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domenica 27 settembre 2020

Recensione di "L'arte di amare" di Erich Fromm

Buonasera amici, o forse, potrei dire già buonanotte. Di nuovo all'insegna di una giornata segnata dal diluvio, i libri mi hanno fatto compagnia. Condivido con voi la recensione dell'ultimo volume letto durante le mie vacanze.




Trama: Ogni essere umano avverte dentro di sé in modo istintivo e insopprimibile l’assoluta necessità dell’amore. Eppure, in molti casi, si ignora il vero significato di questo complesso aspetto della vita. Per lo più l’amore viene scambiato con il bisogno di essere amati. In questo modo un atto creativo, dinamico e stimolante si trasforma in un tentativo egoistico di piacere. Ma il vero amore è un sentimento molto più profondo, che richiede sforzo e saggezza, umiltà e coraggio. E, soprattutto, è qualcosa che si può imparare. Da un grande e insuperato maestro della psicologia del Novecento, un saggio da leggere tutto d’un fiato, un invito a vivere il vero amore che ognuno può fare proprio.


In un'epoca in cui siamo sempre di fretta, in cui ogni minuto di tempo libero dev'essere immediatamente occupato da attività spesso futili, in un momento storico in cui droga e alcool colmano quei vuoti dell'animo, per l'amore forse non c'è abbastanza spazio. Qualcuno non sa neppure cosa voglia dire "amare" confondendo il tutto con l'attrazione sessuale, con un bisogno temporaneamente soddisfatto che non fa altro che alimentare quell'esigenza di sentimenti, quella necessità di eliminare la solitudine.
Non troverete nel saggio di Fromm un manuale per individuare il vero amore o per imparare ad amare una persona, ma una serie di profonde riflessioni sul comportamento dell'essere umano, nonché alcuni "consigli" da seguire per riuscire ad amare nella quotidianità, facendo sì che diventi un processo spontaneo e naturale. 
Per amare occorrono umiltà, coraggio, volontà, pazienza, concentrazione, un mix di elementi difficili da conquistare e da possedere in maniera costante. Nella suddivisione dei tipi di amore – fraterno, materno, erotico, per se stessi, per Dio – Fromm si ritrova ad analizzare i comportamenti dell'essere umano dalla nascita alla maturità, tracciando uno spaccato della società. E se è vero che l'amore è la forza più potente, si giunge alla conclusione, forse un po' pessimistica, che purtroppo l'amore nella società attuale è l'eccezione, un fenomeno ormai divenuto marginale. 


«L'amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L'amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L'amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo». 

«Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno». 

«L'amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un'altra persona» 

«Amare significa affidarsi completamente, incondizionatamente, nella speranza che il nostro amore desterà amore nella persona amata. Amare è un atto di fede […]». 


«Paradossalmente, la capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità d'amare. Chiunque tenti di stare solo con se stesso scoprirà quanto difficile sia». 

«L'amore è possibile solo se due persone comunicano tra loro dal profondo del loro essere, vale a dire se ognuna delle due sente se stessa dal centro del proprio essere».

giovedì 24 settembre 2020

Recensione di "Finché il caffè è caldo" di Toshikazu Kawaguchi

Buongiorno amici! Avevo deciso di andare a vedere una mostra stamattina, visitando ovviamente il sito archeologico in cui è ospitata, e il diluvio universale ha pensato bene di farmi desistere, rimandando questo appuntamento culturale. In sintesi, mi sono svegliata presto per poi rimanere a casa a lavorare.
In questa breve pausa, mi dedico al blog e torno a parlarvi di uno dei libri che ho letto ad agosto scorso.


Trama: In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutti scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.
Finché il caffè è caldo è diventato un caso editoriale in Giappone, dove ha venduto oltre un milione di copie. Poi ha conquistato tutto il mondo e le classifiche europee a pochi giorni dall’uscita. Un romanzo pieno di fascino e mistero sulle occasioni perdute e sull’importanza di quelle ancora da vivere.


