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lunedì 25 agosto 2025

Recensione di "Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin

Buongiorno amici, e bentornati sul mio blog in questa coda di fine estate! Sto finalmente leggendo tantissimo e mi rendo conto che dovrei dedicare sia alla lettura, sia alle altre mie passioni più tempo. Invece, molto spesso, si sacrificano i propri hobby per il lavoro quando c'è, o per cercarlo. Una migliore divisione della giornata potrebbe effettivamente giovare.

Arriviamo al dunque. Il romanzo di cui posterò la recensione è "Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin.


Trama: La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l’una uguale all’altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly – un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia – e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo. Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un’esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza. Per Justine, salvare quei ricordi – quell’amore – dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l’amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d’impugnare la penna per scrivere il proprio destino?

Ho letto altri due romanzi di Valérie Perrin: il celebre “Cambiare l’acqua ai fiori” e “Tatà”.
E avendo letto ora “Il quaderno dell’amore perduto”, ovvero il romanzo d’esordio, trovo che le tematiche toccate nel primo si sono sviluppate in maniera più estesa sia in “Cambiare l’acqua ai fiori”, in cui tutto ruota intorno a un tragico incidente e a una morte mai dimenticata, sia in “”Tatà” dove i legami famigliari sono tutto, ma vi sono anche ricordi e gli esiti della Seconda Guerra Mondiale.

[ATTENZIONE: SPOILER!]

La protagonista di “Il quaderno dell’amore perduto” si chiama Justine, ha poco più di 20 anni, è orfana e lavora presso una casa di riposo, “Le Ortensie”. La ragazza vive con i nonni paterni, che l’hanno cresciuta, e suo cugino, Jules, anch’egli orfano. I padri di Justine e Jules erano gemelli ed entrambi, con le rispettive mogli, sono morti in un tragico incidente d’auto. Questo segnerà la vita sia di Justine, sia di Jules che hanno ricevuto attenzioni, ma non quell’amore genitoriale. Justine, soprattutto, avverte in maniera molto intensa questa assenza, che si riflette nel suo comportamento: di giorno accudisce amorevolmente gli anziani della casa di riposo, mentre di sera affoga i suoi vuoti nell’alcool, andando a ballare in discoteca e finendo a letto con ragazzi di cui non ricorda nemmeno il nome. Si percepisce la volontà di non volersi legare, la paura di essere amata.


Detto ciò, intorno alla morte dei genitori di Justine e Jules aleggia un mistero. Solo dopo anni, infatti, la polizia riprende in mano il fascicolo e riapre le indagini. Justine lo viene a sapere per caso, ma non lascerà cadere lì la questione. Andrà a fondo, rivelando una trama familiare complessa da cui nessuno è esente, nemmeno gli insospettabili nonni.

Ma a cosa si riferisce “Il quaderno dell’amore perduto”? Non alla storia della famiglia di Justine, bensì a quella di un’ospite delle “Ortensie”, Hélène Hel, di cui la ragazza si prende cura quotidianamente e con la quale chiacchiera. L’anziana Hélène ha raccontato la propria vita a Justine, in maniera frammentaria, proprio come farebbe una persona vittima di demenza senile. Lei si trova in quella casa di riposo, ma nella sua mente è seduta in spiaggia, in riva al mare, ad aspettare il suo Lucien, l’uomo che l’ha resa libera insegnandole a leggere (Hélène era dislessica e Lucien le insegnò a leggere, per una serie di vicissitudini, in braille) e ad amare. Lo stesso Lucien che, deportato dai nazisti per aver nascosto un ebreo, tornerà anni più tardi, quando ormai era stato dato per morto. In tutta la storia, vi è sempre un gabbiano che, come un angelo, veglia sull’esistenza di Hélène e Lucien.
 
Foto di Pexels da Pixabay

Justine appunta su un quaderno azzurro tutta la storia di Hélène e sarà proprio lei a leggerla all’anziana signora quando, per via dell’età e di una caduta, sarà ricoverata in ospedale entrando in coma, negli ultimi giorni della sua lunga esistenza.

Valérie Perrin, quindi, anche in questo romanzo punta molto sulla famiglia che, nonostante appaia come un porto sicuro e inattaccabile, talvolta nasconde aspetti molto oscuri; sull’amore incondizionato, un sentimento che forse al giorno d’oggi non c’è più, o è rarissimo da incontrare; sulla morte, come punto di fine, ma anche di inizio per le “indagini” di chi è rimasto. Non so perché questa autrice, infatti, sia così legata ai cimiteri che compaiono in ogni suo romanzo, giocando un ruolo certamente non secondario.

In questo periodo di pausa, l’ho letteralmente divorato terminandolo in soli due giorni (mentre a Roma, tra una cosa e l’altra, sarebbe andato avanti un mese).

Vi aspetto alla prossima recensione e vi lascio con un piccolo estratto. A presto!

«È come se il mio viso non avesse ancora scelto, come se non avesse ancora finito di disegnarsi. Mi ripeto che ciò che non trovo attraente in me un giorno piacerà a qualcuno. A qualcuno che mi amerà e che diventerà il mio pittore. Sarà lui a continuare il disegno. A trasformare lo schizzo in un capolavoro grazie a una grande storia d’amore. Ciascuno di noi è il Michelangelo di qualcun altro. Il problema è che bisogna trovarsi».

giovedì 15 luglio 2021

Recensione di "La casa delle farfalle" di Silvia Montemurro

Buon pomeriggio, cari lettori, come state? Nel mezzo dell'estate, condivido con voi la recensione dell'ultimo romanzo che ho letto e terminato poco fa: "La casa delle farfalle" di Sivila Montemurro.


