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martedì 9 settembre 2025

Recensione di "Ci vediamo in Cime tempestose" di Tessa Bickers


Buon pomeriggio e ben ritrovati! Oggi vi porto a conoscere un libro il cui titolo è ispirato al celebre romanzo di Emily Brontë: si tratta di "Ci vediamo in Cime tempestose" di Tessa Bickers.


Trama: Quando Erin si rende conto di aver dato via la sua vecchia copia di Il buio oltre la siepe, si sente crollare il mondo addosso. E non solo per il libro in sé, che già sarebbe una perdita incalcolabile, ma perché quelle pagine erano piene di note che lei aveva scritto per Bonnie, la sua migliore amica scomparsa troppo presto. Atterrita all’idea di aver perso quell’ultimo ricordo di lei, torna nella biblioteca di quartiere dove lo aveva lasciato per errore e si accorge che, nel frattempo, qualcuno lo ha preso in prestito e ha risposto a tutte le sue note, aggiungendo commenti personali e spunti di riflessione. E, alla fine, un invito: «Ci vediamo in Cime tempestose?» È l’inizio di una corrispondenza fatta di confidenze, critiche letterarie e confessioni a cuore aperto. È l’inizio di un legame forte così come può essere solo quello tra chi condivide la stessa passione per i libri. È l’inizio di un amore tenero e sorprendente, un raggio di luce in due vite che fino a quel momento erano state costellate di amarezza e delusioni. Ciò che Erin non sa, però, è che la persona cui sta aprendo la sua anima non è affatto uno sconosciuto, ma un fantasma del suo passato, il ragazzo di cui si era quasi innamorata, prima che lui rovinasse tutto, spezzandole il cuore. E adesso dovrà trovare il modo di superare i vecchi rancori e imparare a perdonarlo, se vuole che il loro amore di carta si trasformi in realtà…
Tenero, arguto e deliziosamente nostalgico, questo romanzo è un delicato inno all’amore per la lettura e al potere che hanno le grandi storie di farci superare i momenti difficili… e, a volte, persino di farci trovare l’anima gemella. Perché non c’è relazione più profonda di quella tra persone che amano gli stessi libri.


Come sempre, sarò sincera nelle recensioni che scrivo e pubblico sul mio blog. È raro che abbia letto un libro talmente noioso da avere voglia di sfogliare l’ultima pagina e salutarlo. Purtroppo, questo è il caso di “Ci vediamo in Cime tempestose”. Nonostante sia stato pubblicizzato come un caso editoriale, come una romantica storia d’amore, l’ho trovato davvero infinito e ripetitivo.
Tutto ruota attorno alla storia di due ragazzi che non si sono più rivisti dai tempi del liceo, Erin e James. Erin si è appena licenziata ed è alla ricerca di un lavoro che la soddisfi; James, invece, ha un’occupazione di successo, ma non ne è contento. Entrambi sentono di aver bisogno del loro posto nel mondo, hanno un disperato desiderio di trovarlo, ma devono prima individuare la strada giusta. Sia Erin che James sono traumatizzati, in qualche modo, dalle rispettive famiglie: la ragazza è “sopravvissuta” al divorzio dei suoi genitori e al fatto di aver scoperto che sua madre era l’amante del professore di letteratura, da lei ammirato alla follia; il ragazzo, invece, deve fare i conti con il bipolarismo della madre, che ritiene la sua nascita responsabile di tutte le sue disgrazie.
Erin e James al liceo erano legati da un’amicizia, mai sfociata in qualcos’altro poiché facevano in realtà parte di un trio: con loro c’era sempre Bonnie, cara amica poi morta di cancro, che sarà onnipresente in tutti i capitoli del libro. Erin, soprattutto, ricorda ogni minimo momento con lei, addirittura vede il suo fantasma seduto nella sua camera e ci parla. Seguendo il consiglio dell’amica di inseguire i propri sogni, Erin finisce però per agire e vivere pensando a cosa farebbe Bonnie in quella determinata situazione.
Nelle vite di Erin e James si inserisce, del tutto casualmente, il piccolo angolo bookcrossing dove Erin, disfandosi di alcune cose, ritrova “Il buio oltre la siepe”, libro cui era legata per via del biglietto contenuto al suo interno con le parole di Bonnie. Tutto inizia quando Erin sfoglia le pagine e trova, segnati ai margini, commenti alla narrazione. Così la “Ragazza dei margini” (Erin) e “L’Uomo del mistero” (che, casualmente, è James) iniziano a scambiarsi libri, scrivendosi commenti e messaggi proprio lungo i margini bianchi delle pagine. Ed è attraverso questa atipica corrispondenza che entrambi individueranno la strada giusta per andare avanti e quella per stare insieme una volta scoperte le rispettive identità.


Se l’idea del bookcrossing e dei messaggi scritti sui libri è l’elemento che più mi ha ispirata, facendo sì che scegliessi questo romanzo in libreria riponendovi alte aspettative, tutto il resto della narrazione mi ha totalmente delusa. Sin dalle prime pagine, la storia non mi ha coinvolta, rivelandosi con un ritmo estremamente lento e ripetitivo. Erin e James vivono il proprio presente pensando continuamente alla scuola, a quanto accaduto in passato, come se fossero rimasti eterni adolescenti alle prese con bullismo e problemi vari. Bonnie, descritta quasi come una santa, costella ogni singolo respiro di Erin e James, che appaiono invece come due appendici senza carattere. Gli elementi “tragici” – alias la malattia e la morte di Bonnie, il bullismo subito da James e la malattia mentale della mamma di James – avevano lo scopo di riportare la narrazione su un piano più riflessivo, ma il tutto andava sviluppato meglio…

In 352 pagine lo spazio c’era tutto per poter scrivere un romanzo degno di questo nome con un filo conduttore che fosse realmente quello di un amore letterario. Peccato per l’opportunità del tutto sfumata: il sentimento tra Erin e James si prospetta, infatti, come un legame adolescenziale acerbo e rimasto tale, ricco di risentimenti e mai maturato nel tempo.
Gli amori che “fanno dei giri immensi e poi ritornano” (per citare Antonello Venditti) devono essere tali, con la A maiuscola, senza essere confusi con le cotte liceali tra compagni di scuola che, a rifletterci dopo anni, ti fanno pure vergognare un po’.
Lettura sconsigliata a chi cerca un libro che parli di libri, come farebbero pensare sia il titolo italiano, sia quello inglese (“The Book Swap”) e la copertina.
Vi aspetto alla prossima recensione e vi lascio intanto con tre piccoli estratti che, invece, ho apprezzato.

«Se dovessi immaginare la mia vita nel futuro, sarebbe il prosieguo di ciò che ho appena iniziato. Insegnare alla gente ad amare i libri come li amo io.»

«Con questa storia di passarle i libri su cui le scrivi domande e annotazioni… in pratica le stai dicendo che la ami.»

«Non ignorare la voce del cuore dicendo sì a qualcosa solo perché sai di poterlo fare. Non sempre la strada più semplice è la migliore.»

 

venerdì 23 maggio 2025

Recensione di "L'uomo che portava a spasso i libri" di Carsten Henn

Buonasera amici lettori e bentornati per la seconda volta in un mese! Miracolo? Forse. Avevo tanto bisogno di tornare alle mie vecchie abitudini, ma a volte è necessario fare anche i conti con gli impegni quotidiani che non è possibile rimandare.

Ebbene, sono qui a parlarvi di "L'uomo che portava a spasso i libri" di Carsten Henn.


Trama: Nonostante i suoi settantuno anni, ogni giorno il libraio Carl Kollhoff parte per il suo “giro”; infatti è addetto alla consegna a domicilio dei libri ordinati dai suoi clienti più speciali. Lettori voraci che sono diventati suoi amici e che lui chiama come i personaggi dei grandi classici della letteratura: da Mr Darcy, un vecchio cliente che vive da solo in una grande villa, al dottor Faust, che legge solo saggi storici, passando per Jane Eyre, la signora Calzelunghe, Ercole e molti altri. Ma una sera, durante il suo percorso attraverso il centro della città, sbuca al suo fianco una bambina dai ricci scuri, col viso pieno di lentiggini. Ha nove anni e dice di chiamarsi Schascha, indossa un cappotto giallo e occhiali da aviatore su un casco di cuoio. Ignorando la reazione infastidita e un po’ burbera di Carl, lei continua a tornare e, ogni volta un po’ di più, comincia a incrinare la rigida routine dell’anziano e a fargli mettere in discussione le sue idee sulla vita. Quando Carl perde inaspettatamente il lavoro, servirà la forza delle storie e di una bambina un po’ petulante perché tutti i personaggi coinvolti, compreso lui, trovino il coraggio di superare i loro problemi e di aiutarsi a vicenda.

