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martedì 8 settembre 2020

Recensione di "Nostra Signora di Parigi" di Victor Hugo

Buonasera lettori e ben ritrovati! Spero che abbiate trascorso delle buone vacanze, o quantomeno qualche giorno in assoluto relax. Nonostante non sia stata ferma un attimo, ho trovato tempo di leggere tantissimo. Complice il sole forse, il mare e quel venticello caldo che accarezza la pelle, ho "macinato" ben 9 libri in un mese e 3 fumetti. Sono compiaciuta.
Arriviamo al dunque e mi scuserete se gli spoiler saranno numerosi. 
Finalmente posso dire di essere riuscita a impegnarmi in una lettura come "Nostra Signora di Parigi" di Victor Hugo. Guardai il film d'animazione Disney al Teatro Sistina, nel corso di una proiezione dedicata alle scuole. All'epoca frequentavo le elementari e uscii da lì cantando, adorando il capitano Febo, ammirando talmente tanto Esmeralda da portare per il resto dei miei giorni una coda di cavallo con un fermaglio degli stessi colori della sua fascia e con il desiderio di voler visitare la cattedrale di Notre Dame. Quest'ultimo proposito, purtroppo, non l'ho ancora realizzato… nel 2010 sono stata a Parigi, ma il gruppo di colleghi con cui mi trovavo non volle entrare per non "perdere" l'intero pomeriggio. La salutai quindi da fuori, intonando nella mia mente la canzone iniziale di Clopin, promettendo di tornare in tutta tranquillità.


Passiamo, però, al romanzo vero e proprio. A mio avviso, non è totalmente diverso dal film d'animazione che, ovviamente, si ispira al capolavoro di Hugo, ma esistono delle enormi differenze. 
Quella storia, che crediamo di conoscere un po' tutti, in realtà presenta dettagli che la fanno apparire sotto una luce completamente diversa. 
Victor Hugo ci presenta un popolo parigino esaltato, non tanto per gli spettacoli teatrali che pur si tengono in piazza, ma soprattutto per la Festa dei Folli e le esecuzioni capitali. È un popolo impietoso, che si dirige senza una precisa ragione lungo la via indicata dai personaggi più influenti. Ed è Pietro Gringoire, filosofo e poeta, autore di commedie, che si configura quasi come narratore a introdurci in quell'atmosfera. L'incoronazione del re dei Folli punta l'obiettivo su quelli che saranno i personaggi principali: Clopin, uno dei "re" degli zingari (chiamati in tale sede "egiziani", per le origini credute orientali, nonostante fossero di derivazione spagnola); Esmeralda, la bella zingara sedicenne (!), che allieta insieme alla sua capretta, Djali, i cittadini parigini con i suoi spettacoli ballerini a ritmo di tamburello; Quasimodo, il campanaro gobbo e sordo, allevato e soccorso dall'arcidiacono; Claudio Frollo, l'arcidiacono per l'appunto, un prete apparentemente saldo nella propria fede e intimamente animato da una folle passione per Esmeralda.


In questo quadro si innestano altre fondamentali figure, principalmente due: il capitano delle guardie, Febo, bello e infido, promesso sposo della ricca Fiordaligi, eppur amato da Esmeralda; la cosiddetta "insaccata" (ovvero, vestita con un sacco) di nome Gudula, un'anziana prostituta diventata folle per aver perduto la propria figlia rapita dagli zingari. 

Il romanzo spiega come le vite di Esmeralda e Quasimodo siano strettamente intrecciate. Oltre al fatto che Esmeralda salvi Quasimodo dalla tortura, avvenuta per causa sua (il gobbo, infatti, era stato incaricato da Frollo di aiutarlo a rapire la zingara), e che il campanaro si innamori di lei trovando, purtroppo, un rifiuto per il proprio aspetto deforme, è nell'infanzia dei due che bisogna ricercare quel nodo cruciale. 

Gudula, infatti, che era una prostituta, aveva pregato il Signore per far sì che potesse avere una bambina. La sua preghiera viene esaudita. Quella bambina, di nome Agnese, è descritta come un piccolo angelo, bellissimo e accudito, ma un giorno viene rapita. Gudula si allontana per poco tempo dal suo alloggio; al ritorno trova la stanza aperta, una scarpetta appartenente ad Agnese e un piccolo fagotto che custodiva un essere deforme. Il bambino sarà abbandonato, trovato dall'arcidiacono Frollo e cresciuto nella cattedrale, con il solo compito di suonare le campane che lo renderanno completamente sordo; Gudula impazzirà e condurrà la vita di reclusa, maledicendo ogni zingaro presente sul suolo parigino; Agnese sarà allevata dagli zingari, soprannominata l'Esmeralda per via del piccolo sacchetto ricoperto di lustrini verdi che porta al collo e che contiene l'altra scarpetta, unico dettaglio che potrà farle ritrovare la propria famiglia. 

