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venerdì 9 settembre 2022

Recensione di “Innamorarsi in un giorno di pioggia” di Jojo Moyes

Buongiorno a tutti amici e ben ritrovati! Tornata alla base, vorrei fare marcia indietro con destinazione "qualsiasi località marittima". Se mi va di ricominciare? Credo di no, ma così funziona il mondo.
Durante questo mese, ho sfogliato parecchi romanzi in confronto alla mia media annuale, proprio perché ho chiuso il pc e non ne ho voluto sapere di stare ore e ore con le dita sulla tastiera.
Il primo romanzo che ho letto è stato "Innamorarsi in un giorno di pioggia" di Jojo Moyes. L'autrice è ormai conosciuta come l’autrice di “Io prima di te”, il bestseller che ha ottenuto ulteriore notorietà grazie al film con Emily Clarke e Tom Claflin. Eppure la Moyes ha scritto anche altri romanzi degni di nota, come "L'ultima lettera d'amore".

“Innamorarsi in un giorno di pioggia” è stata una mia scelta durante una passeggiata verso il centro di Roma. Non ricordo se piovesse o meno, ma so che era verso marzo e mi trovavo, per motivi di ricerca, in Largo Argentina.



Trama: Joy sa poco di sua figlia Kate, e ancora meno della nipote adolescente Sabine. Ma tutto cambia quando quest’ultima viene mandata dai nonni in Irlanda, proprio in quella casa da cui, anni prima, sua madre Kate era fuggita, portandosi via Sabine neonata. Le tre donne si ritrovano così per la prima volta riunite sotto lo stesso tetto, costrette ad affrontare i segreti del passato che hanno voluto tenere nascosti.

Il romanzo narra la storia di tre donne, Joy, Kate e Sabine, rispettivamente nonna, mamma e figlia. Tutto inizia in un’atmosfera anglo-cinese, nella Hong Kong occupata dai britannici. Joy, la sua famiglia e i suoi amici sono in fermento perché è il giorno dell’incoronazione di Elisabetta, che diventerà regina. La ragazza detesta con tutta se stessa i ricevimenti, ma i genitori sono quasi ossessionati da un solo semplice fatto: deve fidanzarsi con un ufficiale. Lei è uno spirito libero, vuole conoscere il mondo, studiare, andare via da lì… e sarà proprio il tanto detestabile party a farle incontrare Edward, l’ufficiale di Marina, che in pochi giorni deciderà di sposare, condividendo una lunga vita con lui, prima a Hong Kong, poi in Irlanda tra le verdeggianti pianure e gli amati cavalli.
La storia di focalizza quindi su Kate, figlia di Joy e Edward, con i quali non intrattiene più alcun rapporto da quando, diciannovenne e incinta, decide di andare via di casa, costruendosi una sua vita lontana da un ambiente che non le appartiene e da due genitori che non l’hanno mai fatta sentire all’altezza.
È proprio però in quel 1997 che, a Londra, Kate accompagna sua figlia sedicenne, Sabine, a imbarcarsi per l’Irlanda. Sta attraversando un periodo difficile: l’ennesimo uomo di cui credeva di essere innamorata l’ha lasciata e l’altro, che l’aveva prontamente “sostituito”, apparentemente interessato al cuore di Kate, voleva solo godersi una vita agiata. Kate deve fare chiarezza nei suoi pensieri, decidendo quindi di mandare Sabine dalla nonna.
Come Kate con Joy, Sabine non ha dialogo con la madre. Non capisce i suoi modi di comportarsi, quelli di cercare sempre un nuovo fidanzato e di spedirla nella remota Irlanda senza nemmeno averle chiesto se fosse d’accordo.
Dopo i primi giorni di assestamento, durante i quali conoscerà le rigide regole di sua nonna nel mandare avanti una tenuta e un allevamento di cavalli, senza tv, connessione internet e tecnologia, Sabine inizierà ad assaporare una nuova vita, lontana dalla frenetica Londra dove, anche con i coetanei, si era spesso sentita a disagio. Le piace cavalcare, adora la routine di campagna, il buon cuore delle persone che vivono in quel posto.
Uno spiacevole, ma prevedibile avvenimento farà sì che nonna, madre e nipote si ritrovino in quella grande casa immersa nelle natura, chiarendo questioni rimaste in sospeso e, finalmente, capendo l’una le ragioni dell’altra.