Foto di Ksenia Chernaya 
(https://www.pexels.com/it-it/foto/libri-negozio-biblioteca-interni-3952076/)

Nella mia lunga lista di libri da leggere, "L'uomo che portava a spasso i libri" era stato segnato da tempo, finché non mi è stato regalato. Come più volte esternato, i libri che parlano di libri sono forse tra i più belli. Le storie affascinano la gran parte di noi, sin dall'infanzia, ed è sempre magnifico quando c'è qualcuno - sia esso un lettore o uno scrittore - che sa raccontarle.
Carl lavora in una libreria da tanti anni. Le storie sono la sua passione, conosce un numero infinito di autori e di libri e ha un buon rapporto con i lettori. In realtà, il suo è un lavoro particolare: Carl "porta a spasso i libri", ovvero li consegna a domicilio. Questo gli consente di attraversare la città a piedi e di conoscere i clienti, molto più di quei pochi secondi trascorsi in negozio al momento dell'acquisto.
Così ogni affezionatissimo cliente, proprio per le sue caratteristiche, ha ottenuto un soprannome: c'è Mr. Darcy, un gentiluomo solitario che vive in una grande e bellissima casa, è innamorato dell'amore e vorrebbe una donna accanto a sé (perché ritiene che una donna che legge sia un bellissimo spettacolo); c'è la signora Calzelunghe, un po' bizzarra, che non mette piede fuori di casa da tanti anni; c'è Jane, che ama le storie tristi, forse perché riflettono la sua vita trascorsa accanto a un uomo violento da cui non riesce a fuggire; c'è suor Amaryllis, ultima del suo ordine che non vuole lasciare il monastero; infine, "Il Lettore", che in realtà è uno scrittore senza il coraggio di farsi leggere e conoscere.
Carl percorre le stradine della città ogni giorno, finché non incontra una bambina speciale, Charlotte, detta Schascha, che lo accompagnerà sempre nelle sue avventure. Questo duo così particolare - un signore di 71 anni con un cappello verde in testa e una bimba di 9 anni con un cappotto giallo e gli occhiali da aviatore - fa visita ai tanti lettori della città, regalando loro storie e cambiando anche le loro esistenze.
Infine, si sa la forza dei libri è tanta e chi non legge questo non può capirlo. Anche Carl, il vecchio e gentile libraio, avrà bisogno di vicinanza e di una scintilla che riaccenda in lui l'amore per quella missione che lo ha animato per tutta una vita.

Foto di Andrea Piacquadio
 (https://www.pexels.com/it-it/foto/ragazza-in-camicia-blu-che-indossa-occhiali-da-lettura-libro-di-lettura-3755716/)

Di questa fiaba ho amato la piccola Charlotte che, come un magico folletto, affianca Carl nella sua missione di regalare storie ai cittadini e, successivamente, a chi più ne ha bisogno. È una bimba fantasiosa e fuori dal mondo, intelligente e altruista, perfetta per diventare una libraia quando sarà adulta, ma anche una scrittrice (è brava a disegnare e a creare personaggi). Se ve lo state domandando, la risposta è sì, questa bimba mi ha ricordato me stessa quando avevo la sua età.

È sicuramente un libro consigliato a chi ama le storie, le fiabe, i libri, la gentilezza. I primi capitoli scorrerranno un po' lentamente, tanto da farvi domandare "Ma tutto il libro sarà così? Con lo stesso percorso di Carl, le stesse persone da incontrare, gli stessi gesti da compiere?"; poi, verso la metà, tutto inizia ad acquisire un senso e la quotidianità di Carl Kollhoff si trasforma nella fiaba ideata da Carsten Henn.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!

«Sai, amo molto i libri, perciò non li brucio. Anche se penso che sia accettabile bruciarli, ma solo in via eccezionale, per riscaldarsi quando l'inverno è molto freddo e si rischia di morire congelati. In quel caso possono salvare delle vite. Possono farlo in più di un modo, riscaldandoci il cuore e, nelle emergenze, il corpo.»

«Sai, le persone dimenticano sempre più spesso di leggere. Eppure tra le copertine ci sono degli esseri umani con le loro storie. In ogni libro c'un cuore che inizia a pulsare mentre lo leggi, perché è legato a quello del lettore.»

«Sai, non esiste un libro che piaccia a tutti. E se esistesse, sarebbe un brutto libro. Non si può essere amici di tutti, perché ciascuno è diverso. Bisognerebbe essere senza personalità, senza angoli né spigoli. Ma anche in quel caso, molti non ti apprezzerebbero, perché hanno bisogno di angoli e spigoli. Capisci? Ciascuno necessita di libri diversi, perché ciò che una persona ama dal profondo del cuore ne lascia un'altra del tutto indifferente.»

«Naturalmente un libro si poteva strappare via, ma una persona che legge gode di una protezione speciale, come se fosse impegnata in un'attività sacra.»

«[...] penso non ci sia nulla di più bello di una donna che legge. Quando si immerge in un libro e dimentica tutto ciò che la circonda, perché è da tutt'altra parte.»

«La differenza tra un romanzo con il lieto fine e uno senza è solo quando si smette di raccontare la storia.»

«Perché i libri hanno bisogno di qualcuno che indichi loro la strada giusta.»

lunedì 16 settembre 2024

Recensione di "La collezionista di libri" di Elisabeth Beer

Buonasera a tutti amici! Avete già preso il vostro bel plaid, il libro preferito e una tazzona di thè? Bene, siete nella giusta modalità "lettore in autunno/inverno"!

E dato che su questo blog si parla di libri, vi porto a vivere un'avventura letteraria alla ricerca della Tabula Peutingeriana. Che cos'è? Lo scoprirete.


Trama: Sarah va a caccia di libri, ma non solo. Colleziona mappe, ama i manoscritti e le vecchie carte geografiche, e si trova decisamente più a suo agio con le pagine stampate che con le persone. Dalla morte della zia Amalia, che ha cresciuto lei e sua sorella, Sarah vive da sola nella sua villa circondata da un rigoglioso giardino in fiore e da tantissimi volumi antichi. Infatti, ha deciso di portare avanti la passione della zia, rilegando libri e prendendosi cura della sua sterminata biblioteca, con l'unica compagnia delle sue amate tartarughe Bonnie e Clyde. Ma tutto cambia improvvisamente quando Benjamin, un giovane bibliotecario della British Library, bussa alla sua porta: ha bisogno di aiuto per rintracciare un'antica mappa stradale romana, un incarico che la zia Amalia aveva accettato poco prima di morire, ma che non era riuscita a portare a termine. Così Sarah decide di partire con Ben all'avventura a bordo della sua vecchia auto, in compagnia delle due tartarughe, alcuni atlanti polverosi e tantissime domande in cerca di una risposta. Inizia un viaggio che li porterà in Francia e in Inghilterra, nell'incredibile mondo dei libri da collezione e delle mappe smarrite, e sulle tracce del passato di Amalia. Un viaggio che forse cambierà per sempre le loro vite.


Sarah è una restauratrice e collezionista di libri. Nella vecchia casa vicino Colonia, il suo laboratorio è pieno di carta, copertine e collanti, utili a far tornare in vita antichi testi. Tutto quel lavoro glielo ha trasmesso sua zia, Amalia, che è stata per lei e sua sorella Milena anche una madre e un padre, proprio quando i genitori morirono in un tragico incidente aereo in Brasile. Amalia si prese cura delle due bambine, finché divennero donne, entrambe con la propria strada: Milena si sposò, ebbe due figli e fece la mamma a tempo pieno (impiego imposto dal marito); Sarah, invece, decise di seguire le orme della zia.

Amalia ha, però, lasciato anche tanti debiti. Il solo modo per risanarli in parte è quello di vendere alcuni oggetti ed è nel corso di un’asta organizzata da Sarah presso la propria dimora che conosce Ben, il ricercatore della British Library, aspirante bibliotecario. Amalia, prima di morire, lo ha contattato perché voleva parlargli dell’ultimo frammento della Tabula Peutingeriana, una magnifica mappa romana dell’Impero, replicata in epoca medievale. Era convinta che Ben potesse essere interessato, ma la morte sopraggiunta aveva interrotto i rapporti epistolari. Sarah vede in Ben la possibilità di risanare le casse: se il frammento fosse stato trovato, la British Library avrebbe sborsato una bella cifra anche per lei in qualità di consulente. E allora perché non intraprendere quest’avventura alla ricerca dell’ultimo frammento della Tabula, provando a interpretare i pochi indizi lasciati dalla zia nei suoi taccuini? Il viaggio condurrà Sarah, Ben e le due tartarughe Bonnie e Clyde in Francia, poi a Londra e infine verso Audley End. Ma il prezioso documento sarà ancora lì, dove zia Amalia credeva?

