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domenica 10 luglio 2022

Recensione di "L'ultimo regalo" di Kathryn Hughes

Buongiorno a tutti amici lettori e buona domenica! Dove vi porto in questa bella giornata estiva? All'interno di una storia narrata, ancora una volta, da Kathryn Hughes, che rientra ufficialmente tra le mie autrici preferite.


Trama: Tara e sua madre Violet sono inseparabili. Almeno finché Violet non incontra Larry, un uomo apparentemente ricco e premuroso, che la convince a concedersi una vacanza in Spagna senza la figlia. I due quindi partono, ma non torneranno più… Sono passati trent’anni da allora, e Tara si è ormai rassegnata al fatto che Violet sia morta. Eppure, un giorno, un avvocato di Londra le consegna la chiave di una cassetta di sicurezza aperta a suo nome. Dentro, c’è un medaglione con una foto di Violet. Tara lo riconosce subito: è l’ultimo regalo che lei aveva fatto alla madre, proprio il giorno prima della sua scomparsa. Possibile allora che sia ancora viva? Tara deve trovarla. Perciò si reca immediatamente in Spagna, ripercorrendo le tappe di quel fatidico viaggio, e a poco a poco ricostruirà la storia di una donna troppo ingenua, di un uomo spregevole e senza scrupoli, di un legame che né il tempo né la distanza hanno potuto spezzare. Perché non c’è nulla di più forte dell’amore di una madre per una figlia, e sarà proprio quell’amore a illuminare il cammino di Tara e a condurla, finalmente, alla verità.

La copertina del libro mi ha attratta, devo essere sincera. Mi ricordava un ciondolo che ho trovato, casualmente, rientrando da una mostra nel maggio 2019. E poi l'autrice è ormai per me una garanzia.
Questa volta la storia è ambientata in Inghilterra, dove Tara, cinquantenne, madre di Dylan e separata da Ralph, è vissuta con la nonna materna da quando Violet, sua madre, è misteriosamente scomparsa. Tutto inizia, quindi, con una lettera e con il ciondolo che Tara le aveva regalato proprio il giorno in cui ogni cosa era cambiata.


Tantissimi anni prima, le inseparabili Tara e Violet cercavano di sopravvivere: Violet cantava nei locali per crescere la figlia adolescente, avuta da un uomo che aveva preferito dimenticare. Si stabiliscono in una modesta casetta, affittata da Alf, l'anziano proprietario di un ferramenta, finché Violet non conosce l'affascinante Larry Valentine, che le promette di condurre una vita agiata, cominciando da una vacanza in Spagna. Tara non nutre simpatie verso quell'uomo, ma vuole che sua madre - quasi trentenne - sia finalmente felice. L'ultimo ricordo di Tara è legato al giorno della partenza. In Spagna avrebbe dovuto esserci anche lei, ma Larry si era presentato in ritardo con la macchina sportiva a due posti, riservata a lui e Violet. A malincuore, Tara rinuncia, rimanendo con il proprio ragazzo, Tom, e Alf, consegnando comunque alla madre il regalo di compleanno che aveva acquistato con i suoi risparmi (e un generoso aiuto di Alf). Ma Larry Valentine non è chi dice di essere e la sfortunata Violet non tornerà più dalla Spagna...
Dopo tanti anni, quella lettera scritta da un certo Padre Isidoro, riaccende le speranze in Tara: e se Violet, la sua adorata mamma con cui aveva un legame speciale, fosse ancora viva? Se non l'avesse abbandonata? Chi cerca, trova e Tara riuscirà finalmente a fare chiarezza sulla verità, a tratti molto oscura, che ha caratterizzato la sua intera esistenza. Il tempo può trascorrere, ma il cuore non dimentica mai.

Gli ultimi capitoli mi hanno fatto commuovere e consiglio vivamente la lettura di questo romanzo, che si rivela anche divertente (Tara è molto imbranata, sia da giovane che da adulta, ed è una protagonista che ho adorato). L'autrice, infine, spiega come l'idea di questo libro sia nata dalla vacanza in Spagna con la sua famiglia. Il borgo medievale di Pedraza, vicino Segovia, ha giocato un ruolo fondamentale.
Grazie Kathryn Hughes! Al prossimo romanzo!



martedì 8 marzo 2022

Recensione di "La chiave dei ricordi" di Kathryn Hughes

Ben ritrovati, cari lettori! Torno sul blog a distanza di poco tempo perché, durante il mio viaggio ad Assisi (di cui spero di riuscire a narrare prossimamente), un romanzo mi ha tenuto compagnia nei momenti di pausa. Si tratta del libro "La chiave dei ricordi" di Kathryn Hughes, autrice già conosciuta per "La lettera".


