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venerdì 22 dicembre 2023

Recensione di "Doppio senso. Un libro che ha cuore e cervello" di Valentina Iusi

Buonasera amici, siamo ormai quasi a Natale e sono certa che almeno qualcuno (se non addirittura ognuno) di voi troverà un libro sotto l'albero.

Questa sera vi porto a conoscere un libretto di cui è autrice Valentina Iusi, intitolato "Doppio senso. Un libro che ha cuore e cervello", e pubblicato con Youcanprint. Come ben sapete, non accetto mai di fare recensioni agli ebook perché detesto con tutta me stessa leggere a schermo. Devo farlo per lavoro, ma libri e articoli che non siano archeologici devono essere cartacei. Voglio poterli portare con me sui mezzi, inserirli in borsa senza avere pesi eccessivi, o avere paura che la batteria si scarichi. Un libro cartaceo è sempre carico, deve solo essere sfogliato. E poi con il lettore ebook corro un immenso rischio. Quando mi metto a letto, la sera, leggo sempre, anche una pagina... capita, talvolta, che il sonno mi colga e che quel che tengo in mano possa cadere. Un conto è se un libro cade, anche in faccia (ahimé), un conto è se cade il tablet o il lettore ebook. Durante le scorse sere, ho provato il "brivido" del trauma facciale da tablet. 
Ho fatto, perciò, un'eccezione, ma leggo e leggerò SOLO cartacei.

Passiamo a noi e torniamo al libro.


Trama: Doppio Senso è una piccola città dove le strade sono tutte a senso unico. Qualcuno, arrivando da fuori, sarebbe portato a pensare che si possa solo entrare ma non uscire; invece, la circolazione scorre tranquilla e, prima o poi, la strada per andare a In Mona, il paese vicino, la trovano tutti. Nella sala conferenze della biblioteca comunale è in corso la presentazione del libro di Armando Bentivoglio, un noto scrittore sui generis con monomanie bizzarre. Il romanziere, a un certo punto, decide di scrivere sulla lavagna una frase ricca di significati e che possa contenere un'emozione: "Ah... Ahh... Ahhh". Basta una semplice parola, pronunciata in modo diverso, a suggerire sensazioni di piacere o di dolore, secondo l'interpretazione del lettore, in grado di andare oltre il volere dello stesso autore. Viene messa in luce la differenza tra "le intenzioni di chi scrive un messaggio" e "il modo in cui può essere interpretata la scrittura". Si tratta di una parody comedy all'italiana con le sue nevrosi e le sue megalomanie grossolane e i personaggi grotteschi non meno suggestivi. Il ritrovamento di un cadavere richiederà la presenza del commissario Loquace, un poliziotto dai metodi alquanto singolari. Un turbinio di battute e dialoghi caustici, spesso inconsapevolmente comici dei vari protagonisti, caratterizzerà in maniera originale le varie scene, creando un surreale collage di schegge impazzite.

La narrazione mi ha inizialmente coinvolta. Ero curiosa di capire dove fosse il reale doppio senso, il nòcciolo della situazione. Tutto ruota intorno a un autore, Armando Bentivoglio, che presenta il suo libro all'interno di un bar. Partecipano a questo evento il suo agente letterario, la bibliotecaria, alcuni lettori, tra cui Jessica Momenti, figlia del sindaco che, dopo il buffet, viene trovata morta nel bagno, mentre sul vetro campeggia la scritta con rossetto "Ah... ahhh... ahhh!". Quest'ultima è un'espressione tratta dal libro di Bentivoglio, un doppio senso: a seconda del contesto e dall'intonazione, può essere ovviamente un'espressione di dolore, di sorpresa o di sommo piacere.
Interviene rapidamente la polizia, capitanata dall'ispettore Sollecito e dal commissario Loquace. Giungeranno, infine, i nostri investigatori a capire chi ha ucciso Jessica e perché? Ovviamente sì, attraverso un serrato interrogatorio che consente di conoscere i vari personaggi sottolineandone, dove presenti, i lati oscuri, da Carla Tomo, a Carmelo Fattobene, fino a Gianfraco "Mr Caffè".
Persino quella che sembrava la risoluzione del caso, alla fine, non è definitiva perché niente è come sembra.

Foto di ar130405 da Pixabay

Cosa mi ha lasciato "Doppio senso"? Un po' di ironia, sicuramente. Alcuni personaggi, soprattutto Loquace e Bentivoglio, sono "tragicomici" e fanno spuntare un sorriso. Per il resto, il racconto avrebbe potuto essere maggiormente sviluppato e sono rimasta un po' delusa sul finale. Negli ultimi tre capitoli ho come avuto l'impressione che, immediatamente dopo il climax narrativo, l'autrice avesse voglia di concludere e di rivelare tutto al lettore.
Il libro ha sicuramente del potenziale ed è una narrazione particolare. Dei doppi sensi si parla, ma non si dedica loro mai un libro intero, eppure bisognerebbe farlo. A volte, infatti, nascono incomprensioni, dubbi anche, solo a causa di un accento sbagliato (nel libro si nomina affétto e affètto, per esempio). Ad ogni modo, penso che sia questo il primo passo per migliorarsi: l'idea è certamente buona.
Ultima cosa: la prefazione è, di fatto, una recensione. La toglierei. Meglio evitare che il lettore si faccia già un'idea del contenuto. Bisogna incuriosirsi con qualche dettaglio che, di norma, già è presente sulla quarta di copertina.

Ringrazio Valentina Iusi per avermi proposto di leggere il suo lavoro e le faccio un grande in bocca al lupo per tutto!

mercoledì 29 novembre 2023

Recensione di "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valérie Perrin

Buonasera, amici lettori! Bentornati tra le pagine virtuali del mio blog!

Orario piuttosto insolito per scrivere un post. Solitamente sto ancora studiando (non si finisce mai), ma sono stata letteralmente rapita dal romanzo di cui vi parlerò. Quale? "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valérie Perrin.


Trama: Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale.
Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime che parevano nere si rivelano luminose.

Eh sì, ultimamente ho letto ben due libri che trattano di cimiteri, ma è stato solamente un caso. Avevo sentito parlare di questo romanzo, un caso editoriale. Personalmente non mi sbilancio mai così tanto, ma devo ammettere che l'autrice è riuscita a tenere il filo di vari personaggi, ognuno con una propria complessa personalità, ognuno con un duro passato alle spalle e ognuno dei quali è cambiato con il tempo, subendo una vera e propria metamorfosi.

Violette è la protagonista, la guardiana del cimitero di Brancion, un camposanto estremamente vivo, colorato dalle mille corolle dei fiori e curato. Un cimitero che mi sono immaginata piccolo e ordinato, con le sue tombe terragne, le lapidi in marmo bianco e le più antiche in pietra con foto in bianco e nero.

Sarà forse azzardato avanzare un paragone ma è proprio quel luogo che riflette Violette: il cimitero appare nell'immaginario comune come un posto vuoto, desolato, dimora della morte, eppure fiori e colori sorgono al suo interno, talvolta nascosti. Fiori che dimostrano che anche da un luogo cupo può nascere la vita.

L'esistenza di Violette è stata indubbiamente disgraziata: abbandonata alla nascita, non ha mai avuto una famiglia. In cerca perenne di affetto, da ragazzina è stata sedotta da Philippe Toussaint e messa incinta. Così comincia la sua condanna, rasserenata solo dalla nascita di Léonine, una meravigliosa bimba. A Violette tocca lavorare perché Philippe, figlio nullafacente di una ricca coppia di ex impiegati statali, delega tutto a lei. Philippe si limita a giocare al Nintendo, a fare giri in moto e a tradirla con mille altre donne delle quali non conosce nomi, né ricorda i volti. La quotidianità di Violette ruota intorno al passaggio a livello, di cui deve abbassare manualmente la sbarra, e alla piccola Léo, che cresce allegra e dolcissima.

