Per quale motivo scrivo questo post stasera? Ebbene, perchè sto riflettendo tanto in questi giorni, l'ho fatto nei mesi passati e continuerò a farlo in futuro. In un'Italia come questa, in cui il lavoro scarseggia e gli archeologi, anzichè trovarlo per i numerosi siti presenti sul territorio, lo perdono o non vengono proprio considerati, ho pensato più volte di lasciar perdere tutto. Lo so che non è da me, non sono le parole che, almeno le persone che mi conoscono bene avrebbero detto uscite di bocca mia. E invece è così. Io non volevo più fare archeologia, non volevo più studiarla, non riuscivo nemmeno più a leggere un libro che trattasse di tale argomento. Sono stata in preda allo sconforto conseguente a varie delusioni con la "d" maiuscola che ho subito e la forza per lasciarmi scivolare tutto addosso non l'ho avuta.
Il tempo sta giocando la sua parte e la scelta che ho fatto, un po' aiutata dalle persone che mi sono intorno, di continuare il mio percorso mi sta facendo rendere conto di quanto ingiusta sarebbe stata la mia decisione di "chiudere baracca e burattini" con il mondo archeologico per provare a fare una qualsiasi altra cosa lontana da tutto.
Qualcuno lo sa già, qualcuno no, ma il mio amore per l'archeologia è nato in età precoce. I miei genitori mi portavano a fare passeggiate al Parco Archeologico dell'Appia Antica. Ho delle immagini vaghe perchè ero davvero piccola, ma ricordo perfettamente una specie di "slide" in cui sono inginocchiata vicino a una colonnina e chiedo cosa fosse e perchè stesse lì.
I miei ricordi proseguono con le visite a varie chiese, soprattutto durante il periodo natalizio in cui la tradizione di vedere i presepi ha fatto sì che venissi a conoscenza di tanti monumenti che continuo ad amare. Tra i primi sono annoverati S. Giovanni a Porta Latina e S. Sabina sull'Aventino.
Il colpo di fulmine tra me e l'archeologia però avvenne all'età di 7 anni circa. La nostra insegnante ci portò alle catacombe di San Pancrazio. Non ne avevo mai sentito parlare, o meglio, avevo studiato l'argomento molto in generale (se ci ripenso erano solo due paginette di un libro e a me sembrava un papiro di cose impossibili da memorizzare... in confronto alle centinaia di pagine di adesso quelle erano una passeggiata!), e tra l'altro anche con un errore assurdo che ancora oggi si continua ahimè a tramandare: le catacombe erano il luogo di rifugio dei cristiani perseguitati. Mai più grossa scemenza venne detta e perpetuata!
Ad ogni modo, entrai nella chiesa, insieme alla mia classe composta da ben 36 bambini e scendemmo per le scalette di ferro che si aprono nella navata. Ricordo che già all'epoca avevo una torcetta con me, poco più di un giocattolo che però chissà cosa mi sembrava. Le gallerie buie, illuminate solo da quella fioca luce, i loculi alle pareti dove c'erano stati dei defunti, la terra scivolosa, l'odore di umidità, quei cunicoli che continuavano a correre chissà dove, l'eco della voce della mia maestra, a me non fecero paura. Ne rimasi affascinata. Ricordo di aver provato a leggere un'epigrafe, ma ovviamente non ci capii nulla (era latino e alle elementari non sapevo nemmeno esistesse!) e poi fui così felice di aver riconosciuto il simbolo del pesce che avevo visto sul mio libro di storia. Infine, mentre gli altri seguivano la maestra, rimasi indietro a curiosare diretta verso l'imbocco di una galleria molto molto bassa, illuminandola. Corsi dalla maestra e le chiesi di poterci entrare, ma lei mi disse che per farlo avrei dovuto mettermi carponi e proseguire e che quello lo facevano gli archeologi. San Pancrazio non la dimenticherò mai.
La mia storia prosegue con una gita al Lago di Vico. Durante la pausa pranzo in un grande parco (anche qui ho ricordi vaghi del luogo, non dei fatti), mi avventurai insieme a un gruppetto di mie compagne di classe verso un capanno abbandonato e ci mettemmo a cercare chissà quale tesoro. E io trovai una grossa chiave di ferro mezza arrugginita. Quella chiave la tiene ancora una mia ex compagna di classe come portafortuna.
Alle medie ci portarono al Castello di Santa Severa per fare uno scavo didattico. Ero molto emozionata. Non vedevo l'ora, eppure era brutto tempo. Fece qualche goccia di pioggia in mattinata ma il tempo, seppur coperto, non ci diede fastidi. Mi assegnarono un quadratino da scavare e io, con la trowel, seguivo le istruzioni dell'archeologa addetta. Trovai un vaso, ancora sepolto. Non potevo tirarlo fuori mi venne detto. Dovevo seguire la stratigrafia (della quale non avevo mai sentito parlare). Ma il vaso non lo vidi mai. Il mio scavo venne continuato da una compagna prepotente e a me toccò il rilievo che tuttavia feci con complimenti dell'archeologa. Già allora sapevano che il rilievo sarebbe stata la parte cui dovevo essere l'addetta prediletta.
E poi, beh la storia è continuata direi, quando all'università decisi, contro il volere di tutto e tutti, di iscrivermi al corso di laurea in Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico a Roma Tre, innamorandomi dell'archeologia cristiana e in particolare dell'iconografia.
Eccomi qui che, anche dopo la laurea magistrale, continuo a studiare quella materia che adoro e che per qualche motivo legato al mio cuore, ai miei ricordi, ai miei sentimenti, proseguirò, anche se gli ostacoli sono infiniti e la gente, a causa dell'invidia e di chissà quale altra diavoleria che passa per la testa, si diverte a mettermi alla prova, tentando persino le cose più assurde e cattive.
So che a volte bisogna seguire la ragione, ma so anche che se non seguissi il cuore me ne pentirei per tutta la vita. Sarà una vita dura, ma è quella che ho scelto o che il destino ha scelto per me. Oggi ne sono stata più convinta che mai quando, dopo mesi, sono tornata nel mondo sotterraneo, in quell'universo che mi ha sempre tanto affascinata.
Buona serata e voglio dirvi solo una cosa: seguite il vostro sogno, anche se impossibile, è comunque la vostra strada, quella che vi renderà felici.
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