Tabula Peutingeriana (Conradi Millieri, Public domain, via Wikimedia Commons)

Cosa ha attirato la mia attenzione in libreria? Ben due elementi. In primis, la Tabula Peutingeriana che, per un’archeologa, è documento noto. L’esame di cartografia alla triennale lasciò molti ricordi di questa riproduzione delle strade dell’Impero conservata in Austria, per non parlare degli anni di specializzazione e dottorato successivi che me la riportarono davanti più volte.

Il secondo elemento sono le tartarughe. Non ho potuto fare a meno di pensare alle tartarughe d’acqua di mia sorella, Achille e Tartina, che a soli 4 anni, sono già diventate enormi. Mi ha fatto simpatia questa ragazza che, provando a intraprendere una bella avventura, pensa anche a questi due esserini verdi, scivolosi, puzzolenti e troppo carini.


La narrazione, condotta da Sarah in prima persona, si divide tra presente e ricordi, dall’infanzia alla morte della zia Amalia. Oltre il fatto in sé, ovvero la ricerca del frammento perduto che è in stile Indiana Jones anche se molto più soft, con tanto di avversario, l’autrice ha provato a dar voce ad altre tematiche a partire dai due protagonisti. Ben, per esempio, è inglese, di origini africane. Ha la pelle nera e questo sembra essere sempre stato un elemento discriminatorio. Sarah, invece, è descritta come una persona altamente sensibile, fin troppo, molto intelligente, portata soprattutto per i calcoli matematici e per la chimica, diversa da tutti gli altri, con difficoltà a relazionarsi con il prossimo per via della timidezza e del suo carattere, incapace di sopportare troppa confusione, troppi stimoli, fino a rinchiudersi su se stessa. La ragazza sembra riflettere alcuni aspetti della sindrome di Asperger, rientrante nei disturbi dello spettro autistico. L’autrice, però, chiarisce alla fine del romanzo di aver accantonato l’idea di una Sarah con autismo perché trovava notevoli difficoltà nella narrazione. Sarah è divenuta, perciò, una protagonista particolare, non la solita ragazza brillante e tutta gioiosa, ma riflessiva, tanto da sembrare distaccata, con tante ferite e un cuore pronto ad amare davvero, a dispetto di coloro che l’hanno illusa.

Non si tratta sicuramente del romanzo del secolo, ma è una storia carina, con un filo rosa romantico che emerge in quella che è la tragedia iniziale – la morte dei genitori di Sarah e Milena – e quel pizzico di avventura storica che regala sempre qualche emozione. Chi non vorrebbe girare il mondo alla ricerca di qualcosa di perduto, seguendo indizi, decifrando scritture crittografate, scoprendo posti nuovi? A me batte il cuore solo a pensarci. Unica nota da migliorare, rivolta alla casa editrice: sono sfuggiti alcuni punti interrogativi in frasi affermative, probabilmente esito della traduzione, che andrebbero logicamente rimossi per rendere il tutto più leggibile.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!


«Non è facile incontrare qualcuno che ti ami con la stessa intensità e nello stesso momento in cui lo ami tu. Ne ero consapevole. […] In base alla mia esperienza, l’amore era segnato da un girotondo infinito di desideri irrealizzati, occasione perse, asincronia e, non di rado, fraintendimenti».

«Ogni volta che vedo il mare, penso al cielo stellato. Ogni volta che vediamo qualcosa di bello, di chiaro e lucido ci dimentichiamo del buio, eppure è il buio a renderlo visibile. Mi domandai come fosse possibile che una carezza delicata, data con il pollice per asciugarmi la guancia, potesse ricordarmi che da troppo tempo nessuno mi toccava. Mi abbracciava, mi stringeva la mano, mi lambiva il braccio, il viso, le labbra, me».

«Forse le affinità elettive esistono davvero e due persone, in città a centinaia di chilometri di distanza con in mezzo il mare, girano la stessa pagina nello stesso istante, ridono e piangono negli stessi punti, gli occhi fissi sulle parole stampate in lingue diverse».

«I sentimenti non sono logici, Sarah. Molti ci sono e basta. […] A volte un sentimento è come un messaggio in codice per l’altra persona, ma l’altra persona non ha la chiave per decifrarlo e capire cosa le sta realmente accadendo». 

«Credo che quello che hai detto una volta sia vero, me ne rendo conto a mano a mano che mi spengo: l’amore è quel che resta quando tutto scompare».

lunedì 26 agosto 2024

Recensione di "Il romanzo degli istanti perfetti" di Thomas Montasser



Buon pomeriggio a tutti, amici! Come state? Lo so che è quasi finito agosto e che per molti, me inclusa, questo significa soltanto una cosa: ritorno alla routine nelle nostre caotiche città (Roma va incontro al Giubileo... non riesco nemmeno a pensare a quale genere di traffico potrà esserci!), ma anche nuovi progetti. Settembre è il nono mese dell'anno in teoria, ma in pratica diventa il primo in relazione alle novità, o alla ripresa lavorativa.

Certamente, i libri mi hanno fatto compagnia e proseguiranno a farmene, quindi direi di iniziare con il primo della lista.


Trama: Marietta Piccini lavora nella redazione di una minuscola, raffinata casa editrice inglese. Un pomeriggio, sui gradini della London Library, viene investita da una folata di vento che manda all’aria le sue carte. Nell’affannarsi a raccoglierle, si appropria accidentalmente di un misterioso pacchetto che, una volta a casa, rivela un contenuto intrigante: il testo battuto a macchina di un romanzo che Marietta, curiosa, inizia a leggere senza più riuscire a smettere… È la storia, fitta di ostacoli e complicazioni, di un tale Paul Swift, impiegato di banca di trent’anni affetto da inguaribile ottimismo e da una profonda fame di vita. Affascinata, Marietta non può fare a meno di seguire gli indizi di cui il romanzo è disseminato nel tentativo di risalire al suo autore. Per provare a scrivere insieme a lui il proprio, meritatissimo lieto fine. Romantico, sognante e venato di saggia ironia, Il romanzo degli istanti perfetti è un inno ai capricci del caso e al potere della letteratura: un piccolo monumento all’amore per i libri, tutti i libri – anche e soprattutto quelli destinati a restare chiusi in un cassetto.


Marietta Piccini è di origini italiane – umbre nello specifico –, ma come tanti italiani lavora all’estero, a Londra, nella redazione di una piccola casa editrice diretta da Mr. e Mrs. Thornton.
Durante una giornata iniziata in modo apparentemente sfortunato, Marietta trova un dattiloscritto, quasi completo. Si guarda intorno, chiede in biblioteca, ma non trova il proprietario. Da brava redattrice, sfoglia qualche pagina, poi lo legge tutto e si innamora di quella storia senza finale, portandola all’attenzione del suo capo che, d’accordo con le sue impressioni, vuole pubblicarla. Ma una storia senza finale può essere pubblicata? I Thornton pensano di poter scrivere la parte mancante, o di affidarla a Marietta, ma nessuno dei tre, pur provandoci, trova corretto intervenire su un testo altrui.
Intanto, Paul Taylor Swift, dopo essere stato lasciato dalla compagna ed essere incappato in una serie di sfortunati eventi (sì, proprio come il noto ciclo di romanzi per ragazzi diLemony Snicket), perde anche il manoscritto e mette l’inserzione sul Times… peccato che Marietta, invece, metta l’inserzione riguardante il suo ritrovamento sul Guardian, sbagliando però il suo numero di telefono.

I due, quindi, si rincorrono quasi negli stessi posti, sempre a poca distanza l’uno dall’altro, senza incontrarsi mai. Marietta decide di cercare Paul, dopo aver capito che nel manoscritto è narrata la sua storia, òa storia del suo autore: uno dei personaggi è proprio lui, poi ci sono tutti gli altri che incontra sul bus la mattina, così come i luoghi di riferimento. Il manoscritto è pieno di indizi, ma la sfortuna di Swift è anche molto grande.


Si incontreranno alla fine Marietta e Paul? Questo lo scoprirete leggendo il libro. Sta di fatto che, se Marietta non avesse trovato il manoscritto, la sua vita avrebbe certamente proseguito a scorrere in modo costante e a tratti noioso. Quelle pagine dattiloscritte hanno aggiunto quel pizzico di pepe che, in una grigia, piovosa, ma anche affascinante Londra, ci voleva proprio!

La storia di per sé è molto carina. Si basa su una serie di coincidenze, che forse coincidenze non sono e il caso non è davvero un caso, ma una serie di eventi che dovevano proprio svolgersi in quel modo per far sì che accadesse dell’altro. Insomma, forse non è un caso che il manoscritto sia andato perduto perché Marietta e Paul, in qualche modo, dovevano pur venire in contatto.

