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sabato 27 dicembre 2014

Recensione di "Euphonia" di Marie Albes

Buona serata buia e tempestosa a tutti, cari lettori! Qui a Roma tira un vento gelido e piove, ma altrove sta nevicando. Io sono tra i romani che spera nevichi, anche solo per un giorno. La magia bianca che cade dal cielo dona un'atmosfera fantastica alla Città Eterna. Dico "un solo giorno" perchè poi inizierebbero gli inevitabili problemi di mobilità cui non siamo abituati.



Ad ogni modo, arriviamo al dunque. Ho appena terminato di leggere "Euphonia" di Marie Albes, secondo volume della "Leggenda di Dryadem". Ero curiosa di conoscere la fine del romanzo articolato in tre parti, denominate dall'autrice "Il ghiaccio", "L'acqua", "Il fuoco", elementi che determinano punti importanti nella storia.
Dopo la morte di Aradia, finalmente per Ayres e James sembrava esserci una vita quasi normale. Lui, il bello e maledetto, aveva trovato l'equilibrio con Ayres al suo fianco, e Ayres, la misantropa per eccellenza, sembrava riuscire a vedere il mondo in un'ottica più soft, più umana, meno asociale.
Il fortissimo legame tra i due protagonisti è percepibile, elettrico. Vi è complicità negli sguardi, nei gesti e ovviamente nei pensieri dato che ormai riescono a comunicare telepaticamente. Ayres costituisce il mondo di James e viceversa. Entrambi possiedono tutto ciò che desiderano, ma l'equilibrio dev'essere necessariamente spezzato.



Il gelido arrivo della bella Ninfa Myosotis (nome latino del "non-ti-scordar-di-me), sorellastra di James, e veggente cambierà ogni cosa.
I due si ritroveranno coinvolti insieme ad Alan, Elionor e la stessa Myosotis in un'avventura che li condurrà nel cuore di Iperborea, o Atlantide che dir si voglia, in cui i Druidi attendono da secoli la Driade. Ayres si dovrà allenare e preparare all'Esodus, ma gli eventi non si svolgeranno in maniera tanto lineare. Amore, odio, vendetta e giustizia si ingarbugliano come i fili del destino, così potente nel mondo creato da Marie Albes, tanto da condizionare le esistenze e persino i sentimenti dei protagonisti.



Amicizia e tradimento, dolore e passione detteranno le regole di un viaggio sospeso tra presente e passato, in cui il mondo degli umani (Mondo Civile) e quello Celtico/Druidico si intrecciano strettamente.
Non dico altro perchè una recensione che spoilera diventa un riassunto.
Vi consiglio però il romanzo, soprattutto se come me siete dei poveri lettori amanti del fantasy che proseguono incessantemente a cercare qualcosa di originale e, ahimè, nelle librerie non trovano più nulla che li soddisfi.



Il mondo creato da Marie Albes è delicato e incantato, magico e mitologico, ma al contempo realistico. La protagonista non è la solita umana che scopre di avere i poteri e, felice come non mai di essere speciale, si diverte ad usarli, senza alcun timore.
No, Ayres è una comune ragazza, dall'indole solitaria - e, lo ripeto anche qui, il suo carattere è molto simile al mio - diffidente, disillusa che finalmente ha trovato un raggio di sole nell'amore per James. Nonostante ciò, è perfettamente consapevole dei suoi poteri e della responsabilità che grava sulle sue spalle. Ma mentre in Dryadem, Ayres ha affrontato dei pericoli che sembrano terminati lì con la morte della cattiva di turno, ora la ragazza prende coscienza di un vero e proprio mondo (di matti aggiungo) che vive parallelamente a quello umano, sullo stessa pianeta tra l'altro, e che è davvero potente.
Ayres viene addestrata come guerriera, ma non è eccitata dall'idea di maneggiare armi. Al contrario, come una qualsiasi persona normale, ne ha timore e da ciò deriva la sua reticenza ad uccidere.
Il lettore cresce con Ayres che muta notevolmente, maturando e operando un processo di apertura mentale, anche se il dolore straziante creerà un piccolo mostro egoista all'interno del suo cuore spezzato.



Inoltre la figura della Driade in sè è particolare. Se secondo la mitologia greca la driade è propriamente la ninfa arborea (si vede il caso più famoso di Dafne), quella impersonata da Ayres è invece un vero e proprio spirito della natura. Riunisce in sè tutti gli elementi.
Per quanto riguarda lo stile narrativo, ritengo che Marie Albes sia molto migliorata rispetto a "Dryadem", che pure era scritto molto bene. Lascio qui il link alla recensione di "Dryadem":


Mi piace la sua narrazione poetica, volta a dipingere con le parole veri e propri quadri, ora nel Maine, ora nel mondo sottomarino, ora immersi nella neve e nel gelo, e infine nel calore infernale.
Originale il fatto di unire Iperborea ad Atlantide, ma soprattutto di far vivere il popolo celtico (che poi è diviso tra Celti e Druidi) sulla Terra e sotto l'oceano.



Ho trovato un po' lenta la descrizione della discesa verso Iperborea, unica "pecca" se così si può chiamare, ma è ovviamente una questione di gusto personale. Complimenti per aver intessuto una trama di parentele ingarbugliata che però alla fine viene spiegata magistralmente da Adiantum.
Per il resto, il romanzo scorre velocemente e nemmeno ci si accorge delle ben 471 pagine di narrazione.
Direi che "Dryadem" ed "Euphonia" sono il lampante esempio che self-publishing non significhi automaticamente scarsa qualità. Cari lettori diffidenti, provate prima di giudicare e sarò felice allora di leggere le vostre opinioni.

Personalmente mi complimento con Marie e attendo il terzo volume con ansia, sperando vivamente che la sorte di qualche personaggio sia solo "apparente".
Colgo l'occasione per ricordare che "Dryadem" ed "Euphonia" sono in offerta a 0,99 durante l'evento "A Christmas Carol" insieme a tantissimi altri ebook, tra cui i miei due romanzi di Sàkomar:


 E ora buona serata amici!

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