Trama: Quando la vita di Anita, trent’anni e una carriera accademica avviata, viene sconvolta da un tragico evento, decide di lasciare Hans, il suo compagno, per tornare sul lago di Como, dov’è cresciuta. Lì incontra Yoko, una bambina dai tratti giapponesi e dalla voce meravigliosa che, proprio come lei, è segnata da una ferita difficile da rimarginare. Presto Anita, leggendo il diario della nonna Lucrezia, scoprirà di essere legata a Yoko da una storia rimasta sepolta per anni che unisce le loro famiglie e risale al 1943, quando la casa di Lucrezia, la villa delle Farfalle, venne occupata da alcuni ufficiali tedeschi. Un romanzo intimo e corale, che attraversa tre generazioni di donne e che dagli anni della guerra arriva fino ai nostri giorni seguendo il volo leggero e delicato delle farfalle.

Anita, trentenne in carriera, ormai sconvolta da un episodio della sua vita che l'ha lasciata profondamente ferita (e di cui non ci è dato sapere se non verso la fine del romanzo), lascia la Germania e il fidanzato Hans per trasferirsi nella Villa delle Farfalle, sul lago di Como, dove anche sua madre, Margherita, si è ritirata da qualche tempo.
Madre e figlia non hanno mai avuto un rapporto particolarmente affettuoso e le cose tra loro sembrano procedere più per cortesia che per altri sentimenti, in una dimora in cui aleggiano segreti e misteri. In quel luogo è vissuta Lucrezia, nonna di Anita e madre di Margherita; una casa che, nel 1943, fu occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, una casa in cui le vite di tre persone in particolare si sono intrecciate, influendo sul presente e sul futuro.
Nei dintorni della villa, Anita incontra una bambina giapponese, Yoko, dalla meravigliosa voce. Le due legano immediatamente, come se si conoscessero da sempre, ma Margherita è scettica: non vuole che Anita e Yoko si frequentino. Eppure le due iniziano un rapporto di amicizia, saldato anche da Filippo, padre di Yoko e vedovo di Cho, che le condurrà a restaurare e riattivare il farfallario di Lucrezia.
Ci sono però ancora troppi misteri che avvolgono quel posto e, conseguentemente, il passato delle persone che lo frequentano. Anita si cimenta, perciò, nella lettura del diario di sua nonna Lucrezia, venendo a conoscenza di quel che fu e ricostruendo una catena di eventi. In poco tempo la percezione della sua stessa esistenza cambia, le sue certezze si modificano e molte domande hanno ora una risposta.
Proprio come le farfalle, dal volo leggiadro e delicato, così Anita si soffermerà sui ricordi e i sentimenti che hanno coinvolto Lucrezia, Margherita, Cho, ma anche Will, suo nonno mai conosciuto, e Yu Kari, madre di Cho. Sfogliando le pagine e analizzando le sofferenze della sua famiglia, anche Anita riuscirà, finalmente e con l'aiuto di chi le vuole realmente bene, ad esorcizzare le sue paure e a liberarsi di un enorme peso sulla coscienza che non le permetteva di spiccare il volo verso la sua seconda opportunità di felicità.


Silvia Montemurro ha creato un romanzo delicato, che affonda le radici in un recente passato intriso di sofferenza e di grandi sentimenti, oggi a volte dimenticati, sottolineando l'immenso valore dell'amore, ma anche dell'affetto famigliare, sostegno di cui ognuno ha bisogno. Il rapporto madre-figlia viene ripreso più volte come base, così come quel filo rosso del destino che lega, a volte non si sa perché, svariate persone nel corso della loro esistenza.
Sono una fan dei romanzi di Lucinda Riley e quello della Montemurro mi è piaciuto; tuttavia, avrei voluto, da lettrice curiosa e romantica quale sono, conoscere più dettagli dei protagonisti uomini che, a tratti, sembrano privi di sentimenti o incapaci di esprimerli. Sono certa che Will avrà avuto una tempesta dentro che si sarà portato fino all'ultimo giorno di vita; Filippo, sconvolto dal dolore, ha provato a rialzarsi, aprendo il suo cuore a un'altra persona che non è la madre di sua figlia; Alfonso, fratello di Lucrezia, ha amato incondizionatamente, pur non essendo ricambiato allo stesso modo. Forse una descrizione più dettagliata li avrebbe caratterizzati maggiormente, ma queste sono mie riflessioni e richieste da lettrice esigente.
In sintesi, romanzo consigliato, ma attenzione: quando vedrete una farfalla, sarete sicuramente curiose di conoscerne il nome e le caratteristiche, trovando forse qualche risposta nell'incipit di ogni capitolo.
Vi auguro una buona serata, lasciandovi con qualche frase che mi è praticolarmente piaciuta.

«Ci sono persone destinate a incontrarsi e ad amarsi, qualsiasi cosa succeda intorno a loro».

«Ci sono amori che sono come piante bellissime: crescono in mezzo al fango, inizialmente non visti. Ma poi sbocciano e tutti si rendono conto della meraviglia che si sono persi. E ne diventano quasi gelosi. Allora possono decidere: proteggere la bellezza o distruggerla. Il loro amore era così. Per quanto facessero, per quanto provassero, ci sarebbe stato sempre qualcun altro in mezzo a loro. Qualcuno poco sensibile ai fiori nati sul selciato».

«Non era una donna forte, era solo una ragazza innamorata. C'era una bella differenza. Una donna forte può sopportare tutto. Una ragazza innamorata è come una farfalla esposta al gelo dell'inverno. Le sue ali rinsecchiscono e lei muore».


