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sabato 18 maggio 2019

Ricordi di tre giorni in Puglia: Putignano, Alberobello, Bari

Un nuovo sabato piovoso e il cielo grigio che ricopre Roma: la primavera sembra aver deciso di abbandonarci, anche se ieri, passeggiando per le stradine di Trastevere, si avvertiva un timido odore di gelsomino proprio davanti la chiesa di S. Maria della Scala. E' trascorso ormai quasi un mese da quando sono andata in Puglia e lì era già estate! Mi pervade una strana nostalgia del sole caldo e del profumo di fiori appena sbocciati...

Quella in Puglia è stata una vacanza un po' inaspettata. Non credevo di ritornare nei posti in cui ero stata all'età di 12 anni. Il mio primo viaggio "lungo" era stato lì, con la scuola media... ed ero tornata con la febbre a 38 mezzo, mia solita sfortuna.
Ricordo però la meraviglia che avevo provato entrando all'interno del Castel del Monte ad Andria, quella luce che rifletteva sul bianco della pietra e il cielo che si apriva a forma di ottagono sulla mia testa; ricordo quanto mi fossi sentita piccina nelle Grotte di Castellana e l'imponenza delle stalattiti che creavano un paesaggio surreale; ricordo una piccola me che faticava (con la febbre) a salire le scale su cui è arroccata Alberobello, i trulli e quelle forme particolari, un bar incastrato nella folta foresta di tetti grigi; un albergo, vicino al Parco dei Dinosauri; e ricordo un rosone barocco, finemente intarsiato, come fosse merletto, della basilica di Santa Croce a Lecce; e infine, la cattedrale di Trani che si affacciava sul mare.
Erano stati tre giorni intensi, come solo le gite scolastiche sanno essere, eppure la Puglia mi era rimasta nel cuore. Poi sono cresciuta e tanti eventi si sono succeduti... finché una me adolescente ha deciso (stupidamente) di gelare i battiti del cuore per una terra meravigliosa.
Mia sorella, invece, mi ha fatto ricucire uno strappo con il passato... a volte si capisce, solo a distanza di anni, quanto un amore represso, in realtà, non muoia mai, ma rimanga sepolto sotto strati di cenere, pronto a rivivere alla prima opportunità.
Poesie a parte e ricordi personali pure, questi tre giorni sono stati davvero magnifici, nonostante gli avvisi da parte di gente locale riguardo i trasporti. Devo dire che ci avevano veramente terrorizzate. E' vero, i treni delle Ferrovie del Sudest non sono Frecciarossa, ma nemmeno una tragedia. Forse siamo state fortunate, ma tutto ha funzionato alla perfezione. Giunte all'aeroporto di Bari, una navetta ci ha portato in 30 minuti alla stazione e da lì abbiamo preso il treno per Putignano, dove avevamo prenotato una camera usufruendo del Wonderbox.
Il piccolo centro in provincia di Bari si è presentato in tutta la sua tranquillità, con un groviglio di stradine bianche e lastricate, punteggiate qua e là di fiori colorati posti dagli abitanti accanto alle porte delle abitazioni. E' come entrare in un luogo magico in cui il tempo si è fermato, varcando l'arco in pietra e proseguendo a scoprire angoli nascosti, dove le chiesette lasciano il posto a vicoli stretti e tortuosi in cui è un piacere camminare.




Sulla via principale, spicca la cattedrale di S. Domenico, il cui retro si affaccia su una verde distesa.
Il primo giorno, tutto dedicato a Putignano, ci siamo recate anche a visitare la Grotta del Trullo, raggiungibile con una passeggiata attraverso la cittadina e immediatamente fuori da essa, incontrando la campagna pugliese dai toni colori tenui sul verde pastello punteggiati del rosso dei papaveri e del viola del glicine. 


La visita all'interno della grotta è durata circa mezz'ora. Il sito non è molto grande, ma non per questo meno interessante. Fu la prima grotta ad essere scoperta in Puglia proprio mentre si stava costruendo... un po' come accade a Roma per le catacombe, a volte scoperte per caso in occasione dell'edificazione di palazzi (es. ipogeo anonimo di via Dino Compagni).