D’altra parte, però, i primi 8 capitoli scorrono in modo molto lento. Ho trascorso gran parte del tempo a chiedermi “Che diamine aspetta Marietta a mettersi a indagare e a ritrovare Paul?!”. La narrazione si svolge sempre in modo suddiviso, tra la vita di Marietta, quella di Paul (che non si capisce se sia quella reale, oppure la trasposizione narrativa sul manoscritto), quella dei signori Thornton, quella dei personaggi del manoscritto e quella di Dylan, l’amico gallese di Marietta. L’ho trovato abbastanza confusionario nella scelta narrativa e, per tale motivo, può risultare noioso inizialmente. Vi consiglio di non fermarvi e di procedere fino alla fine. Come ho già detto, la storia è carina ed è sempre presente quel filo di magia intrecciato alla speranza che qualcosa di bello possa ancora capitare.

Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto con la prossima recensione!


«Mr Swift cercava e trovava la felicità che si dischiude in un istante. Non la riconosci subito, di primo acchito. Ma è proprio la melodia dimenticata e riscoperta sul retro di un disco. È il profumo di un buon tè Earl Grey, la magia di un pomeriggio al parco. È la gioia di aiutare da lontano, contro tutte le regole, una coppia di sconosciuti oberata dai debiti. Non c’è era felicità più grande per lui».

«La felicità capita per caso, coltivando pensieri positivi». «Ci sono giorni in cui tutto cambia. È successo a chiunque, almeno una volta nella vita, e c’è addirittura chi, quei giorni, li sa riconoscere. Per alcune persone sono momenti in cui d’un tratto ogni cosa, anche le inezie, appare inspiegabilmente carica di significato. A Marietta Piccini capitò di vivere una di queste giornate nel memorabile ottobre di qualche anno fa».

mercoledì 1 novembre 2023

Recensione di "Malinverno" di Domenico Dara

Buongiorno, amici lettori! Siamo ormai entrati in pieno autunno, l'aria inizia a rinfrescare e le foglie a cambiare colore, creando manti arancioni e gialli lungo le strade. E' il tempo del golf, della copertina sulle gambe la sera e di un buon té.

Dove vi porto oggi? A Timpamara, un posto immaginario, ma estremamente reale, dove vive Astolfo Malinverno, bibliotecario e custode del cimitero. Strano abbinamento, no? Eppure tutto ha un perché...


Trama: Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni e promesse. Timpamara è un paese così da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera della regione, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio. E di Timpamara Astolfo Malinverno è il bibliotecario: oltre ai normali impegni del suo ruolo, di tanto in tanto passa dal macero per recuperare i libri che possono tornare in circolazione. Finché un giorno il messo comunale gli annuncia un nuovo impiego: il pomeriggio continuerà a occuparsi della biblioteca, ma la mattina sarà il guardiano del cimitero.
Lettore dalla vivida immaginazione, Astolfo mescola le storie dei romanzi – per i quali inventa nuovi finali – con quelle dei compaesani, dei forestieri, dei lettori della biblioteca e dei visitatori del cimitero, dei vivi e degli estinti. A incuriosirlo è soprattutto una lapide senza nome e senza date: solo una fotografia, una donna dallo sguardo candido e franco, i capelli divisi in due bande liscissime e l’incarnato pallido. Per lui è da subito la sua Madame Bovary, la sua Emma. Attratto dal mistero racchiuso in quel volto, Astolfo si trova a seguire il filo che sembra dipanarsi dalla fotografia: tra i viottoli e le campagne di Timpamara, complice l’apparizione di una giovane sconosciuta nerovestita, prende forma a poco a poco una storia che mai Astolfo avrebbe saputo immaginare.
Domenico Dara unisce il talento dei narratori orali a una scrittura sospesa nel tempo: Malinverno è un romanzo pieno d’incanto sui libri, sul potere delle storie, dell’immaginazione, dell’amore.

Astolfo Malinverno è un personaggio un po' particolare: fa il bibliotecario e ha una gamba più corta dell'altra, caratteristica questa che lo ha sempre fatto sentire difettoso. E' innamorato dei libri, delle storie, ed essendo un lettore, ha una fervida fantasia.
Vive a Timpamara, un paesetto che, nella mia mente, ha sempre avuto l'aspetto di uno dei piccoli centri rocciosi interni alle nostre regioni. E a Timpamara tutto ruota intorno ai libri, anzi, al loro ultimo viaggio: qui infatti c'è il macero, con mucchi di volumi accatastati e fogli volanti lungo le vie della città, ma anche i nomi degli abitanti derivano da quello di personaggi letterari. Astolfo, con la sua biblioteca, rianima in qualche modo i libri, dà loro una seconda opportunità. Un giorno, però, il pensionamento del custode cimiteriale induce il sindaco ad affidare ad Astolfo Malinverno quell'incarico rimasto scoperto.

Foto di Wälz da Pixabay

Astolfo si ritrova quindi ad aprire il cimitero dalla mattina fino al pomeriggio, per poi andare in biblioteca. Tutti i suoi giorni si svolgono così. Quello che sembrava, però, un incarico macabro e anche un po' triste, si rivela diverso. Astolfo, con la sua grande fantasia, riesce ad attribuire storie alle persone che si recano in visita al cimitero, facendo sì che letteratura e realtà si incontrino. E poi c'è lei, quella bellissima donna la cui lapide è totalmente vuota: non c'è nome, non c'è data di nascita, né di morte. Ogni tanto qualcuno le porta dei fiori, i cardi. Scelta particolare... il cardo è un fiore spinoso, che nasce in luoghi selvatici e aridi. Chi sarà quella fanciulla? Astolfo, che sta leggendo Madame Bovary, la chiama Emma, proprio come la protagonista del romanzo di Flaubert, e immagina una storia anche per lei che, apparentemente, non ha un passato, provando un sentimento crescente, quasi reale.

Finché un giorno, proprio come in un romanzo, Emma sembra comparire davanti a lui, emergendo dalla sua fantasia. Chi è quella misteriosa donna avvolta in un abito nero e dallo sguardo così malinconico? Possibile che Emma sia viva e abbia inscenato la propria morte?
Malinverno, un po' detective e un po' uomo di un romanticismo dal sapore ottocentesco, scoprirà la vera, triste storia di Emma, prendendosi cura di quella donna sola e ammantata di nero di nome Ofelia, cui ha consacrato il proprio cuore. E con la sua grande sensibilità condurrà egregiamente il lavoro di custode cimiteriale, senza aver paura della morte, ma quasi accompagnando quelle anime perdute, così come i libri vecchi destinati al macero, cui darà (ebbene sì) degna sepoltura.


Questa lettura si è collocata a cavallo tra Halloween e il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, e la definirei quasi tematica per l'atmosfera che avvolge l'intero racconto. La copertina mi ha subito ricordato il film di Tim Burton, "La sposa cadavere", anche se "Malinverno" tocca tasti totalmente diversi.

Domenico Dara ha creato un personaggio che suscita tenerezza ed è estremamente empatico. Proprio grazie alla sua elevata sensibilità, Astolfo è in grado di percepire lo stato d'animo di coloro che incontra al cimitero e che ruotano intorno ad esso. Si prende cura di tutti, dal cane nero che accompagna i defunti in chiesa, ad Emma senza una storia, ad Elea il risorto, a Caramante con le sue registrazioni, e ad Ofelia... un nome che non dimenticherà mai.

La scrittura è scorrevole, gli intrecci suscitano curiosità spingendo il lettore ad andare avanti, a conoscere meglio Timpamara, i suoi abitanti e soprattutto il mistero che avvolge la tomba di Emma. Il tutto è immerso in quest'aura malinconica, a tratti dolcissima e riflessiva.
Decisamente un bel libro "che parla di libri", di sentimenti e molto altro: consigliato.

Vi lascio con qualche frase tratta da "Malinverno" e vi aspetto con la prossima recensione!


«Perché non nasciamo il giorno in cui vediamo la luce, nell’attimo in cui braccia sconosciute ci trascinano nell’infinito e indecifrabile corso della storia, ma molto prima, quando il pensiero di noi si è insinuato nella mente ancora libera di uomini e donne, quando il nome d’un essere inesistente appare nell’orizzonte sfumato d’una vita possibile».

«[…] perché chi ama, appena scopre nell’altro un cedimento o una manchevolezza, non ha altro scopo che apparare e livellare, che forse a questo serve l’amore, a sentirci necessari, a essere lo stucco sulle incrinature dei vetri, la toppa sugli strappi dei tessuti, il punto tra le pelli lacerate».

