stephen, iniziando una storia di rispetto, di amicizia e infine di vero amore. Ma l'amore a volte non basta, spesso contrasta con la ragione e le leggi, e il destino è sempre in agguato dietro l'angolo. 


Tra i vicoli poveri e colorati dell'India, tra cuscini, statue di déi, templi e nuvole di incenso, Jaya si ritroverà a conoscere quella nonna di cui non sapeva nulla, scoprendo l'origine della propria passione per la scrittura che l'ha condotta a diventare giornalista. 
Sejal Badani ha creato un romanzo che è un piccolo capolavoro, presentando luci e ombre di una cultura e di una mentalità in evoluzione, trasmettendo al contempo emozioni e forti sentimenti. Da tempo non leggevo un libro così coinvolgente, in cui i protagonisti sembrassero tanto reali da poterli considerare amici in carne e ossa, senza scordare le splendide descrizioni dell'India che hanno avuto un solo effetto: quello di farmi desiderare un viaggio verso terre lontane ed esotiche. Un romanzo assolutamente consigliato! 

«Il sogno è l'unica finestra verso l'ignoto […]. Forse, verso una vita diversa». Amisha annuì. «Probabilmente, senza i tuoi sogni, saresti costretta a vivere i sogni degli altri». 

«Ognuno combatte le proprie guerre. Se il tempo che ho trascorso qui mi ha insegnato qualcosa è che non sempre sai chi è il tuo nemico. Ma se sei fortunato, chiunque sia il tuo avversario, riuscirai a combattere a testa alta».

 
«Amisha aveva vissuto nell'ombra per la maggior parte della propria esistenza. Aveva tenuto nascosto il sogno di scrivere come se fosse una maledizione di cui vergognarsi. Aveva dato alla luce i figli di Deepak e aveva soddisfatto i suoi bisogni. Ma le storie nella sua testa non sarebbero mai morte. Quando scriveva, veniva trasportata in un luogo in cui lei poteva scoprire la persona che era ma non sarebbe mai potuta essere». 

«La storia di Amisha rende ben chiaro quanto sia prezioso l'amore. Io ho dato il nostro amore per scontato, e quando è diventato troppo difficile mi sono allontanata, sicura che, da sola, sarei stata più forte. Ma amare lui non era un fardello. Eppure non era neanche una benedizione. Noi eravamo semplicemente due persone che si amavano alla follia e che stavano costruendo una vita insieme. Accanto a lui, mi bastava respirare per essere felice». 

«Le sue lotte e la sua determinazione mi hanno insegnato che ogni giorno è prezioso e che l'amore deve essere protetto come un tesoro inestimabile che solo i fortunati riescono a trovare e custodire». 

«Forse la vita non è altro che una sequenza di decisioni con l'aggiunta del "fattore destino". Forse si tratta di accettare che l'impossibile implichi l'apertura di un'altra porta. E forse significa che bisogna essere più forti proprio durante i momenti difficili della vita».

sabato 19 settembre 2020

Recensione di "L'isola dell'abbandono" di Chiara Gamberale

Buongiorno lettori! Finalmente è arrivato il weekend di una settimana piuttosto faticosa... perché quando si ricominciano le attività è sempre un po' così, macchinoso, finché non si prende l'abitudine e si spinge sull'acceleratore. Visto che nello scorso agosto sono stata una lettrice provetta, proseguo a condividere con voi le mie letture.


Trama: Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. 
Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda… Dialogando in modo esplicito e implicito con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con il miracolo e con la violenza della vita, quando ci strappa dalle mani l’illusione di poterla controllare, perché qualcosa finisce, qualcuno muore o perché qualcosa comincia, qualcuno nasce. E ci consegna così un romanzo appassionato sulla responsabilità delle nostre scelte e sull’inesorabilità del destino, sui figli che avremmo potuto avere, su quelli che abbiamo avuto, che non avremo mai. Sulle occasioni perse e quelle che, magari senza accorgercene, abbiamo colto.


