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sabato 19 settembre 2020

Recensione di "L'isola dell'abbandono" di Chiara Gamberale

Buongiorno lettori! Finalmente è arrivato il weekend di una settimana piuttosto faticosa... perché quando si ricominciano le attività è sempre un po' così, macchinoso, finché non si prende l'abitudine e si spinge sull'acceleratore. Visto che nello scorso agosto sono stata una lettrice provetta, proseguo a condividere con voi le mie letture.


Trama: Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. 
Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda… Dialogando in modo esplicito e implicito con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con il miracolo e con la violenza della vita, quando ci strappa dalle mani l’illusione di poterla controllare, perché qualcosa finisce, qualcuno muore o perché qualcosa comincia, qualcuno nasce. E ci consegna così un romanzo appassionato sulla responsabilità delle nostre scelte e sull’inesorabilità del destino, sui figli che avremmo potuto avere, su quelli che abbiamo avuto, che non avremo mai. Sulle occasioni perse e quelle che, magari senza accorgercene, abbiamo colto.


Chiara Gamberale ci conduce all'interno del complesso universo psicologico che regola i rapporti umani, soffermandosi sull'abbandono: lasciarsi senza una spiegazione, senza un preavviso, di nascosto, o premeditandolo. L'abbandono porta con sé porzioni di ricordi, persino di anima. E lascia un vuoto, a tratti incolmabile. 
La protagonista della storia è Arianna, mamma di Emanuele, che custodisce dentro di sé una miriade di pensieri, sensazioni, ricordi che talvolta la confondono fino a farle smarrire la via: c'è Stefano, il suo ex, un uomo psicologicamente debole, dipendente da droghe e psicofarmaci, da tradimenti, che aveva bisogno di qualcuno che si occupasse di lui come una mare; c'è Di, il surfista di Naxos, che raccoglie l'animo ferito e sperduto di Arianna, dandogli nuova vita, amandola senza compromessi, limpidamente come l'acqua del mare che adora; c'è Damiano, lo psichiatra di Stefano, che poi diventa anche quello di Arianna, sposato e poi amante, infine padre; c'è Emanuele, i cui occhi si sono appena aperti su questo nuovo mondo, il riflesso del futuro in un piccolo corpo di neonato. 


Arianna ha dentro di sé tutto questo e molto di più. È una donna che spesso si è annullata per amore e che ora si chiede se sarà all'altezza di essere una buona madre. "L'isola dell'abbandono" è un romanzo psicologico, interiore, in cui echeggia Freud; un romanzo che rispecchia, almeno un po', ognuna di noi quando siamo alle prese con i nostri sogni e alla stesso tempo con la paura di trascurare le persone che amiamo. 

«Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell'amore…» 

«Evidentemente l'amore, pensa lei […], mentre ci prende, ci tira via da quello che eravamo fino a un attimo prima e inganna tutti i nostri buchi… Non solo ci fa credere che non verremo più abbandonati, ci fa anche dimenticare di esserlo stati – dal nostro passato amore, da un amico, un altro amico, da nostro padre, nostra madre, dalla speranza che le cose andassero diversamente da come sono andate» 

«Ecco perché mi sto innamorando pazzamente di te. Perché quando parliamo e quando facciamo l'amore noi ci intendiamo proprio […]. È così, è esattamente così anche secondo me: il problema è sempre uno solo, sempre quello: abbiamo paura di non essere amati. E allora ci rifugiamo nel nostro trauma, nelle nostre ossessioni. Ma lo capisci il paradosso? Non lo vedi che, proprio perché ce ne stiamo lì, accartocciati nel nostro mito, nessuno ci potrà mai conoscere per quello che siamo e dunque ci potrà amare? Non è evidente che mentre crediamo di difenderci ci stiamo mettendo definitivamente a rischio?» 


«Costanza: quella che ci vuole per riuscire ad abbandonarsi. E però non abbandonare». 

«Era semplicemente un uomo. E lei lo aveva amato, se amare significa… che cosa significa amare? Significa esserci». 

«Sei proprio convinta che un lungo matrimonio tiri fuori chi siamo, mentre un amore che non è stato destinato a durare no, non lo possa tirar fuori? E se invece la nostra verità più profonda non fosse che un frammento e avesse a che fare proprio con quella purezza, con quello splendore divino?».

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