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venerdì 28 novembre 2025

Recensione di "La ferita, la letizia" di Davide Rondoni

Buongiorno amici e bentornati sul blog! Il prossimo anno sarà dedicato a San Francesco d'Assisi. Si celebra, infatti, l'ottavo centenario della sua morte e sono certa che, da bravi lettori appassionati di librerie, avrete visto esposti vari libri sul "Poverello" di Assisi.

Nonostante abbia dedicato un intero esame del mio corso di laurea proprio alla figura di San Francesco, approfondendo la lettura del libro di Raoul Manselli, "San Francesco d'Assisi" (e dirò che è molto ben scritto), la mia ammirazione per questa figura storica e l'amore per la città di Assisi, ha fatto sì che decidessi di acquistare il libro di Davide Rondoni, "La ferita, la letizia. Faccia a faccia con San Francesco, poeta di Dio e del mondo", edito da Fazi editore.


Trama: Figlio di una donna francese che gli sussurrava i versi dei poeti d’oltralpe, delusione di un padre, simbolo delle aspettative mancate dei genitori d’ogni tempo, animo impetuoso, folle, estremo: questo era Francesco.
Immaginando un intimo dialogo con San Francesco d’Assisi, Davide Rondoni ci racconta l’uomo dietro al santo, «un uomo capovolto, ben più di un rivoltoso», mai incline ai compromessi, umile e tormentato eppure ricolmo di una letizia e una fede incrollabili che lo hanno condotto al cospetto di un papa e persino di un sultano. Poeta visionario, la cui esperienza mistica è stata celebrata da molti intellettuali – da Dante, che ne ricorda le vicende nella Divina Commedia, a Gregory Corso, una «di quelle teste folgorate» della Beat Generation –, e anche sceneggiatore teatrale, con l’allestimento del primo presepe a Greccio. Autore del Cantico delle creature, considerato il «primo documento di letteratura in italiano volgare», da cui emerge una voce dalla forza travolgente che per la prima volta attraverso l’esperienza poetica canta l’unità del cosmo e l’amore per la Natura e per le sue creature, si fa precursore del concetto di ecologia integrale, comparso anche nell’enciclica del pontefice che ha preso il suo nome, Francesco.
Con la delicatezza e la soavità di una poesia, Davide Rondoni ci consegna un ritratto inedito del poverello d’Assisi e immagina una conversazione a cuore aperto con il santo in cui, ispirato dall’insegnamento francescano, affronta argomenti attuali come la differenza tra amore e possesso, l’importanza di un ambientalismo che vada oltre il superficiale e la necessità della pace come dono cristiano, in un mondo che oggi è incendiato dalla guerra.

Basilica di San Francesco d'Assisi (foto di Cristina Cumbo, 2024)

Volevo una lettura più leggera, che non ripetesse gli aneddoti storici sulla figura del santo, ma che provasse a esaminarne l'aspetto psicologico, il contesto in cui Francesco viveva e come potevano vederlo gli altri.

Davide Rondoni imposta il libro come una riflessione, generata in seguito a un immaginario contatto visivo con il santo. Cosa c'è nello sguardo di San Francesco? Tutto un mondo: nato dalla donna francese, chiamata la "Francesca", a un certo punto lascia ogni cosa, e adotta uno stile di vita che, per molti, sarà sembrato folle. E tra folle e santo c'è un confine sottilissimo nel Medioevo.

La nostra percezione di Francesco è, appunto, quella di un santo: non ne rileviamo difetti. Ma è proprio attraverso le fonti, invece, e quindi le testimonianze di chi è stato a contatto con questo personaggio, che riusciamo a ricostruirne l'umanità. Non aveva un buon carattere Francesco agli occhi dei concittadini, era impetuoso, un ribelle, un uomo che se ne era andato di casa rinnegando gli agi e che girava con uno straccio addosso, predicando. Era seguito da uno stuolo di altri uomini, incantati dal suo modo di vivere, ma soprattutto dal suo messaggio e dal rapporto che aveva con Dio. E nonostante ciò, Francesco aveva richieste estreme e particolari, come quando ordinò a uno dei suoi frati, Bernardo, di premergli un piede sulla bocca e l'altro sulla gola per "punire la presunzione e l'ardire del cuore".

