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domenica 11 settembre 2016

Recensione di "Il Segreto - La danza del destino" di Aurora Guerra

Cari amici, sono tornata! Ho effettuato un viaggetto a Ravenna per analizzare i magnifici monumenti di cui è costellata, concentrandomi in particolare sui mosaici. Essendo iconografa, sono proprio quelle tesserine colorate a farmi brillare gli occhi. Purtroppo il viaggio di ritorno non è stato il top, essendo tornata miracolosamente a Roma dopo un regionale rotto, uno in ritardo e un Frecciarossa 1000 che non andava nemmeno a 300 km/h ritardatario di 6 minuti. Narrerò anche questo. Mi occorre un attimo di tempo e dedicherò una paginetta alla descrizione di questi 3 giorni in Emilia Romagna e ai disservizi di Trenitalia.
Intanto si prosegue con le recensioni dei romanzi divorati durante questa estate. E' la volta di "Il Segreto - La danza del destino" di Aurora Guerra.
Eccomi perciò tornare nel piccolo e sperduto paesino di Puente Viejo, nella povera e rurale Spagna di fine ‘800. Ho seguito la fiction “Il Segreto” fino a buona parte delle II serie, poi ho dovuto abbandonarla (malvolentieri) per esigenze di studio. La I serie, quella che riguardava la meravigliosa e tragica storia di Pepa e Tristan, ha però occupato un posto d’onore nel cuore dei fan del Segreto e anche nel mio. 


Trama: Ogni abitante del villaggio di PuenteViejo porta nel proprio cuore una verità inconfessabile e contribuisce a quell’intreccio di trame e inganni che fa de Il Segreto una delle serie più appassionanti del momento. In questo nuovo romanzo, i tanti spettatori-lettori troveranno contenuti extra mai trasmessi in tv e rivelazioni inedite sulla storia dei loro personaggi preferiti. Nella stessa notte tempestosa vedono la luce due bambine, figlie dello stesso padre, Salvador Castro: Pepa (figlia di Águeda) e Soledad (figlia di Francisca). Quella notte, un bambino di nome Tristánveglia, gli occhi sbarrati. Da quando è nato, è sempre sembrato in attesa dell’arrivo di qualcosa o qualcuno d’importante. Non sa ancora che quel qualcuno è la bambina nata in quella notte, Pepa, e che il destino ha già iniziato a intrecciare in maniera indissolubile i fili delle loro esistenze, come in una danza struggente e appassionata.

In questo nuovo romanzo, Aurora Guerra ci trasporta all’interno dell’infanzia della piccola Pepa, figlia di Agueda Molero e Salvador Castro, padre spietato e totalmente folle che trascorre anni a rincorrere il frutto di una notte d’amore proibita. Pepa è stata portata in salvo dalla levatrice , Consuelo Balmes, e di fatto adottata. Mentre Pepa cresce povera ma felice, apprendendo il mestiere della levatrice, girando la Spagna e le case dei suoi abitanti, Salvador – soprannominato il diavolo – le dà la caccia per ucciderla. Una figlia bastarda avrebbe costituito un problema in futuro, per la sua reputazione e per il suo patrimonio.


Allo stesso tempo, alla Villa, Francisca Montenegro ha partorito Soledad, figlia anch’essa di Salvador, frutto di una violenza, una delle tante cui quel mostro ha sottoposto la moglie nell’arco del loro disgraziato matrimonio. Francisca detesta per questo la povera e innocente Soledad, mentre adora Tristan, quel bimbo figlio di Raimundo Ulloa, suo unico grande amore. 
Proprio Tristan possiede una particolarità: non dorme mai. È inquieto e passa le notti in bianco, a leggere e fantasticare, provocando il terrore dello stesso Salvador, ignaro del fatto che il bimbo sia invece un Ulloa.
Il ragazzino attende una persona che gli infonda calma e Pepa aspetta il suo scaccia diavoli che la avrebbe liberata per sempre dall’ombra del suo malvagio padre… il destino ha intessuto le sue trame sin dal principio. Tristan e Pepa non potranno sottrarsi alla sorte che li farà incontrare più di una volta (anche nella mia adorata Mérida), fino a quel giorno nella locanda di Emilia a Puente Viejo, quando il giovane è ormai un soldato e la donna una levatrice, bellissima, scontrosa e madre di Martin, sottrattole al momento del parto. 


