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giovedì 15 settembre 2022

Recensione di "Il museo delle promesse infrante" di Elizabeth Buchan

Buonasera, amici lettori! Ben trovati su Sàkomar blog. Spero sempre che le mie recensioni siano di interesse e, soprattutto, che possano aiutare a scegliere i romanzi giusti per voi.
Oggi vi parlerò di "Il museo delle promesse infrante" di Elizabeth Buchan. Titolo e copertina interessanti, vero?


Trama: Esiste un museo, a Parigi, dove le persone non fanno la fila per ammirare i capolavori dell'arte. Dove non sono custoditi né quadri né statue. Un museo creato per conservare emozioni. Ogni oggetto in mostra, infatti, è il simbolo di un amore perduto, di una fiducia svanita. Un cimelio donato da chi vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la stessa curatrice, Laure, che ha creato il Museo delle Promesse Infrante per conservare il suo ricordo più doloroso: quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore. Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell'estate del 1986, ha l'impressione di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le voci meno squillanti, le risate meno sincere. Laure lo capisce a poco a poco dagli sguardi spaventati della gente, dalle frasi lasciate in sospeso: questo è un Paese che ha dimenticato cosa sia la libertà. Eppure ci sono persone che ancora non si rassegnano. Come Tomas. Laure lo incontra per caso, a uno spettacolo di burattini. Ed è un colpo di fulmine. Per lui, Laure è pronta a mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin dove dovrà spingersi per avere salva la vita. Laure si è pentita amaramente della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà mai l'occasione per aggiustare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo delle Promesse Infrante non è un luogo cristallizzato nel passato. È un luogo che guarda al futuro, in cui le storie circolano e spiccano il volo verso mete inaspettate. A volte raggiungono luoghi lontanissimi, ricucendo i fili strappati del destino. E a volte possono perfino giungere alle orecchie di un uomo cui non importa nulla degli sbagli e dei rimpianti, ma che aspetta solo un indizio per ritrovare il suo amore perduto...

È quindi durante le mattinate (e qualche mezzo pomeriggio) di agosto che ho deciso di dedicarmi alla sua lettura. Mi sono chiesta “Come sarà strutturato un museo delle promesse infrante”? 
Laure, la direttrice e fondatrice, ha aperto questo museo nella bella Parigi, città in cui l’arte, la storia, il romanticismo si fondono insieme per dare vita a un luogo spettacolare (che avrei voglia di tornare a visitare con molta più calma rispetto al 2010, anno del mio viaggio di studi universitario in Francia). Laure restaura un edificio abbandonato, restituendogli un nuovo obiettivo.
All’interno delle teche ci sono oggetti singolari: un velo da sposa, un dentino da latte, una marionetta, un tavolo, un telefono e due sedie. Sono oggetti che, osservati, sembrano non avere alcun significato. Sono le loro storie ad essere particolari: un matrimonio che, nonostante le promesse, non è andato a buon fine; la promessa di un padre fatta a un figlio riguardo il suo ritorno mai avvenuto; la promessa di una verità che non è mai stata rivelata. Numerose sono le richieste che arrivano a Laure, ognuna delle quali sarà valutata, e così il museo si arricchisce di quelli che sono ricordi condivisi, frammenti di esistenze trascorse nella speranza che qualcosa finalmente cambiasse. Si legge la delusione della gente dietro quegli oggetti, sentimenti feriti, soprattutto dolori e qualche piccolo ritaglio di felicità.


In quelle teche c’è anche un biglietto del treno da Praga a Vienna… Laure lo ricorda perfettamente. Riguarda la sua vita passata, quella che ha segnato la sua intera esistenza e che, ancora oggi, la spinge a sospettare delle persone. Quel biglietto la riporta al 1986, quando il comunismo vigeva ancora sovrano in Cecoslovacchia e lei era a Praga, al seguito di una famiglia ceca, come ragazza alla pari. In quel periodo Laure conoscerà Tomas, un musicista dissidente, un ragazzo che insieme ai suoi compagni cercava di combattere il regime, inseguendo disperatamente la libertà occidentale, celato nei palazzi abbandonati, negli scantinati sporchi e bui, e in un teatro delle marionette.


Il loro amore, ribelle, passionale e nascosto, è destinato a spezzarsi sotto le rigide imposizioni del regime, ma Laure non lo dimenticherà mai. Il timore di quegli anni scorre ancora nel suo sangue, le fughe con Tomas sono vivide, la violenza vista e subita torna a bruciare sulla pelle. Nemmeno la verità, emersa dopo tanti anni, riuscirà a regalare a Laure la tanto agognata serenità.

L’idea del museo delle promesse infrante è molto bella ed è proprio quella ad avermi attratta, così come la descrizione delle singole storie relativa agli oggetti contenuti nelle sale di quel particolare sito culturale. Mi sono domandata se un museo simile e partecipativo non fosse realmente possibile. Solo da pochi giorni ho scoperto l’esistenza del museo del diario, che raccoglie ricordi e confessioni personali della gente comune. Forse è proprio questo a fare la differenza tra un museo d’arte o di archeologia che riguarda tempi lontani e un museo che si propone, invece, come un luogo in cui narrare storie, a volte accomunandole al nostro stesso vissuto.
Non me la sento, però, di consigliarlo. I capitoli riguardanti il museo sono veramente pochi, quelli davvero interessanti sono i finali e più di metà del libro riguarda gli intrighi politici della Cecoslovacchia alla fine degli anni Ottanta. L’approfondimento storico, funzionale a fornire un inquadramento del clima diffuso dal regime comunista, è eccessivo, sottraendo in tal modo fascino all’esperienza di Laure che condurrà la protagonista all’istituzione del museo. Idea originale che avrebbe potuto essere sviluppata diversamente.

Vi lascio con alcune frasi tratte dal romanzo. Alla prossima!

«Stringere a sé una persona, essere stretti in un abbraccio, era la dimostrazione che si era vivi. Si era sentita una cosa muta e fredda per troppo tempo».

«Non avevo mai sognato che essere innamorati significasse essere entusiasti e sereni allo stesso tempo».

«Innamorarsi ancora di più, come le stava succedendo, significava liberarsi da se stessi. Era la libertà di fondersi con qualcun altro e farsi carico del suo mondo».


«Stranamente titubante, si fermò sulla soglia della Sala 3. Dove doveva mettere il biglietto ferroviario di Joseph Broad? Accanto alla bambola col volto sfasciato? Insieme con la scatola di fiammiferi col dentino da latte? Erano tutti legati da un filo conduttore, come aveva intuito velocemente anche May. La rabbia di Jamie e la disperazione infantile di Joseph si alimentavano entrambe del tradimento da parte di un adulto. Il pavimento della sala era sconnesso ed era stato necessario puntellare una gamba della vetrina all’interno della quale era esposto il biglietto ferroviario cecoslovacco. Sotto, c’era una didascalia che indicava la data, il luogo in cui era stato emesso e la sua destinazione. Era scritta in inglese, francese e ceco: Biglietto ferroviario per la linea usata negli anni ’80 dalle persone che scappavano in Austria dalla Cecoslovacchia. Era la via di fuga preferita da coloro che fuggivano dal regime. Molti non ce la fecero.»

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