Umiltà, povertà, fraternità, pace, gentilezza erano i concetti che lo animavano, amore per il prossimo, anche se questo prossimo fosse stato un lupo (si vd. il lupo di Gubbio), e persino per la morte, che nel Cantico delle Creature chiama "sorella".

San Francesco d'Assisi (foto di Cristina Cumbo, 2022)

Rondoni ci mostra Francesco attraverso gli occhi di Dante, che ne parla nel canto XI del Paradiso, e poi esamina, passo passo, il Cantico da cui emerge un amore per la Natura non in sé, ma come riflesso dell'Altissimo Onnipotente Bon Signore.

Una figura sempre affascinante quella di San Francesco d'Assisi che prosegue, a distanza di secoli, a incuriosire, a farsi studiare e ad essere seguita da milioni di persone. Il libro si conclude con il Tau, il simbolo e la lettera che San Francesco adottò come sigillo per firmare gli scritti. Da cosa deriva? Sicuramente si tratta dell'ultima lettera dell'alfabeto ebraico che si pronuncia Taw (ma la cui forma è completamente diversa dal Tau conosciuto) e della lettera, invece, più nota dell'alfabeto greco.

Eremo delle Carceri, Altare con Tau (foto di Cristina Cumbo, 2024)

C'è un collegamento con l'Apocalisse, in cui il Taw è il sigillo dell'Agnello, impresso da un Angelo sulla fronte di coloro che saranno salvati; c'è poi la grande somiglianza morfologica con la croce. Un "gioco" di simbolismi uniti in un unico segno.

Davide Rondoni traccia, perciò, con un linguaggio semplice, divulgativo, anche contemporaneo, la figura di San Francesco, senza che la lettura diventi mai pesante.

Un unico appunto finale che, da archeologa e soprattutto da iconografa cristiana, non posso fare a meno di fare: il Tau non è mai stato adottato nelle catacombe dai primi cristiani. Lo staurogramma non è composto dal Tau e dal Ro, ma dal Chi posto per "obliquo" e dal Ro. Gli stessi primi cristiani adottarono persino l'Alfa e l'Omega, ponendole ai lati dello staurogramma e del cristogramma, proprio per indicare l'inizio e la fine, in riferimento a Cristo. Pur essendo un finale "narrativo" suggestivo, da un punto di vista scientifico devo necessariamente notare un'imprecisione.

Vi lascio con qualche piccolo estratto e un consiglio: visitate Assisi, senza fretta, con tutta la calma del mondo. Solo camminando tra i suoi vicoli, esplorando i suoi monumenti, ammirando la natura che circonda questo paesino nel cuore dell'Umbria, conoscerete anche Giovanni, detto Francesco.

Assisi, distesa di ulivi (foto di Cristina Cumbo, 2022)

«La povertà è la fiaccola che illumina il problema centrale della esistenza umana. Amiamo solo ciò che possediamo? Amore e possesso coincidono? O sappiamo cosa è il tremore vero della povertà, quando abbracciamo i nostri figli, sapendo che non sono nostri, che il loro destino non è nelle nostre mani? E sappiamo che anche la moglie o il marito o il compagno o la compagna con cui viviamo o facciamo l'amore non è nostra proprietà? Nulla è nostro. Anche la nostra vita. Rivoluzione rispetto all'idea attuale di individuo che ha a disposizione tutto.»

«Noi abbiamo un problema con i segni. Li consideriamo poco e in modo confuso. [...] Per un uomo medievale i segni erano invece importantissimi. Il mondo appare a quelle persone come una foresta di segni. Essi assicuravano il legame tra visibile e invisibile. Perché come è evidente anche a noi contemporanei, le cose più importanti della vita non le vediamo, non le misuriamo.»

«La gentilezza è la qualità del cuore che ama anche quel che non possiede. Sa distinguere tra amore e possesso, tra desiderio e pretesa, tra aspettativa e cupidigia. Il cuore gentile.»

«La pace cristiana, francescana la sperimentano i cuori inquieti. Non i tranquilli.»

«La tua umiltà non si poggiava sul carattere, che era impetuoso, non si poggiava solo sulla mortificazione. Sarebbe stata una umiltà triste. Ma sulla consapevolezza di essere stato chiamato.»

