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domenica 7 gennaio 2024

Recensione di "Oscar e la dama rosa" di Eric-Emmanuel Schmitt

Buonasera amici! Avevo promesso che sarei tornata prestissimo ed eccomi qui! Come detto ieri sera, quello appena passato e quello attuale non sono i più bei periodi che abbia mai vissuto, ma i libri mi hanno aiutata a isolarmi, o meglio, a vivere altre vite, a sognare, a provare nuove emozioni.

Oggi vi porto a conoscere "Oscar e la dama rosa" di Eric-Emmanuel Schmitt":


Trama: Testa Pelata ha dieci anni e il soprannome gliel'hanno dato per via del cranio completamente pelato a causa delle cure per il cancro a cui si sottopone. La sua vita trascorre in ospedale, in un reparto riservato ai bambini con malattie gravi, i suoi unici amici.Soffre, sa che cure e trapianti non hanno avuto buon esito, sa che presto morirà, eppure quello che a prima vista sembrerebbe un quadro funesto si rivela una meravigliosa e movimentata avventura per merito di Nonna Rose, una “dama rosa”, come vengono chiamate le volontarie che prestano assistenza ai degenti, per via, appunto, del camice rosa che indossano. Nonna Rose trasforma gli ultimi dodici giorni di vita del bambino in un’epopea rutilante di avvenimenti, gli fa vivere l’esistenza che non vivrà, lo mette in grado di vedere esauditi desideri che non avrebbe avuto il tempo di desiderare.

In questo periodo terribile, ho percorso le corsie di un ospedale. Il cuore si è stretto quando sono arrivata davanti a un muro cui erano appesi alcuni lavoretti in ceramica dipinta. Gli autori erano dei bambini, malati oncologici, piccole anime senza speranza o la cui vita era appesa a un filo sottile, quasi trasparente. Mi sono detta - e me lo dico sempre in realtà - che non è giusto nascere per morire dopo pochi anni, trascorrendo la propria infanzia tra le bianche mura di un ospedale, impregnate di odore di disinfettanti e medicine, ed essere osservati con pietà dagli adulti, quando adulti quei bambini non potranno mai diventarci. Perché soffrire?
Oscar se lo chiede e lo domanda anche a Nonna Rose, una volontaria che va a trovarlo in ospedale. Il bambino è malato oncologico. Ha subito un'operazione, ma non è andata a buon fine. Proprio quella signora così strana, che per sembrare forte ha raccontato di essere stata una lottatrice di wrestling, restituisce una speranza e un pizzico di fede a Oscar. Il bimbo ha un'aspettativa di vita di una decina di giorni, ormai non potrà più riprendersi, ma Nonna Rose gli dice che ogni giorno lui crescerà di 10 anni. Nonna Rose, di fatto, regala un'esistenza normale a Oscar che diventa quindi adolescente, dà il suo primo bacio a Peggy Blue (la bambina con il colorito blu), fino ad essere adulto e poi anziano. Un'intera vita racchiusa in pochi istanti durante i quali Oscar, sempre su consiglio di Nonna Rose, scrive a Dio, raccontandogli la sua esperienza e chiedendogli sempre di venirlo a trovare. Perché un Dio che ti ama non può farti soffrire così tanto, si dice Oscar. Eppure la sofferenza fa parte della vita. Anche Dio ha sofferto, gli spiega Nonna Rose, un Dio cui l'uomo si sente più vicino.

Foto di Myléne da Pixabay

Attraverso uno stile coinvolgente e molto dolce, tipico delle riflessioni fatte dai bambini, l'autore ci trasporta nel cuore grande di Oscar e di tutti quei piccoli malati terminali per i quali le cose più importanti sono la speranza e la vicinanza delle persone sensibili.

Vi lascio con qualche frase tratta dal libro e vi aspetto con la prossima recensione, sempre qui, tra le pagine virtuali del blog!

«Pensaci un attimo, Oscar. A chi ti senti più vicino? A un Dio che non prova niente o a un Dio che soffre?».
«A quello che soffre, è chiaro. Ma se fossi Dio come lui, se avessi i suoi mezzi, avrei evitato di soffrire».
«Nessuno può evitare di soffrire. Né Dio né tu. Né i tuoi genitori né io».

«La gente ha paura di morire perché teme l'ignoto. Ma l'ignoto, per l'appunto, non si sa cosa sia. Io ti propongo di avere fiducia anziché paura, Oscar. Guarda la faccia di Dio sulla croce: subisce la pena fisica, ma non sente la pena morale perché ha fiducia. A quel punto anche i chiodi fanno meno male. Continua a ripetersi: mi fa male, ma non può essere un male. Ecco qual è il beneficio della fede. Volevo fartelo vedere».

«Ho cercato di spiegare ai miei che la vita è un regalo strano. Da principio la si sopravvaluta, si crede di aver ricevuto la vita eterna. Poi si sottovaluta, la troviamo marcia, troppo corta, si è quasi pronti a buttarla via. Alla fine ci si rende conto che non è un regalo, ma un prestito. Allora si cerca di meritarselo. Ho cent'anni, so di cosa parlo. Più si invecchia, più è necessario avere gusto per apprezzare la vita. Bisogna diventare raffinati, artisti. Qualsiasi imbecille può gioire della vita a dieci o vent'anni, ma a cento, quando non si riesce più a muoversi, bisogna usare l'intelligenza».

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