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giovedì 12 settembre 2024

Recensione di "L'amore non è mai una cosa semplice" di Anna Premoli

Buongiorno a tutti amici! Devo ammettere che il rientro è proprio traumatico, soprattutto in una città come Roma che si sta preparando al Giubileo... mi viene voglia di migrare in un borgo e rimanerci.

Ad ogni modo, vi porto a conoscere un'altra lettura che mi ha fatto compagnia durante il mese di agosto. Si tratta di "L'amore non è mai una cosa semplice" di Anna Premoli, vincitrice del premio Bancarella.


Trama: E se per ottenere un buon voto all’università dovessi fare amici­zia con qualcuno che proprio non ti piace? Lavinia pensava che nel­la vita avrebbe insegnato e inve­ce, dopo la maturità, si è lasciata convincere dai genitori a iscriversi a Economia. È ormai al suo quinto anno alla Bocconi, quando si trova coinvolta in un insolito progetto: uno scambio con degli ingegneri informatici del Politecnico. Lo sco­po? Creare una squadra con uno studente mai visto prima, proprio come potrebbe capitare in un am­biente di lavoro. Peccato che Lavi­nia non abbia alcun interesse per il progetto. E che, per sua sfortuna, si trovi a far coppia con un certo Se­bastiano, ancor meno intenzionato di lei a partecipare all’iniziativa. E così, quando la fase operativa ha inizio e le sue amiche cominciano a lavorare in tandem, Lavinia è sola. Ma come si permette quel tipo assurdo – a detta di tutti un fuori­classe dell’informatica – di piantar­la in asso, per giunta senza spiega­zioni? Lavinia non ha scelta: non lo sopporta proprio, ma se vuole otte­nere i suoi crediti all’esame, dovrà inventarsi un modo per convincerlo a collaborare…

In un pomeriggio romano, afoso ed estivo, mi sono ritrovata con mia mamma in un centro commerciale vicino casa. La tappa alla Mondadori è stata d’obbligo e mia madre, conscia del fatto che mi occupi sempre di roba cervellotica e di ricerca che, probabilmente, mi sta portando alla pazzia, ha scelto questo libro e me lo ha regalato, sostenendo che, ogni tanto, sia necessario leggere anche qualcosa di leggero e poco impegnativo. Ho quindi iniziato a sfogliare la storia di Lavinia, che studia Economia alla Bocconi, uno degli atenei “in” di Milano. Dire che abbia scelto il percorso dei suoi sogni, sarebbe una grande bugia perché Lavinia si è fatta scegliere il corso di laurea dai genitori.

Il suo carattere è evidentemente un problema, perché tende ad accontentare tutti e, soprattutto, a seguire non i suoi personali gusti, ma quelli altrui. Fortunatamente è circondata da un paio di amiche, Giada e Alessandra, che provano a farla ragionare. Nell’ambito degli studi, un suo prof decide di far fare un progetto ai suoi studenti insieme a quelli di Ingegneria informatica ed è risaputo che gli ingegneri siano persone molte strane, a volte poco socievoli e immerse nel loro mondo nel quale è difficile, se non addirittura impossibile, entrare (confermo per esperienza!).

Foto di donterase da Pixabay

A Lavinia viene assegnato, come compagno di progetto, Sebastiano, il più strano e geniale di tutto il corso. Basti dire che, ancora non laureato, già fa mille lavori come programmatore, ma trova anche tempo per i giochi di ruolo, per la moto e per il karate. Lavinia e Sebastiano non potrebbero essere più diversi: lui è timido, ma ha carattere e le idee molto chiare; Lavinia è terribilmente curiosa e, soprattutto, non sopporta di non stargli simpatica, proprio lei che, pur di essere accettata, si è sempre adattata.
Giorno dopo giorno, lavorando insieme a questo progetto, i due finiranno per odiarsi… anzi, per amarsi.
Non posso dire molto di più, perché rischierei di rivelare troppo, essendo la trama molto semplice.

Come ho trovato questo libro? Scialbo a dire il vero. Mi hanno fatto sorridere alcune reazioni di Lavinia e i commenti di Giada, ma è tutto talmente lineare e prevedibile che sono andata avanti a rallentatore almeno fino al capitolo 9. Poi c’è un po’ di “pepe”, generato dall’attrazione che si crea fra i due protagonisti, ma era assai scontato che finisse così.

Un piccolo commento su Lavinia: viene presentata come ragazza adattabile a tutto e quasi sottomessa. A me pare una gran gattamorta, con tanto di medaglia d’oro. Se sarete tra i lettori, capirete cosa intendo.

In sintesi, la storia non mi ha coinvolta più di tanto, rivelandosi una lettura da fare, senza impegno, sotto l’ombrellone. Alla fine mia madre aveva ragione.