Chiara Gamberale ci conduce all'interno del complesso universo psicologico che regola i rapporti umani, soffermandosi sull'abbandono: lasciarsi senza una spiegazione, senza un preavviso, di nascosto, o premeditandolo. L'abbandono porta con sé porzioni di ricordi, persino di anima. E lascia un vuoto, a tratti incolmabile. 
La protagonista della storia è Arianna, mamma di Emanuele, che custodisce dentro di sé una miriade di pensieri, sensazioni, ricordi che talvolta la confondono fino a farle smarrire la via: c'è Stefano, il suo ex, un uomo psicologicamente debole, dipendente da droghe e psicofarmaci, da tradimenti, che aveva bisogno di qualcuno che si occupasse di lui come una mare; c'è Di, il surfista di Naxos, che raccoglie l'animo ferito e sperduto di Arianna, dandogli nuova vita, amandola senza compromessi, limpidamente come l'acqua del mare che adora; c'è Damiano, lo psichiatra di Stefano, che poi diventa anche quello di Arianna, sposato e poi amante, infine padre; c'è Emanuele, i cui occhi si sono appena aperti su questo nuovo mondo, il riflesso del futuro in un piccolo corpo di neonato. 


Arianna ha dentro di sé tutto questo e molto di più. È una donna che spesso si è annullata per amore e che ora si chiede se sarà all'altezza di essere una buona madre. "L'isola dell'abbandono" è un romanzo psicologico, interiore, in cui echeggia Freud; un romanzo che rispecchia, almeno un po', ognuna di noi quando siamo alle prese con i nostri sogni e alla stesso tempo con la paura di trascurare le persone che amiamo. 

«Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell'amore…» 

«Evidentemente l'amore, pensa lei […], mentre ci prende, ci tira via da quello che eravamo fino a un attimo prima e inganna tutti i nostri buchi… Non solo ci fa credere che non verremo più abbandonati, ci fa anche dimenticare di esserlo stati – dal nostro passato amore, da un amico, un altro amico, da nostro padre, nostra madre, dalla speranza che le cose andassero diversamente da come sono andate» 

«Ecco perché mi sto innamorando pazzamente di te. Perché quando parliamo e quando facciamo l'amore noi ci intendiamo proprio […]. È così, è esattamente così anche secondo me: il problema è sempre uno solo, sempre quello: abbiamo paura di non essere amati. E allora ci rifugiamo nel nostro trauma, nelle nostre ossessioni. Ma lo capisci il paradosso? Non lo vedi che, proprio perché ce ne stiamo lì, accartocciati nel nostro mito, nessuno ci potrà mai conoscere per quello che siamo e dunque ci potrà amare? Non è evidente che mentre crediamo di difenderci ci stiamo mettendo definitivamente a rischio?» 


«Costanza: quella che ci vuole per riuscire ad abbandonarsi. E però non abbandonare». 

«Era semplicemente un uomo. E lei lo aveva amato, se amare significa… che cosa significa amare? Significa esserci». 

«Sei proprio convinta che un lungo matrimonio tiri fuori chi siamo, mentre un amore che non è stato destinato a durare no, non lo possa tirar fuori? E se invece la nostra verità più profonda non fosse che un frammento e avesse a che fare proprio con quella purezza, con quello splendore divino?».

giovedì 17 settembre 2020

Recensione di "Prima regola: non innamorarsi" di Felicia Kingsley

Buonasera amici! Mentre l'autunno si avvicina, insieme ai suoi colori caldi intrappolati nelle foglie, continuo a postare recensioni dei romanzi che mi hanno fatto compagnia sulla spiaggia.


Trama: Silvye ha ventisette anni, una madre asfissiante e sogna solo una vita normale, con un lavoro normale. Ma la verità è che la sua vita è tutto meno che normale perché… è una truffatrice. Sì, una truffatrice, figlia di una truffatrice che l’ha istruita alla perfezione nell’arte del furto e dell’inganno. Ci sono solo due cose che Silvye non deve fare: mangiare carboidrati e innamorarsi. A lei, le regole proprio non piacciono: ok vivere senza innamorarsi, ma non senza carboidrati!C’è invece una persona a cui le regole piacciono moltissimo: Nick Montecristo, affascinante ladro-gentiluomo e astuto genio dell’arte. È un abile stratega, impermeabile ai sentimenti, e non ha mai fallito un solo incarico.
Nick e Silvye sono i prescelti da un ricco ed eccentrico collezionista, per mettere a segno un colpo sensazionale. Peccato che i due si detestino e abbiano qualche conto in sospeso da regolare. Lei è fuoco, lui è ghiaccio. Impensabile lavorare insieme, impossibile dire di no al colpo. Riusciranno Nick e Silvye a passare da rivali a complici, ed evitare che una fastidiosa quanto imprevista attrazione tra loro complichi le cose? Ma sì, in fondo sono due professionisti, basterà rispettare una sola regola…
Ecco un altro romanzo che mi ha fatto divertire e appassionare! Silvye e Nick si incontrano perché il destino ha voluto che le loro strade da truffatori e ladri si incrociassero. Entrambi, dopo una rocambolesca e a tratti imbarazzante "presentazione", vengono arruolati da un Lord scozzese per ritrovare un oggetto molto ricercato e importante, soprattutto per i collezionisti: il diario di Giacomo Casanova. 


