Buonasera, amici lettori, e bentornati tra le pagine virtuali del mio blog! Qualcuno di voi sarà rientrato in ufficio, con tanti bei ricordi di tramonti e aperitivi; qualcun altro, invece, si preparerà ad andare in vacanza, in seguito a un agosto lavorativo. Ma sono certa che, a qualunque categoria apparteniate, solo per il fatto di essere qui, avrete almeno un libro con voi, da bravi appassionati lettori.
La recensione di questa sera riguarda "Un'ora" di Christian Bergamo. Ne avete sentito parlare?
Trama: Una volta all’anno il tempo si ferma, regalandoci un’ora in cui tutto è possibile. È ciò che succede a fine ottobre, nel passaggio dall’ora legale a quella solare, ed è in questo momento sospeso che nasce la storia di Diego e Camilla. I due si incontrano in un bar neanche ventenni, allo scoccare dell’ora solare, e sullo scadere del loro tempo insieme si fanno una promessa: ritrovarsi tutti gli anni nello stesso posto per vivere quell’ora che in realtà non esiste, senza vedersi mai oltre quello spazio sicuro e senza mai parlare di sé al passato e al futuro. Un qui ed ora in cui si annida l’affetto di cui hanno bisogno, in cui prendersi una pausa da un’esistenza che, nelle sfide quotidiane, può logorare anche i sogni e gli affetti più forti. Lucio, il proprietario del locale, da dietro il bancone è arbitro e testimone dell’accordo: anno dopo anno li osserva e li ascolta tra una sigaretta e un bicchiere, senza mai immischiarsi, provando a immaginare le loro vite e a indovinare chi siano davvero fuori da quelle quattro mura dove hanno deciso di prendersi una pausa da ciò che li aspetta tutti i giorni. E la loro relazione diventa così per lui un’occasione inattesa per riflettere sulla propria realtà. Christian Bergamo ci regala nel suo romanzo un’inedita storia di quasi amore, di due vite che si incontrano di rado, come le lancette di un orologio, e che, in un mondo che corre veloce, trovano uno strano modo per non perdersi mai.
Ho conosciuto questo romanzo perché, durante un pomeriggio dello scorso anno, ho incontrato l’autore all’interno della libreria Mondadori di piazza Cola di Rienzo. Mi ero rifugiata lì, in seguito a una riunione di lavoro, e volevo respirare aria pura, aria che odorasse di libri. Caso ha voluto che quel giorno avessi dimenticato a casa anche il portafogli perché avevo cambiato borsa e mi rimanevano solo pochi spiccioli per il caffè.
Il mio giro all’interno della libreria era, quindi, meramente esplorativo, così, tanto per osservare le nuove uscite e informarmi sulle novità editoriali. Ero l’unica persona che camminasse per il negozio e Christian Bergamo mi chiese se avessi avuto voglia di ascoltare qualcosa sul suo libro. Risposi di sì. Ero in cerca di novità editoriali, no? E così sono venuta a conoscenza della storia di Lucio, il proprietario di un bar, e di Diego e Camilla, due ragazzi che, durante una notte di fine ottobre (quando c’è il cambio dell’ora, dalla legale alla solare), si erano incontrati e, ogni anno, avevano deciso di incontrarsi alla stessa ora, nello stesso locale.
Lucio è il narratore esterno, legato al bar che ha aperto nel 1996 e alla sua famiglia composta da Roberta, la moglie e unica donna della sua vita, e Federico, figlio ribelle con cui si susseguiranno dissidi finché non metterà la testa a posto. La narrazione si divide tra la vita di Lucio e lo scorrere del tempo: ogni volta in cui si ripresenta la fatidica ora dell’incontro tra Diego e Camilla è già trascorso un anno. E così avanti per ben 24 ore che, riunite, fanno una giornata, ma disposte nel tempo scandiscono 24 anni. Un’ora, la loro, che diventa un sorso d’aria nel mezzo degli eventi che caratterizzano le rispettive vite, di cui nessuno sa nulla.