Vi aspetto alla prossima recensione e chiudo con un piccolissimo estratto.

Foto di s1601064 da Pixabay

«Quindi, appurato che, per qualche misterioso motivo, tra tutta la gente che hai incontrato nella tua vita proprio quella persona specifica – magari la più imperfetta – è anche l’unica che ti fa battere il cuore, non rimane che seguire l’istinto e lottare. E non perché si è romantici o pratici. No. La verità è che spesso si segue il cuore perché ci si sente una vera schifezza senza quel pezzettino che ci hanno strappato via. Quindi non è questione di scelta. Proprio per niente».

domenica 29 agosto 2021

Recensione di "La voce nascosta delle pietre" di Chiara Parenti

Buonasera amici, come va? In una serata di fine agosto, che porta consé la consueta malinconia di fine estate, condivido con voi la mia recensione di un romanzo, letto ultimamente, che mi è piaciuto particolarmente: "La voce nascosta delle pietre" di Chiara Parenti.


Trama: «Segui le pietre, solo loro regalano la felicità». Luna è una bambina quando il nonno le dice queste parole speciali insegnandole che l'agata infonde coraggio, l'acquamarina dona gioia e la giada diffonde pace e saggezza. E lei è certa che quello sia il suo destino. Ma ora che ha ventinove anni, Luna non crede più che le pietre possano aiutare le persone. Non riesce più a sentire la loro voce. Per lei sono solo sassolini colorati che vende nel negozio di famiglia, mentre il nonno è in giro per il mondo a cercare gemme. Perché il suo cuore porta ancora i segni della delusione. Si è fidata delle pietre, di quello che nascondono, di quello che significano. Si è fidata di quel ragazzo di sedici anni che attraverso di loro le parlava di sentimenti. Dell'amicizia che cresceva ogni giorno e racchiudeva in sé la promessa di un amore indistruttibile. Leonardo era l'unico a credere come lei nel fascino dei minerali e dei cristalli. Leonardo che in una notte di molti anni prima l'ha abbandonata, senza una spiegazione, senza una parola. E da allora il mondo di Luna è crollato, pezzo dopo pezzo. A fatica lo ha ricostruito, non guardando mai più indietro. Fino a oggi. Fino al ritorno di Leonardo nella sua vita. È lì per darle tutte le risposte che non le ha mai dato. Risposte che Luna non vuole più ascoltare. Fidarsi nuovamente di lui le sembra impossibile. Ha costruito intorno al suo cuore un muro invalicabile per non soffrire più. Ma suo nonno è accanto a lei per ricordarle come trovare conforto: il quarzo rosa, la pietra del perdono, e il corallo che sconfigge la paura. Solo loro conoscono la strada. Bisogna guardarsi dentro e avere il coraggio di seguirle.


Luna e Leo, Leo e Luna: due realtà inseparabili da quando la vivace ragazzina ha incontrato Leonardo Landi, sconsolato, in cima a un albero, soprannominandolo così "bambino scoiattolo". E nonno Pietro, dai sinceri occhi di zaffiro, si è accorto fin dal primo momento che quei due "piccoli diamanti" sono destinati a stare insieme nonostante le difficoltà e lo scorrere del tempo.
Luna, Leonardo e Pietro trascorrono interminabili giornate a conoscere le pietre, a impararne le proprietà e a sognare avventure nei posti più magici del mondo. Proprio quando l'amore tra Luna e Leonardo sboccia, accade però un evento che cambierà ogni cosa: quel futuro sperato si allontana e tutto si trasforma in una pietra opaca.
Per fortuna, nonno Pietro ha afferrato i fili rossi del destino dei due ragazzi e non intende lasciarli perché l'amore vero è un miracolo che non si può far sfuggire per nessun motivo al mondo.


Chiara Parenti ha scritto una storia emozionante, ricca di sentimenti e sfumature, proprio come le pietre che guidano i nostri protagonisti lungo tutta la loro esistenza. Quello di Luna e Leo è un percorso di crescita fatto di sofferenze, di sbagli, di affetti e di ritorno a quei sogni che, in un cassetto, si erano assopiti. È la storia che ognuno di noi conosce, soprattutto quando le avversità della vita ci distanziano dai nostri desideri e dalla persona che amiamo.

«Stavo baciando il mio migliore amico, il compagno di tutta la mia vita, e non riuscivo a crederci perché era come se fossi sempre stata tra le sue braccia e conoscessi quelle labbra da sempre. Come se in un universo parallelo fossimo già stati insieme prima di allora, come se quel corpo mi appartenesse e io fossi venuta al mondo solo per lasciarmi avvolgere da lui».