«Forse non tutti possiamo avere l'amore che ci meriteremmo».

«Un segreto si può custodire fino a che non inizia a fare troppo male».

«Koi no yokan» affermò lui. [...] «È un'espressione giapponese, intraducibile nella lingua italiana. [...] È la sensazione che provi quando incontri qualcuno per la prima volta e sai che è scritto nel tuo destino. Sai che comunque andranno le cose, avrà una parte importante nella tua vita, perché ti farà innamorare».

lunedì 9 marzo 2020

Recensione di "Tu, mio" di Erri De Luca

Buon lunedì amici e, anche se non è proprio un buongiorno con il clima che tutti avvertiamo, cerchiamo di osservare gli aspetti positivi in questa enorme difficoltà.
Stare in casa implica delle limitazioni: non vedere gli amici, non respirare aria nuova, non sgranchire le gambe con una bella passeggiata in centro. Eppure stare in casa ci permette di dedicarci ai nostri hobby, di stare vicino ai nostri familiari, di riposarci, studiare, guardare la tv, di leggere, insomma di rallentare il ritmo, di riprendere TEMPO, quello che molto spesso non troviamo. Non dico che sarà facile, ma sicuramente sarà utile a noi tutti.

Bene, visto che si accennava alla lettura, ho terminato "Tu, mio" di Erri De Luca, volumetto edito da La Feltrinelli, acquistato sull'onda di un pomeriggio un po' malinconico in realtà. Avevo letto già "I pesci non chiudono gli occhi" di De Luca, dal tono poetico e leggero, che riconduceva alla salsedine del mare e delle estati passate.



Trama: Il ragazzo e il mare: l'avventura estiva di un adolescente del dopoguerra, l'incontro con la pesca, e con una ragazza più grande, col suo segreto, con il suo dolore per la perdita del padre in guerra, prima della fine delle vacanze. C'è un'estate brusca nell'età giovane in cui s'impara il mondo di corsa. In un'isola del Tirreno, in mezzo agli anni cinquanta del secolo, un pescatore che ha conosciuto la guerra e una giovane donna dal nome difficile, senza intenzione trasmettono a un ragazzo la febbre del rispondere. Qui si racconta una risposta, un eccomi, decisivo come un luogo di nascita.

Erri De Luca riprende i suoi ricordi, portando per mano il lettore sull'isola di Ischia o Procida (non è ben specificato) in cui trascorse l'estate dei suoi 16 anni, durante gli anni Cinquanta, quelli di uno spietato dopoguerra che ha lasciato il terrore negli occhi di chi ha combattuto e un paradossale rallentamento nel riprendersi la propria normale esistenza. Poi c'è lui, il giovane Erri, che trascorre quel mese in compagnia di Daniele e dei ragazzi più grandi, di Nicola il pescatore e dello zio sulla barca, e infine di Caia, la ragazza ebrea romena, un amore impossibile, giovane donna tormentata da un recente terribile passato da cui è riuscita a fuggire.


Il mare, a volte calmo e trasparente, talvolta in burrasca, riflette esattamente lo stato d'animo del narratore che si trova d'un tratto a crescere, facendo i conti con i tormenti dell'adolescenza quando il corpo e le esigenze di un bambino lottano con crescenti e sconosciuti desideri di un uomo adulto.
Caia, Haiele (il cui diminutivo è Haia), gioca un ruolo importante: verso di lei il giovane Erri avverte un crescente desiderio di baciarla, ma allo stesso tempo prevale l'istinto protettivo dopo aver conosciuto la sua storia, quella di una ragazza sfuggita alle persecuzioni naziste, quella di una ragazza di 20 anni ormai orfana di ogni affetto. Mai dimenticherà il volto e gli occhi del padre prima di salire verso un treno che lo avrebbe portato via per sempre... e Caia sa che il suo "tate", ogni tanto, viene a trovarla, assumendo anche corpi e forme che non immaginava. La ragazza è infatti convinta che nel corpo di Erri ci sia suo padre. Ed Erri, forse, si convince per farle piacere, o forse è veramente quel fenomeno paranormale che avviene e che fa sovrapporre la sua personalità al padre di Haiele.
"Tu, mio" gli ripete la ragazza, mentre lui la bacia dolcemente all'attaccatura dei capelli, sulla fronte.


Non sono gesti da ragazzo innamorato, quanto da padre protettivo, in contrasto netto con quelle emozioni acerbe provate invece per la sua coetanea Eliana, un amore che sta sbocciando timidamente, compiendo il primo passo dell'amicizia.
Infine, vi è la curiosità verso la storia, nei confronti di quel passato accennato e mai completamente raccontato, della guerra appena trascorsa e trascritta nei libri, di tutti quegli eventi che il giovane Erri vorrebbe tanto poter cambiare... ma che, sull'onda della rabbia, alla fine replica. 
Un giorno a pesca cercando di tirar sulla barca quella grossa cernia, uno immerso in acqua aspirando l'odore di salsedine e respirando quello della resina di pino, fino ad avvertire i brividi scatenati dai nascenti sentimenti in contrasto con il caldo vento di Scirocco che fa terminare quella particolare estate: è qui che Erri ci trasporta nelle 114 pagine del suo libro.


Nonostante lo abbia trovato indubbiamente bello, a tratti riflessivo e coinvolgente (io adoro il mare e l'estate), sarò sincera, mi pare scorra troppo lentamente, talvolta in maniera macchinosa. Avevo apprezzato molto più lo stile poetico ed evocativo adottato per "I pesci non chiudono gli occhi" che divorai letteralmente.
Vi lascio con qualche breve estratto. Buone letture a tutti voi!

«Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto in un giardino dove gli altri ballano al ritmo di una musichetta insulsa e decisiva che fa da colla di pesce per una faccia che si appunta a spilli sul diaframma del petto.»


«Gli innamorati pregano con una parola sola, un nome. Non lo scrivevo, non lo pronunciavo, non dovevo compromettere il segreto lasciando tracce.»

«Guardò in cielo il maestrale che strapazzava nuvole mostrando azzurro negli strappi.»


«"Voglio tentare di stare con te. Voglio credere che è possibile, anche se non per ora, anche da lontano. Ho bisogno di aspettare qualcuno che non somigli a nessuno e tu sei questo".»

«"Fai bene a informarti sul recente passato, è un tuo diritto e anche un interesse che altri tuoi coetanei non hanno. Però ho l'impressione che tu non lo faccia in modo sano. Insomma è buffo dirlo, ma mi sembra che tu voglia intervenire sul passato per correggerlo. Tu lo critichi con l'intento di cambiarlo, ma non si può. Nemmeno un Dio può più farci niente. E' già molto proteggere il presente dagli sbagli, non fare un male da dover riparare.»

venerdì 28 dicembre 2018

Recensione di "Il segreto di Parigi" di Karen Swan

Buongiorno amici! E' da tantissimo tempo che non passo a scrivere un post nel mio piccolo mondo "bloggeroso". Nemmeno a dirvelo, solitamente crollo addormentata, dopo aver studiato e lavorato ad articoli fino all'01.00 di notte passata. Ci sono stati tempi aurei in cui scrivevo i romanzi fino alle 03.00 e mi svegliavo alle 08.00 di mattina per andare all'università, ma detto sinceramente in questo momento non ce la faccio proprio.
Il romanzo che avevo iniziato a leggere, e che mi piaceva tantissimo, ho dovuto farlo attendere qualche mese sul comodino, ma ho recuperato. Di quale libro si tratta?


Trama: Da qualche parte, lungo le strade di Parigi, c’è un appartamento sommerso da strati di polvere e segreti: è stracolmo di opere d’arte d’inestimabile valore che sono rimaste lì, nascoste per decenni. L’incarico di valutare quei tesori è affidato a Flora, giovane e ambiziosa esperta d’arte, una donna in grado di mantenere il controllo durante un’asta da milioni di sterline, ma con serie difficoltà ad accettare un invito a cena a lume di candela. Flora ha il compito di ricostruire la storia di ogni dipinto presente nell’appartamento, per cercare di scoprire chi abbia tenuto nascoste quelle opere d’arte. Si ritrova così catapultata negli affari dei Vermeil, una famiglia del jet set internazionale che si muove tra Parigi e Antibes, e si rende ben presto conto di avere a che fare con qualcosa di poco chiaro. Xavier Vermeil sembra infatti intenzionato a porre un freno all’interesse di Flora per la sua famiglia. Che cosa nasconde? Ambientato in luoghi dalla bellezza mozzafiato e narrato con uno stile capace di avvincere il lettore, Il segreto di Parigi è un racconto intenso e impossibile da dimenticare.

Un appartamento polveroso e abbandonato, abitato da opere d'arte dimenticate, per giunta a Parigi... non poteva non interessarmi! Chi segue le mie attività anche sui social (Facebook e LinkedIn principalmente) saprà che, in quanto archeologa, mi occupo di tutela del patrimonio culturale, scrivendo anche alcuni approfondimenti storici a riguardo (recuperi di opere d'arte, Seconda Guerra Mondiale, etc.) sulla rivista "The Journal of Cultural Heritage Crime".
E' stato perciò amore a prima vista con questo romanzo che, tra l'altro, presenta una copertina accattivante. 

Flora è una storica dell'arte inglese, dipendente di una casa d'asta con sede in Francia, cui viene affidato il compito di valutare le opere d'arte contenute in questo appartamento. I clienti sono i membri della ricca famiglia parigina Vermeil. Ma la donna, spinta dalla curiosità e dal suo istinto lavorativo, non riesce a fermarsi alla semplice valutazione ai fini dell'immissione sul mercato delle opere. La ventisettenne inizia a indagare, a ricercare notizie, fino a giungere alla scoperta di un altro appartamento abbandonato nello stesso stabile, ancora di proprietà dei Vermeil, completamente vuoto, eccezion fatta per un unico quadro, un ritratto.


Troppi indizi sembrano condurre a un momento oscuro della storia, quello della Seconda Guerra Mondiale, epoca in cui i nazisti sequestravano le opere d'arte di proprietà delle famiglie ebree per arricchire le collezioni del Reich.
In tutto ciò, non manca la componente sentimentale. Flora è famosa per non essersi mai innamorata in 27 anni di vita... e, come in tutte le storie che si rispettino, è proprio il tipo sbagliato a farle perdere la testa. I Vermeil, infatti, hanno due figli: la sciagurata Natascha, dal passato misterioso e traumatico, e Xavier, un ragazzo bellissimo, avvolto da un'aura di oscurità.


Sono ovviamente di parte e il mio giudizio è positivo. Mi è piaciuta l'introduzione nel mondo delle case d'asta e del mercato d'arte; la descrizione di alcuni angoli di Parigi, ma anche di Antibes, affacciata sull'azzurro mare francese; infine, il ribaltamento degli eventi perché quando tutto sembrava deciso, la verità emerge inaspettatamente.
Tra le note finali l'autrice dichiara, inoltre, di essersi lasciata ispirare dal ritrovamento di un appartamento abbandonato a Parigi, in cui il tempo sembrava essersi fermato (struzzo incluso.... chi leggerà il romanzo, capirà). La notizia, di qualche anno fa, lasciò tutti meravigliati e ho ancora davanti le magnifiche immagini di quel luogo rimasto lontano dal corso degli eventi.