Chi non ha mai desiderato di poter tornare nel passato, in un determinato giorno, per cambiare le cose, o dire qualcosa di importante a una persona speciale? Chi non ha mai voluto poter fare un salto nel futuro e sapere se i propri sogni, alla fine, si realizzeranno? 
In un piccolo caffè giapponese dall'aspetto retrò e tre orologi appesi che segnano tutti un'ora diversa, il salto nel tempo è possibile, accomodandosi su una particolare sedia e bevendo un caffè speciale contenuto in una caffettiera argentata. Ma non tutto è così semplice come sembra. Ci sono delle regole cui attenersi strettamente:

1. Le uniche persone che si possono incontrare nel passato sono quelle entrate nel caffè. 

2. Qualunque cosa si faccia quando si è nel passato, non si può cambiare il presente. 

3. Per tornare nel passato, bisogna sedersi solo e unicamente su quella sedia. 

4. Quando si torna nel passato bisogna restare su quella sedia e non ci si può muovere da lì. 

5. C'è un limite di tempo, ovvero bere tutto il caffè finché è caldo. 

È quindi in quel piccolo locale che si incrociano le storie di due innamorati che non si sono mai dichiarati esplicitamente; di marito e moglie che avrebbero voluto dirsi più speso "ti amo"; di due sorelle che si volevano bene, ma avrebbero voluto non doversi separare; di madre e figlia, che avrebbero voluto conoscersi. 
A volte la vita ci porta a compiere delle azioni e a prendere decisioni in modo troppo frettoloso, finanche a ferire le persone che ci sono care. Riflettendo, solo successivamente, pensiamo "se avessi detto…" oppure "se avessi fatto…" a quest'ora le cose sarebbero diverse. 


"Finché il caffè è caldo" conduce a soffermarsi sul valore dei piccoli gesti quotidiani, sui sentimenti e le mancanze, vivendo, senza rimanere ancorati al passato come il curioso e fondamentale fantasma della signora in bianco, ospite fisso del caffè. E, citando il noto film con Julia Roberts "Il matrimonio del mio migliore amico", ricordiamoci che quando si vuol bene o si ama una persona bisogna dirglielo subito e forte, altrimenti il momento passa ed è poi troppo tardi per rimediare all'errore commesso. 


«L'acqua cade dall'alto al basso, è la forza di gravità. Anche le emozioni forse agiscono secondo la stessa legge. Di fronte a una persona con cui si ha un legame profondo e a cui si sono rivelati i propri sentimenti, è difficile mentire e lasciar perdere. La verità vuole uscire a tutti i costi, soprattutto quando si cerca di occultare la tristezza o la fragilità. È molto più facile nascondere la tristezza a un estraneo, o a qualcuno di cui non ci si fida».

domenica 20 settembre 2020

Recensione di "La cacciatrice di storie perdute" di Sejal Badani

Buonasera amici! In una serata tipicamente autunnale, con il cielo grigio, qualche goccia di pioggia e una magnifica ma inquietante falce di luna rossa, torno sul blog per parlarvi di una lettura che ha un sapore orientale.


Trama: Jaya ha il cuore spezzato. Ha tentato a lungo di avere un bambino, ma dopo la terza gravidanza interrotta sta cominciando a perdere le speranze. Anche il suo matrimonio inizia a sfaldarsi e così, nel disperato tentativo di ritrovare sé stessa, decide di allontanarsi da New York per riavvicinarsi alle sue origini indiane. Non appena Jaya arriva in India viene immediatamente sopraffatta dai colori, dai profumi e dai suoni. Ogni cosa ha un fascino esotico, per lei, e ben presto il desiderio di riscoprire la cultura della sua famiglia prende il sopravvento. Ma ci sono segreti del passato a lungo taciuti che hanno il potere di influire sulle generazioni a venire. E così Jaya viene a conoscenza della storia di sua nonna e di un amore clandestino che è destinato a cambiare per sempre la sua vita. Solo dopo aver scoperto il coraggio e l’inarrestabile spirito di resilienza che hanno caratterizzato le donne della sua famiglia, infatti, Jaya si accorgerà di avere dentro di sé una forza che non avrebbe mai potuto immaginare di possedere.

"La cacciatrice di storie perdute" è un romanzo regalatomi un po' per caso che si è rivelato decisamente magnifico. Sejal Badani trasporta il lettore nell'India della colonizzazione britannica, quando Gandhi faceva la sentire la propria voce per far sì che il suo popolo fosse libero e indipendente. Un'India ancora arretrata, colma di credenze popolari dal fascino antico, ma anche di ingiustizie come quella dei matrimoni giovanili e combinati, quella della divisione in caste, per non contare l'assegnazione del ruolo sottomesso per le donne, considerate prima proprietà del padre e poi del marito. Quelle stesse donne cui era preclusa l'istruzione perché ritenute in grado di soddisfare unicamente il marito gestendo la casa e generando figli. 