«Paradossalmente, l'amante è "triste e gioioso". Cioè nella medesima condizione dell'anima cristiana: ha nostalgia di Dio e però vive con letizia per la Sua presenza nel mondo. Quale nostalgia ti ha strappato il petto mentre eri chiuso nella galera?»

«Ma cos'è la castità dell'acqua? Forse, azzardo, il suo essere a servizio, cioè la capacità che essa ha di favorire la vita di ciò che irrora senza ottenere nulla in cambio, senza voler essere ricambiata. Come la castità umana è un amore rispettoso, così l'acqua nella tua visione ama rispettosamente, senza pretesa. Ecco cosa aiuta il mondo a fiorire.»

«Il perdono in natura non esiste. Non è un gesto "naturale". Eppure è la forma più alta e necessaria di amore umano. In natura non si dà poiché non esistono le sue condizioni: la consapevolezza del bene e del male, e la libertà. Solo l'essere umano libero perdona.»

martedì 28 ottobre 2025

Recensione di "Il romanzo della resurrezione" di Giuseppe Aragno

Buon pomeriggio amici e bentornati sul mio blog!

Oggi vi porto a conoscere "Il romanzo della resurrezione" di Giuseppe Aragno.


Trama: Giovanni Greco vive in un carcere senza sbarre. È l'Italia fascista che non consente scelte: ti pieghi o combatti. Giovanni si ribella, è ucciso ma nel suo nome Elvira e Antonio, la moglie e il figlio, combattono il fascismo e affrontano la vendetta. È l'Italia della doppia morale: le donne sono diavoli o sante. Per amore di Antonio, l'attrice Nina Azzaro lascia le scene ma, tradita dal marito, si perde e sul palcoscenico della vita recita una parte che non sente sua. Nell'Italia "libera" anche Giuseppe Greco, nipote di Giovanni e figlio di Antonio e Nina, non ha scelte: la condanna alla miseria voluta dal regime continua a cancellare diritti. Oppresso dalla tragedia della madre e da quella di Elvira, la nonna, che si lascia morire per non convivere coi fascisti di nuovo onnipresenti, lotta per un mondo più giusto. È una partita persa, ma non si arrende e affida a un romanzo piccole storie di chi scrive la "grande storia", la fede nel riscatto e il sogno di una resurrezione.

Foto tratta da: https://pixabay.com/it/photos/ww1-fiandre-belgio-ricordo-mondo-2111969/

Quando l'autore mi ha scritto un'email per presentarmi il suo romanzo, non ho esitato a dirgli che l'avrei letto. Non era certamente il mio genere, ma perché non ampliare i propri orizzonti? La curiosità che da sempre mi caratterizza mi ha, quindi, spinto ad accettare.

Giuseppe Greco, in punto di morte, viene risparmiato da Atropo - una delle Parche - affinché, assistito da Mnemosine, possa ripercorrere la sua esistenza e lasciare al prossimo le sue memorie. Gli avvenimenti del passato, infatti, devono essere ricordati affinché soprattutto quelli negativi non si ripetano.
E così, la storia della famiglia di Giuseppe inizia da suo nonno Giovanni, in un primo momento socialista e amico di Benito Mussolini, diviene antifascista non appena l'Italia viene risucchiata all'interno di una dittatura. Giovanni Greco sarà costretto ad allontanarsi, pur non riuscendo a salvarsi dal regime. La sua discendenza sarà antifascista, ma con il trascorrere del tempo, pur cambiando le cose e pur essendo caduta la dittatura, la vita del figlio, Antonio, e del nipote, Giuseppe, non sarà di certo semplice.
Giuseppe, in particolare, dovrà confrontarsi con un professore di matematica, ex fascista, che intende umiliarlo, nonché con idee politiche che stanno cambiando anche nella stessa sinistra, apparentemente rivoluzionaria, ma nella sostanza molto più mite, talvolta simile alla corrente avversaria per modus operandi. E poi c'è l'adorata mamma, Nina, ex attrice, che aveva abbandonato tutto per amore e che per amore del figlio avrebbe fatto qualsiasi cosa. La povera Nina terminerà, però, i suoi giorni in un manicomio, in seguito alla manifestazione di sintomi di quella che fu definita "pazzia" e dopo aver appreso, con immenso dolore, che il figlio aveva abbandonato la scuola.
Un peso sul cuore accompagnerà Giuseppe fino alla fine dei suoi giorni: non si perdonerà mai di aver lasciato che la madre fosse stata rinchiusa.
Il romanzo si articola tra ricordi personali ed eventi politici che hanno caratterizzato Napoli, città difficile, piena di controsensi, e di un trascorso pesante, a partire dalla fine della guerra.
La narrazione si conclude con la morte di Giuseppe, affiancato dall'amata Chiara, da Mnemosine, dea della memoria, da sua sorella Lete, dea dell'oblio, e da Atropo che, infine, recide il filo.