Eppure, Violette non ha ancora smesso di soffrire. La morte inaspettata della figlia, scomparsa a causa di un incendio all'interno di un castello in cui i nonni l'avevano inviata in vacanza, è un macigno che pesa sullo stomaco. Nulla ha più senso. I colori si spengono ed è tutto completamente dolore. Anche il marito, sempre assente, sembra quasi riscuotersi. Era lui il padre di Léonine, una figlia che non ha mai considerato perché avrebbe voluto un maschio, una figlia di cui conosceva molto poco. Entrambi, separati sentimentalmente da sempre, vengono accomunati dal dolore e dalla ricerca spasmodica della verità che, infine, sarà devastante.

Violette riesce a riemergere dal buio solo grazie a Sasha, il guardiano del cimitero in cui è sepolta sua figlia. Sasha vive lì, in una casetta che profuma di tè e spezie, biscotti e miele; una piccola struttura intonacata con un giardinetto e un orto rigogliosi. Anche Sasha nasconde una dolorosa storia, ma forse è proprio grazie alla condivisione del dolore che Violette si fiderà di quest'uomo, fino a farsi curare le ferite, facendo sì che, una volta in pensione, Sasha voglia lasciare il proprio incarico alla donna.


I giorni di Violette si susseguono in quel camposanto, dove impara a conoscere i becchini, i necrofori, i gatti e la cagnolina, le piantine, i visitatori. Non può sapere che tra questi ultimi c'è anche la mamma di Julien, Irène Fayolle, con la quale scambia alcune parole e dei fiori per la tomba dell'uomo che andava sempre a trovare, Gabriel Prudent, l'amante. Una storia contorta, passionale, piena di sensi di colpa quella di Irène e Gabriel che si sono ritrovati liberi di vivere il loro amore solo dopo la morte. E Julien, in possesso del diario di Irène, cerca la signora del cimitero, Violette, trovandola e facendo sì che i fiori nell'animo della donna tornino ad aprire le corolle, illuminando di colori quella vita aspra che tanto dolore le aveva provocato.

Mi risulta complesso aggiungere oltre senza rivelare dettagli di questa storia intrecciata, appassionante, devastante, a tratti amara e al contempo dolcissima, dai toni delicati ottenibili solo grazie al sapiente uso degli acquerelli.

Mi soffermerò sull'evento che scuote il lettore e i protagonisti: la morte della bambina, Léonine. Un piccolo angelo venuto a mancare troppo presto e con modalità ignote, apparentemente a causa di un incendio, insieme alle sue amichette. Quattro corpicini carbonizzati nella stanza di un vecchio castello.

Se per Violette la morte di Léo costituisce un baratro da cui riesce ad emergere solo grazie alle pazienti cure di un sapiente guardiano del cimitero, per Philippe è una presa di coscienza. Philippe Toussaint, un uomo spregevole, cerca la verità, deve capire perché quella giovane vita è stata spezzata e da chi. Soprattutto da chi... cerca vendetta, ma non l'avrà, non potrà averla. In questo percorso, Philippe capisce di aver sbagliato ogni cosa, facendosi trasportare dall'indolenza, dagli agi che la sua famiglia mai gli aveva fatto mancare, dalle cose futili, senza amare veramente. Che vita ha vissuto Philippe Touissant? Quale merito ha avuto? La sola cosa bella che era riuscito a fare non era una "cosa", ma sua figlia e l'aveva perduta perché - nella sua mente di padre - non era riuscito a proteggerla, a prendersi cura di lei.
Mette quindi una pietra sul passato e ricomincia una vita diversa, quella che aveva sempre desiderato e che non era riuscito ad avere. Lavora persino, finché il peso delle sue malefatte e quello della triste verità lo schiacceranno.
Una morte, quella di Léonine, che corrisponde quasi al trillo di una campana: fa riscuotere i cuori, fa cambiare entrambi i suoi genitori che, in modo diverso, cercano di "risorgere" da quelle ceneri lasciate indietro.


Il romanzo è piuttosto lungo, 94 capitoli, ma non ve ne accorgerete perché la scrittura è fluida, il ritmo incalzante e, al contempo, delicato come pennellate sulla carta. Un bellissimo libro di cui, non nego, mi piacerebbe una trasposizione cinematografica che rispetti la trama, senza stravolgerla.

Vi auguro una buona serata e vi aspetto qui con la prossima recensione!

«Succede sempre così con la morte: più è antica e meno presa ha sui vivi. Il tempo distrugge la vita. Il tempo distrugge la morte».

«Essendosi spenta la vita principale il vulcano era morto, ma sentivo crescere dentro di me ramificazioni e controviali, sentivo quel che seminavo. Mi inseminavo. Eppure la terra desertica di cui ero fatta era molto più povera di quella dell'orto del cimitero, ero una pietraia. Ma un filo d'erba può crescere ovunque, e io ero fatta di quell'ovunque. Sì, una radice può attecchiare anche nel catrame, basta una microfessura per far penetrare la vita all'interno dell'impossibile. Un po' di pioggia, un po' di sole, e spuntano germogli venuti da chissà dove, forse portati dal vento. Il giorno in cui mi sono chinata a raccogliere i pomodori che avevo piantato sei mesi prima Léonine ricopriva da un pezzo l'orto con la sua presenza, come se avesse portato il Mediterraneo fino al giardino del cimitero in cui era sepolta. Quel giorno ho capito che era all'interno di ogni miracolo che la terra produceva».

«Ogni tomba è una pattumiera. Si sotterrano i resti, le anime sono altrove».

«Finché, come i gatti del cimitero, anche il sole è entrato in camera mia, si è infilato sotto le lenzuola. Ho aperto le tende, poi le finestre. Sono scesa in cucina, ho messo a bollire l'acqua per il tè e fatto prendere aria alla stanza. Mi sono ridedicata al giardino, ho ricominciato a cambiare l'acqua ai fiori, ho di nuovo ricevuto le famiglie e offerto loro qualcosa di caldo o di forte da bere».

venerdì 17 novembre 2023

Recensione di "La verità è che non gli piaci abbastanza" di Greg Behrendt e Liz Tuccillo

Buongiorno amici e bentornati sul mio blog! Sono veramente contenta di riscontrare un interesse nelle mie recensioni. Mi scrivete e vi ringrazio tanto! Mi scuso solo con chi non riesco ad accontentare: ho molti libri in lista da leggere, sia consigliati, che regalati, oppure scelti da me stessa e dovrei avere il triplo del tempo libero per poter fare tutto.

Oggi vi parlo del libro di Greg Behrendt e di Liz Tuccillo, "La verità è che non gli piaci abbastanza". Ebbene sì, l'ho finalmente letto anche io!


Trama: Se lui non ti chiama, se lui non ti sposa, se lui non ti dice mai "ti amo", non farti illusioni... Se un uomo ti vuole, te lo fa capire. Se non ti vuole invece, cerca di svignarsela, si nasconde dietro mille scuse e magari è capace addirittura di dare la colpa a te! E se non ci pensa lui a giustificarsi, ci pensi tu, arrovellandoti, ossessionando le amiche, sprecando lacrime e sonno: «Forse non vuole rovinare la nostra amicizia», «Non è colpa sua, ma della sua famiglia», «È troppo preso dal lavoro», «Ha paura di soffrire ancora». Basta con le paranoie! Questo libro ti insegnerà a riconoscere le giustificazioni vere da quelle false e ti aiuterà a non perdere altro tempo con inutili illusioni. Un libro senza mezzi termini, divertente, ironico, acuto e di una franchezza salutare.

Quante volte abbiamo visto il film omonimo del 2009, tratto dal libro, in cui la protagonista Gigi incontra solo casi umani, innamorandosi e venendo puntualmente lasciata con l'amaro in bocca? Finché Gigi conosce Alex, il proprietario di un bar, che inizia a darle consigli riguardo il suo comportamento nei confronti degli uomini. Gigi, drasticamente romantica, si innamora anche di Alex che, in un primo momento la rifiuta, cinico com'è... poi torna da lei, letteralmente cotto. Se a un uomo piaci davvero, è lui a farsi avanti, questa la regola di fondo che unisce un po' tutti gli altri episodi che ruotano intorno a quello principale. Una regola che, in realtà, alle donne contemporanee (per fortuna) non piace affatto. Chi l'ha detto che la donna debba essere per forza l'oggetto di conquista dell'uomo? Perché è l'uomo a dover dirigere le danze? E se lui non si decidesse mai?
Gli uomini, d'altronde, funzionano in modo molto più semplice delle donne: se a loro interessa qualcosa, faranno di tutto pur di ottenerla; se non gli interessa, ignorano, spariscono, puff!