Flora mi è simpatica. Ho trovato molte affinità con questo personaggio, non solo per il settore storico-artistico (il mio è archeologico, ma sono strettamente collegati, seppur differenti), ma anche per il carattere. Le piace indagare, è molto curiosa, estremamente intelligente, competente e competitiva, tiene alla famiglia e agli amici, pur avendo giustamente una vita propria e indipendente. La sua incapacità di legarsi stabilmente a qualcuno, inoltre, evidenzia le difficoltà della società odierna in cui tutto è di corsa, fuggitivo, passeggero... anche le relazioni ne risentono, mai prese sul serio, sempre lette nell'ottica del "divertimento". Alla fine, ci si adatta, ma la necessità di qualcosa di sicuro, di un innamoramento serio, rimane... anche se poi la persona in questione sembra essere la più sbagliata sulla faccia della Terra.
Come si dice? Le donne sognano il principe, poi scelgono il pirata. Nulla di più vero. Il principe è eccessivamente perfetto, ideale... il pirata, con tutti i suoi difetti, piace molto di più.


Vi lascio con qualche citazione. Alla prossima e buona lettura!

«Incontro un sacco di gente, mamma. Solo nessuno che sia...»
Cercò la parola giusta.
«Speciale?»
«Stavo per dire "diverso", ma sì, è la stessa cosa immagino».
«Diverso da cosa?».
Flora scrollò le spalle, anche se lo sapeva bene. Aveva a che fare con centinaia di persone nel suo campo - proprietari di gallerie, collezionisti, storici dell'arte, restauratori, senza contare i clienti (sebbene non le fosse mai passato per la testa di oltrepassare il confine e uscire con uno di loro) - ma tutti inevitabilmente potevano essere ricondotti a due tipi. Uomini come il suo capo, Angus: abiti su misura, educati nelle migliori scuole private, sofisticati e snob. Uomini come suo padre: colti, eccentrici, fuori dall'ordinario, ma con poco senso pratico e poco amanti della mondanità. Lei stava cercando qualcuno con un po' di carattere.


«[...] E' tutto molto chiaro - o ami qualcuno oppure no. Non c'è una via di mezzo».
«L'amore è tutto una via di mezzo. Non ci sono fatti assodati, certezze. Talvolta non si può fermare l'amore neanche quando è sbagliato. E che succede se finisci per innamorarti di qualcuno che non vuoi amare?».
Flora guardò l'amica come se fosse diventata matta. «Be', in questo non ci si dovrebbe innamorare».
«Perché no? Come puoi evitarlo? Talvolta la chimica tra due persone è semplicemente troppa [...]».


«[...]La vita dovrebbe essere sconvolta quando ci si innamora».


«[...] A essere sincera, mi fa diventare matta quando continua a parlarmi del vero amore e di seguire il mio destino, come se stessi facendo la difficile. Non ha idea che quello che voi due avete è incredibilmente raro. Al contrario di quanto si crede, non è poi così facile innamorarsi».


La stanza sembrava diversa da dove era seduta lei e poteva vedere com'era forse una volta lavorare da lì - la vista sulla strada dalla finestra alla sua sinistra; le tende drammatiche e vistose che davano il tono di ambizione sociale agli ospiti che entravano nell'appartamento, l'isolamento di tutti quei libri che faceva sembrare l'ambiente remoto e privato. [...] Una piccola sveglia da viaggio dorata si era fermata alle 11:23. Ma di quale giorno, si chiese, e di quale anno?


«[...] Tutto ciò che conta è il bacio. E' il bacio a rivelarti l'anima».



domenica 2 settembre 2018

Recensione di "La lettera" di Kathryn Hughes

Buon pomeriggio lettori! Si torna dalle vacanze con un po' di nostalgia per il mare e le calde giornate, ma allo stesso tempo travolti dall'entusiamo delle nuove esperienze che stanno per iniziare.
Dato che le attività riprendono a pieno ritmo, eccomi con una mia nuova recensione, quella di "La lettera" di Kathryn Hughes.
Ho acquistato questo romanzo in un giorno di pioggia torrenziale. Era il 31 marzo scorso, mi trovavo a Nettuno per una passeggiata e, improvvisamente, è iniziato il diluvio, seguito da potenti raffiche di vento. Sono entrata nella piccola libreria Mondadori per cercare riparo e non ho potuto fare a meno di curiosare tra gli scaffali. Mentre fuori imperversava una tempesta, mi immergevo tra le pagine di alcuni libri, finché questo non ha attratto la mia attenzione. In primis il nome dei due personaggi nominati sul retro della copertina, Tina e Chrissie… e non so perché ho pensato a Christina, evocando logicamente attinenze, peraltro corrette, con il mio nome. E poi c'era una storia, romantica, malinconica, a tratti dura e pungente che si insinuava lentamente nell'animo. 