«Il tempo, a volte, deve inchinarsi di fronte all'amore».

«Come l'amore, quello vero, i diamanti non hanno paura del tempo che passa, delle eruzioni vulcaniche, delle temperature elevatissime e delle enormi pressioni. Loro resistono. Loro aspettano. Sempre».


«Viaggiare è cambiare, tesoro... Non sarai più la stessa dopo aver sentito lo scricchiolio degli scarponi nella polvere e dopo aver visto la brillantezza della luna dall'altra parte del mondo».

«Anche il vero amore è così. Ha bisogno di forza, sacrificio, di una resistenza infinita. È un diamante che non ha paura del tempo che passa, delle tempeste, della furia degli elementi. L'amore resiste. Aspetta. E continua a vibrare per sempre».

giovedì 14 novembre 2019

Recensione di "I pesci non chiudono gli occhi" di Erri De Luca

Buongiorno a tutti, lettori! Come state? In un attimo di pausa, voglio portarvi verso Napoli e la sua spiaggia, di preciso nel periodo dell'immediato dopoguerra, dove un bambino di 10 anni era in vacanza con la sua famiglia, in un caldo settembre italiano.


Trama: A dieci anni l'età si scrive per la prima volta con due cifre. È un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti. D'estate si concentra una fretta di crescere. Un uomo, cinquant'anni dopo, torna coi pensieri su una spiaggia dove gli accadde il necessario e pure l'abbondante. Le sue mani di allora, capaci di nuoto e non di difesa, imparano lo stupore del verbo mantenere, che è tenere per mano.


Perché quella ragazzina non gioca come gli altri, ma legge libri gialli? Il piccolo autore è fermo sulla spiaggia, cerca di completare la settimana enigmistica, eppure ogni tanto tira su lo sguardo e incrocia quello di una bambina che, altrettanto curiosa, ricambia.
Quell'estate è diversa per Erri che, compiuti 10 anni, si sente inadatto in un corpo che non lo rappresenta: anima e "involucro" non vanno d'accordo perché non crescono di pari passo. Mentre questo conflitto intimo è in atto, per la prima volta in vita sua, assapora qualcosa di nuovo, un sentimento. Mai prima di allora aveva potuto tollerare il verbo "amare" che è sempre presente tra le pagine dei romanzi, eppure adesso quello stesso verbo inizia ad assumere contorni che, seppur sfocati, gli danno consistenza, materializzandosi in quella ragazzina così diversa da tutti gli altri.


Tra un ghiacciolo e una chiacchierata sul comportamento degli animali, che la ragazzina adora osservare e studiare, i due bambini scopriranno cosa significa "mantenere", che comporta la promessa di "tenere per mano".
L'amore, però, fa conoscere anche il dolore. Per amore bisogna lottare. Ed è questo che quel ragazzino di 10 anni comprende quando gli altri bambini della spiaggia, invidiosi del suo rapporto con la ragazzina, lo prendono di mira, fino a pestarlo. Lui non è capace di reagire, né di fare del male, lui è bravo a nuotare, a fondersi con l'acqua, ma non ad usare violenza. La ragazzina, che non è come tutti gli altri, sceglie comunque lui. A lei non interessano gli stupidi.
Con una dolcezza stravolgente, accadrà anche il primo bacio, ad occhi aperti per il giovane Erri, come i pesci che non chiudono gli occhi.


L'episodio di un'estate è intervallato da ricordi di un'infanzia a tratti dolorosa, di un padre ormai assente, partito per l'America per cercare lavoro, e della madre, rimasta con Erri e la sorella che decide di rimanere a Napoli senza raggiungere il marito; un'infanzia che parla di mare, di pesca all'alba, di reti e di ami; e poi crescendo, ormai adulto, del lavoro in fabbrica.


Una trama semplice, composta di ricordi di una vita, eppure è lo stile di Erri De Luca ad essere particolarmente evocativo, direi poetico e delicato. Sfogliando le pagine si ode il suono del mare e dell'infrangersi tranquillo delle onde sugli scogli, della chiglia delle barche che atterra ritimicamente sulla superficie dell'acqua, il chiacchiericcio dei bagnanti, si avvertono i granelli di sabbia sotto i piedi, l'odore di salsedine e quello stampato della settimana enigmistica; ma anche le tenere carezze di una madre, una sordida nostalgia per il padre, le mani ruvide, callose e gentili del pescatore, il sapore di qualcosa di nuovo, come può essere il primo bacio di ognuno di noi. E infine, la malinconia per una vita che avrebbe potuto essere e non è stata... un'esistenza al fianco della ragazzina.