In tale frangente, Claudio Frollo, l'arcidiacono, uomo devoto e formatosi unicamente sotto la luce della Santa Madre Chiesa, comincia ad avvertire quelle debolezze della carne osservando casualmente un ballo di Esmeralda. Il desiderio verso la ragazza è talmente ossessivo che tenta di rapirla aiutato da Quasimodo. La missione viene però contrastata dall'arrivo del capitano Febo, che salva la zingara, provocando in lei riconoscenza, scambiata dalla giovane per amore. 

Febo, già promesso a Fiordaligi, decide però di concedersi una notte di puro divertimento con Esmeralda. Approfittandosi del fatto che la zingara fosse innamorata di lui, la attira verso un decadente ostello, dandole appuntamento, ma Frollo lo viene a sapere. L'arcidiacono, non sopportando che Febo tocchi la sua Esmeralda, si traveste e chiede al capitano di poter stare in uno stanzino accanto al luogo in cui avrebbe consumato la notte con la ragazza. Esmeralda arriva, si siede con Febo sul letto, si scambiano parole, effusioni, e mentre lei pronuncia parole d'amore, lui è semplicemente attratto. Frollo non riesce a guardare: mentre i due amanti sono intenti a procedere, lui aggredisce il capitano, pugnalandolo e lasciandolo privo di sensi in un mare di sangue. Esmeralda, che ha visto in volto il prete, ha un mancamento e viene accusata di aver ucciso il militare. Da qui inizia il processo per stregoneria nei suoi confronti e verso la capretta Djali: le due saranno condannate a morte. Più volte Frollo tenta di dissuaderla, di accettare di vivere l'esistenza con lui, ma Esmeralda si rifiuta, proseguendo in cuor suo ad amare Febo. Quest'ultimo, creduto morto, è in realtà vivo e si ripresenta al cospetto di Fiordaligi… assistendo persino alla condanna di Esmeralda senza fare nulla, nemmeno quando la giovane, avvistatolo, lo chiama a gran voce dalla piazza. 

In tutto ciò Quasimodo che ruolo avrà? Quello di reale salvatore di Esmeralda, quello di aver rappresentato l'amore puro e disinteressato contenuto in un corpo deforme, in contrasto con il capitano Febo, bello e vuoto. Ed è Quasimodo che, una prima volta, salva Esmeralda dalla morte, rapendola e portandola nella cattedrale, per poi invocare il diritto di asilo. Ma nemmeno quel gesto fermerà il popolo degli zingari deciso a riprendersi Esmeralda, e il popolino deciso invece a vedere morire la strega: l'assedio di Notre Dame viene letteralmente dipinto da Victor Hugo, con un Quasimodo che oppone resistenza, gettando pietre e piombo fuso sui cittadini che si presentano con forconi e torce davanti al portale della cattedrale.


Come termina il romanzo? Frollo, un uomo tormentato dalla fede, dalla passione e dal rifiuto, morirà precipitando dalla cattedrale; Esmeralda, dopo aver ritrovato sua madre Gudula (che darà la vita per la figlia), sarà impiccata in piazza; Djali seguirà Pietro Gringoire nelle sue "avventure" di poeta e filosofo; Febo si sposerà con Fiordaligi; Quasimodo, infine, vivrà… raggiungendo il corpo di Esmeralda, gettato in una fossa comune, e lasciandosi morire accanto a lei. 

Confronti con la Disney? Ce ne sono eccome e sono inevitabili, soprattutto per i lettori della mia generazione. 

Claudio Frollo è un arcidiacono, quindi un prete; per la Disney invece è un giudice, molto devoto, che odia gli zingari per i loro furti e il disordine che portano, eccezion fatta per Esmeralda, della quale è follemente innamorato... Il suo, però, è un amore morboso e possessivo, che lo condurrà a desiderare la morte della zingara.


