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lunedì 26 dicembre 2022

Recensione di "Sempre con te" di Mattia Ollerongis

Buongiorno a tutti e buon Santo Stefano! Vi siete ripresi dalla Vigilia e dal Natale? Io sto lentamente cadendo in letargo, me ne rendo conto. Forse la stanchezza accumulata si fa sentire nei momenti di relax.
Oggi condivido con voi la mia recensione di "Sempre con te" di Mattia Ollerongis. Ho acquistato questo libro durante lo shopping natalizio. Per caso l'ho aperto, ho letto alcune righe che sembravano scritte per me e ho deciso che avrebbe fatto parte della mia libreria.



Trama: Non si sceglie di nascere con la paura: succede e basta. Il futuro spaventa, ma, se ci sono pericoli che si possono evitare, altri si devono affrontare. Riuscire a farlo dipende unicamente da noi. Kamilla ha solo sette anni quando una folla di bambini ancora sconosciuti, ma pronti a giudicarla, diventa l'insormontabile ostacolo da superare. Per la prima volta, da sola. Crescere non aiuta chi, come lei, custodisce dentro una versione speculare di sé, tremendamente più fragile. Quella ragazza vestita di fiori, che vorrebbe essere una rosa per proteggersi con le spine, allo specchio vede solo difetti e si odia per essere così diversa da come vorrebbe. Kamilla però stringe i denti e trova la forza per stravolgere tutto. Afferra quel giubbotto di salvataggio che le è stato lanciato e sopravvive alle tempeste dei colpi al cuore, delle delusioni, delle storie d'amore finite male. Finché, passo dopo passo, quella fragile bambina imparerà a conoscere se stessa attraverso gli occhi maturi della donna che è diventata. Dopo il successo di Ti stavo pensando, una nuova commovente storia di crescita, tra prosa e poesia, di Mattia Ollerongis, il poeta di Instagram che ha incantato migliaia di lettori.

"Sempre con te" non è il titolo di un romanzo d'amore. Si tratta invece di un libro psicologico, introspettivo, che focalizza l'attenzione sul passato e sul presente di Kamilla, una ragazza profondamente segnata dall'ansia e dalla paura che, a volte nella sua vita, hanno preso il sopravvento.
Quanto mi riconosco in lei, mi sono detta sfogliando le pagine. Mi riconosco quando mi sentivo (e a volte ancora mi sento) diversa dagli altri, quando le mie abitudini erano e sono completamente differenti, quando la mia sensibilità cozza contro un mondo che è sempre pronto a deriderti. E ancora, mi riconosco quando mi ritrovo ad avere paura di amare perché so di dare tutta me stessa, mentre l'altro vuole solo giocare, trascorrere il tempo, divertirsi un po' e passare a una nuova avventura, senza alcun impegno... perché impegnarsi è faticare, è prendersi cura del prossimo.
Giungono così le insicurezze: sono io ad essere brutta, poco interessante, le altre sono migliori di me, io non sono nulla in confronto, non merito di essere felice. Ricordo bene cosa si possa provare, ricordo quando si comincia a camminare tenendo la testa bassa, perché tanto il mondo non risplende e tu non attiri proprio nessuno. Quel fantasma oscuro ti fa sempre compagnia: puoi chiamarlo ansia, insicurezza, panico... qualsiasi sia il suo nome ti getta in una melassa buia, da cui è difficile uscire.

Foto di Liza Summer (da: https://www.pexels.com/)

Kamilla subisce il distacco e la scomparsa del padre, dopo la separazione dei genitori; riflette, quindi, in ogni ragazzo che incontra - e purtroppo avrà ragione - la persona pronta a farla affezionare, per poi lasciarla, senza un motivo davvero valido. Kamilla non riesce più a fidarsi e, nonostante tutto, prova ancora. A volte se la prende con la madre, che invece ha dovuto accollarsi anche le responsabilità del marito nell'educazione della figlia, ma sa che in fondo non è colpa sua. Le persone più sensibili sono quelle che soffrono maggiormente, che si fanno tanti problemi, che non riescono a vivere totalmente spensierate e che devono combattere battaglie, talvolta insostenibili, con loro stesse. Kamilla è così. Desidera vivere senza angoscia, ma allo stesso tempo le sue paure la tengono legata, finché cresce, riprende in mano la sua vita: scrive, scrive tantissimo, e parla con la sua amica, poi con il suo psicologo. Pian piano giunge l'equilibrio: l'ansia non è scomparsa, ma è diventata piccolina, convive con Kamilla; si fa sentire ogni tanto, ma la sua voce è flebile e Kamilla non la ascolta. Ha vinto la sua battaglia al momento, è stata forte e dovrà esserlo in futuro. E sì, Kamilla è diversa dalle altre: non è superficiale, ha ancora dei valori in cui credere, desidera un amore che sia alla sua altezza e che, finalmente, arriverà.
Non conoscevo Mattia Signorello, in arte Ollerongis. Attraverso una breve ricerca sul web deduco che molti suoi pensieri sono stati condivisi sui social, ma a me non sono mai capitati davanti. Sono contenta però di aver letto questo breve e intenso libro. In Kamilla ho ritrovato me stessa, quella di un tempo e quella attuale che ancora combatte estenuanti battaglie contro le insicurezze.