Non conoscevo Erri De Luca, pur avendone sentito parlare. Era tra gli autori che avrei voluto scoprire, i suoi libri tra quelli in lista, ma non avevo ancora sfogliato nulla realmente.

Vi lascio con qualche frase, anche se è difficile scegliere i pensieri più belli.

«Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. È dire "ti sento". Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.»


«Quell’amore pulcino conteneva tutti gli addii seguenti. Nessuna si sarebbe fermata, non avrei conosciuto le nozze, niente fianco a fianco davanti a un terzo che domanda: “Vuoi tu?”. L’amore sarebbe stato una fermata breve tra gli isolamenti. Oggi penso a un tempo finale in comune con una donna, con la quale coincidere come fanno le rime, in fine di parola.»


«I baci spingevano dai talloni puntati nella sabbia. Risalivano le vertebre fino alle ossa del cranio, fino ai denti. Ancora oggi so che sono il più alto traguardo raggiunto dai corpi. Da lassù, dalla cima dei baci si può scendere poi nelle mosse convulse dell’amore.»


«Si amavano quei due, si regalavano libri.»




lunedì 11 dicembre 2017

Recensione di "Quattro tazze di tempesta" di Federica Brunini

Buonasera a tutti amici lettori! Spero non abbiate abbondonato il mio blog. Vorrei essere più presente, ma gli impegni sono tanti ed è difficile rimanere molte ore davanti al pc.
Durante questo mio ultimo viaggio in Belgio alla "ricerca" dei mercatini di Natale più carini e luminosi, ho portato con me il romanzo "Quattro tazze di tempesta" di Federica Brunini.



Trama: Viola vive in un paesino del Sud della Francia, in una grande casa che divide con la sua cagnolina Chai. Ha un negozio di tè provenienti da tutto il mondo. La sua passione è trovare la miscela giusta per le emozioni di ogni cliente e inventare ricette gourmandes a base di tè. C’è un infuso per ogni stato d’animo, e lei li conosce tutti: strappa-sorrisi, leva-paura, antimalinconia, sveglia-passione, porta-gioia, tè abbraccio... Per il suo compleanno, Viola raduna sempre a La Calmette le sue tre amiche storiche per un rendez-vous a base di chiacchiere, relax, bagni di sole e profumo di lavanda. Quest’anno, però, è diverso. Nonostante la gioia di rivedere le amiche, Viola è tormentata dal dolore per la morte del marito. Mavi, l’unica mamma del gruppo, è perennemente stressata. Chantal, insegnante di yoga in cerca del suo posto nel mondo, è insicura del compagno, molto più giovane di lei. E Alberta, un architetto in carriera, è distante, troppo presa dal lavoro e da un nuovo, misterioso amore. Nessuna delle quattro donne sembra essere la stessa che le altre conoscono, o credono di conoscere. Ognuna cova dentro di sé un’inaspettata inquietudine, che monta di ora in ora come una tempesta fino a scoppiare all’improvviso davanti alla torta di compleanno di Viola e alla sua ignara assistente Azalée. Tra illusioni e delusioni, rimpianti e rivincite, lacrime e risate, le quattro donne si confronteranno con i loro sogni di ragazzine e le realizzazioni più o meno mancate dell’età adulta. E attraverseranno la tempesta per uscirne trasformate e più forti.

Ho sfogliato le pagine della vita di Viola, Alberta, Chantal e Mavi mentre il treno percorreva le verdeggianti e a tratti gotiche campagne del Belgio, in direzione Bruges. Ho voltato quelle pagine e i sentimenti di tutte queste donne e amiche sono emersi pian piano, sorseggiati proprio come una calda tazza di tè (di cui avrei tanto avuto bisogno peraltro).


A "La Calmette", casale di campagna dove ormai abita Viola, immersa in un'esistenza che riesce a trovare pace e sollievo soltanto nelle foglie di tè, si riuniscono le sue amiche Mavi, Alberta e Chantal, proprio in occasione del suo quarantesimo compleanno. E' ormai un rito che tutte e quattro attendono con ardore, per ritrovarsi, per stare insieme e confidarsi ogni anno. Eppure è proprio quel tempo trascorso, quelle esperienze vissute o rimaste a metà ad averle fatte maturare, riflettere e, talvolta, ad aver fatto porre quell'interrogativo cui ognuno di noi prima o poi va incontro: era questa la vita che desideravo condurre?
E allora Mavi è alle prese con marito, bimbo, lavoro e sogni che sono rimasti in un cassetto; Chantal frequenta un fidanzato di 10 anni più giovane di lei, affrontando sciocche convenzioni maschiliste e tentando di trovare relax praticando yoga; Alberta, un animo libero che non si ferma mai, ha in realtà bisogno di quell'affetto che ha cercato un po' ovunque. Infine Viola, ex modella, dal fascino indiscutibile, si è ritirata da anni, in preda al rimorso colpevolizzatasi della morte del marito che tanto adorava.