Quello stesso Martin che costituisce un segreto perché, tra varie peripezie e follie (soprattutto queste), diventerà figlio di Tristan Castro Montenegro e della sua pazza moglie Angustias.


La Guerra trasporta in un mondo non troppo lontano nel tempo, in cui vige la superstizione, in cui le erbe sono la cura e le donne meri strumenti degli uomini per dar loro piacere e discendenza. 
I matrimoni sono combinati per stringere alleanze vantaggiose e arricchire il patrimonio, mentre l’amore vero è qualcosa di sotterraneo e leggendario, provato quasi mai tra le braccia del/della consorte. Forse di tutto ciò non ce ne siamo mai liberati in fondo. Nonostante i bei discorsi sulla parità dei diritti, l’uomo prosegue ad andare contro natura, considerando la donna debole e sottoposta, vittima di violenze e ingiustizie, dedita unicamente alla casa e alla famiglia, quando invece desidera un lavoro e l’affermazione nel mondo, talvolta facendole detestare la propria natura capace di generare una nuova vita. I matrimoni di convenienza ci sono ancora, quelli combinati pure (soprattutto in alcune parti del mondo), così come una certa mentalità superstiziosa. 


Quando la mente umana inizierà a funzionare davvero per il verso giusto, solo allora potremo considerarci creature evolute. Fino ad ora, vedo solo un mondo che nasconde, dietro il progresso tecnologico e la scienza, dietro la religione e la politica, tanta crudeltà e tanta ignoranza, relegando nelle carceri dell’animo la cultura e cancellando secoli di storia senza avere imparato nulla da essa.
L’amore, quel sentimento puro e genuino, raro da trovare, è l’unica cosa che talvolta conduce altrove. E mi piace credere che il destino esista, come per Pepa e Tristan, provati da tante sofferenze, eppure alla fine insieme come ognuno tra i fan sperava. 
Concludo con una frase tratta dal romanzo, un pensiero che mi piace molto e che ricorderò:

«Sinuoso è il fiume, profondo il mare, fuggire non puoi da chi devi amare».


p.s. ovviamente è un romanzo consigliato a tutte le fan della fiction "Il Segreto". Ci sono molti passaggi che non abbiamo visto in tv e che chiariscono decisamente le idee.

lunedì 5 settembre 2016

Recensione di "Tutto ciò che sappiamo di noi due" di Colleen Hoover

Bentrovati a tutti, amici lettori! Anche oggi, eccomi di nuovo qui, attiva sul blog, per condividere con voi le mie impressioni su un altro romanzo che ho letto durante le vacanze estive.
Si tratta di "Tutto ciò che sappiamo di noi due", continuazione di "Tutto ciò che sappiamo dell'amore", già letto e recensito (http://sakomar.blogspot.it/2016/06/recensione-di-tutto-cio-che-sappiamo.html).


Trama: La poesia ha insegnato a Will e Layken ad amarsi, per stare insieme hanno dovuto superare ostacoli che sembravano insormontabili, hanno dimostrato al mondo che quando si è uniti si può affrontare ogni difficoltà e riemergere più forti e determinati di prima. La vita li ha messi di fronte a enormi responsabilità: sono giovanissimi, ma devono prendersi cura dei fratellini, cercando allo stesso tempo di ritagliarsi un piccolo spazio dedicato soltanto a loro due. Ma un giorno, all’improvviso, il passato di Will torna a bussare alla porta, e lui, per non turbare il difficile idillio con Layken, decide di tenerla all’oscuro di tutto. Ma lei lo scoprirà lo stesso, e sarà costretta a chiedersi su cosa si fonda davvero il loro rapporto, arrivando addirittura a mettere in dubbio la sincerità dei sentimenti di Will. La loro storia è a rischio, devono decidere se lottare per un futuro insieme o se rassegnarsi a stare lontani. Fin dove sarà disposto a spingersi Will per dimostrare a Layken che il suo amore durerà per sempre? La sua risposta cambierà non solo la loro vita, ma quella di tutte le persone che li circondano.

Non potevo lasciare in sospeso la storia di Lake e Will. Non potevo e basta perché li ho adorati. Il loro amore così dolce e al contempo forte aveva però ancora bisogno di maturare, essendo cresciuto in fretta, vittima di eventi spesso non piacevoli. Lake e Will si ritrovano ad essere tutori dei rispettivi fratelli a soli 19 e 25 anni, dovendo affrontare responsabilità e problemi di cui prima non si erano mai occupati. Ma una storia che sembra andare a gonfie vele può incrinarsi per una mancata verità e la fiducia è difficile da guadagnare nuovamente. Per fortuna c’è la poesia che ha il potere magico di arrivare dritta al cuore, evocando ricordi che costituiscono i piccoli tasselli di una storia tanto complicata, quanto meravigliosa.