«Ci sono persone meravigliose che non sanno di esserlo. Bellissime presenze che con il tempo sfumano fino a trasformarsi in fantasmi, versioni sbiadite di ciò che sarebbero potute essere, solo perché qualche brutto pensiero passa loro per la testa.
Non vai bene.
Sei tu il problema.
Dove pensi di andare?
Guardati, dai.
Non hai niente da offrire.
Sei inutile.
Pensi di essere simpatica?
Una freccia dopo l'altra, finché il dolore è così intenso da non sentire altro, da non ricordare più come ci si sentisse prima. L'insicurezza è il mezzo più rapido per non raggiungere i propri sogni».

«Ciao, ragazza tutta sospiri,
cuore un po' a pezzi,
occhi carichi di nostalgici momenti
e lacrime che sanno di mare.
Quando ridi sei poesia,
quando piangi sei l'amore.
Mi ricordi l'estate,
quei tramonti pazzeschi,
la pelle bruciata,
le labbra infuocate.
Mi ricordi alluvioni
quando ti apri un po',
quando ti arrabbi,
fai disastri,
scali montagnee a volte precipiti.
Il tempo è ballerino dentro di te
un po' come il tuo umore
turbato
dal passato.
Perché una volta ti fidavi,
parlavi di più,
e non ti tormentavi.
Ma qualcosa è cambiato,
ma tu non hai smesso di accecare,
di resistere
per conservare
la tua parte gentile, quella bella,
quella che assomiglia un po' a un fiore,
quella dolce, che sfuma in tutti i colori del mondo.
Non sei mai stravolta per piacere,
sei sincera,
se qualcuno ti fa ridere
è già un po 'dentro al tuo cuore,
e se c'è da piangere, piangi,
e se c'è da baciare, sei arte,
e se c'è da resistere, ti superi,
e se c'è da stupire, ti mostri.
Sei un capolavoro.
Sei sempre stata così.
Ecco, sei sempre stata.
In quanti possono dire lo stesso?
Ha fatto male
essere te
per tutto questo tempo?»

Foto di DanaTentis da Pixabay



giovedì 8 dicembre 2022

Recensione di "Il quadro mai dipinto" di Massimo Bisotti

Buonasera a tutti amici e bentornati a Sàkomar che, già da qualche settimana, ha cambiato colore. Amo l'azzurro da sempre, ma un rosa più sfumato rendeva il testo più leggibile e ho effettuato questa modifica sulla base di un consiglio molto gradito.

Dove vi porto oggi? Tra Roma, Venezia e Santiago, con "Il quadro mai dipinto" di Massimo Bisotti.


Trama: Patrick è un insegnante e un pittore con l'ossessione per la perfezione. In una mattina di giugno entra per l'ultima lezione nella sua aula dell'Accademia di Belle Arti. È pronto a lasciare Roma per ripartire da zero a Venezia, città fatta d'acqua e d'incanto. Torna a casa e prima di partire decide di andare in soffitta per dare un ultimo sguardo al quadro che ritrae la donna che ha molto amato, la donna il cui ricordo porta sempre con sé. Ma, quando scopre la tela, la vede vuota: la donna sembra avere abbandonato il quadro. Sgomento, Patrick copre nuovamente il dipinto. In fretta e furia abbandona la soffitta e Roma, e corre all'aeroporto. Durante il volo, però, batte la testa e all'arrivo si ritrova confuso, non riesce a ricordare bene il motivo per cui è partito. Ma in tasca ha un biglietto con un indirizzo e un nome: "Residenza Punto Feliz". Si recherà là e troverà una nuova e strana famiglia pronta ad accoglierlo. Miguel, il proprietario della pensione, uno spagnolo saggio cui è facile affidarsi; Vince, gondoliere con il cuore spezzato da un amore andato male; e il piccolo Enrique, curioso ed entusiasta come solo i bambini sanno essere. La nuova vita di Patrick scorre tra amnesie e scoperte, finché a una festa incontra Raquel e non ha dubbi: è lei, la donna che è fuggita dal suo quadro. Un libro sul perdersi e il ritrovarsi, sulla memoria e l'accettazione di se stessi, sull'importanza di restare fedeli al precetto più vero e necessario: "mai controcuore".