Tra "se", "ma", "come" e "perché?", Federica Brunini ci presenta le sue quattro ragazze che, nonostante le incrinature, i litigi, il dolore, riescono comunque a trovare la forza per proseguire, risolvere le questioni rimaste in sospeso, andare avanti e guardare in faccia il futuro.
Il romanzo è scorrevole e la narrazione estremamente realistica poiché tratta di normalissime donne, come me o voi lettrici, adesso o tra qualche anno.
Le ultime pagine sono dedicate alle varie miscele di tè adatte a qualsiasi stato d'animo, esattamente come quelle realizzate da Viola nel suo laboratorio. E' un'ottima occasione per provarle!


E ora alcune frasi tratte dal romanzo che ho amato, mi hanno fatto riflettere e sorridere.

<<"Non ci sono cure per il cuore, quando fa male," le confidò. "E a volte fa male per sempre [...]">>


<<Viola aveva sempre evitato liti, confronti, disaccordi. Li scansava, li aggirava, passava oltre con eleganza, senza infierire né, soprattutto, farsi scalfire. Alberta, invece, era nata sotto il segno della polemica. E aveva coltivato, negli anni, la tendenza a guerreggiare con tutti: famigliari, amici, amiche, fidanzati, colleghi. Aveva vissuto armata, sempre pronta a dare battaglia. Quelle poche volte in cui si era concessa di deporre lo scudo le avevano causato dolore, perdite, ferite. Così aveva cercato di proteggersi con una corazza invisibile ma resistente, costruita maglia su maglia contro delusioni, illusioni, sconfitte grandi e piccole>>.


<<"Si ricordi: spesso un momento restituisce ciò che molti anni hanno tolto">>.


<<Era un'anima, la sua, levigata dalle intemperie. Quanto pesava? Venti, trenta o cinquanta grammi? S'immaginò di sfilarsela via dal petto e di metterla sulla bilancia, come faceva con le foglie di tè. Ce n'era abbastanza per riempire una teiera, si disse. Ed era una miscela salata, come lo sono le lacrime. Amara come la delusione. Aspra come la sconfitta. Pungente come il dolore: il tè dell'anima non è mai di facile degustazione. Soltanto i pochi palati raffinati dalle asperità della vita possono apprezzarlo in tutta la sua inquieta pienezza, senza aggiungervi né miele né zucchero, concluse, avviandosi nella stanza da bagno gialla.>>


<<La vita non è che una lunga e continua guarigione dalle proprie piaghe>>


<<"Quante cose fanno le mani! Ci pensate mai? Fanno l'amore, la guerra, il cibo. Sporcano e puliscono, distruggono e costruiscono, accarezzano e schiaffeggiano. Sono la parte più multitasking del corpo. Sono femmine, le mani. Sono madri. Non credete? Sopravvalutiamo il cuore, il cervello, gli occhi. Invece sono le mani a fare tutto, queste dieci dita apparentemente fragili [...]">>


<<"Quando la paura è più grande di te, puoi fare una cosa sola: attaccarti a ciò che hai e sperare di salvarti">>.


domenica 15 ottobre 2017

Cagliari e dintorni: report di viaggio

Mentirei se dicessi che stavolta non ero agitata. Sono sincera: ero in ansia per la conferenza, lo sono sempre di solito, ma stavolta era diverso. La mia prima conferenza da PhD (proclamata tale, seppur ancora senza diploma) comportava una certa responsabilità, nonostante parlassi di un argomento che ormai fa parte di me. Come ho scritto qualche giorno fa su Facebook - e i miei contatti lo sanno bene - non mi abituerò mai a tutto questo... o forse sì, quando sarò più grande.
Un po' è colpa del carattere, un po' della "giovane" età, un po' anche della spavalderia che a me manca, mentre ad altri colleghi viene così naturale che sembra quasi siano nati con la sapienza infusa.
Eppure, è andato tutto bene e, oltre al carattere puramente scientifico di questo magnifico incontro di studi, sono riuscita a conoscere Cagliari.


Per la prima volta ho posato i miei piedi sul suolo sardo e sono stata davvero contenta di averlo fatto.
Appena giunta in città dall'aeroporto, ho subito percepito quell'odore di mare, di salsedine, di estate, nonostante sia ottobre. Al porto erano attraccate gigantesche navi da crociera che si ergevano imponenti accanto a barche a vela e yatch che, in confronto, sembravano tanto piccole, in miniatura.