In copertina c’è una frase tanto bella quanto riassuntiva dell’intero volume: 

«A volte due persone devono perdersi per capire davvero quanto appartengono l’una all’altra»

… e non vi è più grande verità.
Si sottolinea l’importanza della famiglia, base della vita di ognuno, porto sicuro da cui partire e in cui tornare e che, quando viene a mancare, lascia la nave in preda alle tempeste.
Si evidenzia il valore dell’amicizia, quella vera, che a volte si confonde con semplici conoscenze di comodo.
E poi è affrontata la tematica del bullismo e della lotta ad esso. Il bullismo rovina la vittima, la segna per sempre, lascia delle ferite che saranno aperte per tutta la vita, spiragli dolorosi verso l’animo. Tutto ciò deve essere combattuto, ma l’indifferenza è complice, sia quella dei ragazzi che, e soprattutto, quella dei professori. 
Inserisco un estratto, tratto dallo slam di Kiersten: 

«Ho qualcosa da dirvi, e non parlo ai bulli o a quelli che tormentano. Mi riferisco a chi sta a guardare, a chi non si schiera dalla parte di chi piange, a tutti quelli che tra voi che… semplicemente chiudono gli occhi. Dopotutto, non sta succedendo a voi, non siete voi quelli maltrattati dal bulletto di turno, e non siete nemmeno quelli che si comportano male, perché non è vostra la mano che lancia il cibo. Ma… è vostra la bocca che non parla. Sono vostre le gambe che non scattano in piedi. Sono vostre le braccia che non tendono la mano. Ed è vostro il cuore che se ne fotte. Quindi schieratevi per voi stessi, schieratevi per i vostri amici. Vi sfido ad essere persone che non si lasciano sottomettere. Non lasciatevi sottomettere. Non lasciateli vincere».


Colleen Hoover ci introduce nel piccolo complicato mondo di Lake e Will e, allo stesso tempo, di tutti gli altri personaggi: Eddie e Gavin, Reece e Vaughn, Sherry e Kiersten, Kel e Caulder.
La vita ci pone sempre davanti a ostacoli difficili, talvolta quasi insormontabili. Si deve però avere il coraggio di andare avanti, anche se tutto sembra fare schifo, anche se sembra non esserci una chance, perché la vita ha sempre in serbo la strada alternativa.
Ho adorato il punto di vista di Will, più di quello di Layken presente nel primo volume. 
I ragazzi, dietro il loro essere duri, sono invece così dolci e semplici. Will è proprio il ragazzo ideale – devo dirlo – e Lake è immensamente fortunata ad averlo incontrato. 


L’autrice ha di nuovo usato il presente e, lo ripeto, non è il mio tempo preferito per una narrazione, anche se è stato un aspetto secondario di questa storia che mi ha rapita, provocandomi il batticuore e qualche lacrimuccia. 
Il titolo è profondamente differente, ma stavolta posso affermare che è molto più bello quello italiano, molto più romantico e poetico. L’originale si chiama “La ritirata” ed è strettamente legato a un episodio della narrazione che, tra tutti, è secondo me il meno importante. Lo stesso nome verrà dato al titolo di una poesia che reciterà Will per Lake… ma non anticipo nulla, altrimenti svelerei alcune parti del romanzo.
Infine qualche riga mi ha colpita particolarmente perché mi ha fatto riflettere… leggendola ho sentito alcune parole che mi sono state rivolte e adesso ho sorriso. Qualche anno fa non le ho capite e mi sono arrabbiata molto. Crescendo e facendo esperienza, ho compreso che dietro quella che a me sembrava ostilità, forse c’era anche un buon consiglio.. presentato non proprio delicatamente, ma ognuno ha le sue maniere e bisogna accettare le persone così come sono. Il pezzo di cui parlo è una parte della poesia recitata da Edmund Davis-Queen e intitolata “Scrivi pure male”:

