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domenica 25 settembre 2016

Recensione di "La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu

Yaaawn... che sbadiglio e che stanchezza! Buona domenica a tutti! No, non mi sono appena svegliata, ma ho ancora sonno. Ormai penso di averlo arretrato e che non lo recupererò mai più. In compenso oggi è una bellissima giornata di sole a Roma, con una temperatura un po' "rinfrescante", esattamente quel che NON piace a me, ma l'autunno è già entrato e mi dovrò abituare ai miei raffreddori in attesa della mia dolce e caldissima estate.
Chiacchiere a parte, siete curiosi di sapere quale fosse l'altro romanzo acquistato in coppia con "La ricetta del vero amore"? Dopo aver cercato tra volumi che avevano un aspetto di saggio politico (li odio) e un "Piccolo Principe" che ho nella mia libreria da quando avevo 6 anni, mi sono soffermata sul romanzo di Mathias Malzieu, "La meccanica del cuore".


Trama: Nella notte più fredda del mondo possono verificarsi strani fenomeni. È il 1874 e in una vecchia casa in cima alla collina più alta di Edimburgo il piccolo Jack nasce con il cuore completamente ghiacciato. La bizzarra levatrice Madeleine, dai più considerata una strega, salverà il neonato applicando al suo cuore difettoso un orologio a cucù. La protesi è tanto ingegnosa quanto fragile e i sentimenti estremi potrebbero risultare fatali. L’amore, innanzitutto. Ma non si può vivere al riparo dalle emozioni e, il giorno del decimo compleanno di Jack, la voce ammaliante di una piccola cantante andalusa fa vibrare il suo cuore come non mai. L’impavido eroe, ormai innamorato, è disposto a tutto per lei. Non lo spaventa la fuga né la violenza, nemmeno un viaggio attraverso mezza Europa fino a Granada alla ricerca dell’incantevole creatura, in compagnia dell’estroso illusionista Georges Méliès. E finalmente, due figure delicate, fuori degli schemi, si incontrano di nuovo e si amano. L’amore è dolce scoperta, ma anche tormento e dolore, e Jack lo sperimenterà ben presto. Intriso di atmosfere che ricordano il miglior cinema di Tim Burton, ritmato da avventure di sapore cavalleresco, La meccanica del cuore è al tempo stesso una coinvolgente favola e un romanzo di formazione, in cui l’autore, con scrittura lieve ed evocativa, punteggiata di ironia, traccia un’indimenticabile metafora sul sentimento amoroso, ineluttabile nella sua misteriosa complessità.

Non mi ha ispirato la copertina, ma la trama, un po' bizzarra e dark alla Tim Burton, con quel sapore di "The Nightmare Before Christmas". Il romanzo parla di Jack, nato nella più fredda notte dell'anno a Edimburgo, in un'atmosfera grigia di fine '800, nella casa di una donna, Madeleine, considerata una strega. E' proprio lei a salvare Jack che nasce con il cuore completamente ghiacciato, applicandogli un orologio a cucù che gli fornisca l'energia per avviarsi. 


Jack, che non è mai stato adottato per via della sua strana protesi, rimane con Madeleine per la quale è ormai un figlio. Durante una passeggiata in città, Jack incontrerà Acacia, una piccola cantante miope che non vuole indossare gli occhiali per vanità. I due intraprendono un duetto canoro nella piazza, finché Madeleine porta via Jack. Il ragazzo non potrà mai dimenticare però il sentimento bruciante che gli ha incendiato il cuore e, anni dopo, partirà alla ricerca di Miss Acacia, fino a trovarla a Granada, dove lavora in un circo. 


E deve sempre ricordarsi delle regole per il suo cuore: "Uno, non toccare le lancette. Due, domina la rabbia. Tre, non innamorarti, mai e poi mai. Altrimenti, nell'orologio del tuo cuore, la grande lancetta delle ore ti trafiggerà per sempre la pelle, le tue ossa si frantumeranno, e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi".
Ma all'amore non si può dire di no e a Jack non importa del funzionamento del suo strano cuore, quando al suo interno è vergato solo il nome dell'amata.
Ovviamente la loro storia non termina qui, ma potrei rivelare troppo e vi lascio con la curiosità.