Davanti al porto, i vicoletti del quartiere di Marina si inoltrano nella città, così tortuosi, stretti, colorati, ricchi di negozietti. Ho alloggiato lì, ma con il senno di poi non farei la stessa scelta. Purtroppo la situazione della sicurezza sta sfuggendo di mano al nostro paese e troppi individui dalle losche intenzioni sono riuniti in un'unica zona. Marina è stupenda, ma rischia di diventare la nuova Stazione Termini/Esquilino di Roma. Lo dico con la tristezza nel cuore e non proseguirò oltre su questo tasto. Ce ne sarebbero di cose da dire, ma forse ancor più da fare. L'azione occorre molto più della parola, ora come ora.
A Marina sorge la chiesa di Santa Eulalia. Volevo visitarla a tutti i costi perché studiai il culto di questa santa in occasione del viaggio in Spagna e, nello specifico, a Mérida di qualche anno fa. L'edificio barocco è un luogo solare e pacifico, rischiarato da una miriade di colori che si espandono e filtrano dai vetri delle cappelle laterali, regalando un'atmosfera quasi mistica.


Il mio animo archeologico è stato però attratto dagli scavi in cui sono visibili le varie fasi del sito, visitabili in un percorso davvero ben ideato.


Per terminare, il complesso prevede anche un piccolo museo ecclesiastico, in cui sono conservati arredi liturgici, dipinti e statue votive.
Inoltrandosi e perdendosi lungo le salite di Cagliari, è possibile imbattersi in resti archeologici che emergono tra i palazzi, come nel caso della distrutta chiesa di Santa Lucia,


oppure in minuscole perle di stampo barocco quale la chiesa di Sant'Antonio.
Via Manno è ricca di negozi: piccole e grandi marche si affiancano ai negozi tipici e di souvenir.
Non potrà passare inosservata la Collegiata di Sant'Anna, la cui facciata risplende di riflessi dorati e rosati alla luce del tramonto, e la cui cupola caratterizza dall'alto il panorama di Cagliari.


La lunga salita - Largo Carlo Felice che prosegue in via di Santa Margherita - conduce al quartiere di Castello, dominato per l'appunto dalla rocca in cui è installata la cosiddetta Cittadella dei Musei, con il Museo Archeologico e le varie aule dove si tengono le lezioni di archeologia.


La visuale da lì è spettacolare: Cagliari si estende ai piedi del monte, immersa e abbracciata dall'azzurrissimo mare.


Grazie alla mia amica Stefy - che non ringrazierò mai abbastanza per avermi fatta sentire a casa - sono riuscita a visitare Marina Piccola, con il suo spettacolare mare azzurro e la spiaggia del Poetto, così bianca in confronto a quella cui sono abituata;


a tutto ciò, si è aggiunta la Riserva Naturale del Molentargius, dove i magnifici fenicotteri rosa passeggiavano placidamente nelle acque delle saline, sotto lo sguardo vigile della Sella del Diavolo.


L'ultimo giorno di permanenza (e di convegno) ho visitato Nora (Pula). La cornice marina gioca sicuramente un ruolo importante nella meraviglia che il visitatore prova giungendo fin davanti alle rovine di questo sito pluristratificato. Un must per chiunque voglia scoprire la storia della Sardegna.


Il mio viaggio, iniziato in maniera piuttosto ansiosa, è terminato con una corsa in aeroporto. Un incidente sull'autostrada ha fatto sì che arrivassi mentre l'imbarco era iniziato. Ho saltato la fila verso i controlli (ringrazio chiunque abbia avuto pietà di me) e corso a perdifiato fino al mio volo, in maniera talmente incosciente da non aver nemmeno controllato il gate, fortunatamente azzeccato.
Una volta salita a bordo, neanche le mie consuete vertigini hanno fatto capolino. Ero talmente esausta che l'adrenalina era scemata, lasciando il posto alla stanchezza. Mentre l'aereo si alzava in volo su una costa illuminata da una miriade di luci, chiudevo persino gli occhi, rilassandomi e sorridendo.
Alla fine, la temerarietà, un pizzico di incoscienza, l'amicizia e la passione per la mia materia hanno prevalso su tutto il resto. Sono approdata a Roma con la voglia di riprendere il mio trolley blu, l'inseparabile zaino, la macchina fotografica e imbarcarmi per il prossimo volo.

N.B. Le foto sono TUTTE state scattate dalla sottoscritta. Ne detengo perciò OGNI diritto ed è severamente vietato usarle senza il mio esplicito consenso.

lunedì 4 settembre 2017

Recensione di "I baci non sono mai troppi" di R. Martos

Bentornati amici lettori! Come sono andate le vostre vacanze?
Spero che vi siate rialssati e siate pronti a tornare con più carica alle vostre occupazioni, qualsiasi esse siano.
Il mare, si sa, concilia la lettura... e non ho potuto evitare di portare con me qualche romanzo.
Il primo di cui vi parlerò è "I baci non sono mai troppi" di R. Martos.