Trama: Quanto può durare un ricordo? Tina se lo chiede ogni sabato, davanti ai vestiti usati che vende per beneficenza. E se lo chiede quando, in una vecchia giacca, trova una lettera che risale al settembre 1939. E che non è mai stata spedita. Chi saranno mai Chrissie, la destinataria, e Billy, l’uomo che nella lettera implora il suo perdono? Qual è la storia che li unisce? E che ne è stato di loro?
Inseguire quel ricordo ingiallito diventa ben presto per Tina una ragione di vita, l’unico modo per sfuggire a un marito violento e a un’esistenza annegata in un oceano di rimpianti. Con una passione e un coraggio che non sapeva neppure di avere, Tina inizia quindi a scavare nel passato, intrecciando ricordi arrossati dal sangue della guerra e confusi dalle nebbie del tempo. Inizia a lottare per cambiare. Per vivere, finalmente. Perché sa che aggrapparsi a quel ricordo significa non arrendersi, sfidare il destino, scommettere sulla propria felicità. E che non è mai troppo tardi per perdonare. Soprattutto se stessi. Una storia che regala un crescendo di emozioni e in cui ogni donna si può identificare; un’autrice che sa raccontare con slancio e sincerità la forza dei sentimenti: ecco perché La lettera ha entusiasmato i lettori di tutto il mondo, diventando in brevissimo tempo un autentico bestseller e rimanendo nel cuore di chiunque abbia trovato, nella vita dei suoi personaggi, una scintilla della cosa più preziosa in assoluto: la speranza.

Tina lavora e vive a Manchester. È segretaria in un ufficio e impiega anche il suo tempo in un charity shop, dove ogni giorno vengono portati abiti usati. Questo piccolo negozio è anche un rifugio dalla sua vita, quella che un tempo aveva sognato fosse diversa, al fianco dell'uomo che amava e che aveva sposato… prima che diventasse un alcolizzato violento e che lei lo perdonasse tutte le volte in cui le alzava le mani contro, trasformando quella relazione in un amore tossico, in un rapporto tra carnefice e crocerossina. 


Un giorno al charity viene portata una vecchia giacca, di buona fattura; nella tasca interna era contenuta una lettera, mai aperta e mai spedita, indirizzata a una certa Christina (Chrissie) da Billy, nel settembre 1939. Inizia da qui l'indagine condotta da Tina e rivolta alla storia di una sua omonima, vissuta tanti anni prima, destinataria di una bellissima lettera d'amore allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. 


E mentre Tina svolge le sue ricerche a Manchester, combattendo con i ripensamenti e le ricadute del marito, lontano da lì, in America, un trentaquattrenne di nome William sta per partire alla volta dell'Irlanda per andare a cercare la sua madre biologica, di cui possiede vaghi ricordi e un nome sbagliato.

Quello di Chrissie e Billy sarà un amore intenso, ostacolato da un padre autoritario, dallo scoppio della Guerra e infine dalle volontà di una zia troppo devota. Una storia che ha provocato tanto dolore, ma che almeno prevede un lieto fine. 


È indubitabile che le storie riguardanti vecchie lettere e vicende di un recente passato, come quello riferito alla Seconda Guerra Mondiale, provochino un certo fascino e generino sentimenti intensi. 
"La lettera" è un romanzo avvincente, che arriva dritto alle corde del cuore, con personaggi intessuti sapientemente sulle righe della realtà. Le due protagoniste Tina e Chrissie sono accomunate da un nome, ma anche da un destino crudele: quello di perdere entrambe, seppur in maniera diversa, il frutto del loro vero amore, il bambino che portano in grembo. Entrambe sono personaggi dolci (forse a volte eccessivamente), forti, caritatevoli, innamorate dell'amore e sarà proprio questo loro carattere, così atipico forse, a renderle talvolta vittima degli abomini altrui.

Billy è, invece, il classico bello e dannato, che ha avuto tante ragazze, ma perde la testa per la più dolce di tutte, Chrissie, giungendo ad amarla più della sua stessa vita; al contrario, Rick (marito di Tina), se prima poteva somigliare al classico principe azzurro, con il tempo rivela il suo volto reale, violento, triste e insaziabile, che lo condurrà alla rovina. Quando si compie del male, infatti, quest'ultimo non produce un effetto limitato, ma si ripercuote con un raggio d'azione piuttosto vasto su molte persone, facendole talvolta cadere nell'oblio. Solo le più forti, coloro che hanno il coraggio di vivere, risorgono come fenici dalle proprie ceneri, riportando a tingere i giorni futuri di luce.

Veramente un bel libro che consiglio assolutamente. Il vero amore può abbattere le barriere dello spazio, del tempo e persino di tante stupide e nocive correnti di pensiero.

«So che l'amore rende ciechi, ma non sapevo rendesse anche stupidi».


giovedì 2 novembre 2017

Recensione di "Quell'appuntamento segreto a Parigi" di Caroline Bernard

Buongiorno a tutti amici! Ritorno sul mio blog con la recensione dell'ultimo romanzo che ho letto.
Si tratta di "Quell'appuntamento segreto a Parigi" di Caroline Bernard, che avevo iniziato a sfogliare quasi un mese fa, ma ormai la sera purtroppo crollo inevitabilmente tra le braccia di Morfeo. Non sono quindi riuscita a terminarlo in tempi più brevi, come invece avrei voluto.
Ecco copertina e trama:


Trama: Parigi, 1928: Vianne sogna di diventare una botanica e di lavorare nel prestigioso Jardin des Plantes di Parigi. Quando a un certo punto s’innamora di un pittore emergente, David Marlowe Scott, e si immerge con lui nell’abbagliante atmosfera bohémienne frequentata dall’avanguardia francese, la fortuna sembra sorriderle. Non solo diventa la musa di David, ma conosce anche quello che presto sarebbe diventato il direttore dell’Istituto botanico, che è in cerca di un’assistente. Vianne viene assunta, realizzando così il suo sogno. L’arrivo della guerra, però, porterà distruzione non solo nella vita di una nazione, ma anche in quella privata di Vianne e David… Molti decenni dopo, Marlène è a Parigi, per festeggiare con Jean-Louis l’anniversario di matrimonio. Si trova al Museo d’Orsay quando s’imbatte in un dipinto, Dopo il ballo, di David Marlowe, in cui è ritratta una donna che le assomiglia come una goccia d’acqua. Chi è quella donna? Marlène cerca di far luce sulla sua identità, fino a scoprire la storia di Vianne, il suo legame con lei e un passato che nessuno le ha mai raccontato…