«[…] E scrivi ancora. Scrivere è come ogni altra cosa. Non diventi bravo subito. È un mestiere, devi impararlo e migliorare piano piano. Non entri alla Julliard, se non ti eserciti. Se vuoi la Carnegie Hall, devi provarci e riprovarci… O sborsare un sacco di soldi. Come per ogni altra cosa, ci vogliono diecimila ore per diventare davvero bravo. Proprio come dice Malcom Gladwell. Perciò, scrivi. Sbaglia, metti su un foglio i tuoi pensieri. Poi lascia riposare. Lascia marinare. E solo dopo ti correggerai. Ma non farlo mentre scrivi. Ti rallenta soltanto i pensieri. Trova un modo quotidiano per esercitarti. Per me è scrivere in un blog. Ed è divertente. Più scrivi, più diventa facile. Più scorre liscio, meno te ne preoccuperai. Non è per la scuola, non è per i voti. È solo per far uscire i tuoi pensieri fuori. Tu sai che loro vogliono uscire fuori. Perciò vai avanti. Fa’ dello scrivere una pratica quotidiana. E scrivi pure male. Scrivi pure malissimo, scrivi con abbandono e potrebbe venire fuori qualcosa di molto, molto buono».


Io scriverò male, anzi malissimo, ma scriverò per diventare migliore di come sono e forse un giorno potrò dire di esser diventata brava. Forse un giorno potrò dare dei consigli anche io. Per ora mi impegnerò, come ho sempre fatto, nella scrittura e in qualsiasi altra cosa. Posso farcela.

domenica 4 settembre 2016

Recensione di "Mansfield Park" di Jane Austen. Si torna sul blog!

Buonasera e buona domenica, cari lettori! E' da circa un mesetto che il blog e la pagina Facebook sono stati fermi, ma la proprietaria - ovvero la sottoscritta - era davvero stanchissima e necessitava di una vacanza. Come avete trascorso i vostri giorni di pausa estiva? Avete avuto la compagnia di qualche libro? Per quanto mi riguarda, ovviamente sì. Penso di non averne mai divorati tanti. E' bello poter avere la mente libera da altri impegni per almeno un po' di tempo, accantonare il "lavoro" (vorrei lo fosse un lavoro nel vero senso del termine... in realtà, sono nel limbo tra la fine della stesura della tesi dottorale e la discussione in data indefinita) e dedicarsi anche ad altro.
Ora però è giunto il momento di tornare attiva e perciò eccomi qui.
Al mare con me ho portato come primo romanzo "Mansfield Park" di Jane Austen che avevo iniziato a leggere qui a Roma.


Trama: Fanny Price è diversa da tutte le altre eroine di Jane Austen: non ha il senso dell'umorismo di Elizabeth Bennet né la frivolezza di Emma, e nemmeno la consapevolezza di Elinor Dashwood o l'irruenza di sua sorella Marianne. Fanny è tutta buon senso, umiltà, riservatezza e vulnerabilità. è il personaggio più passivo del romanzo, eppure dal punto di vista dell'azione morale, Fanny è la più attiva perché è l'unica che riesce a vedere le cose nella giusta prospettiva fin dal principio.Nella sua immobilità, è un personaggio chiave, simbolo di quel mondo di pacata quiete e solidi valori che era l'Inghilterra rurale del primo Settecento, contrapposto alla frenesia e dinamicità di una Londra ormai alle soglie della Rivoluzione industriale. Con Fanny, Jane Austen disegna il ritratto di un'eroina positiva non per abbondanza, ma per difetto di qualità mondane: un'eroina che fa dell'immobilità la propria forza, e vince senza fare nulla.

Sono una lettrice relativamente giovane in materia “Jane Austen”, nonostante adori la letteratura inglese, una delle mie materie preferite al liceo. Dell’autrice ho letto, al momento, solo “Orgoglio e Pregiudizio”, apprezzandone lo stile narrativo e il carattere di Lizzie, frizzantino e contemporaneo. “Mansfield Park” è il secondo romanzo della Austen che leggo, volendo interrompere per un po’ la lettura di romanzi della mia epoca e volendo accrescere la mia cultura letteraria.
La Austen effettua un cambiamento in questo romanzo: se in “Orgoglio e Pregiudizio” le parole si susseguivano in un incessante fiume in piena, quasi impazienti di introdurre il lettore nel rapporto controverso tra Elizabeth e Darcy, in “Mansfield Park” lo stile è più pacato e lento, atto a voler presentare il contesto quotidiano in cui si svolgerà la storia.
Fanny Price, la protagonista, è una bambina docile e molto molto timida, cresciuta con la famiglia degli zii, insieme ai due cugini Tom ed Edmund, e le due cugine Julia e Maria. Fanny proviene da una famiglia molto numerosa e piuttosto povera, quindi giunta a Mansfield Park viene istruita come una persona dell’alta società.