Il libro è strutturato come un manuale, diviso in capitoli a seconda del tipo di uomo: se non ti chiede di uscire, non gli piaci abbastanza; se non ti chiama, non gli piaci abbastanza; se non ti dice che state insieme, non gli piaci abbastanza; se non fa sesso con te, non gli piaci abbastanza; se fa sesso con un'altra, non gli piaci abbastanza; se vuole vederti solo quando è ubriaco, non gli piaci abbastanza; se non vuole sposarti, non gli piaci abbastanza; se ti lascia, non gli piaci abbastanza; se sparisce, non gli piaci abbastanza; se è sposato, non gli piaci abbastanza (e altre disdicevoli variazioni sul tema dell'uomo impegnato); se è uno stronzo egoista, un dittatore o un vero e proprio mostro, non gli piaci abbastanza; storie che non dovreste ascoltare; botta e risposta di Greg.

Greg, nel libro, è Alex del film. Lui è l'uomo che dà consigli alle lettrici, che sa come si comportano gli altri e tenta, talvolta disperatamente, rispondendo alle varie lettere, di aprire gli occhi alle donne che chiedono il suo aiuto.
Le scuse più quotate? In questo momento è impegnato, è un momentaccio, non se la sente di, è rimasto traumatizzato da una storia precedente, ha paura di una storia seria. Greg insiste: se a un uomo piaci davvero, non sentirai scuse. Vorrà stare con te. Non vedrà le altre, non avrà impegni troppo importanti, né traumi pregressi e non sarà nemmeno troppo sposato perché lascerà la moglie se con quest'ultima non funziona. L'uomo vive un po' come un interruttore: ON/OFF, non c'è una via di mezzo.
Le vie di mezzo se le creano le donne per giustificarli e per convincersi che esista ancora una possibilità, mentre gli uomini si ritrovano con il piede non su due, ma su dieci staffe.
E se Greg appare ragionevole, se leggendo il libro (con tanto di esercizi finali e riassunto su cosa una donna dovrebbe aver imparato dal quel capitolo) sembrerebbe tutto chiaro e ci verrebbe voglia di rimanere single a vita per non incappare in tutte le categorie di uomini descritte, Liz invece è la voce della donna, che con la sua elevata sensibilità, non riesce a vedere il mondo bianco o nero, ma a colori e le sfumature corrispondono a tutte le più disparate giustificazioni dovute alle altrettanto disparate situazioni che una persona può trovarsi a vivere, donna o uomo che sia.


"La verità è che non gli piaci abbastanza" è un libro ironico, a volte un po' ripetitivo a dire il vero, ma anche istruttivo per certi versi, però si sa, donne e uomini non cambieranno mai. L'importante è, comunque, non farsi prendere in giro, non perdere troppo tempo dietro a una persona che realmente non tiene a te, che non fa nulla per far mandare avanti un rapporto, che sia di amicizia o di amore.

Buona giornata e vi aspetto con il prossimo libro!

mercoledì 1 novembre 2023

Recensione di "Malinverno" di Domenico Dara

Buongiorno, amici lettori! Siamo ormai entrati in pieno autunno, l'aria inizia a rinfrescare e le foglie a cambiare colore, creando manti arancioni e gialli lungo le strade. E' il tempo del golf, della copertina sulle gambe la sera e di un buon té.

Dove vi porto oggi? A Timpamara, un posto immaginario, ma estremamente reale, dove vive Astolfo Malinverno, bibliotecario e custode del cimitero. Strano abbinamento, no? Eppure tutto ha un perché...


Trama: Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni e promesse. Timpamara è un paese così da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera della regione, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio. E di Timpamara Astolfo Malinverno è il bibliotecario: oltre ai normali impegni del suo ruolo, di tanto in tanto passa dal macero per recuperare i libri che possono tornare in circolazione. Finché un giorno il messo comunale gli annuncia un nuovo impiego: il pomeriggio continuerà a occuparsi della biblioteca, ma la mattina sarà il guardiano del cimitero.
Lettore dalla vivida immaginazione, Astolfo mescola le storie dei romanzi – per i quali inventa nuovi finali – con quelle dei compaesani, dei forestieri, dei lettori della biblioteca e dei visitatori del cimitero, dei vivi e degli estinti. A incuriosirlo è soprattutto una lapide senza nome e senza date: solo una fotografia, una donna dallo sguardo candido e franco, i capelli divisi in due bande liscissime e l’incarnato pallido. Per lui è da subito la sua Madame Bovary, la sua Emma. Attratto dal mistero racchiuso in quel volto, Astolfo si trova a seguire il filo che sembra dipanarsi dalla fotografia: tra i viottoli e le campagne di Timpamara, complice l’apparizione di una giovane sconosciuta nerovestita, prende forma a poco a poco una storia che mai Astolfo avrebbe saputo immaginare.
Domenico Dara unisce il talento dei narratori orali a una scrittura sospesa nel tempo: Malinverno è un romanzo pieno d’incanto sui libri, sul potere delle storie, dell’immaginazione, dell’amore.

Astolfo Malinverno è un personaggio un po' particolare: fa il bibliotecario e ha una gamba più corta dell'altra, caratteristica questa che lo ha sempre fatto sentire difettoso. E' innamorato dei libri, delle storie, ed essendo un lettore, ha una fervida fantasia.
Vive a Timpamara, un paesetto che, nella mia mente, ha sempre avuto l'aspetto di uno dei piccoli centri rocciosi interni alle nostre regioni. E a Timpamara tutto ruota intorno ai libri, anzi, al loro ultimo viaggio: qui infatti c'è il macero, con mucchi di volumi accatastati e fogli volanti lungo le vie della città, ma anche i nomi degli abitanti derivano da quello di personaggi letterari. Astolfo, con la sua biblioteca, rianima in qualche modo i libri, dà loro una seconda opportunità. Un giorno, però, il pensionamento del custode cimiteriale induce il sindaco ad affidare ad Astolfo Malinverno quell'incarico rimasto scoperto.

Foto di Wälz da Pixabay

Astolfo si ritrova quindi ad aprire il cimitero dalla mattina fino al pomeriggio, per poi andare in biblioteca. Tutti i suoi giorni si svolgono così. Quello che sembrava, però, un incarico macabro e anche un po' triste, si rivela diverso. Astolfo, con la sua grande fantasia, riesce ad attribuire storie alle persone che si recano in visita al cimitero, facendo sì che letteratura e realtà si incontrino. E poi c'è lei, quella bellissima donna la cui lapide è totalmente vuota: non c'è nome, non c'è data di nascita, né di morte. Ogni tanto qualcuno le porta dei fiori, i cardi. Scelta particolare... il cardo è un fiore spinoso, che nasce in luoghi selvatici e aridi. Chi sarà quella fanciulla? Astolfo, che sta leggendo Madame Bovary, la chiama Emma, proprio come la protagonista del romanzo di Flaubert, e immagina una storia anche per lei che, apparentemente, non ha un passato, provando un sentimento crescente, quasi reale.

Finché un giorno, proprio come in un romanzo, Emma sembra comparire davanti a lui, emergendo dalla sua fantasia. Chi è quella misteriosa donna avvolta in un abito nero e dallo sguardo così malinconico? Possibile che Emma sia viva e abbia inscenato la propria morte?
Malinverno, un po' detective e un po' uomo di un romanticismo dal sapore ottocentesco, scoprirà la vera, triste storia di Emma, prendendosi cura di quella donna sola e ammantata di nero di nome Ofelia, cui ha consacrato il proprio cuore. E con la sua grande sensibilità condurrà egregiamente il lavoro di custode cimiteriale, senza aver paura della morte, ma quasi accompagnando quelle anime perdute, così come i libri vecchi destinati al macero, cui darà (ebbene sì) degna sepoltura.