Quasimodo è il gobbo campanaro, zingaro di nascita nel romanzo, così come nel film d'animazione Disney. In quest'ultimo, però, i genitori cercano di salvarsi fuggendo in barca da Parigi, ma si imbattono in Frollo che insegue a cavallo la madre di Quasimodo con il fagotto in braccio. Frollo la raggiunge e, dopo averla strattonata, la fa cadere sulle scale di Notre Dame. La madre di Quasimodo muore; Frollo apre il fagotto e scopre il volto deforme di Quasimodo. Vorrebbe gettarlo nel pozzo, ma l'arcidiacono lo ferma e lo obbliga a prendersene cura come fosse suo figlio, a patto che rimanga nascosto nella cattedrale "là dove nessuno lo vedrà". Quasimodo è innamorato di Esmeralda, che lo salva dalla derisione del popolo in occasione della Festa dei Folli, e salverà la zingara dal rogo in piazza invocando il diritto di asilo (questa parte ricalca il romanzo).


Esmeralda del romanzo ha 16 anni… quella della Disney ne dimostra almeno 10 in più. Anch'essa è accompagnata dalla fedele capra Djali, con la quale balla al suono del tamburello, ma la Disney non permette di conoscere le sue origini, incentrando la storia sul campanaro. La zingara si innamora del capitano Febo incontrandolo in piazza, poi in cattedrale, e durante alcuni degli inseguimenti ordinati dal giudice Frollo. Lei non crede in Dio, ma cerca la fede, dimostrandolo nella celebre canzone "Dio fa qualcosa".


Febo è il personaggio più deludente in assoluto. Chi ricorda il coraggioso e affascinante capitano della Disney non riuscirà nemmeno lontanamente a paragonarlo al personaggio originale delineato da Hugo. Febo della Disney è dalla parte del bene, aiuta Quasimodo ed Esmeralda, si inoltra nella Corte dei Miracoli, affronta Frollo, rischia la vita; quello del romanzo è infido, falso, approfittatore.


Infine, Clopin il narratore e giullare della Disney, incarna il Clopin del romanzo e allo stesso tempo la figura di Gringoire.


"Nostra Signora di Parigi" si configura come un romanzo dai toni gotici, oscuri, illuminati esclusivamente dai raggi dell'amore puro e innocente (provato da Esmeralda e Quasimodo), dalla speranza (provata da Gudula) e dalla fede. Magnifica è la descrizione che Hugo fa di Parigi dall'alto e della stessa cattedrale, scendendo nei dettagli architettonici e storici. Essendo un classico, il lettore dovrà aspettarsi un linguaggio contestuale all'epoca di Hugo; alcuni passaggi, inoltre, risultano molto lenti e difficili da superare. Ma vale la pena affrontare una lettura così impegnativa: dietro le pagine più noiose, si nascondono colpi di scena che incuriosiscono e appassionano, trasportando il lettore in un'altra epoca, fin sopra le torri di Notre Dame e nei vicoli di Parigi, navigando sulla Senna e ammirando le statue che dall'alto della cattedrale osservano silenziose ogni visitatore. 

Vi saluto con due passaggi tratti dal romanzo, aspettandovi alla prossima recensione. 

– Sapete che cos'è l'amicizia? – domandò. 

– Sì, – rispose l'egiziana. – Significa essere fratello e sorella, due anime che si toccano senza confondersi, le due dita della mano. 

– E l'amore? – proseguì Gringoire. 

– Oh! L'amore! – ella disse, e la sua voce tremava e il suo occhio raggiava. – Significa essere due e soltanto uno. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. È il cielo.


A volte, di sera, ella udiva una voce nascosta sotto il tettuccio del campanile cantare come per addormentarla una canzone triste e bizzarra. Erano versi senza rima, come può farne un sordo: 

"Non guardare il volto, fanciulla, guarda il cuore. Il cuore di un bel giovane è spesso deforme. Vi sono cuori in cui l'amor non dura. Fanciulla, l'abete non è bello, non è bello come il pioppo, ma serba il suo fogliame l'inverno. Ahimé! Che serve dir questo? Ciò che bello non è ha torto d'esistere; beltà ama soltanto beltà, aprile volge le spalle a gennaio. La bellezza è perfetta, la bellezza tutto può, la bellezza è l'unica cosa che non esiste a mezzo. Il corvo vola solo di giorno, il gufo vola solo di notte, il cigno vola notte e giorno".


P.S. se siete curiosi di leggere un mio articolo un po' particolare sul Gobbo di Notre Dame e sull'iconografia presente nella cattedrale, cliccate qui. Non ve ne pentirete!

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