«[…] questi amori impossibili che si sfioravano senza mai incontrarsi, che sbagliavano luoghi, che mancavano tempi, e adesso era come se avessi la possibilità anche solo per un momento - e certo per un'illusione - di far coincidere spazi e attimi, come se un finale diverso potesse essere un buon auspicio per la mia storia».

«[…] l’amore eterno non è quello condiviso dei baci, degli abbracci, delle carezze, ma quello solitario e inviolabile degli sguardi, dei sogni, delle immaginazioni».

«”Questi li ho conservati per te”, aveva detto indicando un piccolo scaffale di ferro. “Prendi il romanzo che vuoi e portatelo a casa, e quando finisci di leggerlo vieni a prenderne un altro, e poi un altro ancora, farò in modo che non finiscano mai. Uno alla volta, così sono sicuro che tornerai da me.”
Fu una dichiarazione d’amore che a Catena parve dettata da uno scrittore. Quel giorno portò con sé le Tragedie di Shakespeare, zoppe degli ultimi due atti del Troilo e Cressida. Dopo quattordici libri, Vito chiese ai miei nonni la mano di Catena. Dopo ventisette libri si amarono per la prima volta, di notte, sotto una luna piena e sopra un letto di volumi scaricati quel pomeriggio e provenienti da una biblioteca di testi classici, si amarono per la prima volta sopra le opere complete di Seneca, mentre il collo di lei poggiava sul Simposio di Platone e le sue mani nei momenti di piacere stringevano le Odi di Catullo e la Cynthia di Properzio. Dopo quarantadue libri si sposarono».

«Gli amori veri, credevo, potevano solo essere scritti, o anche sognati, che era un po’ la stessa cosa, e dovevano restare così, intatti come reliquie dentro le teche, come l’amore di Chisciotte per Dulcinea, quello di Werther o di Ortius, come il mio per Emma».

Foto di StockSnap da Pixabay

«Niente che è esistito anche solo un attimo scompare mai completamente, nemmeno i pensieri, nemmeno le preghiere, nemmeno i sogni».

«”Noi siamo più di quello che ricordiamo”. Spesso le cose importanti che ci sono accadute non sono quei ricordi ma il filo sottile che li lega, ciò che avevamo solo intravisto, la carta velina tra una pagina e l’altra che non serve solo a proteggere le foto, dividendole, ma a mascherarle, a farne ogni volta scoperta».

«Perché è questo uno dei grandi paradossi dell’uomo: il senso alla vita viene dato dalla morte. È da lì che nascono il rimpianto, il senso del tempo, la nostalgia, la tristezza, la bellezza di alcuni sguardi, la dolce malinconia di certe carezze, i gesti d’amore che portano il peso inconsapevole della perdita perché quando si bacia qualcuno perché davvero si vuole baciarlo, dentro di noi temiamo che quella cosa potrebbe non più essere, e per questo è bello farlo, perché potrebbe scomparire, potremmo non più baciare, non più accarezzare, e sono queste le gioie che rimangono, le tristezze che nutrono».

«Quando non abbiamo le persone che amiamo ce le inventiamo. Ma tutto, nella vita, funziona così. C’inventiamo sempre ciò che ci manca».

«Perché se il destino dei libri è morire come esseri viventi, anche gli uomini, quando smettono di respirare, non diventano che storie».

domenica 6 novembre 2022

Recensione di "Le piccole libertà" di Lorenza Gentile

Buonasera a tutti dalla mia stanzetta gelida... cari amici, quanto mi manca l'estate! E qui, senza termosifoni, mi chiedo sempre se riuscirò a sopravvivere all'inverno. Una come me, che è un "animale a sangue freddo", necessita di sole, mare e tanto tanto calore. Non bastano le zuppe, le coperte, le bevande calde, quando i muri di casa sono impregnati di freddo e umidità, tanto da non permetterti di ragionare e i termosifoni resteranno spenti e/o tiepidi...

Ad ogni modo, una cosa sono riuscita a farla: leggere, avvolta sotto 5 strati di coperte, terminando il libro che avevo acquistato online con tanta ispirazione (e avevo ragione), dopo averlo cercato disperatamente nelle librerie fisiche di Roma, senza trovarlo.

Si tratta di "Le piccole libertà" di Lorenza Gentile. Lo conoscete?



Trama: Oliva ha trent'anni, una passione segreta per gli snack orientali e l'abitudine di imitare Rossella O'Hara quando è certa di non essere vista. Di lei gli altri sanno solo che ha un lavoro precario, abita con i genitori e sta per sposare Bernardo, il sogno di ogni madre. Nessuno immagina che soffra di insonnia e di tachicardia, e che a volte senta dentro un vuoto incolmabile. Fa parte della vita, le assicura la psicologa, e d'altronde la vita è come il mare: basta imparare a tenersi in equilibrio sulla tavola da surf. Ma ecco arrivare l'onda anomala che rischia di travolgerla. Dopo anni di silenzio, la carismatica ed eccentrica zia Vivienne – che le ha trasmesso l'amore per il teatro e la pâtisserie – le invia un biglietto per Parigi, dove la aspetta per questioni urgenti. Oliva decide di partire senza immaginare che Vivienne non si presenterà all'appuntamento e che mettersi sulle sue tracce significherà essere accolta dalla sgangherata comunità bohémienne che fa base in una delle più famose librerie parigine, Shakespeare and Company. Unica regola: aiutare un po' tra gli scaffali e leggere un libro al giorno. Mentre la zia continua a negarsi, Oliva capisce che può esserci un modo di stare al mondo molto diverso da quello a cui è abituata, più complicato ma anche più semplice, dove è possibile inseguire un sogno o un fenicottero, o bere vino sulla Senna con un clochard filosofo. Dove si abbraccia la vita invece di tenersene a distanza, anche quando fa male. E allora, continuare a cercare l'inafferrabile Vivienne o cedere al proprio senso del dovere e tornare a casa? E soprattutto: restare fedele a ciò che gli altri si aspettano da lei o a se stessa? Quando tante piccole libertà finiscono per farne una grande, rinunciarci diventa quasi impossibile.

Foto di Riccardo Bertolo (da: https://www.pexels.com/)

Una vita perfetta, in cui la più grande trasgressione consiste nel mangiare di nascosto snack orientali piccanti occultati in un cassetto; una vita in cui scegliere il corso di laurea voluto fortemente dai genitori, avere un lavoro apparentemente sicuro, stare con un uomo benestante con cui sposarsi, avere bambini e fare la mamma a tempo (quasi) pieno potrebbe essere per Oliva ciò che caratterizza la sua esistenza. Ma Oliva dentro di sé non ha mai voluto tutto ciò. Ha vissuto per accontentare gli altri e non se stessa. Ciò che aleggia nel suo animo è un perenne senso di colpa, accompagnato a una eterna insicurezza che la porta a non considerarsi mai all'altezza della situazione.
L'unica che l'ha sempre capita è zia Vivienne... scomparsa ormai da oltre 15 anni. Quando l'eccentrica donna - che vive periodi orientali, di meditazione, di avventura, indossa abiti colorati, ama l'arte e la libertà - le invia un biglietto del treno invitandola a raggiungerla a Parigi, Oliva non crede ai suoi occhi. I mille dubbi le affollano la mente - lascerò il lavoro per un po'? E Bernardo starà senza di me? Cosa dirò ai miei genitori, dato che mio padre ha litigato con zia Vivienne? -, ma alla fine parte per la Ville Lumière.
L'appuntamento è alla famosa libreria Shakespeare & Company, dove trova una bellissima compagnia di ragazzi ospitati lì da Sylvia Whitman, figlia di George, che in cambio di un alloggio, lavorano qualche ora immersi tra i libri, consigliando letture ai clienti curiosi. Tra questi c'è Victor, finlandese con occhi azzurrissimi e un basco sempre indossato, che si affianca ad Oliva come un angelo custode, guidandola per Parigi, tra vicoli e negozi, seguendo gli indizi lasciati dalla zia. Sì, perché Vivienne Villa non si è fatta trovare, sembra rimandare continuamente l'appuntamento con la nipote che, intanto, conosce Parigi... e conosce se stessa.