La Grotta del Trullo è una Castellana in miniatura, all'interno della quale si scende percorrendo una scala a chiocciola lunga qualche metro. Il gocciolo dell'acqua introduce in ambienti scolpiti dalla natura e non nego di aver desiderato un caschetto e una corda per poter esplorare nuove cavità.


Il secondo giorno abbiamo deciso di sfidare la sorte e recarci ad Alberobello con il pullman. Il 25 aprile, infatti, i treni erano fermi e le navette sostitutive piuttosto lente, almeno all'andata. Dopo aver atteso un'ora, alla fine siamo riuscite nell'intento, così come gli altri turisti. Mi è sembrato di fare un salto indietro nel tempo... vi erano angoli che, a mente fredda, non ricordavo, ma qualcosa in me era rimasto. Non ho avuto bisogno della piantina per orientarmi, sapevo benissimo dove dirigermi... e ho ritrovato quel bar che mi era rimasto impresso. 


Alberobello era affollata: le scale brulicavano di turisti, ma non ci siamo scoraggiate e abbiamo iniziato la salita, tra scatti fotografici, "wow" di meraviglia e l'osservazione di tanti negozietti, alcuni dei quali particolari per l'artigianato locale. 


Cosa mi ha attratto? Il mio animo iconografico non avrebbe mai potuto non soffermarsi sui simboli dipinti sui tetti dei trulli, riflettendo sul loro significato e cercando una spiegazione legata più alla quotidianità e all'aspetto pratico, piuttosto che a quello mistico e misterioso che spesso viene collegato alla simbologia. Davvero particolare è stata la chiesa-trullo, anche se mi sarei immaginata un minor restauro interno: ho notato spesso un uso incondizionato di questa intonacatura che, nonostante preservi certamente la struttura, ne elimina il fascino antico.


Un bel piatto di orecchiette alle cime di rapa e un tiramisù hanno restituito le forze per tornare indietro, verso il pullman che ci avrebbe ricondotte a Putignano... e sarebbe stato quel pranzo l'unico della giornata ad essere davvero apprezzato. Purtroppo a Putignano, incuranti del fatto che il turismo sia importante anche nei giorni festivi, i ristoranti erano tutti chiusi, eccezion fatta per tre baretti  che proponevano panini poco attraenti e il ristorante cinese su cui, purtroppo, è ricaduta la nostra scelta.


L'ultimo giorno è stato dedicato a Bari. Il treno da Putignano ci ha ricondotte alla stazione centrale da cui ci siamo inoltrate verso la basilica di San Nicola, tappa obbligatoria. 


Le strade più moderne hanno progressivamente lasciato spazio al lastricato in pietra chiara e Bari vecchia ci ha accolto tra i vicoletti. D'un tratto, mi sono ritrovata immersa in un altro tempo, istanti passati in cui i ragazzini giocavano a pallone tra quelle vie, le madri affacciate alle finestre di quei palazzi così vicini tra loro, i vecchietti agli angoli a chiacchierare in crocicchi e a portare fiori freschi alle cappelline votive incredibilmente ricche di decorazioni, le signore dalle mani bianche di farina a impastare e a creare orecchiette e taralli, mentre la campana rintoccava le ore e l'aria era intrisa dell'odore di salsedine proveniente dal mare, poco distante. 



Ho aperto gli occhi: non vi erano molte persone che camminavano, ma quell'atmosfera è rimasta e aleggia tra le stradine ricche di storia e tradizioni. Mi è piaciuta Bari vecchia, si è ritagliata un pezzettino all'interno del mio cuore... e d'un tratto mi ha mostrato pure gli scavi della basilica paleocristiana di Santa Scolastica! Come potrei non volerle bene?


Solo alla fine della lunghissima passeggiata e dopo un bel gelato refrigerante, siamo arrivate al Castello Svevo, il cui fossato era stato impiegato come scenario per una parte della mostra "Epifania della terra" di Giuseppe Carta, accogliendo una miriade di peperoncini scarlatti.