Julia e Maria sono viziate e adulate da Mrs. Norris, zia in comune, che svolgerà il ruolo di educatrice/tata. Si evidenzia il netto stacco tra le due cugine, sempre considerate migliori e sostenute in questo dalla zia Norris, e la povera Fanny, ritenuta notevolmente inferiore in ogni campo. Tutto ciò cambia quando le due ragazza lasciano casa: Julia fugge con il suo pretendente, mentre Maria si sposa. Finalmente anche Fanny viene notata per il suo valore e apprezzata sia dallo zio Bertram che da sua moglie.


Le figure cui Fanny è più affezionata sono William, suo fratello maggiore, l’unico nella sua “tribù” di fratelli e sorelle che la consideri e la protegga, e Edmund, il cugino che ha quasi un ruolo di “mentore” e consigliere, amico e fratello quando Fanny va a vivere con i Bertram. E sarà proprio questo crescente affetto a mutare in amore nel cuore di Fanny. Il sentimento sarà però tenuto ben nascosto, soprattutto quando Edmund inizia a corteggiare Mary Crawford. Allo stesso tempo Henry Crawford, notoriamente dongiovanni, inizia a corteggiare Fanny, causando il suo dispiacere nel non poterlo corrispondere. Il dispiacere durerà ben poco però perché il lupo perde il pelo, ma non il vizio…
La Austen offre uno spaccato dell’alta società inglese tra tenute magnifiche, ville e balli, mezzi principali per conoscersi. È un tempo, quello di Mansfield Park, apparentemente così lontano dal nostro, eppure abbastanza vicino in termini storici. 


L’autrice sottolinea l’immenso divario tra l’agiatezza e l’ambiente culturalmente elevato di Mansfield e la povera dimora dei Price, adottando l’espediente di far tornare Fanny per 3 lunghi mesi a Porthsmouth, dove troverà un padre egoista che pensa solo ai suoi affari e a bere, senza curarsi nemmeno di salutarla; sua madre, per la quale Fanny appare come una dei tanti figli che ha partorito; i fratelli che, non avendola quasi mai vista, la considerano come un’estranea. Solo Susan e William la faranno sentire appartenente ai Price perché, in cuor suo, Mansfield è casa sua, così diversa dalla disordinata, piccola e sporca dimora di Porthsmouth. Lei, con maniere tanto raffinate, non tollera e non comprende più la sua “rozza famiglia”. Ci sono poi gli “scandali” derivati da matrimoni esclusivamente vantaggiosi, stretti per via della dote e non per amore che condurranno le redini del discorso.


Si percepisce una forte differenza tra Fanny e Lizzie, protagonista di “Orgoglio e Pregiudizio”. Mentre Lizzie è frizzante, ribelle, pungente e ovviamente orgogliosa, Fanny è il suo opposto, docile, pacata, timida, sottomessa. Entrambe sono donne forti, ma affrontano la vita diversamente: Lizzie è diretta, Fanny invece attende gli eventi. Tuttavia non mi sento di condannare totalmente Fanny Price perché è comunque reduce da una situazione particolare e, talvolta, ha avuto tutta la mia comprensione. È difficile emergere e far capire, specie in una famiglia numerosa, di pensarla diversamente da tutti gli altri, di avere un altro carattere e di non essere solo un numero.


Tra passeggiate placide per i campi, balli, sussurri e occhiate, pettegolezzi e frivoli passatempi borghesi come l’organizzazione di una rappresentazione teatrale, i giorni scorrono a Mansfield.
Nonostante la trama non sia malvagia, devo ammettere che questo romanzo mi ha annoiata in molte sue parti, in cui sono stati fatti eccessivi giri di parole corredati da una basilare lentezza nello svolgersi degli eventi.
Tuttavia Jane Austen è un pilastro letterario e come tale la ammiro tantissimo. Leggerò le altre sue opere (magari “Sense and sensibilità” oppure “Persuasione”, o ancora il gotico “Northanger Abbey”), scoprendo altri tasselli cronologici e abitudinari della società di fine ‘700-inizi ‘800.
E infine, avendo scoperto che di "Mansfield Park" esiste il film, lo guarderò ovviamente.

Al momento è tutto. Nei prossimi giorni seguiranno tantissime nuove recensioni! Buona serata!
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