Vi siete mai trovati in un museo ad osservare rapiti lo sguardo di un personaggio ritratto all'interno di una tela? Avete mai pensato "chi sarà mai stato/a"?
A me è capitato spesso. Sono archeologa, ma non disdegno le mostre d'arte. Ho iniziato a seguire assiduamente ogni mostra che era organizzata a Roma sin da quando iniziai a studiare Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico presso l'Università di Roma Tre... Era il 2006, sono trascorsi molti anni, la mia formazione e la mia natura fanno sì che ogni tanto debba entrare in un museo. Non posso più farne a meno. L'ultima mostra che ho visitato è stata "Enjoy - L'arte incontra il divertimento" al Chiostro del Bramante, una esposizione d'arte contemporanea. Ho provato a comprenderla, a immedesimarmi nei vari artisti... e improvvisamente mi è piaciuta.
L'arte deve essere vissuta, non soltanto osservata superficialmente e velocemente, sfilando davanti a un dipinto, a una statua, a un'opera in generale, scattando foto a più non posso e collezionando semplicemente cartoline di una banale visita a un qualunque museo.


A Marlène capita qualcosa di eccezionale: visitando il Musée d'Orsay si imbatte in una tela, firmata da un pittore inglese, David Marlowe Scott, in cui una giovane donna, abbigliata con un magnifico vestito da ballo, si sta specchiando seduta al tavolo da toeletta, controllando il proprio aspetto prima di uscire. Eppure quella donna le somiglia terribilmente, anzi, è identica a lei.



Dopo la sorpresa del primo momento, Marlène - che aveva iniziato gli studi storico-artistici per poi, purtroppo, abbandonarli - avverte dentro di sé il desiderio di scoprire qualcosa in più su quella donna che la osserva dal dipinto, provando un legame con lei e, aiutata dall'affascinante Ètienne Viardot, comincerà a indagare il suo passato, seguendo le orme di una storia che non conosceva sulle tracce dell'opera intitolata "Dopo il ballo".


Era il 1929 quando Vianne, da un paesino di campagna vicino Parigi, decide di scappare di casa. Quella routine è troppo stretta per lei che vuole studiare botanica, libera di vivere la sua vita. Non vuole sposarsi con un uomo che non ama e che è stato scelto per lei, non vuole che la sua esistenza si riduca tra le mura di una casa a badare a figli e marito. 


Vianne ha sete di conoscenza, vuole provare emozioni... e Parigi è proprio il posto che fa per lei. E' sola quando arriva in città, ma non si scoraggia. Si rimbocca le mani, cerca un lavoro e conosce una ragazza, Clothilde, con cui condividerà l'alloggio e un'eterna amicizia.
Gli anni trascorrono, Vianne riesce finalmente a coronare il sogno di studiare botanica e incontra un pittore inglese, David Marlowe Scott... Il loro sarà un amore libero e travolgente, ma la situazione politica mondiale sta cambiando rapidamente. Hitler sta portando avanti le sue folli idee e la Francia verrà coinvolta nella Seconda Guerra Mondiale.


Il destino di Vianne e di Marlène è strettamente collegato. L'autrice ci accompagna sulle ali della storia a ripercorrere le tappe di un passato piuttosto recente, tragico ed emozionante, mentre l'immutabile arte unisce le vite di due donne così simili tra loro.
"Quell'appuntamento segreto a Parigi" è un romanzo che mi ha rapita completamente. Le descrizioni dettagliate mi hanno fatto ricordare quell'unica giornata trascorsa, ormai 7 anni fa, a Parigi, provocando un crescente desiderio di tornare per conoscere meglio i suoi vicoli, le sue atmosfere, i suoi musei. L'amore gioca anche un ruolo importante all'interno della storia: Marlène, soffrendo, ritrova però se stessa, la sua passione per l'arte e il rispetto per i suoi interessi, annullati da un matrimonio purtroppo fallimentare; Vianne vive una storia passionale, ma libera, priva di legami stabili, che la guerra contribuisce invece a rendere saldi ed eterni.
Ho un unico appunto, non all'autrice, né alla storia, ma alla casa editrice che ha curato la traduzione: alcuni passaggi sono evidentemente tradotti in italiano in maniera imprecisa, così come alcune espressioni. Non ho avuto difficoltà a comprenderli, ma la traduzione fedele è fondamentale nella trasposizione in lingua di un qualsiasi romanzo che altrimenti rischia di perdere la sua bellezza.

E' quindi con Parigi nel cuore che vi auguro buona giornata! Alla prossima!



mercoledì 6 luglio 2016

Recensione di "La luce alla finestra" di Lucinda Riley

Buongiorno a tutti i miei lettori! Torno sul blog relativamente presto, per presentarvi la recensione di un romanzo che ho adorato: "La luce alla finestra" di Lucinda Riley. Iniziamo con ordine.



Trama: Émilie de la Martinières ha sempre subito il giudizio di sua madre, regina indiscussa della scena mondana parigina. Ora ha trent'anni, ma la freddezza mascherata dal lusso e dagli agi con cui quella donna superficiale e distante l'ha cresciuta è un fardello ancora pesante da portare. L'improvvisa notizia della sua morte, tuttavia, risveglia in Emilie un groviglio di sentimenti contrastanti e dolorosi, soprattutto quando apprende di essere l'unica erede di un sontuoso castello nel Sud della Francia, un castello che nasconde le risposte a molti degli interrogativi che pendono sul suo passato: sarà un vecchio taccuino ritrovato tra quelle mura a metterla sulle tracce della misteriosa e bellissima zia Sophia, la cui tragica storia d’amore ai tempi della guerra ha segnato irrimediabilmente la sua famiglia. E perché all'improvviso continua a pensare a un uomo che ha appena conosciuto, proprio lei che si è sempre tenuta lontana dall'amore?

