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martedì 16 febbraio 2016

Recensione di "Death Metal" di Tito Faraci

Data l'ora, posso solo augurare la buonanotte a voi che mi state leggendo.
Avrei voluto scrivere questo post ore fa, ma la ricerca di un testo antico in rete ha fatto sì che perdessi davvero tutto il pomeriggio. Perché ci ho messo così tanto? Eh bella domanda. La risposta consiste in un riferimento errato, pubblicato di recente, che però non corrisponde a nessun testo. Ho dovuto revisionare davvero moltissimi documenti, prima di trovare quel che cercavo. Consiglio, per tutti (anche per me stessa): controllare 1000 volte prima di scrivere riferimenti a fonti o ad altra bibliografia perché chiunque si cimenterà in uno studio, potrebbe seriamente impazzire.
Dopo ciò, arriviamo al punto della situazione. Ho terminato di leggere "Death Metal" di Tito Faraci. Avevo vinto questo romanzo a un giveaway organizzato dal blog Libri di cristallo.



Trama: Immaginate di essere in viaggio con i vostri amici su un fantastico furgoncino Westfalia che perde olio ed è scomodo da morire. State andando al concerto del secolo: i mitici Tiamat suonano a un festival death metal, in un paesino disperso nella campagna dell'Oltrepò pavese, e voi siete stati chiamati per fargli da spalla... Be', non esageriamo: Lorenzo, Stefano, Matteo, Barbara e Walter, ovvero gli Snake God Hunters, sono solo capitati in scaletta prima dei loro idoli, ma saliranno comunque sullo stesso palco ed è il giorno migliore della loro vita. Sono partiti all'alba dalla Puglia e non ne possono più di viaggiare, ma il problema non è questo. Il problema è che si sono persi nella nebbia, lungo un fiumiciattolo che nemmeno è segnato sulle mappe, e c'è un camionista impazzito che li incalza e fa di tutto per buttarli fuori strada. È a questo punto che tutto comincia ad andare storto...

Forse vi sembrerò stupida, ma i film horror mi impressionano parecchio. Per almeno qualche mese, la mia fantasia prosegue a vagare mista a un certo elevato grado d'ansia, generando incubi anche in pieno giorno, anche quando sono ad occhi aperti. Ecco, per i libri è più o meno la stessa cosa. Ogni volta mi ripropongo di leggerli e mi dico "finiscila di fare la scema che è solo invenzione", e ogni volta ci cado di nuovo. Ero a letto, nel buio della notte, con la sola lucina del mio comodino accesa mentre leggevo questo libro. Inutile dirvi che ogni scricchiolio (quello maledetto delle bottiglie di plastica poi è letale) mi faceva sobbalzare. Lo so, lo so, ognuno ha le sue paure.
Penso che la parte peggiore sia proprio l'inizio, quando un piccolo ragazzino, di cui non viene rivelato il nome, si trova a subire ogni tipo di atrocità da parte dello zio Aldo, ovvero l'incarnazione del male, e di alcuni bulli delinquenti. Il ragazzino di rimando diventerà una specie di macchina da guerra, priva di sentimenti, dall'animo tanto gelido da non riuscire a reagire positivamente nemmeno quando viene adottato da due amorevoli genitori. Solo la musica riesce a liberarlo dalla sua prigione mentale, solo lei riesce lì dove tutti avevano fallito. 



Il racconto si sposta poi sul gruppo di amici composto da Lorenzo, Stefano, Matteo, Walter e Barbara, membri degli Snake God Hunters, gruppo metal. Si stanno dirigendo verso il loro prossimo concerto, in una notte nebbiosa. Classicamente si perdono e vengono pedinati da un furgone inquietante. Dopo averlo seminato, gli SGH si fermano su uno spiazzo per una "sosta tecnica": il furgone non era proprio nuovissimo e i bisogni fisici chiamavano, come in ogni viaggio. Barbara, l'unica ragazza del gruppo, tosta più di un maschio, si allontana nascondendosi, per ovvi motivi, dietro gli alberi.



I ragazzi rimangono sullo spiazzo, ma il camionista pazzo torna indietro. Ne esce una specie di gigante con la faccia da bambino, un essere a dir poco inquietante, munito di una forza mostruosa e di una cattiveria formidabile. Si avventa contro i ragazzi: Matteo è colui che ci rimette la pelle al primo colpo. Lorenzo e Stefano lottano, mentre Walter sembra paralizzato. La sua psiche non ne vuole sapere di mettersi in moto. Il furgone conteneva una rete con tanti piccoli gattini prigionieri... destinati a cosa? Mentre i ragazzi tentano di mettere k.o. il gigante bambino, Barbara scopre un bosco in cui decine di corpi sono stati sepolti.



Inizia da lì un viaggio verso una cittadina oscura, in cui sembra regnare la pazzia, in cui riti oscuri e primordiali si fondono per un mix di cattiveria e anche di una buona dose di splatter. E no, non pensate che chiamare le forze dell'ordine fosse un'idea grandiosa. Probabilmente è stata l'azione più stupida che gli SGH potessero compiere.



Personalmente, faccio i miei complimenti a Tito Faraci perché è riuscito a dipingere delle atmosfere davvero macabre abilmente associate a gradi di suspense (che in me si è trasformata in ansia, ma sono dettagli). Concordo con chi ha paragonato il tutto alle storie di Stephen King.
La sola cosa che non mi è piaciuta particolarmente è il finale. L'ho trovato forse un po' banale, mentre vi erano tutti i presupposti per un'ultima pagina letteralmente "da paura".
Lo consiglio a chi piace DAVVERO il genere. A coloro che come me sono "facilmente impressionabili", fate una bella cosa. Andate in libreria e comprate un romanzo rosa, fantasy, etc. Sono sicura che aiuterà a dormire sonni più tranquilli.
E ora... buonanotte!

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