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martedì 8 marzo 2022

Recensione di "Storia di una famiglia perbene" di Rosa Ventrella

Buongiorno amici e bentornati sul mio blog! Oggi un bel sole splendente mi fa compagnia mentre scrivo su questa pagina bianca e il vento spira minaccioso, ricordandomi che sì, la giornata è bella, ma non è ancora primavera!

Qual è la recensione che vi propongo? Quella del romanzo di Rosa Ventrella, "Storia di una famiglia perbene", da cui è stata tratta la fiction omonima andata in onda sul Canale5.



Trama: Anni Ottanta. Le estati a Bari vecchia trascorrono tra i vicoli di chianche bianche, dove i ragazzini si rincorrono nei dedali di viuzze, in mezzo ai profumi delle lenzuola stese e all’aroma dei sughi. Maria cresce insieme ai due fratelli più grandi, Giuseppe e Vincenzo. È una bambina piccola e bruna, dai tratti selvaggi che la rendono diversa dalle coetanee: una bocca grande e due occhi quasi orientali che brillano come punte di spillo. Ha un modo di fare insolente, che le è valso il soprannome di Malacarne. Vive immersa in una terra senza tempo, in un rione fatto di soprusi a cui è difficilissimo sottrarsi. L’unico punto fermo, negli anni tra l’infanzia e l’adolescenza, è Michele, figlio della famiglia più disgraziata di Bari vecchia. L’amicizia tra i due si salda e rinforza, nonostante l’ostilità delle famiglie e i colpi bassi della vita. Finché quel sentimento, forte e insieme delicato, quasi fraterno, non diventerà amore. Un amore che, anche se impossibile, li preserva dal rancore verso il resto del mondo e dalla decadenza che li circonda.


Bari vecchia, o "Barivecchia" tutto attaccato, come pronunciano i locali, che bella che è! L'ultimo viaggio pre pandemia è stato proprio in Puglia e Bari l'ultima tra le mete di tre giornate magnifiche e rilassanti. Ma quel luogo che ora vediamo riqualificato e che costituisce il cuore della città, solamente qualche decennio fa era un intrico di stradine in cui viveva povera gente. Ed è proprio qui che è ambientata la storia di Maria, detta Malacarne, della sua famiglia e di Michele Straziota detto "Senzasagne", unico suo vero amico.
Quel quartiere non è semplicemente tale, ma influenza le vite di ognuno, anche quella di Maria. Episodi drammatici o ritenuti tali (che a volte fanno sorgere qualche sorriso), storie di pescatori e del loro infinito amore con il mare, racconti tessuti dalle comari, superstizioni che la "masciara" non fa altro che alimentare, devozione popolare, giochi scalmanati tra le strette vie assolate: questa è l'esistenza di Maria, che si sente allo stesso tempo a casa e intrappolata in una realtà che la classifica e non la riguarda.


Antonio De Santis, suo padre, è un brav'uomo, dal carattere difficile e purtroppo violento; Vincenzo, suo fratello, uno scapestrato senza obiettivi; Giovanni, il fratello maggiore, figlio modello che tutte le madri vorrebbero; sua madre, arresa da molti anni a una vita casalinga, dominata da un marito perennemente arrabbiato, che vede in Maria - ragazza brillante a scuola - l'unico suo riscatto verso la vita.
Maria è una ribelle, piena di vita, l'unica a proseguire gli studi fino all'università. Non può sentirsi costretta tra le strette mura dell'assolata Bari vecchia e si rifugia verso il mare, sempre in compagnia di Michele, suo migliore amico e bravo ragazzo, anche lui eccezione in una famiglia di trafficanti di sigarette e non solo. Lei è la narratrice che coinvolge il lettore all'interno di quelle dinamiche quotidiane che caratterizzano la vita di ogni personaggio nominato ed è proprio Bari vecchia la protagonista indiscussa, quel luogo decadente da cui nessuno sembra potersi sottrarre. Ma Maria e Michele forse ce la faranno: l'amicizia si trasforma in amore, possibile o impossibile non ha molta importanza, basta che dia una nota di colore e di speranza.


Cosa ho amato di questo libro? La capacità dell'autrice di portare il lettore per mano all'interno della realtà ben descritta della Bari di qualche decennio fa, facendolo camminare sui lastroni di pietra delle strade assolate in cui soffia la brezza marina; laddove le donne sono sedute fuori dalle proprie case e, tra una chiacchiera e l'altra, impastano le orecchiette; dove i pescatori tornano con le reti lasciando una scia d'acqua verso i negozi; nelle viuzze in cui, tra panni stesi ai fili volanti da un palazzo all'altro, i bambini giocano a pallone, ridendo e parlando in dialetto.


Non ho potuto fare a meno di immaginare i personaggi con i volti degli attori della fiction perché ho visto prima quest'ultima e poi ho letto il romanzo. Tra i due c'è gran differenza, quindi non fate l'errore di fermarvi all'una o all'altra! E, nel dubbio, scegliete sempre l'originale scritto.

«Così stavamo zitti ad ammirare lo sciabordio dell'acqua. Ogni onda mi portava un pensiero o una domanda. Fa così il mare. Senza che te ne accorga, fa venire gli occhi lucidi e un grumo duro proprio dentro la pancia Quando sopraggiungeva quella sensazione, cercavo di sfuggirvi. E Michele mi seguiva senza dire una parola.»

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