Trama: A trentotto anni, dopo un divorzio difficile, è tornata a casa dei genitori, convinta di non avere più un futuro. Per distrarsi dai suoi problemi, decide di scrivere un libro su Ambergate, l'ospedale psichiatrico in cui aveva lavorato il padre, ormai chiuso da anni e che verrà presto demolito. Girovagando tra i corridoi di quell'enorme edificio in rovina, Sarah s’imbatte in una vecchia, polverosa valigia, abbandonata lì chissà quando da una paziente. Dentro c'è un biglietto su cui sono scritte poche righe che, sorprendentemente, la riguardano molto da vicino… Rintracciare quella paziente diventa allora una missione. Spinta da una forza che credeva di aver perduto, Sarah insegue i labili indizi lasciati da quella donna, ricostruendo la storia di un dolore così grande da essere scambiato per follia, di un amore capace di rischiarare anche le tenebre più buie, di un segreto rimasto sepolto troppo a lungo. Un segreto che potrebbe cambiare anche la vita di Sarah.

Attenzione: SPOILER!!!

Un romanzo un po' particolare, non è vero? L'idea di iniziare una lettura che avesse per ambientazione un ospedale psichiatrico da una parte mi affascinava, ma dall'altra mi terrorizzava. Confrontarci con coloro che consideriamo diversi e, in questo caso, "pazzi" è difficile proprio perché, a volte, è sottile il confine tra quella comunemente ritenuta "normalità" e "anomalia".
Proprio su questo binomio si basa in realtà la vicenda principale narrata in questo romanzo. Sarah è una storica, una ricercatrice, che decide di svelare i segreti di Ambergate, l'ospedale psichiatrico in decadenza dove, un tempo, lavorava suo padre, il quale non ha mai voluto parlare della sua professione. Durante le esplorazioni, Sarah si imbatte in una soffitta colma di valigie, senza nomi, distinte da etichette con numeri. Partendo dall'intenzione di volerle catalogare, la donna scava nel passato di quelle pazienti che entrarono ad Ambergate tanti anni prima senza mai fare ritorno alle proprie dimore. C'è la valigia con il vestito da sposa, quella con pochi effetti personali e poi, la più interessante, quella con un acquerello firmato accompagnato da un orsacchiotto fatto a mano, una spazzola per capelli, un coprifasce per neonato e un vestito a fiori sicuramente appartenente a una ragazza solare e giovane. Insieme a tutto ciò vi è un biglietto che riporta il messaggio "Il tuo bambino è vivo" insieme a un indirizzo.
Da qui parte la ricerca di Sarah, decisa a saperne di più sulla proprietaria di quella valigia.


La storia, quindi, inizia negli anni Cinquanta del Novecento quando ad Ambergate arrivano in contemporanea l'allieva infermiera Ellen Crosby e la paziente psichiatrica Amy Sullivan, entrambe ragazze, quasi ventenni.
Lo scenario è raccapricciante: donne e uomini separati, alcuni dei quali chiusi in gabbie isolate, tutti con le stesse tute deformi, con i capelli tagliati corti, destinati a dormire in camerate. C'è chi non parla più da una vita, come l'anziana Gertie, rinchiusa da oltre quarant'anni; c'è chi crede di essere una regina, come Queenie; c'è chi ha subito abusi e ha conseguenti disturbi comportamentali come Belinda; c'è chi, come Amy, è stata rinchiusa dal padre, dopo aver tentato di suicidarsi e di portare con sé la figlia della sua matrigna.
Ma Amy quell'episodio non lo ricorda più. Lei crede di essere normale, di essere stata rinchiusa ingiustamente dopo la morte della madre. E forse la ragazza non sarebbe arrivata a tanto se non fosse stata perennemente abbandonata dagli affetti più cari. Di lei si occupa il dottor Lambourne che è stato ammaliato dalla ragazza sin dal primo momento. Si tratta però di una paziente... per farle recuperare la memoria, le prescrive l'elettroshock, pratica all'epoca in voga. I ricordi cominciano a riaffiorare, ma la voglia di Amy di evadere da lì permane. E Amy non è una ragazza stupida, anzi, tutt'altro: vuole puntare sul fascino che esercita sul medico.
Tra i due ci sarà qualcosa, ben più che una passeggiata in riva al lago. Amy rimarrà incinta, mentre il dottore cambierà ospedale preservando la carriera, abbandonando nuovamente quella ragazza a se stessa.
Ellen Crosby tutto questo lo vive come infermiera. Non riesce proprio ad essere fredda come la caposala, affezionandosi alle pazienti. Lei e Dougie sono gli unici a trattare le persone lì rinchiuse come esseri umani. Ed Ellen è la sola a credere ad Amy quando dice di essere incinta del medico scomparso nel nulla.
La morte del padre prima e l'egoismo del dottore poi condurrà Amy a vivere tutta la propria giovinezza reclusa tra le mura di Ambergate che, ormai, diventa per lei una casa.
Solo anni dopo, quando Sarah ritrova la valigia, per Amy riaffiora il passato... un passato duro da accettare, che la porterà a confrontarsi nuovamente con chi è andato via e con chi era stato creduto morto.