Attraverso una missione che evoca i viaggi di Indiana Jones e quelli di Robert Langdon, protagonista del Codice da Vinci di Dan Brown, Nick e Silvye si dovranno confrontare, utilizzando ogni mezzo con persone capaci di uccidere per ottenere il prezioso manufatto… perché il diario di Casanova non è un semplice trattato di seduzione, bensì un enigma per arrivare a uno dei tesori più desiderati in assoluto. I nostri protagonisti viaggiano sull'Orient Express, arrivano a Parigi, fuggono tra le calli di Venezia effettuando inseguimenti in motoscafo, volano a Londra e Vienna, ma c'è una regola tra loro, la principale: non innamorarsi. Entrambi conducono una vita che non lascia spazio all'amore… ma riusciranno davvero a mantenere fede a questo proposito? 


Ho letto questo romanzo in 4 giorni: mi è piaciuto, mi sono divertita, ho viaggiato con la fantasia e mi sono innamorata di Nick Montecristo (inevitabile), il ladro che non ruba nei musei. L'autrice riesce ad usare la giusta dose di ironia mescolandola abilmente con situazioni ambigue e avventurose, introducendo inoltre descrizioni storico-artistiche e architettoniche che evocano spettacolari immagini dei monumenti e delle città in cui i nostri protagonisti si trovano ad agire. 


E poi… Felicia Kingsley mi ha conquistata quando ha nominato i Monuments Men, alludendo alle azioni di tutela verso il patrimonio culturale. Come potevo rimanere insensibile davanti a un romanzo che stava unendo tutto ciò che amavo, ovvero l'arte, la tutela della stessa, l'avventura, il mistero e un bellissimo ragazzo ironico dagli occhi azzurri e i capelli neri, che avrebbe voluto occuparsi di recuperare le opere d'arte perdute? 


A volte i romance non fanno per me. Li leggo, ma noto mille difetti, invece "Prima regola: non innamorarsi" contiene la giusta ricetta per far appassionare le lettrici, anche le più scettiche. Se uscisse un film, sarei la prima a correre al cinema. Complimenti Felicia! 


«Il mercato dell'arte si colloca al confine tra legalità e illegalità, tra bianco e nero. C'è tanto grigio entro cui muoversi. Il collezionismo è fluido, ci sono dei buchi normativi e nessuno fa domande […]». 


«Pensa all'arte come a un iceberg. Ciò che è esposto nei musei o nelle collezioni private è solo la punta, tutto il resto è sommerso. Le guerre, le razzie e gli smarrimenti hanno fatto scomparire la maggior parte delle opere che oggi sono proprio in quel cono d'ombra. Ed è lì che lavoro io: un'ombra tra le ombra», le spiego. «Hitler aveva requisito oltre seicentomila quadri, sculture e manoscritti che, ancora oggi, risultano dispersi. Solo una minima parte è stata ritrovata. Prima di lui, Napoleone ha depredato Europa ed Egitto dei loro patrimoni artistici e, anche se la maggior parte delle opere è stata ricollocata, ancora tante mancano all'appello. Il mercato dei furti d'arte produce un giro di affari da sei miliardi annui solo in Europa ed è praticamente impossibile da controllare». 


«I miei miti erano i Monuments Men». 
«Chi?» 
«Una task force di uomini incaricati di salvaguardare le opere d'arte durante la Seconda guerra mondiale. Tra il 1943 e il 1951 hanno recuperato oltre cinque milioni di pezzi che sarebbero andati perduti, come la Madonna di Bruges di Michelangelo o Ritratto di Adele Bloch.Bauer di Klimt. Io volevo diventare un recuperatore per il governo e riportare le opere perdute agli occhi delle persone». 


