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martedì 15 ottobre 2013

Carattere... o solo l'età

Buonasera... quasi buonanotte in realtà.
Tra studio e vari impegni, passano così le mie giornate, fino a tardi, quando decido di punto in bianco di prendere il notebook e scrivere il terzo libro di Sàkomar. La storia sta avendo una svolta importante che riguarda il Regno dell'Acqua e il destino dell'intera dimensione, ma non posso anticipare troppo, altrimenti rivelerei una parte fondamentale della trama, intessuta nella mia mente sin dal 2006.
Avevo 20 anni, 6 anni fa, e Christine, una dei protagonisti di Sàkomar, che ha il mio nome e mi somiglia per aspetto fisico (lei è più bella), aveva i miei stessi anni.
Il tempo però ha cambiato quella giovane autrice che aveva svariati sogni da realizzare, tra cui quello di far pubblicare il proprio libro da una casa editrice, impresa che ancora sto tentando.
E quell'autrice è diventata una persona diversa. Sarà che sono cresciuta, che ho più consapevolezza del mondo che mi circonda, che ho più esperienza in vari campi, ma credo di aver fatto un passo indietro verso quei vent'anni che mi vedevano come una studentessa, appena uscita dal liceo da incubo che aveva sopportato, e che aveva provato ad ambientarsi all'università, così diversa, dispersiva, senza punti di riferimento, con troppe persone che circolavano. Allora ero una specie di riccio, chiusa in me stessa, forse per timore di ripetere gli stessi errori, quelli di fidarmi della gente e di ricevere fregature.
E' stata una fase importante per me che credo abbia condizionato il mio carattere in maniera irreversibile. Durante gli anni universitari, ci si adatta, si capisce il funzionamento, si sa che di conoscenti ne hai tanti, di amici un po' meno e se li trovi è meglio non farseli scappare (se sono persone fidate si intende), ti apri al mondo, parli, scherzi, sei spensierato. E all'improvviso quello spiraglio di luce che sembrava essersi trasformato in un faro, si spegne e tutto piomba nuovamente nell'oscurità.
Ritorni il riccio di sempre, non vuoi altre delusioni perchè cammini con coltelli piantati nell'animo e il cuore spezzato, la mente colma di parole dette da altri, da persone per cui provavi affetto, stima, amore, amicizia e che ti hanno ferita.



Preferisci quindi rimanere sola perchè in fondo alla solitudine ci sei abituata, così tanto da amarla. E in effetti non ci sto male. Diciamo che ho solo imparato a vedere il resto delle persone come semplici conoscenti. Per la parola "amico/a" è stata cancellata dal vocabolario. Per me esistono conoscenti che conosco appunto più o meno bene, cui racconto più o meno cose di me, con cui condivido poco o parecchio tempo.
Non tollero altro, neppure le discussioni, le stupide opinioni abbastanza scontate cui la massa si uniforma perchè fa tendenza, senza usare un cervello proprio. Entro su Facebook e ogni giorno leggo una marea di scemenze che vorrei non dover vedere, che vorrei commentare ma non in maniera diplomatica... scrivendo proprio "Falla finita, hai rotto". Assisto alla progressiva e squallida evoluzione della società, senza più valori, senza idee decenti, senza speranze. Non che mi senta superiore, lo specifico a scanso di equivoci, è solo che probabilmente è colpa mia e del mio carattere, tutto qua. E' colpa del mio passato che mi ha fatto diventare così e che come un morbo riemerge ogni volta che affronto un "periodo no".
So anche che è un momento che devo superare da sola. E' molto peggio se la gente si propone di aiutarmi. Comincio a mandare a quel paese a tutto spiano, mi conosco. Poi torna tutto a posto e posso anche affrontare anni di tranquillità. Sono così, alti e bassi, lunatica da morire.
Una mia compagna di corso mi ha detto quest'anno (prima di luglio ovviamente): "Sai Cri, dopo i 25 diventi più calma. E' ancora l'ardore della gioventù che brucia. Aspetta e vedrai".
Sono 26... da tre mesi e non è cambiato nulla, anzi, è peggiorato. Ora potrò dire "Sarà l'età che avanza".

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