Il romanzo della Hughes è molto coinvolgente e, non negherò, angosciante. Nei cosiddetti "manicomi" venivano rinchiuse non solo persone con evidenti problemi psichiatrici, ma anche coloro che erano considerati "rifiuti della società": la ragazza abusata, quella abbandonata sull'altare, chi si era rifiutato di condurre una vita già decisa da altri, chi era stato vittima di qualche disgrazia, a volte chi era troppo povero e vagava come un clochard.
Avrei preferito, dopo tanta sofferenza, leggere un lieto fine per Amy che è stata sfortunata sin dal principio e, invece, nemmeno quello. Perché il dottor Lambourne che torna a trovarla dopo aver costruito la propria vita con un'altra donna solo per il fatto di aver scoperto di averla messa incinta, non è un bel finale. Non rivela romanticismo, anzi, la stessa natura del medico è sottolineata nelle sue parole: se avessi saputo prima che aspettavi il nostro bambino, non ti avrei mai abbandonata. Quindi il valore di una donna risiede solo nella capacità di contenere un figlio? E tutto il resto? Amy, come persona, non aveva alcun valore? Amy, al contrario, amava il dottore, ma non era realmente ricambiata, tanto che l'uomo sceglierà la carriera. E quel figlio, creduto morto, purtroppo rimarrà vivo: venuto al mondo con il cordone ombelicale intorno al collo, tornerà a respirare troppo tardi. L'ipossia lo renderà ritardato, rendendolo destinato a un istituto, se non fosse che una coppia preferì adottarlo. Lo scenario conclusivo è tutt'altro che allegro: un figlio ritrovato, ormai quasi cinquantenne, con evidenti problemi e ridotto su una sedia a rotelle.

Come dicevo, il romanzo è molto bello, ricco di dettagli, ma forse troppo crudo nel disegnare una realtà che riflette quanto accaduto a migliaia di persone negli anni passati.
Consigliato se ritenete di poter aver un animo capace di distaccarsi, di non entrare in totale empatia con i protagonisti del romanzo.

domenica 2 settembre 2018

Recensione di "La lettera" di Kathryn Hughes

Buon pomeriggio lettori! Si torna dalle vacanze con un po' di nostalgia per il mare e le calde giornate, ma allo stesso tempo travolti dall'entusiamo delle nuove esperienze che stanno per iniziare.
Dato che le attività riprendono a pieno ritmo, eccomi con una mia nuova recensione, quella di "La lettera" di Kathryn Hughes.
Ho acquistato questo romanzo in un giorno di pioggia torrenziale. Era il 31 marzo scorso, mi trovavo a Nettuno per una passeggiata e, improvvisamente, è iniziato il diluvio, seguito da potenti raffiche di vento. Sono entrata nella piccola libreria Mondadori per cercare riparo e non ho potuto fare a meno di curiosare tra gli scaffali. Mentre fuori imperversava una tempesta, mi immergevo tra le pagine di alcuni libri, finché questo non ha attratto la mia attenzione. In primis il nome dei due personaggi nominati sul retro della copertina, Tina e Chrissie… e non so perché ho pensato a Christina, evocando logicamente attinenze, peraltro corrette, con il mio nome. E poi c'era una storia, romantica, malinconica, a tratti dura e pungente che si insinuava lentamente nell'animo. 