Oliva sa che le sue ansie erano causate da uno stile di vita che non le apparteneva, che non vuole essere perfetta, ma indossare un vestitino a fiori, scarponcini da Mary Poppins e dedicarsi alla pasticceria, che ama la libertà, non vuole necessariamente avere figli e sposarsi. E vuole rimanere a Parigi, in una città che ha sempre amato, con i suoi viali rosati in primavera e l'aria composta di sogni.
Oliva non lo sa, ma zia Vivienne le ha fatto il regalo più grande di tutti: quello di farle ritrovare la sua strada, riprendendo in mano la sua vita, seguendo i suoi desideri.
E dopo 15 anni le due riusciranno a incontrarsi?
Ho amato questa storia sin dalla sua copertina, dove una libreria colorata è abbinata a un curioso fenicottero rosa e agli alberi di ciliegio in fiore. La prima impressione è sempre quella giusta e il romanzo di Lorenza Gentile non mi ha delusa affatto, facendomi venir voglia di visitare Parigi in ogni suo angolo. Si tratta di una storia ironica e anche tanto dolce. Dietro Oliva potrebbe nascondersi ogni lettrice. E devo essere sincera, mi sono ritrovata tantissimo nella protagonista di "Le piccole libertà". Molte volte si dice "sì", invece di un bel "no" perché: potresti fare brutta figura; i tuoi genitori/amici/fidanzato/figli potrebbero offendersi; perché tutti fanno così; perché è consuetudine essere/fare così... ma poi i nostri desideri rimangono chiusi da qualche parte, bussando per emegere, mentre noi li forziamo a rimanere sigillati. Iniziano le ansie, le paure, le sedute dallo psicologo, quando bisognerebbe semplicemente ascoltarsi più a lungo, seguendo solo ed esclusivamente quel che dice il nostro cuore.
"Non si vive per accontentare gli altri" diceva la Regina Bianca ad Alice nel Paese delle Meraviglie. E tutti noi dovremmo tenerlo a mente, iniziando o riprendendo a volerci bene.

Foto di Ron Lach (da: https://www.pexels.com/)

Vi lascio con alcune frasi tratte dal libro e vi auguro buona serata!
«Potrebbe sembrare una tragedia, ma non lo è. Avere una passione ti fa sentire vivo, ti dà una ragione per stare al mondo, è una risorsa cui puoi attingere sempre. Credimi, è meglio avere una passione e non sentirsi all'altezza, piuttosto che non averne affatto e vivere una vita piatta, banale.»

«I libri sono ovunque: sugli scaffali che ricoprono le pareti, nelle nicchie del muro, impilati per terra, sul pianoforte al posto degli spartiti, sotto il pianoforte, sul davanzale della finestra. E' confortante l'idea di poterne prendere uno qualsiasi nel cuore della notte, divorarlo nella semioscurità, scoprire i pensieri di Shakespeare, Virginia Woolf, Yeats, Jane Austen... E' un luogo sicuro, penso, e sorrido senza un motivo preciso, solo perché ho davanti un altro giorno a Parigi.»

«Ogni amico rappresenta un nuovo mondo in noi, un mondo che non è ancora appparso finché egli arriva, ed è solo da questo incontro che nasce un nuovo mondo.»

«Perdersi fa bene, secondo la zia, aiuta a guardare le cose con occhi nuovi.»

«"Quello che voglio dirti", continua Vivienne, "è che abbiamo la possibilità di morire e rinascere in vita, tante volte quante vogliamo. Spesso ci capita di farlo senza neanche accorgercene: un grande dolore ci uccide e quando torniamo a vivere siamo persone diverse. Siamo persone altre, ma se nessuno intorno è disposto ad accettarlo, se nemmeno noi vogliamo questo cambiamento, ecco che lo soffochiamo e teniamo in vita una forma morta di noi. Ognuno di questi passaggi, invece, ognuna di queste rinascite, ci renderebbe più saggi, più umani".»

«C'è una sola cosa a cui sono rimasta sempre fedele: la mia libertà. Anche se voleva dire passare la vita da sola. Anche quando significava non essere capita, venire rifiutata, ferire gli altri. Non c'erano persone che avrei voluto, o potuto essere, se non chi ero io.»

domenica 14 novembre 2021

Recensione di "Il Parnaso ambulante" di Christopher Morley

Buonasera amici, piove qui a Roma, anzi, diluvia come accade ormai da giorni. Sarà anche un problema legato al clima, ma è pur vero che ci troviamo nel bel mezzo di novembre ed è normale che ci siano brutte giornate.
Mi trovo, quindi, in questa domenica, a scrivere nella mia camera, accompagnata dalla luce della scrivania. Finalmente, dopo molto tempo, sono riuscita a leggere qualche libro in breve. Per me, abituata a studiare fino alle 02.00 di notte o a condurre ricerche, si tratta di una fantastica riconquista di libertà. Il lavoro è importante, ma lo sono anche gli attimi di respiro, quel riposo da occupare con le proprie passioni. Chissà se riuscirò anche a riprendere a suonare la chitarra? Sono anni che ci provo e non trovo mai tempo, ma mai dire mai.

Ebbene, proprio nel pomeriggio ho terminato la lettura di "Il Parnaso ambulante" di Christopher Morley, un libro acquistato "incartato", quindi al buio, senza osservarne la copertina, nel punto La Feltrinelli di Viale Giulio Cesare a maggio scorso. Ero appena uscita dall'appartamento di una mia amica e collega con cui stavo preparando un lavoro che poi non prese più il via (che novità...), quando ho deciso di fare una pausa letteraria per trovare conforto tra le pagine dei libri. Ed eccomi qui.




Trama: Viaggiare per le strade aperte della Nuova Inghilterra, a bordo di un attrezzato bibliobus trainato da un grande cavallo, con un cane al seguito, in compagnia di un professore-poeta agile e versatile come un elfo, vendendo libri utili e grandi classici a liberi contadini dai modi franchi, in fuga, per giunta, da un fratello egoista e correndo ogni tipo di avventura: questo genere di felicità - oggi impossibile, ieri a portata di mano purché intimamente liberi - Il Parnaso ambulante racconta. È una versione tenera, tra Mark Twain e Kerouac, del mito americano della frontiera e dell'individualismo ottimistico (e in effetti la protagonista si trasforma da massaia di campagna in intraprendente avventuriera, e poi ritorna, con una coscienza di sé rinnovata, casalinga, ma finalmente padrona del proprio destino). E un'idea, singolare in questo genere di storia, attraversa il racconto. Morley, da americano, non dubita che il modello compiuto di rapporto tra gli uomini sia lo scambio commerciale; ma il libro, merce tra le merci che attraversano le persone, ne conserva tutta la qualità e la sostanza umana. Sicché la vera missione on the road del Parnaso ambulante è «predicare l'amore per i libri e l'amore per gli esseri umani».

Non avevo idea di quale tipo di libro mi trovassi davanti quando scartai l'involto in cui era contenuto. Il nome, pure, era curioso: il Parnaso è il monte dedicato ad Apollo e alle Muse, simbolicamente la patria della poesia, dell'arte, della letteratura. La storia di un'altura "ambulante"? No, non era questo che mi attendeva, bensì la storia di un'avventura, di un'amicizia, della conquista della libertà e, infine, di un amore. Ma comincio dal principio. La protagonista di questa storia, narratrice in prima persona, è Elena McGill, trentanovenne nubile, governante di una casa nella campagna americana dei primi del Novecento, dove vive con il fratello Andrea, egoista e noto scrittore, sempre in viaggio, sempre intento in qualche attività in giro per il mondo.
La vita di Elena trascorre così, tra la cucina e la preparazione del pane, il riordino e la pulizia della casa, il nutrimento degli animali e la donna, ormai non più giovanissima, pensa che questo sia il suo destino. Forse nemmeno ci spera più in qualcosa di diverso. Un giorno, però, alla dimora si presenta un buffo signore, rosso di capelli, ma soprattutto di barba (tanto da meritarsi l'appellativo di "Barbarossa"), con un carretto trainato da un cavallo di nome Pegaso e accompagnato da un cagnolino. Si chiama Roger Mifflin e vorrebbe parlare con Andrea McGill, che è uno scrittore, per vendergli il "Parnaso ambulante".
Elena è incuriosita, tanto più che Andrea non c'è e si occupa lei stessa di parlare con l'ospite. Che cos'è il Parnaso? Si tratta proprio di quello strano carretto in cui è racchiuso un mondo intero: le ante si aprono e centinaia di libri sono lì stipati, mentre l'interno è occupato da una stanzetta e da un cucinino utile per gli spostamenti. Mifflin ha viaggiato per tanti anni con il Parnaso, fermandosi a vendere libri in ogni dove, diffondendo l'amore per la lettura. Ora vorrebbe solo ritirarsi a Brooklyn per poter scrivere un volume sulle sue avventure.
Elena ancora non lo sa, ma quell'incontro le cambierà la vita. La donna decide di comprare con i propri soldi il Parnaso, diventandone proprietaria. Sarà lei, e non il fratello, a viaggiare vendendo libri. Così, salta su e insieme a Mifflin si dirige verso il luogo in cui l'uomo prenderà il treno diretto verso New York.


