book

giovedì 14 settembre 2023

Recensione di "Il caffè alla fine del mondo" di John Strelecky

Buonasera a tutti, amici lettori! In questa calda serata di settembre, vi parlerò di un libretto trovato, del tutto casualmente, in una libreria della località in cui sono andata in vacanza. Non ero alla ricerca di qualche storia particolare, ma l'ho trovata comunque... o forse era lei a cercare me.


Trama: A volte nella vita quello che sembrava un fastidioso imprevisto può rivelarsi una scorciatoia verso la felicità. È ciò che accade a John, il protagonista di questo libro, un uomo che va sempre di fretta ma che un giorno, per colpa del traffico, è costretto a rallentare e imboccare un cammino secondario, reale e metaforico, ignaro che quello che sta per incontrare – un misterioso caffè in mezzo al nulla – lo cambierà per sempre. Sì, perché il caffè alla fine del mondo esiste ed è dentro di noi, è il luogo dove tutte le nostre domande trovano risposta, dove i nostri desideri appaiono nitidi e raggiungibili, e dove finalmente troveremo il coraggio di cambiare. Un libro da tenere sul comodino, da leggere e rileggere, per non scordarci mai che affrontare noi stessi è l'unica via verso la felicità.


Tutto il libro, piuttosto breve, è metaforico, basti pensare al suo inizio: John - tra l'altro il protagonista si chiama come l'autore, quindi è forse possibile leggerci qualcosa di personale? - imbocca la strada abituale perché vuole staccare, prendersi una pausa, e la trova bloccata. Un traffico assurdo e quando giunge al bivio, la polizia gli fa cambiare direzione causa incidente, spingendolo a perdersi.
In questo nulla delle strade americane, che siamo così abituati a osservare nei film, c'è un bar, unico luogo civile e illuminato. John si ferma qui, tanto più che il carburante non abbonda nella sua automobile. Entra in questo locale e trova un'atmosfera accogliente e d'altri tempi, con il bancone lungo, gli sgabelli, i divisori, un vecchio registratore di cassa, le zuccheriere.
Ci saremmo aspettati che John fosse l'unico cliente e invece il bar, sperduto nel nulla, ha diverse persone sedute ai tavoli, ognuno dietro il proprio separé, in coppia o da solo, ma tutti sono a proprio agio.

Foto di StockSnap da Pixabay

Il bar, denominato "Checifaiqui", è gestito da Casey e da Mike, che diventano i due principali interlocutori di John quando quest'ultimo apre il menù, in cui ci sono vari messaggi, tra cui il seguente: "Spunti per ingannare l'attesa: Che ci fai qui? Hai paura della morte? Ti senti appagato?".
John non crede ai propri occhi, ma sia Casey che Mike si avvicinano, gli parlano, gli pongono delle domande e lui reagisce, incuriosito. Che ci fa lì, in quel bar? Oppure altrove?
In realtà "Che ci fai qui?" è la prima e fondamentale domanda che caratterizza tutto il libro ed equivale a chiedersi "Qual è il tuo Scopo di Esistenza (SDE)"?

John, che incarna poi tutti noi, si mette a riflettere ad alta voce, ascoltando le esperienze di Casey, di Mike, ma anche di un'altra donna presente nel bar. Qual è il suo scopo di esistenza? Qual è il suo sogno? Cosa vuole fare nella vita? Ma soprattutto, perché sembra che ognuno non faccia mai ciò per cui è nato, accontentandosi di fare un lavoro che non ama per guadagnare e poi ottenere pochissimo tempo da dedicare a quel che realmente vorrebbe fare? Vale la pena di vivere così, oppure è possibile impegnarsi da subito per raggiungere il proprio SDE?
Le due domande successive seguono a ruota. Hai paura della morte? John riflette, fino a pensare che, probabilmente, chi ha vissuto seguendo il proprio SDE, non deve temere la morte. Ha realizzato tutto, ha vissuto una vita felice, appagante. E da qui "Ti senti appagato?"

Foto di Pexels da Pixabay

La metafora iniziale della strada l'ho letta come la vita di John, improvvisamente trafficata, bloccata. John, quindi, è costretto a deviare, ma si perde perché non sa dove si sta dirigendo. I titolari del bar costituiscono una luce per lui, una ricarica per proseguire lungo la strada che, in realtà, John avrebbe voluto e avrebbe dovuto imboccare sin dall'inizio. Dà una svolta alla propria vita.
Quanti di noi si accontentano, a volte per necessità, a volte perché gli ostacoli sono talmente tanti che finiamo per demoralizzarci? Ma dentro il nostro cuore conosciamo perfettamente cosa vogliamo. C'è chi ha più coraggio, a volte incoscienza, a volte ancora testa dura per inseguire i propri obiettivi e vivere felice, anche se - a volte - non diventa ricco (felicità e ricchezza non sempre procedono di pari passo).
Nella vita, però, l'importante è sentirsi appagati. Chiudere gli occhi la sera e pensare con entusiasmo al giorno successivo e con il medesimo entusiasmo a quello già trascorso. Ci saranno comunque momenti difficili, perché trovare il proprio SDE non costituisce una magia, ma si tratta di uno stato d'animo differente che aiuta ad affrontare proprio quelle discese demoralizzanti con più leggerezza.

Non nego, infine, di aver desiderato di trovare un bar come il "Checifaiqui", un posto che si posiziona tra l'immaginario e il reale, o forse appare a chi più ne ha bisogno, un po' come la "stanza delle necessità" di Harry Potter.
"Il caffè alla fine del mondo" è un libretto che scorre velocemente, anche se consiglio di leggerlo con attenzione e, insieme a John, di porsi le sue stesse domande. In fin dei conti, i libri ci accompagnano per insegnarci qualcosa e io, da questa lettura, ho imparato a pensare che, forse, insistere per seguire il proprio SDE non è sbagliato. La strada sarà probabilmente più complicata, bisognerà cambiarla, prendere una traversa, ma la soddisfazione e la felicità di percorrerla per tornare a ciò che, a malincuore, avevamo lasciato, sarà incomparabile.

«Non permettere alle cose, o alle persone, di portarti a credere di non avere più il controllo del tuo destino. Scegli attivamente la tua strada, altrimenti qualcun altro la sceglierà per te».

Nessun commento:

Posta un commento

sito