Avrei voluto scrivere di più oltre alla quarta di copertina che, in qualche modo, tratteggia la trama del libro stesso, ma non ci riesco. Purtroppo questo romanzo, se così si può chiamare, è stato una totale delusione, a dispetto della copertina molto bella e di quanto prospettavano le prime pagine.
Prima che Patrick, insegnante di arte e pittore, avesse un'amnesia temporanea dovuta a un forte colpo alla testa preso in aereo durante una turbolenza, stava insieme a Raquel. Ebbene sì, ma i due si erano separati per motivazioni difficilmente comprensibili tra ragionamenti filosofici di cui il libro è infarcito. Probabilmente perché Raquel vedeva Patrick eccessivamente concentrato sulla sua passione, la pittura, tanto da trascurarla (e qui dovrò fare una riflessione personale: la trascurava così tanto da arrivare a farle un ritratto... ecco, persino questo punto non è realistico).
Grazie al padre di lei, tale Miguel - che ha avuto tre figli, ovvero Raquel, Vince e Enrique, da tre donne diverse -, e a un bigliettino che il pittore si ritrova nella tasca (come?), nonostante l'amnesia, Patrick capirà di dover andare a Venezia a ritrovare la "Residenza Punto Feliz", dove poi riuscirà a imbattersi nuovamente in Raquel, a innamorarsi ancora una volta di lei e a recuperare la memoria. In tutto ciò, prima di prendere quell'aereo Roma-Venezia, si dovrà specificare che Patrick si era accorto che dal quadro che stava dipingendo era scomparsa la donna che era certo di aver ritratto... Raquel è quella donna, ma solo incontrandola di nuovo, la riconoscerà.


Foto di hitesh choudhary (da: https://www.pexels.com/)

La trama, estremamente povera, è oltretutto piena di passaggi banali. Uno in particolare, avrebbe dovuto essere, forse, un momento tragico, che a me ha fatto invece sorridere. A Santiago, Patrick entra nella cattedrale, mentre Raquel e Vivien (ex moglie di Vince, suo fratello) stanno al bar, dove lo aspetteranno. Quando Patrick esce dalla cattedrale, trova il bar chiuso, le due donne che ne sono andate e lui che non sa come rintracciarle perché si è perso il cellulare lasciandolo in un taxi. Cosa fa il nostro paladino? Comincia a girare a vuoto, finché trova un B&B da dove riesce a chiamare Miguel, che non gli risponde. Pensando di essere stato miseramente abbandonato, prenota un volo per Roma e torna a casa, dove un suo amico lo terrà a cena. Dopo una giornata, lo raggiunge Raquel, facendogli una sorpresa mentre era al bar a fare colazione, e spiegando che lei e l'altra donna lo avevano cercato senza trovarlo, che senza cellulare non sapevano come rintracciarlo e che Miguel non aveva risposto perché stava in ospedale. Una serie di sfortunati eventi direi!
Tutto ciò appare costruito esclusivamente per fare da cornice a una serie di frasi/pensieri - anche molto belli se presi singolarmente - che messi insieme avrebbero composto un puzzle denominato "romanzo".

Mi spiace sempre scrivere una recensione negativa, ma è uno dei libri che meno ho apprezzato in tutta la mia vita da lettrice. Si tratta di un testo semplicemente irrealistico: non è possibile che, in una conversazione, due persone si rispondano a stoccate poetiche. L'unico frammento di poesia che leggo, una volta al secolo, è quello contenuto nelle frasi dei Baci Perugina perché, per il resto (ma direi per fortuna!) nessuno a delle semplici domande mi risponde con digressioni poetiche sull'amore.
Frequento i social e Massimo Bisotti lo avevo sempre abbinato ad alcuni pensieri, devo dire meravigliosi (perché lo sono! Ma non vanno incollati tra loro per farne un romanzo!), che comparivano sotto immagini e post vari. Avevo poi notato in libreria alcuni volumi che riportavano il suo nome, ma non farò più l'errore di comprare un suo romanzo. A ognuno la sua professione: Bisotti, a mio avviso, può fare - e gli riesce bene - il poeta, non lo scrittore.
Vi lascio con qualche pensiero tratto dal libro che, se fosse stato presentato invece come una raccolta di poesie/riflessioni, sarebbe stato sicuramente più apprezzato.

«[...] se hai paura di amare qualcuno, è proprio con quel qualcuno che devi stare».

«Non ci stanchiamo mai di veder nascere sorrisi sul viso di chi amiamo, sono sempre una conquista».

«Le persone più incantevoli al mondo hanno sempre un vissuto complesso. Sono spesso le più difficili da amare ma anche quelle che sanno dare di più».

«Sai, c'è un momento nella vita di una persona in cui il suono abita lo spazio. E' il momento in cui si desidera essere una cosa sola, una sciocca, smielata e preziosa cosa sola. Allora capisci che il tuo tempo e il suo tempo si fermano in quel preciso momento. E in quel momento non c'è nessun altro posto in tutto l'universo in cui il tempo abbia voglia di fuggire».

«[...] l'amore ha un suo spirito, che lo si mette alla prova con la memoria, con i ricordi. Non importa che non esista più nulla di materiale, fin quando esistono i ricordi, finché la memoria non ci abbandona, le persone e le storie continuano a vivere».
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