Sinceramente non mi aspettavo di leggere un racconto carino, divertente e appassionante. Elena, single e rassegnata a fare da balia al fratello, si rimette in gioco, scoprendo il sapore della libertà, imparando a cavarsela da sola (egregiamente, considerando la vita svolta fino ad allora). 
Mifflin è quasi un mago: appare con il Parnaso proprio quando Elena ne aveva più bisogno e, ogni volta, si presenta nei luoghi in cui vi è necessità di un buon libro che trasmetta un insegnamento o qualche buona parola.
Il viaggio su quella carrozza piena di libri - e ammetto che mi piacerebbe proprio esistesse davvero! - si tramuta in un'avventura lungo i sentieri della campagna americana, nel bel mezzo dell'ancora incontaminata natura, condita dalle battute dll'autoironica Elena.
L'amore arriva anche per lei, ma la conquista più grande è quella della libertà, assolutamente non scontata, tanto più per una donna della sua epoca.
Vi consiglio di prendere qualche provvista e di salire sul Parnaso. Elena e Roger vi condurranno in giro per il mondo, vendendo libri e regalando emozioni letterarie a chiunque ne abbia bisogno.


«Quando si vende un libro ad una persona, non gli si vendono soltanto dodici once di carta con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore e amicizia e umorismo e navi in mari di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero libro, intendo. […] È questa la cosa di cui ha bisogno questo paese: più libri!»

«Come vedete, non ero stata vaccinata contro l'amore da infatuazioni giovanili. Cominciai a fare la governante quando ero ancora una ragazzina, e una governante non ha molte occasioni per essere civettuola. Così ora mi sentivo colpita a fondo. È qui che una donna ritrova se stessa: quand'è innamorata. Non importa se è vecchia o grassa o casalinga o prosaica. Sente quel lieve palpito di cuore e casca giù come una prugna matura».

martedì 22 dicembre 2020

Recensione di "Aspettami fino all'ultima pagina" di Sofía Rhei

Buongiorno e bentornati sul mio blog! Natale si avvicina, anche se quest'anno sarà, come dire... diverso. Molte persone non riusciranno a vedersi, altri forse ringrazieranno i decreti che hanno evitato fastidiose riunioni tra parenti. Ognuno lo vivrà a modo suo. Ed io? Sono una persona riservata e preferisco tenerlo per me, anzi, qualcosa ve la dirò, qualcosa che in fin dei conti già conoscete: mi immergerò in qualche bella lettura, sfogliando pagine che mi riportino alle mie lunghe passeggiate con tappa obbligatoria in libreria, sognando che tutto torni alla normalità.

Vi parlo perciò dell'ultimo libro che ha soggiornato sul mio comodino: "Aspettami fino all'ultima pagina" di Sofía Rhei.



Trama: Silvia ha quasi quarant’anni, vive e lavora a Parigi e ha una relazione difficile con Alain, un uomo sposato che da mesi le racconta di essere sul punto di lasciare la moglie. Dopo tante promesse, sembra che lui si sia finalmente deciso, ma la fatidica sera in cui dovrebbe trasferirsi da lei, le cose non vanno come previsto. E Silvia, in una spirale di dolore e umiliazione, decide di farla finita con quell’uomo falso e ingannatore e di riprendere in mano la sua vita. Alain però non si dà per vinto, e Silvia non è abbastanza forte da rimanere indifferente alle avances dell’uomo che ama... Dopo giorni e notti di disperazione, viene convinta dalla sua migliore amica a fare visita a un bizzarro terapeuta, il signor O’Flahertie, che sembra sia capace di curare le persone con la letteratura. Grazie ad autori come Oscar Wilde, Italo Calvino, Gustave Flaubert, Mary Shelley, e al potere delle loro storie, Silvia comincia a riflettere su chi sia realmente, su quali siano i suoi desideri più profondi e su cosa invece dovrebbe eliminare dalla sua vita...


A volte, certi libri sembrano sapere che si ha bisogno di loro e solamente in quel preciso istante si avvicinano come amici a salvarti, darti consigli, condurti su una strada diversa.
Silvia vive una relazione clandestina da anni, con un uomo sposato, Alain. Tipica situazione in cui lei è l'amante innamorata, ma lui si rifiuta di chiudere con la sua precedente vita, tenendo il piede su due staffe, trovando appagamento in una donna e sicurezza nell'altra.
Sul posto di lavoro, invece, da giorni si presenta un uomo misterioso e affascinante, che si reca sempre a colloquio con il capo di Silvia, generando in lei e nelle sue colleghe numerose domande. Da qui la decisione di rivolgersi a un detective privato e di capire cosa stia accadendo.
Intanto Silvia diventa sempre più fragile: perde di vista se stessa per acconsentire ai desideri di Alain che, sfuggente, promette un futuro insieme che non sarà mai possibile. A questo punto, avviene la svolta: Silvia decide di recarsi da un terapeuta, un tale Mr. O' Flahertie, un uomo particolare, che ha il suo studio in una stanza di albergo. La sua cura consiste nel consigliare e regalare libri che possano cambiare la vita dei pazienti.
Il compito di guarire Silvia, dalla bassa autostima, dalla tristezza e dalla solitudine, passa quindi, non al terapeuta, ma agli autori: Italo Calvino, Mary Shelley, Oscar Wilde...
Inizia così un percorso di rinascita, di ripresa delle proprie aspirazioni, che farà di Silvia una donna nuova, capace di porre un punto alle situazioni rimaste in sospeso, aprendo il proprio cuore a chi lo merita davvero... anche se dovesse trattarsi di un uomo chiamato Odysseus Thanos, che lavora in una impresa funebre.


"Aspettami fino all'ultima pagina" è un romanzo scorrevole, non scontato. L'importanza terapeutica che viene conferita alla lettura è uno dei nodi fondamentali di tutta la narrazione. La ricerca di un consiglio, di uno stile di vita, anche di errori all'interno delle storie create da autori passati riescono a rimettere in sesto una donna ferita, il cui animo necessita di amore (non di sola passione), sicurezza e tranquillità.
Riguardo quel che Silvia vive si tratta di una situazione talmente frequente da non lasciarmi affatto sorpresa. A volte, ci si può ritrovare all'interno di una realtà che si era condannata, senza colpe; a volte, invece, si è consapevoli. Per dare una svolta, anche dal punto di vista sentimentale, occorre coraggio e non è da tutti trovarne.
Passiamo, però, ai personaggi maschili di questa storia, Alain e Odysseus, l'uno l'opposto dell'altro: mentre il primo desidera l'amante e la moglie, entrambe rappresentanti dell'amore/passione e della stabilità/fedeltà, il secondo invece non vuole altro che una relazione seria. Dico la mia su questo punto: di uomini come Odysseus sicuramente esistono, ma sono ben rari.
Curiosa, infine, la scelta del nome per l'uomo dell'impresa funebre: Thanos, che evoca il greco θάνατος, ovvero morte, e Odysseus, come l'eroe greco, un viaggiatore, assolutamente infedele a Penelope, il cui nome però significa "odio, odiare". Odiatore della morte che, quindi, allude a ciò che riporta la vita. Un sottile gioco di parole.
E Mr. O' Flahertie? Nonostante possa sembrare un tipo interessante, l'autrice avrebbe potuto caratterizzarlo meglio, prima di giungere a una conclusione misteriosa e forse paradossale.


Vi saluto, vi auguro buone feste e vi lascio con qualche citazione.

«La causa della maggior parte delle malattie siamo noi stessi. Pertanto, per curarle, serve una strumentazione capace di penetrare nella parte più segreta, nella parte più vulnerabile del nostro essere. Esiste qualcosa che possa arrivare più a fondo di un libro, che possa calarsi più profondamente nell'anima? Solo ciò che fa presa su di noi può ridestare ciò che è stagnante, grattare via il marcio. La paura del dolore può essere combattuta solo con un dolore più bruciante, senza timore.»

«Ciascuno di noi è un mostro», le assicurò lui in tono solenne. «Siamo tutti Frankenstein. Affinché risulti evidente, basta guardarsi nello specchio giusto. Siamo fatti di pezzi di cose molto diverse, ciascuno di noi ha parti che sono morte e poi rinate. Occultiamo qualcosa, ci nascondiamo, e in tante situazioni ci spaventa mostrare come siamo fatti realmente. In ciascuno di noi c'è una parte aggressiva. È molto frerquente che, per proteggere gli altri, la rivoltiamo contro noi stessi. È su questa aggressione che viene da dentro, e che fa tanto soffrire il mostro di Frankenstein, che si fonda la scarsa autostima.»


«Ognuno di noi è una luna e ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno. La prima cosa è essere capaci di riconoscere tale oscurità in noi stessi [...]»

«C'è chi dice che tutte le decisioni che prendiamo sono causate da uno slancio d'amore, oppure dalla paura. Secondo alcuni, la condotta umana non conosce altre motivazioni. Nessuna emozione o reazione che possa ridursi a uno di questi due principi.»