«I baci non sono mai troppi: se ne possono dare tanti senza paura di esaurirli, ed è l'uso migliore che se ne possa fare».

L'affetto non è mai troppo, così come la sua forma più potente, l'amore, che resiste alla lontananza, alle discussioni, al tempo e persino alla morte. È l'unica cosa che può sconfiggerla perché, dove l'essere umano per questioni biologiche cessa di esistere, il suo operato condotto con amore rimane e permane.
Ho terminato questo romanzo pensando a quanto sia bella la vera amicizia, se solo esistesse. Scriviamo di lei, forse perché nel nostro cuore speriamo sempre di incontrare un sentimento simile.
Ho trovato in Lucía la mia fotocopia. Mai nessun personaggio letterario mi ha mai somigliato tanto: la mora con la battuta sempre pronta e un caratteraccio, pronta ad affrontare la vita senza cedere a sentimentalismi perché ha costruito intorno al suo cuore una barriera troppo salda, uno scudo per non soffrire ancora e che, in fondo, desidera soltanto qualcuno che abbia il coraggio e la costanza di giungere alla vera e fragile Lucía.
Poi c'è Eva, la bionda soprannominata così da Lucía (mi viene da ridere… perché anche io chiamo sempre una mia amica "Bionda". Noi more lo facciamo). Lei è più romantica, riflessiva, timida a volte e impulsiva, ma allo stesso tempo coraggiosa, che riesce a trovare la forza di reagire in fondo a se stessa e negli affetti che la circondano.


Le due sono più che amiche, quasi sorelle. Si sono conosciute da piccole quando Lucía aveva perso sua mamma. Il destino ha preparato le sue carte: Lucía trova Eva quando ne aveva più bisogno e percorrono la strada insieme fino ai trent'anni, quando una discussione le separerà. Ma nessuna separazione è mai per sempre. Il destino, infatti, gioca ancora. 
Lucía si è costruita la sua vita, lavora, è indipendente e LIBERA. Ha avuto un maestro, Luis, che l'ha guidata e ha incontrato tante persone senza fermarsi mai.
Eva si è sposata con Raul, ha avuto una famiglia, una bambina – Lola – e recita perché quella era la sua passione. Ma proprio mentre le cose iniziano a non andare per il verso giusto nella vita di Eva, ecco che in aeroporto avviene l'incontro con Lucía.


Gli anni si annullano, il tempo riprende a scorrere da dove si era fermato e le due tornano inseparabili. Il romanzo procede a capitoli alterni di storia presente e flashback, narrata da Eva e Lucía, senza mai perdere il ritmo frizzante. Il finale… probabilmente farà l'effetto di un macigno, o almeno così è stato per me, ma leggete questo romanzo. È uno dei pochi che, nella mia vita da lettrice compulsiva, è riuscito a emozionarmi.
I miei personaggi preferiti? Senza dubbio Lucía e Luis, l'uomo più affine a se stessa che Lucía abbia mai incontrato. E so, per esperienza, che è davvero raro avere la fortuna di incrociare la propria vita con una persona che ti capisca sempre, una persona con cui sei in sintonia e che, nonostante tutto, riesce a insegnarti ogni volta qualcosa di nuovo. Un maestro che ti guidi è un bene prezioso, una persona che sostenendoti, sviluppando le tue capacità e rendendoti libera, ti dia la possibilità di potertela cavare in questo mondo. Bisogna essere fortunati per trovarne uno (e la fortuna non è dalla parte di chiunque purtroppo...).
E poi c'è Lola, la piccola bambolina che emana dolcezza e allegria. Come si fa a non amarla?
Sono tante le citazioni che ho segnato, ma ne scriverò qui solo qualcuna (altrimenti dovrei riportare l'intero romanzo). Buona lettura a chi deciderà di conoscere la storia di Eva e Lucía.


«"Perché tutte le mie amiche avevano già dato il loro primo bacio, mentre io no e ho già dodici anni. Voglio essere come tutte le altre!"
"Questa è una sciocchezza, Eva. Non devi fare quello che fanno le altre ragazzine. Tu devi fare quello che devi, il tuo dovere."
"E che c'è di male in un bacio?"
"Niente, ma dare un bacio che non volevi dare non si fa. È stupido. È come buttarlo via…"
"Ma i baci non sono mai troppi: non si esauriscono e non ne abbiamo una riserva limitata. Si può sempre darne altri."»

«"[…] L'amore non è cieco, l'amore è pazzo e fa cose incomprensibili."»