Questa lettura si è collocata a cavallo tra Halloween e il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, e la definirei quasi tematica per l'atmosfera che avvolge l'intero racconto. La copertina mi ha subito ricordato il film di Tim Burton, "La sposa cadavere", anche se "Malinverno" tocca tasti totalmente diversi.

Domenico Dara ha creato un personaggio che suscita tenerezza ed è estremamente empatico. Proprio grazie alla sua elevata sensibilità, Astolfo è in grado di percepire lo stato d'animo di coloro che incontra al cimitero e che ruotano intorno ad esso. Si prende cura di tutti, dal cane nero che accompagna i defunti in chiesa, ad Emma senza una storia, ad Elea il risorto, a Caramante con le sue registrazioni, e ad Ofelia... un nome che non dimenticherà mai.

La scrittura è scorrevole, gli intrecci suscitano curiosità spingendo il lettore ad andare avanti, a conoscere meglio Timpamara, i suoi abitanti e soprattutto il mistero che avvolge la tomba di Emma. Il tutto è immerso in quest'aura malinconica, a tratti dolcissima e riflessiva.
Decisamente un bel libro "che parla di libri", di sentimenti e molto altro: consigliato.

Vi lascio con qualche frase tratta da "Malinverno" e vi aspetto con la prossima recensione!


«Perché non nasciamo il giorno in cui vediamo la luce, nell’attimo in cui braccia sconosciute ci trascinano nell’infinito e indecifrabile corso della storia, ma molto prima, quando il pensiero di noi si è insinuato nella mente ancora libera di uomini e donne, quando il nome d’un essere inesistente appare nell’orizzonte sfumato d’una vita possibile».

«[…] perché chi ama, appena scopre nell’altro un cedimento o una manchevolezza, non ha altro scopo che apparare e livellare, che forse a questo serve l’amore, a sentirci necessari, a essere lo stucco sulle incrinature dei vetri, la toppa sugli strappi dei tessuti, il punto tra le pelli lacerate».

«[…] questi amori impossibili che si sfioravano senza mai incontrarsi, che sbagliavano luoghi, che mancavano tempi, e adesso era come se avessi la possibilità anche solo per un momento - e certo per un'illusione - di far coincidere spazi e attimi, come se un finale diverso potesse essere un buon auspicio per la mia storia».

«[…] l’amore eterno non è quello condiviso dei baci, degli abbracci, delle carezze, ma quello solitario e inviolabile degli sguardi, dei sogni, delle immaginazioni».

«”Questi li ho conservati per te”, aveva detto indicando un piccolo scaffale di ferro. “Prendi il romanzo che vuoi e portatelo a casa, e quando finisci di leggerlo vieni a prenderne un altro, e poi un altro ancora, farò in modo che non finiscano mai. Uno alla volta, così sono sicuro che tornerai da me.”
Fu una dichiarazione d’amore che a Catena parve dettata da uno scrittore. Quel giorno portò con sé le Tragedie di Shakespeare, zoppe degli ultimi due atti del Troilo e Cressida. Dopo quattordici libri, Vito chiese ai miei nonni la mano di Catena. Dopo ventisette libri si amarono per la prima volta, di notte, sotto una luna piena e sopra un letto di volumi scaricati quel pomeriggio e provenienti da una biblioteca di testi classici, si amarono per la prima volta sopra le opere complete di Seneca, mentre il collo di lei poggiava sul Simposio di Platone e le sue mani nei momenti di piacere stringevano le Odi di Catullo e la Cynthia di Properzio. Dopo quarantadue libri si sposarono».

«Gli amori veri, credevo, potevano solo essere scritti, o anche sognati, che era un po’ la stessa cosa, e dovevano restare così, intatti come reliquie dentro le teche, come l’amore di Chisciotte per Dulcinea, quello di Werther o di Ortius, come il mio per Emma».

Foto di StockSnap da Pixabay

«Niente che è esistito anche solo un attimo scompare mai completamente, nemmeno i pensieri, nemmeno le preghiere, nemmeno i sogni».

«”Noi siamo più di quello che ricordiamo”. Spesso le cose importanti che ci sono accadute non sono quei ricordi ma il filo sottile che li lega, ciò che avevamo solo intravisto, la carta velina tra una pagina e l’altra che non serve solo a proteggere le foto, dividendole, ma a mascherarle, a farne ogni volta scoperta».

«Perché è questo uno dei grandi paradossi dell’uomo: il senso alla vita viene dato dalla morte. È da lì che nascono il rimpianto, il senso del tempo, la nostalgia, la tristezza, la bellezza di alcuni sguardi, la dolce malinconia di certe carezze, i gesti d’amore che portano il peso inconsapevole della perdita perché quando si bacia qualcuno perché davvero si vuole baciarlo, dentro di noi temiamo che quella cosa potrebbe non più essere, e per questo è bello farlo, perché potrebbe scomparire, potremmo non più baciare, non più accarezzare, e sono queste le gioie che rimangono, le tristezze che nutrono».

«Quando non abbiamo le persone che amiamo ce le inventiamo. Ma tutto, nella vita, funziona così. C’inventiamo sempre ciò che ci manca».

«Perché se il destino dei libri è morire come esseri viventi, anche gli uomini, quando smettono di respirare, non diventano che storie».

giovedì 5 ottobre 2023

Recensione di "La numismatica detective. Indagine a Siracusa" di Linda Scaffidi

Buonasera amici e ben ritrovati sul blog! Di cosa vi parlo quest'oggi? Per la precisione di un libro che ha a che fare con l'archeologia, la numismatica, i tombaroli, i Carabinieri del Comando TPC e l'Interpol. Ebbene sì, sembrava scritto appositamente per me, per stuzzicare la mia curiosità, unendo la mia passione per la lettura con il mio lavoro e con l'altro blog di mia fondazione, #LaTPC (link).


Trama: Aurelia gestisce una bottega di numismatica in centro a Siracusa. Quando, dopo essere stata abban-donata all’altare dal suo fidanzato storico, incontra Attilio decide di uscire dalla sua comfort zone e lasciarsi corteggiare. Anche se non sa nulla di storia antica, sembra però essere romantico e passionale, e questo le basta. Finché un giorno le chiede di stimare una misteriosa moneta greca di dubbia provenienza. Seppur conscia dei potenziali rischi, Aurelia non riesce a resistere alla tentazione di ricostruire le origini del prezioso reperto, mettendosi nei guai. Verrà infatti incolpata di aver rubato la moneta, insieme ad altri cimeli trovati da Attilio durante uno scavo abusivo, condotto insieme a un famigerato ricettatore di opere d’arte. Tra inganni, travestimenti e gioielli antichi, la confortante routine di Aurelia verrà definitivamente stravolta. Grazie anche all’aiuto di un infiltrato molto speciale si giungerà all’inaspettato finale.

Ci troviamo nella solare Siracusa, città lambita dal mare e patria della ninfa Aretusa. Ma la narrazione inizia con un omicidio in un albergo, in cui ad andarne per le piste è un professore di archeologia in procinto di partecipare a un convegno, e si sposta poi al cimitero siciliano dove, accanto alle tombe contemporanee, qualcuno ha individuato alcune sepolture più antiche... danneggiandole, depredandole. Tombaroli. I Carabinieri della territoriale e della Sezione TPC di Siracusa indagano, ma sembrano esserci poche prove. In una terra massacrata dagli spilloni dei ladri di antichità, nessuno avrebbe immaginato di trovare uno scavo abusivo accanto al camposanto.