Trama: Quanto può durare un ricordo? Tina se lo chiede ogni sabato, davanti ai vestiti usati che vende per beneficenza. E se lo chiede quando, in una vecchia giacca, trova una lettera che risale al settembre 1939. E che non è mai stata spedita. Chi saranno mai Chrissie, la destinataria, e Billy, l’uomo che nella lettera implora il suo perdono? Qual è la storia che li unisce? E che ne è stato di loro?
Inseguire quel ricordo ingiallito diventa ben presto per Tina una ragione di vita, l’unico modo per sfuggire a un marito violento e a un’esistenza annegata in un oceano di rimpianti. Con una passione e un coraggio che non sapeva neppure di avere, Tina inizia quindi a scavare nel passato, intrecciando ricordi arrossati dal sangue della guerra e confusi dalle nebbie del tempo. Inizia a lottare per cambiare. Per vivere, finalmente. Perché sa che aggrapparsi a quel ricordo significa non arrendersi, sfidare il destino, scommettere sulla propria felicità. E che non è mai troppo tardi per perdonare. Soprattutto se stessi. Una storia che regala un crescendo di emozioni e in cui ogni donna si può identificare; un’autrice che sa raccontare con slancio e sincerità la forza dei sentimenti: ecco perché La lettera ha entusiasmato i lettori di tutto il mondo, diventando in brevissimo tempo un autentico bestseller e rimanendo nel cuore di chiunque abbia trovato, nella vita dei suoi personaggi, una scintilla della cosa più preziosa in assoluto: la speranza.

Tina lavora e vive a Manchester. È segretaria in un ufficio e impiega anche il suo tempo in un charity shop, dove ogni giorno vengono portati abiti usati. Questo piccolo negozio è anche un rifugio dalla sua vita, quella che un tempo aveva sognato fosse diversa, al fianco dell'uomo che amava e che aveva sposato… prima che diventasse un alcolizzato violento e che lei lo perdonasse tutte le volte in cui le alzava le mani contro, trasformando quella relazione in un amore tossico, in un rapporto tra carnefice e crocerossina. 


Un giorno al charity viene portata una vecchia giacca, di buona fattura; nella tasca interna era contenuta una lettera, mai aperta e mai spedita, indirizzata a una certa Christina (Chrissie) da Billy, nel settembre 1939. Inizia da qui l'indagine condotta da Tina e rivolta alla storia di una sua omonima, vissuta tanti anni prima, destinataria di una bellissima lettera d'amore allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. 


E mentre Tina svolge le sue ricerche a Manchester, combattendo con i ripensamenti e le ricadute del marito, lontano da lì, in America, un trentaquattrenne di nome William sta per partire alla volta dell'Irlanda per andare a cercare la sua madre biologica, di cui possiede vaghi ricordi e un nome sbagliato.

Quello di Chrissie e Billy sarà un amore intenso, ostacolato da un padre autoritario, dallo scoppio della Guerra e infine dalle volontà di una zia troppo devota. Una storia che ha provocato tanto dolore, ma che almeno prevede un lieto fine. 


È indubitabile che le storie riguardanti vecchie lettere e vicende di un recente passato, come quello riferito alla Seconda Guerra Mondiale, provochino un certo fascino e generino sentimenti intensi. 
"La lettera" è un romanzo avvincente, che arriva dritto alle corde del cuore, con personaggi intessuti sapientemente sulle righe della realtà. Le due protagoniste Tina e Chrissie sono accomunate da un nome, ma anche da un destino crudele: quello di perdere entrambe, seppur in maniera diversa, il frutto del loro vero amore, il bambino che portano in grembo. Entrambe sono personaggi dolci (forse a volte eccessivamente), forti, caritatevoli, innamorate dell'amore e sarà proprio questo loro carattere, così atipico forse, a renderle talvolta vittima degli abomini altrui.

Billy è, invece, il classico bello e dannato, che ha avuto tante ragazze, ma perde la testa per la più dolce di tutte, Chrissie, giungendo ad amarla più della sua stessa vita; al contrario, Rick (marito di Tina), se prima poteva somigliare al classico principe azzurro, con il tempo rivela il suo volto reale, violento, triste e insaziabile, che lo condurrà alla rovina. Quando si compie del male, infatti, quest'ultimo non produce un effetto limitato, ma si ripercuote con un raggio d'azione piuttosto vasto su molte persone, facendole talvolta cadere nell'oblio. Solo le più forti, coloro che hanno il coraggio di vivere, risorgono come fenici dalle proprie ceneri, riportando a tingere i giorni futuri di luce.

Veramente un bel libro che consiglio assolutamente. Il vero amore può abbattere le barriere dello spazio, del tempo e persino di tante stupide e nocive correnti di pensiero.

«So che l'amore rende ciechi, ma non sapevo rendesse anche stupidi».


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