Le mie impressioni? La storia inizialmente non era male, anzi, lo stile un po' estroso e poetico che mi ha introdotta in quell'atmosfera misteriosa e da notte di Halloween mi aveva lentamente stregata. Jack somiglia a un piccolo Pinocchio dal cuore di legno e dai sentimenti umani e Madeleine è un Geppetto in gonna che, come tutte le madri, cerca di tenere legato a sé il suo bambino, tentando di proteggerlo dalle emozioni negative e inaspettate che il mondo può suscitare.
Poi non so cosa sia successo. Tutto a un tratto, il ritmo inizia a mutare. I sentimenti di Jack sono eccessivi per essere quelli di un ragazzo di 10 anni e mi sono ritrovata un po' spaesata. L'amore bruciante che sfocia in passione per Miss Acacia ha un po' rotto la magia dark e favolistica che si era creata, trasformandosi in una storia molto comune e dal finale un po' deludente.
Tuttavia al suo interno sono ben chiari i messaggi dell'autore: si può amare nonostante le diversità, nonostante i difetti che, spesso, ci rendono interessanti agli occhi di un altro. E l'amore non è tutto rosa, ma a volte comporta sofferenza e dolore che il cuore deve sopportare, nonostante nessuno di noi sia mai preparato.

<<Un giorno o l'altro, tutto il piacere e la gioia che l'amore può suscitare si pagano con la sofferenza. E più si ama intensamente e più il dolore sarà moltiplicato. Sperimenterai l'assenza, poi i tormenti della gelosia, dell'incomprensione, infine la sensazione del rifiuto e dell'ingiustizia. Avrai freddo fino nelle ossa e il sangue formerà dei ghiaccioli che sentirai passare sotto la pelle. La meccanica del tuo cuore esploderà. Ti ho trapiantato io questo orologio, conosco perfettamente i limiti del suo funzionamento. Può darsi che resista all'intensità del piacere, e sarebbe già molto. Ma non è abbastanza robusto da sopportare le pene d'amore>>.


Dal libro è stato tratto anche un film d'animazione. Non come sia perché non l'ho visto, però penso che ormai la curiosità mi spingerà a trascorrere un po' di tempo con Jack e Acacia sullo schermo, provando ad apprezzare maggiormente le parti che non mi sono piaciute leggendo la loro storia.

martedì 16 febbraio 2016

Recensione di "Death Metal" di Tito Faraci

Data l'ora, posso solo augurare la buonanotte a voi che mi state leggendo.
Avrei voluto scrivere questo post ore fa, ma la ricerca di un testo antico in rete ha fatto sì che perdessi davvero tutto il pomeriggio. Perché ci ho messo così tanto? Eh bella domanda. La risposta consiste in un riferimento errato, pubblicato di recente, che però non corrisponde a nessun testo. Ho dovuto revisionare davvero moltissimi documenti, prima di trovare quel che cercavo. Consiglio, per tutti (anche per me stessa): controllare 1000 volte prima di scrivere riferimenti a fonti o ad altra bibliografia perché chiunque si cimenterà in uno studio, potrebbe seriamente impazzire.
Dopo ciò, arriviamo al punto della situazione. Ho terminato di leggere "Death Metal" di Tito Faraci. Avevo vinto questo romanzo a un giveaway organizzato dal blog Libri di cristallo.



Trama: Immaginate di essere in viaggio con i vostri amici su un fantastico furgoncino Westfalia che perde olio ed è scomodo da morire. State andando al concerto del secolo: i mitici Tiamat suonano a un festival death metal, in un paesino disperso nella campagna dell'Oltrepò pavese, e voi siete stati chiamati per fargli da spalla... Be', non esageriamo: Lorenzo, Stefano, Matteo, Barbara e Walter, ovvero gli Snake God Hunters, sono solo capitati in scaletta prima dei loro idoli, ma saliranno comunque sullo stesso palco ed è il giorno migliore della loro vita. Sono partiti all'alba dalla Puglia e non ne possono più di viaggiare, ma il problema non è questo. Il problema è che si sono persi nella nebbia, lungo un fiumiciattolo che nemmeno è segnato sulle mappe, e c'è un camionista impazzito che li incalza e fa di tutto per buttarli fuori strada. È a questo punto che tutto comincia ad andare storto...