Foto di Cristina Cumbo (2016)

Attilio è un becchino, lavora per una impresa funebre, eppure fa colpo sulla giovane e brillante Aurelia, proprietaria di un negozio di numismatica. Avvolto da un'aura misteriosa che non fa presagire nulla di buono, Attilio sa come corteggiare la ragazza - un po' ingenua e bisognosa di affetto - che le servirà per i suoi piani. L'uomo, infatti, non usa la pala solo per seppellire i morti, ma anche per trovare tesori: tra questi spuntano due orecchini a navicella in oro e una moneta, apparentemente greca. Mentre gli orecchini fanno impazzire Aurelia per la loro bellezza, la moneta la interessa, la incuriosisce: sembra greca, ma allo stesso tempo ha qualcosa di strano... la numismatica è certa che si tratti di un clamoroso falso. Ma Attilio dove ha preso quegli oggetti? Aurelia si ritrova, quindi, immischiata con un tombarolo, finendo persino per aiutarlo nella valutazione delle opere... e tutto ciò, a causa della sua confusione sentimentale.


Chi si occupa di archeologia sicuramente saprà che la figura del tombarolo costituisce il primo "anello" di una catena criminale che giunge fino a trafficanti, a grandi musei internazionali e a collezionisti senza scrupoli. Ebbene, mentre Aurelia è stata rapita sentimentalmente da Attilio, astuto calcolatore, Pia si occupa del negozio. Le due cugine non sono in buoni rapporti e sono profondamente diverse, in primis per aspetto, ma quell'esercizio commerciale spetta a entrambe. In assenza di Aurelia, la catena criminale si muove: Pia, che finge di essere Aurelia con un potenziale acquirente, viene rapita e portata in un casolare in aperta campagna. Il motivo? Qualcuno cerca i reperti, qualcuno senza scrupoli che necessita di piazzare sul mercato le opere scavate illecitamente e crede che Aurelia ne sia in possesso. Quel qualcuno che è anche l'assassino del professore.

Scoperto l'inganno, Aurelia trova coraggio, improvvisandosi detective, individuando sua cugina e, infine, collaborando con la giustizia. L'amore era solo appannaggio di un fitto intrico criminale, ma questo Aurelia lo ha imparato a proprie spese e la sua bravura nel settore numismatico sarà finalmente ripagata. I Carabinieri della Sezione TPC di Siracusa si occuperanno di recuperare i reperti, mentre l'Interpol e il misterioso Nicola/Giovanni di dare la caccia al ricercato numero 1, Ettore, che ancora una volta è riuscito a farla franca.


Questo libro mi ha tenuta incollata alle pagine per il ritmo incalzante attraverso cui procede la narrazione. Volevo saperne di più, capire quale rapporto avesse Attilio con Ettore e chi fosse quel misterioso Nicola che sembrava operare dalla parte del male, quando invece era un agente sotto copertura. La numismatica è un settore particolare: bisogna veramente amare le monete e la storia romana o greca per capirne. Aurelia, in questo, è davvero ferrata e letteralmente ammirevole. Pia, invece, pur introducendosi come personaggio secondario, finisce per giocare un ruolo fondamentale; peraltro, tra tutti, è quella che cresce e cambia in meglio, ritrovando se stessa.

Infine, piccola parentesi sull'autrice: finalmente qualcuno informato sulle dinamiche degli scavi clandestini! In questo libro i tombaroli sono definiti tali e non "archeologi per passione", come talvolta siamo costretti a leggere sulle testate giornalistiche.

Foto di Cristina Cumbo (2016)

Un solo appunto: Aurelia non avrebbe mai potuto lavorare nella caserma della Sezione Carabinieri TPC di Siracusa. Probabilmente come consulente, ma di certo non stabilmente tra i Carabinieri di questo reparto speciale dell'Arma, alle dipendenze funzionali del Ministero della Cultura.

Il libro termina con due situazioni in sospeso: quella sentimentale di Aurelia e Nicola/Giovanni; quella di Ettore, fuggitivo e ricercato. Ci sarà un seguito? Con questo quesito aperto, consiglio la lettura di "La numismatica detective" e vi aspetto alla prossima recensione!

lunedì 18 settembre 2023

Recensione di "Come un romanzo" di Daniel Pennac

Buonasera amici, torno su questo blog sempre più spesso ed è un bene. Finalmente, almeno in questo periodo, riesco a coltivare la mia passione per la lettura e la scrittura. Ed è proprio di un libro che parla di lettura e scrittura che voglio parlarvi. Si tratta di "Come un romanzo" di Daniel Pennac. Lo conoscete?


Trama: «Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.»
È proprio attraverso l'analisi del comportamento, di come giorno dopo giorno interagiamo con l'oggetto libro e i suoi contenuti, che Pennac riesce a dimostrare alcune storture dell'educazione non solo scolastica, ma anche familiare. Laddove, normalmente, la lettura viene presentata come dovere, Pennac la pone invece come diritto e di tali diritti arriva a offrire il decalogo. Piena libertà dunque nell'approccio individuale alla lettura perché «le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere».

Ho acquistato questo libro nella libreria della località in cui sono andata in vacanza, esattamente come "Il caffè alla fine del mondo". L'ho aperto e ho capito che sarebbe stata la mia prossima lettura perché sono rimasta a scorrere diverse righe prima di accorgermi che non avrei potuto terminarlo in libreria prima di averlo pagato.

Ovviamente non si tratta di un romanzo, ma piuttosto di un saggio riflessivo sulla lettura. Da quando iniziamo a leggere? Perché lo facciamo? Perché si legge sempre meno? Colpa della TV? Daniel Pennac ripercorre i primi momenti di un bambino, quando sono i genitori a leggergli le favole prima di andare a dormire. La lettura diventa quasi un rito irrinunciabile. Con il trascorrere del tempo, le cose cambiano.


Il bambino cresce, può leggere da solo, i genitori si allontanano ed è in questo momento che inizia il declino: quel rito piacevole, ora è diventato un momento di solitudine. A volte sono gli stessi genitori a sbagliare: non ti faccio vedere la TV, se non leggi. Quindi il premio non è la lettura, bensì la TV. Il libro si configura, quindi, come un oggetto negativo, inconsapevolmente.

E poi c'è la scuola che, a volte, con l'obiettivo di far amare la lettura ai ragazzi, in realtà finisce per fargliela odiare. Come? Imponendo letture di libri, soprattutto classici, durante le vacanze. Cosa accade dunque? All'epoca in cui Pennac scrisse il libro, i ragazzi copiavano dai compagni più bravi, senza aver imparato nulla; oggi, invece, riassunti, recensioni, analisi dei testi sono tutti a disposizione sul web. Non c'è più bisogno di leggere un libro "imposto" per sapere di cosa parli. Ma è proprio qui il punto: non è l'imposizione che si dovrebbe seguire. I ragazzi dovrebbero essere incuriositi dalla lettura, dai romanzi, dalle storie in essi narrati. Lì sta la bravura del docente: i ragazzi vanno coinvolti, bisogna far sì che non possano fare a meno di leggere un libro perché vogliono saperne di più. Il libro si trasforma, così, da oggetto "pesante" e quasi "di tortura", a un oggetto indispensabile.

Foto di WOKANDAPIX da Pixabay

Alla fine di tutte queste riflessioni, in cui non manca qualche nota ironica, Pennac inserisce il decalogo dei diritti del lettore: quello di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere, di leggere qualsiasi cosa, il diritto al bovarismo, di leggere ovunque, di spizzicare, di leggere a voce alta e, infine, il diritto di tacere.

Un lettore che si rispetti può non aver voglia di leggere; può saltare le pagine se le trova troppo noiose, senza per questo considerare noioso l'intero libro; può lasciare un libro a metà perché la storia non lo ha ispirato particolarmente; può rileggere un libro per capirne di più, o perché lo ha davvero amato; può leggere qualsiasi cosa, dai romanzi rosa ai gialli, fino ai saggi; può lasciarsi travolgere e ricordare per sempre le prime emozioni da lettore; può leggere dappertutto, sui mezzi pubblici, in camera da letto, persino al bagno; può "spizzicare", ovvero leggere pezzetti di testo di un determinato libro, lasciandolo poi per "spizzicarne" un altro; può leggere a voce alta per conferire più sentimento alle parole e per dare vita a quella storia fuori dalle pagine scritte; può infine tacere, non voler parlare della propria lettura, perché vuole assimilarla, tenerla per sé, custodirla.

