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venerdì 12 novembre 2021

Recensione di "Le due culture" di C. P. Snow

Buon pomeriggio! Torno sul mio blog per parlarvi di una lettura un po' particolare, che non conoscevo. La signora che me ne ha parlato mi ha anche prestato il libro. Non si tratta di un saggio scorrevole, ma riflessivo: "Le due culture" di C. P. Snow.


C'è chi di letteratura non ne vuole sentir parlare, chi il latino lo considera una lingua morta, ma c'è anche chi con la matematica ci ha litigato da tempo e non ha mai compreso la fisica.
Le due culture citate da Snow sono esattamente la cultura umanistica e quella scientifica, in eterno contrasto tra loro. Un classico della storia: sin da quando ho memoria, sono sempre state "materie" contrapposte, ma non per questo totalmente separate. Tra le due infatti può esserci interazione.
Ho letto i commenti e le recensioni in merito al volumetto in questione: alcuni sostengono che gli scienziati cerchino la verità, mentre gli umanisti la bellezza. Ma se non fosse così? 
Posso guardarla dal mio punto di vista personale e sostenere che anche gli umanisti cerchino la verità. Sono un'archeologa. Di certo non sono insensibile davanti alla magnificenza di una scultura quando si presenta l'occasione di osservarla, o alla bellezza incarnata da un mosaico o da quegli affreschi che tanto amo, ma signori, forse sarete sorpresi: l'archeologo cerca la verità. Non si mette alla volontaria ricerca del dettaglio "bello". No, l'archeologo cerca la verità storica, tenta in ogni modo e con i mezzi posti a sua disposizione (si includano i c.d. mezzi "scientifici") di ricostruirla, anche quando le tracce sono veramente labili. Incrocia le fonti scritte e i reperti materiali per poterne venire a capo, e basa la sua esistenza sull'analisi degli strati di terra che sono contenitori di informazioni preziosissime.


Snow, ovviamente, generalizzava e forse, alla sua epoca, l'archeologo - che è la figura più scientifica tra quelle umanistiche - procedeva ancora secondo una concezione antiquaria.
Posso dire, però, che archeologo a parte, le due visioni di Snow non siano totalmente da considerare superate, anzi, basti pensare alla formazione in Italia. La suddivisione tra liceo classico e liceo scientifico (che per esperienza, molto spesso, di scientifico non ha nulla) fa sì che le neo matricole si dividano in chi ama la matematica, la scienza, la fisica e chi ama la letteratura, la storia, la storia dell'arte, disprezzandosi a vicenda. Vi dirò da soggetto atipico che, dopo aver frequentato il liceo scientifico si è iscritta poi ad archeologia (penando non poco con il latino e il greco), che la cultura scientifica e quella umanistica dovrebbero rivestire la stessa importanza perché entrambe contribuiscono a formare una persona intelligente e produttiva.
In Italia, attualmente, ci troviamo esattamente nella situazione che Snow descriveva per l'Inghilterra nel 1959: le persone dedite allo studio delle materie scientifiche studiano la metà degli umanisti, eppure trovano immediatamente impiego con retribuzione mediamente elevata; gli umanisti sono disoccupati o scarsamente retribuiti, pur avendo studiato oltre 10 anni.
Che cos'è che dovrebbe cambiare, si domandava Snow? La nostra educazione. Ebbene sì, bisognerebbe iniziare a capire che entrambi gli aspetti sono fondamentali per far sì che la società proceda e si evolva. Una "rivoluzione scientifica" che investe un X paese farà sì che quest'ultimo proceda tecnologicamente, ma dal punto di vista sociale e delle radici identitarie sarà scarso, anzi, rischierebbe di perderle tragicamente. Snow ne parlava tanti anni fa... adesso in Italia ne osserviamo le conseguenze.


E ancora: perché non integrare le due cose? Porto ancora il confronto con il mondo dei beni culturali. Se davvero funzionasse (ormai è sempre più un'utopia dal mio punto di vista, ma la speranza è l'ultima a morire...), potremmo osservare una sinergia tra scienziati e umanisti. Come? Per esempio, nell'individuazione di un'opera falsa non lavorano solo gli storici dell'arte o gli archeologi che, con la loro esperienza, potranno dare opinioni in merito, bensì anche esperti in diagnostica (fisici) che applicheranno strumentazioni e metodologie scientifiche volte a smascherare "l'inganno".


Potrei farne mille di esempi simili, ma il problema rimane solo uno: una integrazione dei due "mondi" culturali a livello centrale, partendo proprio dall'educazione. Sono sempre stata convinta che un liceo unico sia una soluzione. Perché approfondire più il latino e il greco tralasciando la matematica e la fisica? Si approfondiscano tutti gli aspetti per formare persone in grado di adattare le proprie abilità, persone in grado di comprendere le varie sfaccettature che compongono la realtà a 360°, senza giungere a criticare chi ama risolvere equazioni, o chi invece ama scrivere romanzi. E nel mondo del lavoro si collabori! Non è richiedendo "tuttologi" che si produce occupazione, né ricchezza sia dal punto di vista economico che culturale! Questo, purtroppo, siamo costretti - soprattutto noi della fascia 30-40 - a vederlo ogni giorno: richiesta figura con 10 anni di esperienza in economia, arte, museologia, in possesso di laurea magistrale, dottorato, scuola di specializzazione, etc., in grado di parlare francese, tedesco e inglese, automunito, che usi il PC a tutte le ore del giorno e della notte, capace di lavorare in team, ma anche in autonomia.
Chissà se Snow questo lo aveva previsto quando le parole della sua conferenza tenuta a Cambridge confluirono nel volumetto? Forse persino lui era ottimista nel volgere lo sguardo al futuro... e invece...


«Di fatto, la distanza che separa scienziati e non-scienziati è molto meno superabile fra i giovani di quanto lo fosse anche trent'anni fa. Trent'anni fa le culture non si rivolgevano da tempo la parola: ma almeno si sorridevano freddamente, attraverso l'abisso che le separava. Ora la cortesia è venuta meno, e si fanno le boccacce. Non si tratta soltanto del fatto che oggi i giovani scienziati sentono di far parte di una cultura in ascesa, mentre l'altra è in ritirata. Si tratta anche, che per essere brutali, del fatto che i giovani scienziati sanno che, con una laurea mediocre, otterranno un buon posto, mentre i coetanei e colleghi di Inglese o di Storia saranno fortunati se guadagneranno i due terzi. Nessun giovane scienziato provvisto di un certo talento penserebbe di non essere ricercato o di fare un lavoro ridicolo, come pensava il personaggio di Lucky Jim, e di fatto, una parte del malcontento di Amis e dei suoi compagni è il malcontento dei laureati in lettere sotto-occupati.
C'è una sola via per uscire da questa situazione: e naturalmente passa attraverso un ripensamento del nostro sistema educativo».

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