Al contrario degli altri romanzi della Moyes che ho avuto il piacere di leggere, “Innamorarsi in un giorno di pioggia” non è, a mio avviso, da 5 stelline. La motivazione non riguarda tanto la trama, quanto invece le interminabili digressioni descrittive che caratterizzano tutta la prima metà del romanzo che, solo dal capitolo 9/10, inizia a diventare avvincente. Confesso di aver volutamente accelerato i tempi di lettura perché non ne potevo più di leggere della routine legata ai cavalli (che amo peraltro), alla vicina di casa con evidenti problemi esistenziali (seppur ampiamente giustificati) e a tutto lo “staff” della tenuta.
Per quanto riguarda propriamente la storia delle tre donne, ci sono sicuramente alcuni dettagli da sottolineare, che possono suscitare riflessioni.

Joy, l’inflessibile, sembra tale, ma in realtà è una donna che, in un periodo di transizione, vorrebbe conquistare la propria indipendenza, senza essere ridotta al ruolo di madre e allevatrice di bambini. Vede in Edward la salvezza e, complice l’innamoramento lampo (su cui ho comunque i miei dubbi), si sposa rapidamente, girando il mondo dietro le trasferte del marito… ma altrettanto rapidamente, si avvera proprio quel che lei non avrebbe mai voluto affrontare: rimane incinta, per ben due volte. Il suo corpo è debilitato e Edward, che all’apparenza sembra essere un marito devoto che ha occhi solo per lei, decide di non poterla aspettare, di non potersi prendere cura di lei, divertendosi altrove. Joy serba dentro di sé questi sentimenti, che la spingeranno ad essere all’apparenza glaciale. Per salvare un matrimonio, la felicità dei figli e, soprattutto, l’immagine perfetta, proseguirà a stare accanto al marito, nonostante alcune ombre gravino su di lui.

Kate, la donna che persino sua figlia classifica come una “poco di buono”, è in realtà una persona insicura. I genitori, che mai hanno condiviso le sue scelte, ma che invece hanno imposto le loro, contribuirono a renderla una ragazza prima, e una donna poi, piena di emozioni traballanti. Kate cerca disperatamente amore e affetto negli uomini, quegli stessi che invece cercano in lei soltanto un modo per divertirsi. Nemmeno la figlia, avuta con un ragazzo “passeggero”, la apprezza come madre, ma nessuno si sforza di capirla, di aiutarla veramente e di starle vicino. Sono contenta che, almeno per lei, ci sarà il lieto fine che merita, insieme alla conquista di un po’ di amor proprio.

Sabine appare come una ragazzina viziata, la tipica adolescente capricciosa cui non sta mai bene niente. E in parte Sabine è proprio così come sembra, ma c’è anche altro. L’instabilità emotiva della madre, abituata a cambiare compagno, ha ovviamente influito su di lei. Anche Sabine nasconde insicurezze e paure, anche lei si sente nel posto sbagliato del mondo. Non appena avrà trovato quel che le occorre per maturare (tranquillità, una passione, l’affetto di una famiglia e degli amici), Sabine sboccerà come una ragazza dolce, comprensiva e piena di energia.


Se mi sento di consigliarlo? Se siete appassionate delle storie multiple (che, in realtà, non amo particolarmente), dello stile della Moyes e avete tempo (nonché voglia) di affrontare una lettura che scorra lentamente, allora questo romanzo fa per voi. Se siete come me, sempre in cerca di emozioni, allora vi propongo di dare la precedenza a un altro libro. Jojo Moyes rimane una delle mie autrici preferite, ma nessuno è perfetto.

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