Ecco, perciò, che Daniel Pennac riesce a farci osservare "la lettura" da punti di vista differenti, a farci riflettere sui meccanismi negativi e positivi che si generano da quelle che noi consideriamo come azioni normali perché radicate nella società. Amare la lettura è impossibile al giorno d'oggi? No, nulla è impossibile se ci sono lettori innamorati e scrittori desiderosi di essere letti.

Vi lascio con alcuni piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione!


«Se dovessimo tener conto delle letture importanti che dobbiamo alla Scuola, ai Critici, a tutte le forme di pubblicità e, viceversa, di quelle che dobbiamo all'amico, all'amante, al compagno di scuola, vuoi anche alla famiglia - quando non mette i libri nello scaffale dell'educazione - il risultato sarebbe chiaro: quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. [...] Quando una persona cara ci dà un libro da leggere, la prima cosa che facciamo è cercarla fra le righe, cercare i suoi gusti, i motivi che l'hanno spinta a piazzarci quel libro in mano, i segni di una fraternità».



«Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare.) Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere. [...] Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere».

«L'uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale».

giovedì 14 settembre 2023

Recensione di "Il caffè alla fine del mondo" di John Strelecky

Buonasera a tutti, amici lettori! In questa calda serata di settembre, vi parlerò di un libretto trovato, del tutto casualmente, in una libreria della località in cui sono andata in vacanza. Non ero alla ricerca di qualche storia particolare, ma l'ho trovata comunque... o forse era lei a cercare me.


Trama: A volte nella vita quello che sembrava un fastidioso imprevisto può rivelarsi una scorciatoia verso la felicità. È ciò che accade a John, il protagonista di questo libro, un uomo che va sempre di fretta ma che un giorno, per colpa del traffico, è costretto a rallentare e imboccare un cammino secondario, reale e metaforico, ignaro che quello che sta per incontrare – un misterioso caffè in mezzo al nulla – lo cambierà per sempre. Sì, perché il caffè alla fine del mondo esiste ed è dentro di noi, è il luogo dove tutte le nostre domande trovano risposta, dove i nostri desideri appaiono nitidi e raggiungibili, e dove finalmente troveremo il coraggio di cambiare. Un libro da tenere sul comodino, da leggere e rileggere, per non scordarci mai che affrontare noi stessi è l'unica via verso la felicità.


Tutto il libro, piuttosto breve, è metaforico, basti pensare al suo inizio: John - tra l'altro il protagonista si chiama come l'autore, quindi è forse possibile leggerci qualcosa di personale? - imbocca la strada abituale perché vuole staccare, prendersi una pausa, e la trova bloccata. Un traffico assurdo e quando giunge al bivio, la polizia gli fa cambiare direzione causa incidente, spingendolo a perdersi.
In questo nulla delle strade americane, che siamo così abituati a osservare nei film, c'è un bar, unico luogo civile e illuminato. John si ferma qui, tanto più che il carburante non abbonda nella sua automobile. Entra in questo locale e trova un'atmosfera accogliente e d'altri tempi, con il bancone lungo, gli sgabelli, i divisori, un vecchio registratore di cassa, le zuccheriere.
Ci saremmo aspettati che John fosse l'unico cliente e invece il bar, sperduto nel nulla, ha diverse persone sedute ai tavoli, ognuno dietro il proprio separé, in coppia o da solo, ma tutti sono a proprio agio.

Foto di StockSnap da Pixabay

Il bar, denominato "Checifaiqui", è gestito da Casey e da Mike, che diventano i due principali interlocutori di John quando quest'ultimo apre il menù, in cui ci sono vari messaggi, tra cui il seguente: "Spunti per ingannare l'attesa: Che ci fai qui? Hai paura della morte? Ti senti appagato?".
John non crede ai propri occhi, ma sia Casey che Mike si avvicinano, gli parlano, gli pongono delle domande e lui reagisce, incuriosito. Che ci fa lì, in quel bar? Oppure altrove?
In realtà "Che ci fai qui?" è la prima e fondamentale domanda che caratterizza tutto il libro ed equivale a chiedersi "Qual è il tuo Scopo di Esistenza (SDE)"?

John, che incarna poi tutti noi, si mette a riflettere ad alta voce, ascoltando le esperienze di Casey, di Mike, ma anche di un'altra donna presente nel bar. Qual è il suo scopo di esistenza? Qual è il suo sogno? Cosa vuole fare nella vita? Ma soprattutto, perché sembra che ognuno non faccia mai ciò per cui è nato, accontentandosi di fare un lavoro che non ama per guadagnare e poi ottenere pochissimo tempo da dedicare a quel che realmente vorrebbe fare? Vale la pena di vivere così, oppure è possibile impegnarsi da subito per raggiungere il proprio SDE?
Le due domande successive seguono a ruota. Hai paura della morte? John riflette, fino a pensare che, probabilmente, chi ha vissuto seguendo il proprio SDE, non deve temere la morte. Ha realizzato tutto, ha vissuto una vita felice, appagante. E da qui "Ti senti appagato?"

Foto di Pexels da Pixabay

La metafora iniziale della strada l'ho letta come la vita di John, improvvisamente trafficata, bloccata. John, quindi, è costretto a deviare, ma si perde perché non sa dove si sta dirigendo. I titolari del bar costituiscono una luce per lui, una ricarica per proseguire lungo la strada che, in realtà, John avrebbe voluto e avrebbe dovuto imboccare sin dall'inizio. Dà una svolta alla propria vita.
Quanti di noi si accontentano, a volte per necessità, a volte perché gli ostacoli sono talmente tanti che finiamo per demoralizzarci? Ma dentro il nostro cuore conosciamo perfettamente cosa vogliamo. C'è chi ha più coraggio, a volte incoscienza, a volte ancora testa dura per inseguire i propri obiettivi e vivere felice, anche se - a volte - non diventa ricco (felicità e ricchezza non sempre procedono di pari passo).
Nella vita, però, l'importante è sentirsi appagati. Chiudere gli occhi la sera e pensare con entusiasmo al giorno successivo e con il medesimo entusiasmo a quello già trascorso. Ci saranno comunque momenti difficili, perché trovare il proprio SDE non costituisce una magia, ma si tratta di uno stato d'animo differente che aiuta ad affrontare proprio quelle discese demoralizzanti con più leggerezza.

Non nego, infine, di aver desiderato di trovare un bar come il "Checifaiqui", un posto che si posiziona tra l'immaginario e il reale, o forse appare a chi più ne ha bisogno, un po' come la "stanza delle necessità" di Harry Potter.
"Il caffè alla fine del mondo" è un libretto che scorre velocemente, anche se consiglio di leggerlo con attenzione e, insieme a John, di porsi le sue stesse domande. In fin dei conti, i libri ci accompagnano per insegnarci qualcosa e io, da questa lettura, ho imparato a pensare che, forse, insistere per seguire il proprio SDE non è sbagliato. La strada sarà probabilmente più complicata, bisognerà cambiarla, prendere una traversa, ma la soddisfazione e la felicità di percorrerla per tornare a ciò che, a malincuore, avevamo lasciato, sarà incomparabile.

«Non permettere alle cose, o alle persone, di portarti a credere di non avere più il controllo del tuo destino. Scegli attivamente la tua strada, altrimenti qualcun altro la sceglierà per te».

mercoledì 6 settembre 2023

Recensione di "Lascia lui per me" di Whitney G.

Buon pomeriggio, amici e bentornati sul mio blog!

E' settembre, tutto riprende a ritmi che, a volte, sono veramente troppo frenetici. Ricominciano i nervosismi, il traffico, le code interminabili di turisti e Roma si trasforma, talvolta, in un luogo invivibile.
Tuttavia, anche in mezzo al traffico (alias, sui mezzi pubblici incanalati nel traffico), ormai sapete che mi troverete con un libro aperto mentre mi tuffo a capofitto in una nuova storia.

Il libro di cui vi parlerò lo avevo iniziato un bel po' di giorni fa e mi era stato regalato. Ormai le mie scelte sono diverse, ma mi piace alternare... questa volta, sono sincera, ho faticato a proseguire la lettura, ma ho una regola: nessun libro dev'essere lasciato a metà perché può nascondere qualche sorpresa piacevole.