Proprio nella piazza di fronte all'entrata della fortezza di Federico II, vi erano appunto quelle signore che, con una velocità mai vista prima, tagliavano taralli e producevano orecchiette su tavoloni in legno. 
Ma di Bari non si può dimenticare il mare. Tutti i pugliesi che conosco e ho conosciuto - sono davvero tanti, credetemi - parlano di quell'azzurro che tanto amano, come se l'acqua stessa scorresse all'interno del loro corpo. 


Puglia e mare costituiscono un binomio inscindibile... e tornando verso la stazione i lampioni del lungomare ci hanno accompagnate per un tratto di strada, per poi rientrare all'interno del centro più moderno e ricco di bei negozi. Un'ultima particolarità: c'è una mappa della città riprodotta a terra in via Sparano da Bari... forse messa lì per quelli che, come me, si perdono o amano perdersi tra i vicoli, esplorando e ritrovando la strada, ma imparando a conoscere dettagli e posti nuovi.


Come concludere? Con un grazie a mia sorella Valentina per avermi scelta come compagna di viaggio e un grazie alla Puglia stessa perché è una terra meravigliosa che, spero, sarà custodita in tutta la sua bellezza. Tornerò... stavolta tornerò, senza più far trascorrere così tanto tempo.

[AVVISO: è severamente vietato appropriarsi delle fotografie senza la mia esplicita autorizzazione. Sono l'autrice e ne detengo ogni diritto].


giovedì 16 maggio 2019

Recensione di "Ali spezzate" di Kahlil Gibran

Buonasera lettori, mi sembra trascorsa un'eternità da quando ho aperto per l'ultima volta il blog. I libri sono sempre con me, mi accompagnano durante la giornata, amici di sempre, ma il tempo da dedicar loro è molto ristretto... perciò a volte mi fermo a fantasticare, proiettata con la mente a quest'estate quando, seduta sulla spiaggia con il sole che mi accarezza la pelle, potrò sfogliare tranquillamente le pagine di un romanzo, mentre il mare suona la melodiosa musica delle onde. E forse riprenderò anche a scrivere, chissà...

Passiamo ai fatti concreti. Come di consueto, quando giro l'ultima pagina di un libro, sento la necessità di scriverne una recensione per fissare i pensieri e le riflessioni, cercando di invogliare i prossimi lettori a seguire la mia via. L'ultima lettura, terminata proprio questo pomeriggio, è stata "Ali spezzate" di Kahlil Gibran, unico scritto in prosa dell'autore libanese, conosciuto già qualche anno fa con "Il Profeta" e "Il giardino del profeta" che avevo acquistato dopo aver riflettuto su una delle frasi riportate in un altro volume, totalmente diverso, afferente l'iconografia cristiana.


Trama: Scritto con una forte impronta autobiografica, è una storia d'amore tra due giovani che hanno da poco varcato la soglia dell'adolescenza per inoltrarsi nella fase matura dell'età adulta, strappati dal sogno, ideale e adolescenziale, del puro amore per confrontarsi con una realtà spietata e crudele che ne infrange e ne incrina il futuro.

Non è facile scrivere una recensione di "Ali spezzate". Nonostante sia uno scritto in prosa, sono molte le riflessioni che si legano tra loro in una rete quasi onirica, emozionale, delicata e a volte crudelmente triste. Il filo rosso riguarda l'amore, non quello passionale, ma nella sua forma più elevata, descritto come incontro di anime e sincronia tra di esse. Un amore di due anime giovani e pure che, al solo primo sguardo, si riconoscono legandosi indissolubilmente e, al contempo, condannandosi a una forma di sofferenza che solo l'uomo materialista può infliggere.
Questa è la storia di Kahlil e di Selma, ambientato nella città di Beirut, in Libano. Il loro primo incontro avviene nella casa di Faris Effandi Karamy, padre di Selma, e amico del padre di Kahlil.
Ciò che i giovani avvertono è una profonda affinità spirituale, nata immediatamente, come fosse sempre esistita... ed è proprio questo quell'intenso sentimento che costituisce l'amore nella sua forma più pura.