«"Senti, Eva, l'amore è tutto meno che responsabile. Nessuno pensa a cosa è giusto quando si innamora; se ci pensa, è un'altra cosa, ma certamente non è amore…"»

«"Senti, quando vuoi veramente qualcosa, devi scommettere sopra tutto, anche se potresti perdere. Devi darti anima e corpo a ciò che desideri, il successo si ottiene lottando e rischiando."»

martedì 20 dicembre 2016

Recensione di "Come parole nel vento" di Diane Chamberlain

Buonasera a tutti! E' di nuovo una Cristina influenzata che vi parla... influenzata ma leggerissima! Ho discusso la mia tesi di dottorato! Il momento tanto atteso è arrivato e mi sembra che sia volato via, forse troppo velocemente, come tendono a fare gli eventi più belli che costellano il nostro percorso.
Torniamo alle letture, senza che sfoci nella scrittura poetica. Ieri sera, tra un colpo di tosse e l'altro, ho terminato di leggere "Come parole nel vento" di Diane Chamberlain. Eccovi la trama:


Trama: Ogni azione, ogni decisione, innesca reazioni a catena imprevedibili. Noelle, Emerson e Tara sono tre donne molto diverse, ma amiche inseparabili da più di vent'anni. Hanno condiviso gioie e dolori, sostenendosi a vicenda nei momenti bui. Credono di sapere tutto l'una dell'altra. Ma quando Noelle, eccentrica levatrice, si toglie la vita senza aver mai dato il minimo segno di disagio, Emerson e Tara si rendono conto che, dopotutto, non la conoscevano affatto. Questo gesto apparentemente inspiegabile, altro non è che il risultato di un errore lontano. E a mano a mano che cercano di mettere insieme i tasselli della vita dell'amica, emergono verità che sconvolgeranno la loro esistenza.

E' un romanzo che mi ha tenuta incollata alle sue pagine perché, al suo interno, dimorava la curiosità di riuscire a comprendere tutti i meccanismi che avevano comportato un unico evento, quello iniziale: il suicidio di Noelle, la levatrice.


Noelle è una donna stravagante, che si è sempre occupata di far nascere i bambini e assistere le loro madri. E' una donna misteriosa, quanto altruista e le sue migliori amiche, sin dai tempi del College, sono Tara ed Emerson. Il suo suicidio quindi appare alquanto inaspettato e incomprensibile agli occhi di chi pensa di conoscerla egregiamente. Le due donne non riescono a darsi pace. Noelle non soffriva di depressione... o almeno, così sembrava. Cercando nel passato dell'amica, in una casa dove ogni documento è rimasto al suo posto e dove un'aiuola curatissima con una fontana particolare appare come un'unica nota di colore, Tara ed Emerson verranno a scoprire alcune verità che spezzeranno il cuore, ma al contempo solidificano rapporti come l'amicizia e l'amore verso la propria famiglia. 


Le narratrici cambiano spesso: sono Tara, Emerson, Grace (figlia di Tara), Jenny (figlia di Emerson), Anna (la mamma di Haley) e, infine, vi è il punto di vista impersonale (narratore esterno) per la storia di Noelle. Nonostante quindi l'impostazione particolare, la narrazione scorre velocissima e il lettore riesce a comprendere sentimenti e preoccupazioni appartenenti a tutte le donne che ruotano all'interno di questo fantastico romanzo. 
Quella narrata da Diane Chamberlain è anche una storia di coraggio, quello di essere madre, di comprendere i propri figli, operazione spesso difficoltosa quando si è alle prese con adolescenti ribelli, e di aiutarli quando ogni cosa sembra andare storta. 


E' una storia dolorosa, quando è in atto una separazione intenzionale o meno, operata da fatti che la vita ci pone davanti o imposta dalla morte (è il caso di Sam, il marito di Tara, oppure della stessa Noelle). 


E' una narrazione che fa sorgere del vero e proprio "pathos", quando ogni cosa sembra andare al suo posto, quando gli interrogativi aperti della vita trovano una soluzione, nonostante spesso non sia quella che ci si era immaginati e quando le parole taciute diventano amare verità.


Infine si parla di errori, orribili azioni cui si vorrebbe porre rimedio, azioni di cui ci si pente sempre a posteriori e che tendono a condizionare il proprio futuro e quello del prossimo. Un monito sembra risuonare tra le righe: prestare attenzione e riflettere sempre prima di agire... perché poi potrà essere troppo tardi e il peso del rimorso potrà far compiere azioni ancora più stupide nel tentativo di rimediare.


Consiglio questa lettura intensa, dolce e veloce come un alito di vento.... lo stesso che porta con sé parole che, troppo spesso, si sono spezzate tra i denti prima di essere pronunciate. 

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