"La cacciatrice di storie perdute" intreccia le vite di Amisha e Jaya, nonna e nipote, una libera nell'animo ma costretta alle convenzioni sociali, l'altra alla ricerca di se stessa, dopo un periodo terribile segnato da tre aborti spontanei. 
Jaya decide di volare in India, il paese d'origine di sua nonna e di sua madre, mentre riflette sul rapporto con il marito Patrick, sfilacciato dalla sofferenza. Ed è qui che, seguendo quanto scritto in una lettera giunta a sua mare, incontrerà Ravi, l'anziano domestico al servizio di sua nonna Amisha. Ravi era un intoccabile di nascita, considerato quasi un rifiuto della società, cui venne data la possibilità di riscatto grazie ad Amisha, diventandone così servitore, confidente e migliore amico. Proprio in qualità di confidente, Ravi conosce la storia di Amisha e sua figlia Lena, che rivelerà pian piano a Jaya. Finalmente, dopo una vita trascorsa credendo che sua madre Lena provasse poco affetto nei suoi confronti, Jaya riesce a ricomporre i tasselli di un'esistenza distrutta a causa di un amore impossibile, quello tra Amisha e Stephen, luogotenente britannico… e padre naturale di Lena. 


Amisha viene presentata come una donna coraggiosa e forte, anticonvenzionale ma destinata comunque ad adattarsi a quelle ingiuste decisioni prese da altri al posto suo in quanto donna. È una scrittrice dal talento innato e saranno proprio le storie che le sgorgano dal cuore a farla evadere da un matrimonio combinato e anaffettivo con Deepak, per incontrare lo sguardo verde del dolce Stephen, iniziando una storia di rispetto, di amicizia e infine di vero amore. Ma l'amore a volte non basta, spesso contrasta con la ragione e le leggi, e il destino è sempre in agguato dietro l'angolo. 


Tra i vicoli poveri e colorati dell'India, tra cuscini, statue di déi, templi e nuvole di incenso, Jaya si ritroverà a conoscere quella nonna di cui non sapeva nulla, scoprendo l'origine della propria passione per la scrittura che l'ha condotta a diventare giornalista. 
Sejal Badani ha creato un romanzo che è un piccolo capolavoro, presentando luci e ombre di una cultura e di una mentalità in evoluzione, trasmettendo al contempo emozioni e forti sentimenti. Da tempo non leggevo un libro così coinvolgente, in cui i protagonisti sembrassero tanto reali da poterli considerare amici in carne e ossa, senza scordare le splendide descrizioni dell'India che hanno avuto un solo effetto: quello di farmi desiderare un viaggio verso terre lontane ed esotiche. Un romanzo assolutamente consigliato! 

«Il sogno è l'unica finestra verso l'ignoto […]. Forse, verso una vita diversa». Amisha annuì. «Probabilmente, senza i tuoi sogni, saresti costretta a vivere i sogni degli altri». 

«Ognuno combatte le proprie guerre. Se il tempo che ho trascorso qui mi ha insegnato qualcosa è che non sempre sai chi è il tuo nemico. Ma se sei fortunato, chiunque sia il tuo avversario, riuscirai a combattere a testa alta».

 
«Amisha aveva vissuto nell'ombra per la maggior parte della propria esistenza. Aveva tenuto nascosto il sogno di scrivere come se fosse una maledizione di cui vergognarsi. Aveva dato alla luce i figli di Deepak e aveva soddisfatto i suoi bisogni. Ma le storie nella sua testa non sarebbero mai morte. Quando scriveva, veniva trasportata in un luogo in cui lei poteva scoprire la persona che era ma non sarebbe mai potuta essere». 

«La storia di Amisha rende ben chiaro quanto sia prezioso l'amore. Io ho dato il nostro amore per scontato, e quando è diventato troppo difficile mi sono allontanata, sicura che, da sola, sarei stata più forte. Ma amare lui non era un fardello. Eppure non era neanche una benedizione. Noi eravamo semplicemente due persone che si amavano alla follia e che stavano costruendo una vita insieme. Accanto a lui, mi bastava respirare per essere felice». 

«Le sue lotte e la sua determinazione mi hanno insegnato che ogni giorno è prezioso e che l'amore deve essere protetto come un tesoro inestimabile che solo i fortunati riescono a trovare e custodire». 

«Forse la vita non è altro che una sequenza di decisioni con l'aggiunta del "fattore destino". Forse si tratta di accettare che l'impossibile implichi l'apertura di un'altra porta. E forse significa che bisogna essere più forti proprio durante i momenti difficili della vita».
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