Forse vi sembrerò stupida, ma i film horror mi impressionano parecchio. Per almeno qualche mese, la mia fantasia prosegue a vagare mista a un certo elevato grado d'ansia, generando incubi anche in pieno giorno, anche quando sono ad occhi aperti. Ecco, per i libri è più o meno la stessa cosa. Ogni volta mi ripropongo di leggerli e mi dico "finiscila di fare la scema che è solo invenzione", e ogni volta ci cado di nuovo. Ero a letto, nel buio della notte, con la sola lucina del mio comodino accesa mentre leggevo questo libro. Inutile dirvi che ogni scricchiolio (quello maledetto delle bottiglie di plastica poi è letale) mi faceva sobbalzare. Lo so, lo so, ognuno ha le sue paure.
Penso che la parte peggiore sia proprio l'inizio, quando un piccolo ragazzino, di cui non viene rivelato il nome, si trova a subire ogni tipo di atrocità da parte dello zio Aldo, ovvero l'incarnazione del male, e di alcuni bulli delinquenti. Il ragazzino di rimando diventerà una specie di macchina da guerra, priva di sentimenti, dall'animo tanto gelido da non riuscire a reagire positivamente nemmeno quando viene adottato da due amorevoli genitori. Solo la musica riesce a liberarlo dalla sua prigione mentale, solo lei riesce lì dove tutti avevano fallito. 



Il racconto si sposta poi sul gruppo di amici composto da Lorenzo, Stefano, Matteo, Walter e Barbara, membri degli Snake God Hunters, gruppo metal. Si stanno dirigendo verso il loro prossimo concerto, in una notte nebbiosa. Classicamente si perdono e vengono pedinati da un furgone inquietante. Dopo averlo seminato, gli SGH si fermano su uno spiazzo per una "sosta tecnica": il furgone non era proprio nuovissimo e i bisogni fisici chiamavano, come in ogni viaggio. Barbara, l'unica ragazza del gruppo, tosta più di un maschio, si allontana nascondendosi, per ovvi motivi, dietro gli alberi.



I ragazzi rimangono sullo spiazzo, ma il camionista pazzo torna indietro. Ne esce una specie di gigante con la faccia da bambino, un essere a dir poco inquietante, munito di una forza mostruosa e di una cattiveria formidabile. Si avventa contro i ragazzi: Matteo è colui che ci rimette la pelle al primo colpo. Lorenzo e Stefano lottano, mentre Walter sembra paralizzato. La sua psiche non ne vuole sapere di mettersi in moto. Il furgone conteneva una rete con tanti piccoli gattini prigionieri... destinati a cosa? Mentre i ragazzi tentano di mettere k.o. il gigante bambino, Barbara scopre un bosco in cui decine di corpi sono stati sepolti.



Inizia da lì un viaggio verso una cittadina oscura, in cui sembra regnare la pazzia, in cui riti oscuri e primordiali si fondono per un mix di cattiveria e anche di una buona dose di splatter. E no, non pensate che chiamare le forze dell'ordine fosse un'idea grandiosa. Probabilmente è stata l'azione più stupida che gli SGH potessero compiere.



Personalmente, faccio i miei complimenti a Tito Faraci perché è riuscito a dipingere delle atmosfere davvero macabre abilmente associate a gradi di suspense (che in me si è trasformata in ansia, ma sono dettagli). Concordo con chi ha paragonato il tutto alle storie di Stephen King.
La sola cosa che non mi è piaciuta particolarmente è il finale. L'ho trovato forse un po' banale, mentre vi erano tutti i presupposti per un'ultima pagina letteralmente "da paura".
Lo consiglio a chi piace DAVVERO il genere. A coloro che come me sono "facilmente impressionabili", fate una bella cosa. Andate in libreria e comprate un romanzo rosa, fantasy, etc. Sono sicura che aiuterà a dormire sonni più tranquilli.
E ora... buonanotte!
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