Diego e Camilla staranno mai insieme? È bene dire che i due stileranno un regolamento, scritto dietro la lista dei cocktail del locale conservata all’interno dello stesso, tra i dischi in vinile. E le regole prevedono che i due si incontreranno per ben 24 volte, mantenendo sempre una certa distanza, così come che si parli sempre e solo del presente che vivranno in quell’ora, mai del futuro, né del passato.
Sono regole difficili da rispettare, ma trascorrono 24 anni così. Intanto Lucio osserva i due ragazzi crescere, diventare un uomo e una donna, affrontare le difficoltà della loro esistenza, i mutamenti del loro aspetto fisico, la presenza o meno della fede al dito.
Alla fine, i due clienti del bar diventano una presenza fissa per Lucio, un appuntamento anche per lui che non mancherà mai di esserci. Sono due affezionati sconosciuti. Il lettore non può a fare a meno di chiedersi se, al di fuori del bar, i due si siano mai dati appuntamento trasgredendo le regole, oppure come sarebbe andata se avessero deciso di mettersi insieme sin da subito.
È un romanzo dei “se”, del condizionale applicato a un’unica ora in 365 giorni ogni anno, che fa riflettere molto. A volte le occasioni vanno colte al volo, altrimenti sfuggono e si passa un’intera esistenza a rincorrerle, a rimpiangerle. Vivere il presente, quindi, senza pensare a quel che è stato e a quel che sarà. Il finale rimane, però, aperto e sta al lettore immaginare come proseguirà il rapporto tra Diego e Camilla dopo il termine della ventiquattresima ora.
Cosa è accaduto invece a me quel pomeriggio? Ho salutato Christian Bergamo, ringraziandolo di avermi illustrato il suo libro e dicendogli che sicuramente lo avrei letto. Era imbarazzante rivelare la verità… il libro lo avrei acquistato anche subito, ma non avevo un soldo con me, in quella borsa gigantesca che mi porto sempre dietro.
Come ho trovato il romanzo? Interessante all’inizio e alla fine: è curioso il patto tra i due e il lettore è incentivato a capire come proseguirà l’anno successivo. Ma sono sincera: a un certo punto, l’ho trovato un po’ ripetitivo. Ogni anno la giornata si ripresentava sempre identica, con poche descrizioni di Diego e Camilla proprio a causa del regolamento che avevano stilato, e alcuni capitoli sono stati piuttosto lenti.
La dinamica dei fatti mi ha ricordato “One Day” di David Nicholls e gli indimenticabili Emma e Dexter che, dopo anni trascorsi lontani, decidono però di stare insieme, nonostante il finale sia poi tragico.
Ho letto in due giorni e mezzo “Un’ora”, ma consiglio di assaporarlo gradualmente, riprendendolo in più giornate per evitare l’effetto “ripetizione” che ho subito nei capitoli centrali.
Vi aspetto, perciò, con la prossima recensione, sempre qui, sullo stesso blog!
Foto tratta da da Pixabay
«Sicuro che dovremmo farlo?»
«Sì, le cose belle sono quelle che a un certo punto finiscono.»
Allora non ero d’accordo, credevo in ciò che resiste, che si trattasse di persone o circostanze. Il resto era di passaggio, perché se termina, pensavo, è destinato a essere dimenticato. E la bellezza stava proprio lì, nell’eccezione di quel che resta. Diego e Camilla erano la mia eccezione, ma solo fino alla dodicesima ora. Poi è cambiato tutto.
«Quello che dura è perché si usa poco. Sennò il consumo è inevitabile: la macchina, le suole delle scarpe, le storie d’amore. Prendi invece la nostra amicizia. Ci sopportiamo solo perché non ci frequentiamo spesso».
«Vedere questi orologi ognuno con un’ora diversa non mi dà il senso del tempo che passa, ma che c’è sempre un momento giusto per poter cambiare qualcosa, basta capire quando».
«Eccoli fragili, ragazzini, imbranati, estranei. Vedi l’amore che giro fa per poi perdersi e scordarsi dove stava andando. Questo, pensavo, è quello che succede quando la fine non è una tappa del percorso, ma solo una conseguenza».
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