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sabato 6 gennaio 2024

Recensione di "Cinquanta modi per dire pioggia" di Asha Lemmie

Buonasera e buona Epifania! Eccoci di nuovo qui, su queste pagine virtuali a parlare di libri e lettura.

In questo periodo, come mai prima d'ora, ho imparato a leggere durante gli spazi liberi, quei minuscoli ritagli di tempo il cui segreto sta nel riuscire ad isolarsi dalle chiacchiere, dai rumori, dalle preoccupazioni.
Oggi vi porterò, quindi, in Giappone, nel periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale, con "Cinquata modi per dire pioggia" di Asha Lemmie.


Trama: Kyoto, 1948. Nori Kamiza ha solo otto anni quando viene lasciata dalla madre davanti al cancello di un'enorme villa di proprietà della nonna. Sola e spaventata, la bambina viene accolta in casa, seppur a malincuore. La famiglia Kamiza è tra le più nobili del Giappone, imparentata addirittura con l'imperatore, mentre Nori, con quei capelli crespi e la pelle scura, è il frutto della scandalosa relazione con un gaijin, uno straniero, per di più di colore. Perciò la nonna fa il possibile perché Nori rimanga un segreto ben custodito. La relega nell'attico e la costringe a trattamenti per renderla «più giapponese»: le stira i capelli e la sottopone a bagni nella candeggina per rendere la sua pelle più bianca. Nori impara fin da subito le regole fondamentali: non fare domande, non lamentarsi, non opporsi. Ma tutto ciò che conosce viene sconvolto dall'arrivo di Akira, il suo fratellastro. Nori è certa che Akira la odierà: lui è il legittimo erede della famiglia, lei il marchio d'infamia che lo disonora. Eppure presto si rende conto che Akira non è come gli altri. Akira viene dalla grande e moderna Tokyo e non gli importa nulla né dell'aspetto di Nori né delle regole della nonna. Per lui, Nori è la sua sorellina e l'adora, almeno quanto Nori adora lui. Così, i due diventano inseparabili e Akira mostra a Nori un mondo nuovo. Un mondo in cui, finalmente, lei non è un'intrusa, non è sbagliata. Un mondo in cui il pregiudizio è sconfitto dalla forma più pura d'affetto: quello che non chiede nulla in cambio. Un mondo in cui anche lei ha il diritto di essere felice. Tuttavia ogni cosa ha un prezzo. E la libertà di Nori potrebbe richiederne uno altissimo...

Foto di G Poulsen da Pixabay

Ho acquistato questo libro all'aeroporto di Catania, dopo tre quarti d'ora di attesa ai metal detector e un ritardo infinito del volo per tornare a Roma. Mi sono rifugiata all'interno del negozio che vendeva libri, cartoleria e souvenir, uscendone con "Cinquanta modi per dire pioggia" di Asha Lemmie e il commesso che, facendo lo spiritoso, mi ha detto "Bello questo libro! Alla fine muoiono tutti!".
Non muoiono tutti, ma c'è una bella dose di sofferenza tra le pagine di questo volume.

Noriko Kamiza ha gli occhi orientali e ambrati, la pelle scura e i capelli ricci. Una giapponese molto atipica si direbbe, eppure lei è la secondogenita, frutto dell'amore di Seiko Kamiza, principessa cugina dell'imperatore, e di James, soldato afroamericano. Frutto, perciò, dell'adulterio, una maledizione, come rivelano le sue caratteristiche fisiche.
È Seiko a lasciarla, dopo una vita dolorosa, davanti casa della nonna materna, Yuko Kamiza, sparendo per sempre. Nori è una bambina molto dolce e obbediente, ma sua nonna le riserva un trattamento che sarebbe eufemistico definire "tortura": dai bagni con la varechina per schiarire la pelle, alle percosse, per non contare il fatto che per anni Nori venga relegata nella soffitta, senza poter mai uscire, nemmeno nel giardino dell'immensa dimora.
Nori vive come una prigioniera, lei che è una vergogna per la casa reale, fin quando non arriva Akira, il suo fratellastro, primogenito di Seiko, erede dei Kamiza. Nori si avvicina con curiosità e timore: lei, una maledizione, non può di certo competere con Akira... eppure il fratellastro non è come gli altri della sua famiglia. È buono, generoso, possiede una mentalità aperta per l'epoca e sarà grazie a lui che le catene di Nori inizieranno a sciogliersi, per riacquistare infine una libertà insperata.

La libertà, però, ha un prezzo alto da pagare per una mezzosangue. Yuko e suo marito non lasceranno di certo che Noriko possa infangare la loro casata. Dopo aver subito crudeltà inaudite, Nori riesce a sopravvivere, vede il mondo, si immerge nella musica che il fratello le ha insegnato ad amare e, quando finalmente, dopo una dolorosissima perdita sembra tutto andare per il verso giusto, l'ombra dei Kamiza si riaffaccia, riportando Noriko verso il suo destino. Nori, però, è cresciuta, conosce le proprie responsabilità e il sacrificio. Sua nonna, pur avendola sempre disprezzata, dovrà infine ammettere di avere davanti a sé una degna rivale.


Ho trovato questa storia affascinante e dolorosa al tempo stesso: affascinante perché narra della rinascita di Noriko, una rifiutata, una mosca bianca; dolorosa, perché non si può nemmeno immaginare fin dove possa spingersi l'odio verso un altro essere umano, per di più per questioni di superstizione e di onore. Noriko viene forgiata come una guerriera, abituata a sopportare, ad obbedire anche quando la realtà è veramente terribile, ma mai perde la sensibilità, il coraggio, l'animo dolce e puro che aveva caratterizzato quella bambina dagli occhi ambrati lasciata da sola davanti la grande e austera dimora dei nonni.
Il ritmo narrativo è incalzante e spinge a volerne sapere sempre di più, a capire che cosa farà e come si comporterà la protagonista nell'immediato futuro. Talvolta, viene utilizzato un cambio di narratore, per fornire al lettore un punto di vista diverso, ben inserito all'interno della storia.
E poi, come sfondo, c'è il Giappone: un paese dalle tradizioni millenarie, appena uscito sconfitto dalla guerra che, tuttavia, non si arrende, proprio come i suoi abitanti, dotati di una forza d'animo surreale e da un senso dell'onore che, per noi occidentali, forse è totalmente sconosciuto. A questo si dovrà, però, aggiungere come si evidenzi il ruolo della donna, considerata un oggetto da far sposare, da lasciare nell'ignoranza, utile solamente a procreare e di cui abusare, ma mai adatta a comandare o ad occupare ruoli di spicco nella società. Mentalità, questa, che in alcuni paesi (e in alcuni ambienti) sembra ancora essere radicata.
Asha Lemmie ha fatto un ottimo lavoro e spero vivamente in un secondo volume.

Vi lascio con qualche frase tratta dal romanzo e vi aspetto, a breve, con la prossima recensione!



«Le piaceva dormire, anche se spesso non ci riusciva. Era un momento in cui provava qualcosa che, da sveglia, le veniva negato sempre: la libertà».

«Bisogna essere forti per sopravvivere. Se non altro, nonna, questo me l'hai insegnato».

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