Trama: Hayden e Penelope sono amici, ma non è sempre stato così. Quando si sono conosciuti, lui era il migliore amico di Travis, il fratello maggiore di lei. Dopo la morte dei loro genitori, Travis ha deciso di inseguire il sogno di diventare un campione di arti marziali e, dovendo lasciare Penelope da sola, ha chiesto all’amico di prendersi cura di lei. Nel tempo, Hayden le si è affezionato, finendo per vederla anche lui un po’ come una sorellina… o forse no?Già, perché negli ultimi tempi Hayden si è accorto che i suoi sentimenti nei confronti di Penelope sono cambiati, e che l’affetto si sta trasformando in un amore travolgente. Ma dichiararsi è tutt’altro che semplice: lei viene da una lunghissima serie di storie fallimentari, e ogni volta che incontra un uomo che le piace si rivolge a Hayden. Del resto, chi può darle consigli meglio di lui, che ha fatto una fortuna con una dating app? Ma Hayden non ne può più. Deve assolutamente convincerla a lasciare la sua ultima fiamma e a scegliere lui… Sì, ma come?

Come ho trovato questo romanzo? Dalla premessa, penso sia piuttosto intuitivo: monotono.
Il filone base, che comunque non emerge su altri aspetti ben più hot di tutta la vicenda, lega Penelope e Hayden come amici. Hayden si prende cura di lei, su incarico del fratello maggiore, poiché quest'ultimo è sempre in giro per le sue gare di pugilato, mentre i genitori sono morti. Penelope, avviata alla carriera di pattinatrice, non ha amici. Sua madre era la più grande amica, oltre che la sua allenatrice.
La ragazza è piuttosto sprovveduta. Cerca in mille ragazzi un briciolo di amore, senza trovarlo: c'è chi è disinteressato a lei, chi la truffa, chi ha scheletri nell'armadio insopportabili. Hayden è sempre quella persona che le sarà vicina, che la starà ad ascoltare la sera, che la consiglierà e asciugherà le sue lacrime. Finché i due non si rendono conto che si sono innamorati. Ovviamente ci impiegano anni a confessarselo. Nel mentre Hayden prosegue con le sue storielle occasionali e Penelope insiste nel cercare un ragazzo serio che, evidentemente, non esiste.
Quando i due, finalmente, si avvicinano, non potranno fare a meno di resistersi, mettendosi insieme e pensando a un futuro.

Foto di Annette da Pixabay

C'è l'elemento tragico (morte dei genitori e incidente di Penelope) e c'è anche un sogno, quello della ragazza, di diventare una campionessa indiscussa nel pattinaggio sul ghiaccio. Ma proprio non ci siamo. Non ci siamo perché è un libro veramente povero. La trama è sviluppata poco e male, tra presente e futuro, tra visione di Hayden e quella di Penelope, senza contare i numerosi errori di traduzione che rendono difficoltoso capire di chi si stia parlando.
Tutto è incentrato sul sesso sfrenato, nell'ennesima imitazione di Mr. Grey. Hayden è il latin lover ricco sfondato, con un passato tragico (il padre ha abbandonato la famiglia quando Hayden era piccolo), che ha avventure tutti i giorni, ma con Penelope invece fa il principe azzurro. Lei, a tratti sembra veramente sprovveduta, a tratti tipicamente gattamorta con picchi isterici, che la spingono a sfoghi davvero irritanti.
Unico lato positivo: i dialoghi - quando non hanno errori di traduzione - sono divertenti e stuzzicanti.

Che dire? "Lascia lui per me" non mi è piaciuto... sarà che sono portata per storie più romantiche e, forse, non mi ci ritrovo, oppure che si tratta di romanzi rosa per un pubblico più giovane e decisamente "spigliato", ma non riesco a consigliarlo.

Terminata questa parentesi, tornerò alle mie letture, quelle che mi coinvolgono anche solo osservando la copertina. Perché, si sa, un libro è come la bacchetta di Harry Potter: ti sceglie.
A presto!

giovedì 31 agosto 2023

Recensione a "Guida alla scoperta delle sirene" di Serenella Quarello e Fabiana Bocchi

Buongiorno a tutti e bentornati sul blog! Siamo arrivati all’ultimo giorno di agosto, ma l’estate non finisce qui, soprattutto se a farci compagnia ci sono libri che parlano di mare, sirene, leggende e tradizioni. Di cosa sto parlando? Lo saprete tra poco.


Trama: Un’autentica guida alle splendide e misteriose creature del mare, tra mappe dei luoghi in cui sono state avvistate e analisi approfondite sulle diverse tipologie di sirene esistenti (compresi gli uomini-sirena). Ma anche riferimenti alla loro presenza nella musica, nell’arte, nella letteratura, consigli su come riconoscerle e infine... ricette molo originali! Un viaggio virtuale a caccia di sirene, che può trasformarsi in guida per compiere un viaggio reale in tutto il mondo, sulla scia di leggende, miti e avvistamenti.


Come fa una lettrice come me a non innamorarsi di un libro blu, con le code di sirene argentate stampate sopra una copertina in tessuto, nonché ricco di illustrazioni che rimandano a mondi lontani e mitologici?
Il volume di Serena Quarello e di Fabiana Bocchi, edito dalle Edizioni NPE, si configura come una guida per esploratori, o cercatori di sirene e tritoni. Quando parliamo di sirene, la mente corre subito alla celebre Sirenetta Disney, soprattutto se siamo lettori degli ultimi anni ’80-anni ’90. Ma la Sirenetta Disney non è che una rielaborazione della fiaba, ben più triste, di Andersen, una storia peraltro metaforica che riflette lo stato d’animo dell’autore. 
Le sirene popolano tutti i mari, da Occidente a Oriente. Ce n’è qualcuna che è persino diventata santa, come Santa Senara in Cornovaglia.

Zennor Mermaid Chair (the original uploader was Nabokov at English Wikipedia., CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)

Ci sono le sirene maghe, quelle che ammaliano e poi uccidono gli uomini, ci sono le sirene fate, e quelle più mostruose e simili a pesci. Esistono persino sirene finte che, soprattutto nel corso dell’Ottocento, erano state create dall’unione di pezzi di teschi di scimmia, altri animali impagliati e di una coda di pesce. Dei falsi, in sintesi, che andavano ad arricchire i musei di scienze naturali e incuriosivano i visitatori.
Sono tante le leggende, dall’antica Grecia (celebri sono le Sirene di Ulisse) fino ai nostri giorni, che riguardano le profondità marine e questi misteriosi esseri. Persino durante la Seconda Guerra Mondiale vennero avvistate delle sirene. Vero o falso? La ragione ci porterebbe a dire che è tutta fantasia, eppure c’è sempre qualcosa che spinge l’uomo a credere in un quel pizzico di magia, di stranezza, di rarità.


Leggendo questo volume ritroviamo, comunque, un filo conduttore che lega credenze e leggende su queste creature che appartengono all’aria e all’acqua. Se, infatti, al giorno d’oggi attribuiamo la sirena al mondo marino, in passato non era così. Le sirene, come quelle di Ulisse, erano molto più simili alle Arpie, con ali e corpo deforme. Ma non è tutto. La sirena sembra essere una creatura che riunisce tutti gli aspetti che, nel tempo, hanno connotato positivamente e negativamente la donna: sensibile, dolce, bella, dal canto soave, ma anche tentatrice e vendicativa. Queste sirene altro non sono se non donne, incomprese in un mondo rurale e medievale, a volte definite streghe. Spiriti liberi forse, in epoche in cui le convenzioni volevano la donna servitrice dell’uomo e dedicata al focolare domestico, che perciò divenivano creature rare, leggendarie, nascoste nei boschi.