Mi sono affezionata a quest'autrice. Riesce magistralmente a dipingere i paesaggi, le atmosfere e a far vivere i sentimenti dei propri personaggi. "La luce alla finestra" è un romanzo che genera riflessioni importanti, sia sul nostro recente passato storico, sia sul comportamento a volte spietato delle persone.
Émilie è una donna di 30 anni, ultima erede dei la Martinières, una nobile famiglia francese. Sua madre, che ha sempre percepito come una persona fredda, distaccata, talvolta priva di sentimenti, è morta lasciandole un castello in Provenza, a Gassin. Émilie non ha molta autostima. E' cresciuta all'ombra di sua madre che non l'hai mai considerata, vittima di un passato che non vuole ricordare. Suo padre, Édouard, scomparso troppo presto, era invece il suo punto di riferimento, con cui condivideva una sfrenata passione per la lettura, alimentata da quell'immensa e antica biblioteca del castello.



Un giorno, mentre Émilie è seduta al bar del paese cercando di fare il punto della situazione sulla sua vita, compare un uomo, Sebastian Carruthers, che la introduce in un tempo che nessuno le aveva mai narrato. Sebastian è nipote di Constance Carruthers che, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, aveva aiutato Édouard. Il ritrovamento di un presunto quadro di Matisse e quello di un taccuino appartenuto a Sophie, la zia di Émilie, introdurrà il lettore nel clima freddo, inquietante e tragico della Guerra.



Connie era un'agente del SOE (Servizi Segreti Britannici) inviata a Parigi per cercare di portare il suo contributo alla resistenza, in un momento in cui i Nazisti avevano ormai occupato la città. Attraverso le sue azioni, entreremo di soppiatto all'interno della dimora parigina di Édouard per iniziare un'avventura composta da tradimenti, singolari amicizie, crudeltà immotivata e di un amore che ha resistito anche alla spiccata opposizione tra le parti.



Sarà proprio questa storia a far aprire gli occhi a un'ingenua Émilie, talmente innamorata di Sebastian, da sposarlo anche se lo conosce da poco tempo. Peccato che non sempre tutto ciò che luccica è oro. Le persone nascondono dei segreti e delle bugie che possono fare molto male. E forse Émilie ha donato il suo cuore al Carruthers sbagliato... ma per capirlo dovrà conoscere Alex, a Blackmoor Hall.
Con "La luce alla finestra" sono entrata in quel clima angosciante della Guerra, vivendo la pressione e l'ansia generate da fatti letti sui libri di storia, visti in tanti documentari che mi hanno lasciato, il più delle volte, impressionata (in fondo i miei professori me li hanno fatti vedere quando facevo le medie... e le immagini erano molto forti) e dal tragico diario di Anna Frank.
Mia nonna mi ha narrato qualche volta dell'epoca in cui è vissuta, del suono delle sirene antiaeree, dei rifugi sotto i palazzi di Roma, del coprifuoco, dei Tedeschi che giravano per le strade e degli Americani che sono sbarcati ad Anzio. Mi ha raccontato delle notizie alla radio, dei discorsi di Mussolini al balcone di Palazzo Venezia e della follia di Hitler che aveva ormai sottomesso l'Europa.
Pensavamo, fino a pochi anni fa, che l'uomo avesse toccato il fondo con la Seconda Guerra Mondiale. Purtroppo non è così, perché di notizie simili ne apprendiamo tutti i giorni alla televisione. Il terrorismo è il diretto erede del Nazismo, qualcosa di oscuro e nato da un fondamentalismo.



Eppure, e fortunatamente, questi momenti regalano all'uomo anche emozioni forti. Le vere amicizie sono nate all'epoca della Guerra in cui nessuno poteva approfittarsi dell'altro per convenienza. Allo stesso modo, quegli amori poetici, saldi, passionali sono sbocciati di nascosto nelle trincee (nel caso della Prima Guerra Mondiale), nei bunker, nella povertà. Amori coraggiosi di cui rimangono le lettere e quelle foto in bianco e nero dalla carta ingiallita. Amori di cui noi siamo i diretti eredi che dovrebbero far tesoro della memoria storica per non replicarla. Ma questo mondo, in fondo, non imparerà mai dai propri errori.



Il romanzo è scorrevole, intenso, approfondito e accurato dal punto di vista storico. Genera molte emozioni e spinge a voler sapere sempre qualcosa in più dei numerosi personaggi che intrecciano i propri destini, senza mai risultare tedioso. E' ovviamente consigliato a chi predilige le storie di guerra, ma anche e soprattutto a chi necessita di sentimenti autentici che a volte i romanzi riescono a regalarci. Vi lascio con un piccolo estratto:

«(...) Grazie a Dio, dopo due guerre mondiali di sicuro l'Ovest avrà imparato la lezione. Almeno per un po'» meditò Jean cupamente. «Ma la guerra non cesserà mai di esistere, l'eterno desiderio di cambiamento fa parte della condizione umana, così come l'incapacità di mantenere la pace. E' la triste verità. Il lato positivo è che le situazioni peggiori a volte tirano fuori il meglio di noi. (...)»

Auguro una buona giornata a tutti! Penso che inizierò qualche classico. A presto!

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