«Immagino che la fedeltà non sia verso l'altra metà della coppia, ma verso se stessi.»

«La memoria, Silvia, è molto sopravvalutata. L'importante non è ciò che tratteniamo con la mente, ma ciò che ci resta impresso nell'anima.»



martedì 10 novembre 2020

Recensione di "La vita inizia quando trovi il libro giusto" di Ali Berg e Michelle Kalus

Buonasera a tutti, amici! L'anno scorso a quest'ora ero già uscita a fare una passeggiata per le strade di Roma, gustandomi le prime luci della sera accendersi per rischiarare i monumenti, le fontane, gli antichi palazzi e avvertendo l'aria che, d'un tratto, faceva presagire l'avvicinarsi dell'inverno. Avevo, probabilmente, già assaporato il mio buon caffè a Sant'Eustachio con la sua immancabile schiuma, percorso qualche passo verso il Pantheon, osservato le vetrine scintillanti in mezzo ai gruppi di turisti che si muovevano in massa, tornando poi verso piazza Argentina e facendo una tappa obbligatoria a La Feltrinelli, anche solo per inspirare l'odore di libri e perdermi tra titoli e nuove copertine. 
Quest'anno, invece, sono in camera mia, attorniata ovviamente da libri - di cui la gran parte archeologici - e avverto molta nostalgia di una libertà che mi apparteneva e che, da qualche mese, ognuno di noi ha perso. Potrei provare a uscire, fare una breve passeggiata, ma l'incoscienza della gente che, incurante dei numeri relativi al covid in rialzo e alla grave situazione di emergenza che stiamo vivendo, mi costringe a stare chiusa in casa, sognando di viaggiare e girare il mondo.
Bene, quale modo migliore se non perdersi tra le pagine di un buon libro? Ecco, dunque, che in mio aiuto è corso un romanzo di Ali Berg e Michelle Kalus, "La vita inizia quando trovi il libro giusto".


Trama: Frankie ha sempre cercato le risposte nei libri. Al perché la sua carriera non sia decollata, al perché sia così difficile andare d’accordo con sua madre o, a ventotto anni, non abbia ancora vissuto la sua grande storia d’amore. Leggere le pagine di Jane Austen, Francis Scott Fitzgerald e John Steinbeck l’ha sempre aiutata. Ma, al di fuori delle amicizie letterarie, Frankie si sente spesso sola. La sua vita, ora, sta per cambiare. Il suo piano non può fallire. I libri non possono tradirla. Per giorni ha lasciato una copia dei suoi romanzi preferiti sui mezzi pubblici che prende per andare al lavoro, scrivendo all’interno il suo indirizzo e-mail. Perché per una grande lettrice come lei non c’è modo migliore di fare nuove conoscenze, o addirittura di trovare l’anima gemella, se non grazie a un libro. Ne è sicura. Quando le risposte cominciano ad arrivare, Frankie colleziona appuntamenti su appuntamenti. E, purtroppo, delusione su delusione. Perché, di fronte a lei, si presentano le persone più strambe che abbia mai conosciuto e nessuna sembra quella giusta. Tra di loro non c’è l’ombra né di un amico né tantomeno di un fidanzato. Fino a quando non incontra Sunny, un uomo che sembra uscito da uno dei suoi romanzi preferiti. Ma ha un difetto terribile: gusti letterari opposti ai suoi. 


Cosa mi ha attratto di questo romanzo? Il titolo. Mi sarei aspettata un più consueto "La vita inizia quando trovi l'uomo giusto", ovviamente in pieno stile romantico (e un po' smielato), ma così non è stato. Un libro giusto. Ed è vero, tremendamente vero: un libro può cambiarti la vita. Ma non è di me che devo parlarvi, bensì di Frankston Rose, per gli amici Frankie, scrittrice di successo e libraia che decide di prendere in mano la sua vita e darle una svolta.
Dopo essersi demoralizzata leggendo (le poche) recensioni negative indirizzate ai suoi romanzi, Frankie smette di scrivere. Piomba in una specie di bolla di sapone, lasciando ogni occasione e ogni persona fuori dalla sua sfera. I soli a possedere un accesso privilegiato sono Cat, la sua eccentrica migliore amica e socia libraia, insieme al suo giovane amico di soli 17 anni, Seb, disperatamente (e segretamente) innamorato di lei.


Su suggerimento di Cat, che vuole trovarle il fidanzato, Frankie idea un modo che le permetterà di conoscere nuove persone e riprendere finalmente a scrivere: lasciare alcuni dei suoi romanzi preferiti sui mezzi pubblici insieme a un messaggio - firmato Rossella 'O - e alla sua email, per poter permettere al potenziale interessato di contattarla; inoltre, Frankie apre un blog, sul quale scriverà ogni sua (dis)avventura.
Mentre la nostra imbranata e dolce protagonista, fan di Jane Austen, è alla ricerca dell'uomo giusto - che possegga ovviamente i suoi stessi gusti letterari - conosce totalmente per caso mr. Sunny Day, un ragazzo bello e perfetto, ma altrettanto bizzarro... in fissa con la lettura del genere Young Adults, che lei detesta.


Il loro primo incontro è in libreria. Sunny si reca in cassa per acquistare niente di meno che "Twilight", senza fingere che fosse per qualcun altro, ma dicendo l'assoluta verità: è per me.
Mentre in Frankie sorgono varie perplessità sulle scelte di quell'uomo, allo stesso tempo ne è incuriosita. E il primo bacio tra i due? E' Frankie a darglielo... sul naso.
Ma Frankie riuscirà davvero ad aprire il suo cuore e a far entrare quel raggio di sole che Sunny sembra poterle offrire? E i suoi sogni? La scrittura continuerà a prendere polvere in un cassetto chiuso a chiave per paura di essere giudicata?
Intanto, tra episodi divertenti, colpi di scena e libri disseminati per la città, il blog ha un successo enorme... e il genere maschile sembra esserne stato colpito perché Frankie farà degli incontri assolutamente esilaranti.


In un periodo come questo, un libro simile mi ha tenuto compagnia e fatto ridere, scaldandomi al contempo il cuore con una bella storia d'amore contemporanea. Frankie è sbadata, insicura, innamorata dell'amore e della letteratura; Sunny è il ragazzo perfetto, particolarmente buffo e molto sensibile.
L'intera storia, ambientata a Melbourne in Australia, si arricchische con l'indicazione - all'inizio di ogni capitolo - dei titoli letterari lasciati sulle varie linee di tram, metro o treno.
Insomma, è una lettura che mi è piaciuta tantissimo e mi ha coinvolto, perciò consigliata dal mio punto di vista. Se amate Jane Austen, i sogni e la letteratura, non potete perderlo!

Per quanto riguarda, invece, l'idea di lasciare libri per ritrovare la vena creativa e il ragazzo giusto penso che non sia male... peccato che a Roma i lettori (giovani) sui mezzi pubblici siano veramente pochi, altrimenti l'avrei provata, o meglio, se non fossi troppo gelosa delle mie letture che non abbandonerei MAI. 
Ricordo che, quando prendevo quotidianamente la metro per andare a lezione (sto parlando di circa 4 anni fa), eravamo io e due-tre signore (sottolineo) a leggere libri nella stessa carrozza. Ho incontrato al massimo uomini di una certa età immersi nella pagina finanziaria di un quotidiano sgualcito, o pochi universitari dissociati dal mondo con un e-reader. In Italia si legge poco, sono i dati a parlare... Eppure una piccolissima speranza si è accesa qualche giorno fa quando, passeggiando vicino casa, ho notato ben 2 "librerie di strada" con volumi gratuiti e già letti da scambiare. Chissà, magari un giorno funzionerà... se solo ognuno si degnasse poi di riportare il libro o di inserirne un altro.

Come sempre vi lascio con qualche citazione e vi auguro buona serata! Alla prossima!

«Non aveva mai provato una gioia così pura e disinteressata prima di quel momento. "È questo che si prova?" si chiese. "È così che ci si sente quando si è veramente innamorati". Nascose quel pensiero nel profondo del suo essere.»


«All'improvviso, tutto mi è sembrato così evidentemente (e quasi fastidiosamente) chiaro. Avete mai letto L'amore fatale di Ian McEwan? Ho riletto alcune parti mentre andavo a lavorare. Scrive: "Quando sarà finito, capirai che dono era l'amore. Soffrirai molto. Quindi, torna indietro e battiti per conservarlo". Non è bellissimo quando un libro sembra proprio parlare a te?»

P. S. Lasciare libri sui mezzi pubblici non è solo l'idea contenuta in un libro. Il progetto "Books on the rail" esiste davvero... in Australia: https://www.booksontherail.com/
 
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