Trovare il vero amore è raro. Sono sempre stata convinta del fatto che ci si debba ritenere fortunati ad averlo incontrato. Numerose sono quelle persone che si accontentano di vivere un'esistenza accanto a una donna o a un uomo per cui non provano nulla o, al massimo, un forte affetto. L'amore dev'essere cercato, necessita di attenzione e costanza per far sì che gli occhi del cuore rimangano ben aperti e vigili. E a volte succede che, per imposizione altrui, l'esistenza venga sconvolta, distrutta in maniera definitiva. Questo è quel che capita a Selma, data in sposa al nipote del vescovo, Mansour Bey Galib, un uomo dedito al potere, al denaro e al piacere sessuale. Un uomo che non apprezza Selma, che non scorge in lei null'altro che una donna intesa come merce di scambio. Selma non può replicare, ma solo accettare l'accordo. E' ormai un giglio che, staccato bruscamente dal terreno, inizia ad appassire.


E' un fatto ripugnante, eppure l'Occidente si è comportato così fino a non molto tempo fa... in Medio Oriente e nei paesi Africani succede ancora. Il matrimonio combinato è quanto di più atroce possa essere imposto a un essere umano, la condanna a vivere un'esistenza vicino a una persona che non conosci e non ami.
Eppure Selma, nonostante sia fisicamente costretta ad essere una schiava, un oggetto, è libera nel suo animo che vola fino a Kallil, l'uomo verso cui prova un sentimento potente che niente al mondo potrà mai dissolvere. E Kahlil è lì per lei, solo per Selma, da cui è stato diviso materialmente, ma non spiritualmente. Due anime libere non possono essere confinate dalle sbarre dell'avidità, del potere, della crudeltà, né da tradizioni retrograde.
Il finale è intriso di tristezza, di quelle lacrime che hanno bagnato la terra del Libano quando un paio d'ali spezzate si sono d'un tratto riparate, riprendendo il volo verso la libertà.


"Ali spezzate" è un romanzo particolare: la delicatezza dell'amore pervade ogni pagina, consacrando Gibran come un poeta capace di elevare l'animo e, al contempo, di affrontare, tramite complesse riflessioni, la realtà a volte tragica e ingiusta.

Tra le scene descritte, ho amato quella della grotta. Sarà forse per il mio animo iconografico, ma l'accostamento delle figure di Cristo e di Ishtar, come metafore di contrapposizione, sono veramente magnifiche: da una parte l'amore puro, elevato, la predicazione della fratellanza come presupposto per la pace universale; dall'altra l'amore erotico, la fertilità, e allo stesso tempo la guerra.


Termino questo post con alcuni brani tratti dal romanzo. Dovrei riportarne veramente tanti, ma inserirò solo quelli salienti, volti a descrivere almeno in parte il romanzo di Gibran.

«La vera bellezza risiede nell'armonia e nell'affinità spirituale che chiamiamo amore che può esistere tra un uomo e una donna».

«L'amore è l'unica libertà al mondo perché innalza lo spirito in modo tale che le leggi dell'umanità e i fenomeni della natura non ne mutano il corso».

«È un errore pensare che l'amore provenga da una lunga amicizia e da un corteggiamento assiduo. L'amore è la discendenza dell'affinità spirituale e a meno che quella affinità non si formi in un attimo, non si produrrà in anni o persino in generazioni successive».

«I poeti e gli scrittori cercano di comprendere la realtà della donna, ma finora non hanno capito i segreti celati dal suo cuore, perché la considerano dietro il velo sessuale e non vedono altro che l'aspetto esteriore; la considerano attraverso la lente di ingrandimento dell'astio e non trovano altro a parte debolezza e remissività».


«L'amore limitato esige di possedere l'amato, ma quello illimitato chiede solo per sé».

«Ero avvilito e col cuore spezzato. Fu la mia prima scoperta del fatto che gli uomini, anche se sono nati liberi, rimarranno schiavi delle leggi severe decretate dai loro antenati; e che il firmamento, che immaginiamo invariabile, è la concessione di oggi alla volontà di domani e la sottomissione di ieri alla volontà di oggi».
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