Foto di 13842406 da Pixabay

“Guida alla scoperta delle sirene” è un libro magico, che vi condurrà alla scoperta di affascinanti mondi e creature, attraverso magnifiche illustrazioni e rimandi ricchi di curiosità. E voi partirete alla ricerca delle sirene? Io sono proprio ispirata dalla Cornovaglia, dal Galles e dall’Irlanda, ma tornerei volentieri in Puglia, stavolta a Vieste, dove Pizzomunno attende pietrificato il ritorno dell’amata Cristalda.

sabato 26 agosto 2023

Recensione di "Alla fine di una caramella al limone" di Rachel Linden

Buonasera a tutti e bentornati sul blog! In questa calda giornata di agosto, sapete cosa ci vorrebbe? Un ghiacciolo al limone rinfrescante. E, nel libro di cui sto per parlarvi, ci sono ghiaccioli, torte e caramelle al limone, soprattutto quelle magiche, quelle delle seconde opportunità.


Trama: Secondo una leggenda che si tramanda di generazione in generazione, esistono delle speciali caramelle al limone che possono guidarci sul sentiero giusto, mostrandoci le strade che abbiamo scelto di non percorrere. Lolly, trentatré anni, si sente persa e insoddisfatta. Per questo la saggia zia Gert le appoggia sul palmo della mano tre caramelle a forma di spicchio cosparse di zucchero, insieme a poche, semplici istruzioni: scartarle prima di andare a letto, sorbirle lentamente fino alla fine e appoggiare la testa sul cuscino. Un po’ scettica ma anche curiosa, Lolly segue le indicazioni. Così, all’improvviso, si trova catapultata in un ristorante tutto suo sulla costa inglese. La notte successiva, invece, incontra la madre come se non fosse mai scomparsa, e quella dopo ancora ha una famiglia con il suo primo amore. Ogni volta fa sogni così vividi da sembrare più un’alternativa possibile che il prodotto della sua immaginazione. Ma questi scenari durano il tempo di una caramella e a tutti manca qualcosa, perché ogni scelta comporta una rinuncia. Forse, però, la zia non voleva farle vivere un sogno. Forse, il suo era un invito a osservare il presente con occhi diversi. Perché le nostre scelte passate possono sembrare un po’ aspre, come le caramelle al limone, ma il retrogusto è dolce se troviamo dentro di noi la forza per cambiare il futuro.I lettori di tutto il mondo sono rimasti incantati dalla magia dell’esordio di Rachel Linden, che presto sarà un film. Una storia di scelte, dove il passato è lo specchio per costruire un futuro più felice. Perché i sogni possono diventare reali e durare più di una caramella. Basta essere capaci di non indugiare nei ricordi e avere il coraggio di riprendere in mano la propria vita.


Appena ho letto di questo libro su uno store online, me ne sono innamorata. Sarà forse che ognuno di noi vorrebbe una seconda opportunità e io non faccio eccezione: ne vorrei più di una, soprattutto alla luce del mio presente. Sarebbe così bello poter usufruire di una piccola magia.

Lolly ha 33 anni e tutta la sua vita è andata in frantumi. Dei desideri che aveva espresso quando era bambina, non ne ha realizzato nemmeno uno perché si è ritrovata a dover prendere in mano le redini della famiglia quando sua madre è venuta a mancare improvvisamente. Da allora ha vissuto il sogno di qualcun altro, pensando fosse la cosa giusta da fare: il suo altruismo l’ha portata ad occuparsi del padre, totalmente smarrito dopo la morte della moglie, di sua sorella ancora adolescente, del ristorante. Scegliere una vita quasi imposta dal destino ha fatto sì che tutte le sue ambizioni andassero in fumo, incluso il matrimonio con il suo amore di sempre, Rory.

Arrivata a uno stato di oblio, in cui sono più i rimpianti che la curiosità di vivere un nuovo giorno, Lolly ne parla con zia Gert. La donna, eccentrica ottantenne, ha girato il mondo e, durante uno dei suoi viaggi, ha ricevuto in dono delle caramelline al limone dal potere speciale: possono far vivere a chi le mangia un giorno di una vita alternativa e desiderata. Ovviamente Lolly non le crede, ma accetta lo stesso e alla fine mangia la prima caramella poco prima di andare a dormire. Il giorno successivo Lolly non lavora più nel ristorante di famiglia, ma si trova in una casa diversa, con nuovi impegni da rispettare. È un sogno? Non sembra, eppure tutto ciò fa capire alla nostra protagonista cosa desidera davvero.


Il messaggio è questo: se il destino ha fatto di tutto per impedire la realizzazione dei tuoi sogni, cerca di andare avanti con quello che hai… e non è detto che, alla fine, le cose non possano prendere una piega diversa.

“Alla fine di una caramella al limone” è un libro molto dolce, al contrario di quanto si potrebbe pensare ricollegando con l’idea del sapore di limone un po’ acerbo. “Raggiungi la tua beatitudine”, questo è il consiglio che zia Gert dà alla sua pronipote e che è un po’ il succo del romanzo: cercare di stare bene con se stessi, trovare la propria strada. Il grande problema che pesa sulla coscienza di Lolly è che, per seguire i suoi sogni, dovrebbe mollare tutto, creando soprattutto un dolore a suo padre e rompendo la promessa fatta a sua madre. Dopo la visione di un’esistenza alternativa, c’è solo un elemento che le fa prendere coraggio: Rory. Lolly non lo ha mai dimenticato e non si è mai arresa al fatto che non abbia potuto condividere la vita con lui. Come giocherà il destino? Le caramelle al limone faranno vedere i fili alternativi dell’esistenza di Lolly, oppure il futuro? O ancora: sono solo espedienti per far capire alla ragazza cosa desidera realmente? Per farla credere in se stessa?

Non svelerò altro perché “Alla fine di una caramella al limone” merita di essere gustato lentamente per poter riflettere, insieme alla protagonista, sulle proprie scelte di vita passate e future.

Alla fine del libro, l’autrice, oltre ad aver inserito la ricetta della torta meringata al limone che sembra molto buona!), ha posto una serie di domande al lettore. L’ultima è la seguente: “Se avessi tre magiche caramelline al limone a tua disposizione, che cosa sceglieresti di rivivere o di cambiare del tuo passato?”.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto sempre qui, su Sàkomar blog!

Foto di StockSnap da Pixabay

«[…] Noi spesso diciamo “impossibile” quando invece dovremmo dire “ancora non sappiamo come”. Sono moltissime le cose che sono possibili, ma noi ne conosciamo solo una minima parte. Lo capirai molto presto».

«Quando facciamo una scelta, necessariamente limitiamo tutte le altre. Ogni volta che scegliamo un percorso, il numero delle nostre opzioni diminuisce: ogni decisione chiude molte altre porte. Tuttavia la prendiamo, sperando di aver barattato tutte le altre possibilità con quella che noi riteniamo sia la migliore».

«[…] Scegli quello con cui il tuo cuore non riesce a venire a patti, le perdite e i rimpianti che ti porti dentro talmente nel profondo da non riuscire proprio a liberartene. Il saggio Sant’Agostino diceva che dobbiamo svuotarci di ciò che ci ingombra, per poterci riempire delle cose di cui abbiamo davvero bisogno. Sto parafrasando, naturalmente. Ma il punto è: che cosa il tuo cuore desidera più di tutto? Cos’è che ti manca davvero, nella vita? Concentrati su questo. E ricordati qualunque scelta tu faccia, non smettere di cercare la tua beatitudine. Sii onesta con te stessa. Presta attenzione. Cerca la gioia. Queste sono le chiavi per sbloccare il tuo destino».

«[…] Se rimani aggrappata a qualcosa che si è già rotto, a una vita e a un sogno che non potranno mai davvero realizzarsi, non lasci spazio a nient’altro, come per esempio a degli ottimi piani B basati sulla realtà». […] «Certe volte, Lolly, l’unica cosa da fare è mollare il colpo».

«[…] So che potresti non credermi: quando uno è giovane è convinto che l’amore sia in grado di superare qualsiasi ostacolo, ma la verità è che a volte tu puoi amare moltissimo una persona, ma nonostante questo è impossibile costruire una vita insieme. A volte la forza dell’amore non basta. A volte devi amare così tanto una persona da riuscire a lasciarla andare».
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