Con gli occhi rivolti verso l'alto, guardiamo il cuore rosa salire nel cielo grigio, diventando sempre più piccolo, finché non lo perdiamo di vista. 
«Non c'è più» mormora lei con voce tremula. 
«C'è ancora, solo che noi non lo vediamo. Anche quando ci saremo separati, non ci vedremo, ma nei miei pensieri tu ci sarai ancora. Ci sarai sempre». 


«Adesso ti sembra la fine del mondo perché è una cosa fresca, ma aspetta di vedere le cose in prospettiva. Non ci si può innamorare in otto giorni». 
«E se ne bastasse uno? Se bastasse un'ora?» 
«Al cuore basta anche un minuto», ribatte lei, «ma tu devi usare la testa».

martedì 15 settembre 2020

Recensione di "La donna dei miei sogni" di Nicolas Barreau

Buonasera amici, come state? Approfitto di un momento di relax per condividere con voi la recensione di un altro romanzo divorato durante l'estate.


Trama: "Oggi ho incontrato la donna dei miei sogni. Era seduta al Café de Flore, al mio tavolo preferito. E mi sorrideva. Purtroppo non era sola. Un uomo piuttosto attraente le stava accanto e le stringeva la mano. Sono un libraio e, se hai a che fare con i libri tutti i giorni, se vivi immerso nei romanzi, a un certo punto inizi a credere che siano possibili molte più cose di quanto comunemente si creda. Forse sono un inguaribile romantico, ma chi dice che quello che capita in un libro non possa succedere anche nella realtà? Ed ecco infatti che qualcosa è successo davvero. La donna dei miei sogni si è alzata e ha lasciato un biglietto sul mio tavolo. Un nome, un numero di telefono. Nient'altro. Il mio cuore ha fatto un salto. E così sono iniziate le ventiquattro ore più eccitariti della mia vita." Ma quel che promette di essere un romantico rendez-vous si trasforma ben presto in una cocente delusione: il numero di telefono non si legge bene e Antoine, l'intraprendente proprietario della Librairie du Soleil a Saint-Germain-des-Prés, deve buttarsi in una rocambolesca avventura per ritrovare la donna con l'ombrello rosso che lo ha stregato.

Finalmente una storia d'amore carina, né banale, né impegnativa, né talmente spinta da far invidia alle note "Cinquanta Sfumature"! 

Antoine è un libraio (moro con occhi azzurri) nella romantica Parigi. Ha sempre letto romanzi d'amore senza mai trovare riscontro nella realtà. Un giorno, entrando nel Café per la pausa pranzo, trova il suo tavolo preferito occupato da una donna sulla trentina, capelli lunghi biondo miele e occhi con pagliuzze dorate. Basta uno sguardo e Antoine sa di trovarsi davanti la donna della sua vita, quella che ha sempre sognato. Il colpo di fulmine scatta anche per lei che, uscendo dal locale con un uomo (dalle sembianze di Piton, il personaggio di Harry Potter), lascerà un biglietto ad Antoine con su scritto il nome Isabelle e un numero di telefono. 


Antoine vuole vederla, è convinto che la storia con Isabelle andrà a buon fine perché si è già innamorato. Peccato che il biglietto sarà rovinato da un escremento rilasciato da un uccellino di passaggio e che l'ultima cifra sia così scomparsa. Comincia quindi l'avventura di Antoine, che effettua mille chiamate cercando la combinazione telefonica corretta, mettendo in linea vari indizi e paranoie, finendo per inseguire la bella Isabelle per tutta Parigi. 


Una storia a lieto fine, con tanto umorismo e tenerezza, alla ricerca dell'amore a prima vista che si rivela non essere un semplice sogno, ma la stupenda realtà. 
Consigliato per ridere e sperare che anche le cose più impossibili,a volte, possano avverarsi con l'aiuto di tanta fortuna e di molta perseveranza. Terminato in 1 giorno, questo romanzo di Barreau tiene letteralmente incollati alle pagine, incuriosendo il lettore sulla sorte del goffo e innamorato Antoine. 


«In fin dei conti, l'unica cosa che resta sono i ricordi. Ma i ricordi di ciò che non sarebbe mai potuto accadere portano inevitabilmente con sé il lieve rimpianto dei desideri non realizzati. Come se la vita non avesse mantenuto le sue promesse».
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