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lunedì 16 settembre 2024

Recensione di "La collezionista di libri" di Elisabeth Beer

Buonasera a tutti amici! Avete già preso il vostro bel plaid, il libro preferito e una tazzona di thè? Bene, siete nella giusta modalità "lettore in autunno/inverno"!

E dato che su questo blog si parla di libri, vi porto a vivere un'avventura letteraria alla ricerca della Tabula Peutingeriana. Che cos'è? Lo scoprirete.


Trama: Sarah va a caccia di libri, ma non solo. Colleziona mappe, ama i manoscritti e le vecchie carte geografiche, e si trova decisamente più a suo agio con le pagine stampate che con le persone. Dalla morte della zia Amalia, che ha cresciuto lei e sua sorella, Sarah vive da sola nella sua villa circondata da un rigoglioso giardino in fiore e da tantissimi volumi antichi. Infatti, ha deciso di portare avanti la passione della zia, rilegando libri e prendendosi cura della sua sterminata biblioteca, con l'unica compagnia delle sue amate tartarughe Bonnie e Clyde. Ma tutto cambia improvvisamente quando Benjamin, un giovane bibliotecario della British Library, bussa alla sua porta: ha bisogno di aiuto per rintracciare un'antica mappa stradale romana, un incarico che la zia Amalia aveva accettato poco prima di morire, ma che non era riuscita a portare a termine. Così Sarah decide di partire con Ben all'avventura a bordo della sua vecchia auto, in compagnia delle due tartarughe, alcuni atlanti polverosi e tantissime domande in cerca di una risposta. Inizia un viaggio che li porterà in Francia e in Inghilterra, nell'incredibile mondo dei libri da collezione e delle mappe smarrite, e sulle tracce del passato di Amalia. Un viaggio che forse cambierà per sempre le loro vite.


Sarah è una restauratrice e collezionista di libri. Nella vecchia casa vicino Colonia, il suo laboratorio è pieno di carta, copertine e collanti, utili a far tornare in vita antichi testi. Tutto quel lavoro glielo ha trasmesso sua zia, Amalia, che è stata per lei e sua sorella Milena anche una madre e un padre, proprio quando i genitori morirono in un tragico incidente aereo in Brasile. Amalia si prese cura delle due bambine, finché divennero donne, entrambe con la propria strada: Milena si sposò, ebbe due figli e fece la mamma a tempo pieno (impiego imposto dal marito); Sarah, invece, decise di seguire le orme della zia.

Amalia ha, però, lasciato anche tanti debiti. Il solo modo per risanarli in parte è quello di vendere alcuni oggetti ed è nel corso di un’asta organizzata da Sarah presso la propria dimora che conosce Ben, il ricercatore della British Library, aspirante bibliotecario. Amalia, prima di morire, lo ha contattato perché voleva parlargli dell’ultimo frammento della Tabula Peutingeriana, una magnifica mappa romana dell’Impero, replicata in epoca medievale. Era convinta che Ben potesse essere interessato, ma la morte sopraggiunta aveva interrotto i rapporti epistolari. Sarah vede in Ben la possibilità di risanare le casse: se il frammento fosse stato trovato, la British Library avrebbe sborsato una bella cifra anche per lei in qualità di consulente. E allora perché non intraprendere quest’avventura alla ricerca dell’ultimo frammento della Tabula, provando a interpretare i pochi indizi lasciati dalla zia nei suoi taccuini? Il viaggio condurrà Sarah, Ben e le due tartarughe Bonnie e Clyde in Francia, poi a Londra e infine verso Audley End. Ma il prezioso documento sarà ancora lì, dove zia Amalia credeva?

Tabula Peutingeriana (Conradi Millieri, Public domain, via Wikimedia Commons)

Cosa ha attirato la mia attenzione in libreria? Ben due elementi. In primis, la Tabula Peutingeriana che, per un’archeologa, è documento noto. L’esame di cartografia alla triennale lasciò molti ricordi di questa riproduzione delle strade dell’Impero conservata in Austria, per non parlare degli anni di specializzazione e dottorato successivi che me la riportarono davanti più volte.

Il secondo elemento sono le tartarughe. Non ho potuto fare a meno di pensare alle tartarughe d’acqua di mia sorella, Achille e Tartina, che a soli 4 anni, sono già diventate enormi. Mi ha fatto simpatia questa ragazza che, provando a intraprendere una bella avventura, pensa anche a questi due esserini verdi, scivolosi, puzzolenti e troppo carini.


La narrazione, condotta da Sarah in prima persona, si divide tra presente e ricordi, dall’infanzia alla morte della zia Amalia. Oltre il fatto in sé, ovvero la ricerca del frammento perduto che è in stile Indiana Jones anche se molto più soft, con tanto di avversario, l’autrice ha provato a dar voce ad altre tematiche a partire dai due protagonisti. Ben, per esempio, è inglese, di origini africane. Ha la pelle nera e questo sembra essere sempre stato un elemento discriminatorio. Sarah, invece, è descritta come una persona altamente sensibile, fin troppo, molto intelligente, portata soprattutto per i calcoli matematici e per la chimica, diversa da tutti gli altri, con difficoltà a relazionarsi con il prossimo per via della timidezza e del suo carattere, incapace di sopportare troppa confusione, troppi stimoli, fino a rinchiudersi su se stessa. La ragazza sembra riflettere alcuni aspetti della sindrome di Asperger, rientrante nei disturbi dello spettro autistico. L’autrice, però, chiarisce alla fine del romanzo di aver accantonato l’idea di una Sarah con autismo perché trovava notevoli difficoltà nella narrazione. Sarah è divenuta, perciò, una protagonista particolare, non la solita ragazza brillante e tutta gioiosa, ma riflessiva, tanto da sembrare distaccata, con tante ferite e un cuore pronto ad amare davvero, a dispetto di coloro che l’hanno illusa.

Non si tratta sicuramente del romanzo del secolo, ma è una storia carina, con un filo rosa romantico che emerge in quella che è la tragedia iniziale – la morte dei genitori di Sarah e Milena – e quel pizzico di avventura storica che regala sempre qualche emozione. Chi non vorrebbe girare il mondo alla ricerca di qualcosa di perduto, seguendo indizi, decifrando scritture crittografate, scoprendo posti nuovi? A me batte il cuore solo a pensarci. Unica nota da migliorare, rivolta alla casa editrice: sono sfuggiti alcuni punti interrogativi in frasi affermative, probabilmente esito della traduzione, che andrebbero logicamente rimossi per rendere il tutto più leggibile.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!


«Non è facile incontrare qualcuno che ti ami con la stessa intensità e nello stesso momento in cui lo ami tu. Ne ero consapevole. […] In base alla mia esperienza, l’amore era segnato da un girotondo infinito di desideri irrealizzati, occasione perse, asincronia e, non di rado, fraintendimenti».

«Ogni volta che vedo il mare, penso al cielo stellato. Ogni volta che vediamo qualcosa di bello, di chiaro e lucido ci dimentichiamo del buio, eppure è il buio a renderlo visibile. Mi domandai come fosse possibile che una carezza delicata, data con il pollice per asciugarmi la guancia, potesse ricordarmi che da troppo tempo nessuno mi toccava. Mi abbracciava, mi stringeva la mano, mi lambiva il braccio, il viso, le labbra, me».

«Forse le affinità elettive esistono davvero e due persone, in città a centinaia di chilometri di distanza con in mezzo il mare, girano la stessa pagina nello stesso istante, ridono e piangono negli stessi punti, gli occhi fissi sulle parole stampate in lingue diverse».

«I sentimenti non sono logici, Sarah. Molti ci sono e basta. […] A volte un sentimento è come un messaggio in codice per l’altra persona, ma l’altra persona non ha la chiave per decifrarlo e capire cosa le sta realmente accadendo». 

«Credo che quello che hai detto una volta sia vero, me ne rendo conto a mano a mano che mi spengo: l’amore è quel che resta quando tutto scompare».

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