Qual è il senso del romanzo della resurrezione? Di certo quello precedentemente citato: ricordare per non ripetere gli errori passati, tramandando alle nuove generazioni quanto è stato per costruire un futuro diverso.
Non vi aspettate un libro leggero. "Il romanzo della resurrezione" è un libro di pura narrativa storica, il cui stile ben si affianca a quelle trasposizioni teatrali/cinematografiche che rimandano all'epoca della guerra. In poche parole: questo libro potrebbe essere idoneo a diventare un film o una serie televisiva.

Ho apprezzato molto l'idea di inserire le dee "pagane" come accompagnatrici della narrazione, di fatto laicizzando anche il concetto di morte e di aldilà. Non posso, però, negare che numerosi capitoli siano stati piuttosto lenti, mostrandosi quasi come veri trattati storici. Avrei preferito prevalesse la narrativa, lasciando alla storia un ruolo di sfondo entro cui inquadrare i fatti; molto spesso, invece, la storia è la protagonista e Giuseppe diventa un personaggio secondario, tramite il quale narrare gli eventi politici. E un altro appunto: ho trovato non molto chiari i dialoghi che uniscono la parte propriamente "parlata" con il pensiero che segue.

Ringrazio Giuseppe Aragno per avermi fatto conoscere la sua opera e vi aspetto alla prossima recensione, lasciandovi con una breve citazione estratta dal romanzo.


«Non ho mai creduto a chi afferma che l'uomo abbia bisogno di dimenticare, per evitare il dolore che gli causano i ricordi. È il potere che ci vuole pronti a dimenticare. Chi non ha storia può essere ingannato e dominato molto più facilmente di chi conserva e difende la memoria di ciò che è stato».


giovedì 9 ottobre 2025

Recensione di "Henry Drummond. Il Dono Supremo" di Paulo Coelho

Buon pomeriggio amici lettori e bentornati! Tra una lettura e l'altra, in questo pomeriggio in cui ho deciso di rimanere in casa a terminare alcuni "progetti", mi dedico alla recensione di un libriccino di Paulo Coelho che parte dall'opera "La migliore cosa del mondo" del pastore protestante Henry Drummond, "Il Dono Supremo".


Trama: Una moltitudine di persone, assetata di saggezza e spiritualità, si raccoglie intorno a un predicatore. La parola viene data a un giovane missionario seduto fra gli ascoltatori, Henry Drummond, che ha vissuto per alcuni anni in Africa. Henry apre la Bibbia e legge la Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi. Al centro dell'epistola è l'amore, che è superiore a tutto e non ha confronto con nessun'altra facoltà dello spirito, neanche la fede, dono supremo che culmina nell'inno alla carità del capitolo tredicesimo. A partire dagli insegnamenti del pastore protestante Henry Drummond, Paulo Coelho riflette sulla "cosa più importante del mondo: l'Amore".


Ho acquistato "Il Dono Supremo" tra i "libri al buio". Appena tolta la carta da pacchi esterna, mi sono incuriosita, ne ho letto qualche pagina poi, con l'intenzione di riprenderlo e dedicargli il tempo che meritava, l'ho lasciato ad aspettare un bel po'. Qualche giorno fa, un viaggio in treno ha fatto sì che decidessi di terminarlo.
Effettivamente, "Il Dono Supremo" non presenta un filo narrativo continuo. Si tratta, più che altro, di una serie di riflessioni che nascono dalla lettera di San Paolo ai Corinzi, letta da un giovane missionario tornato dall'Africa a un gruppo di persone riunite in cerca di spiritualità.
Tali profondi pensieri hanno come punto focale l'amore, inteso come nucleo di ogni cosa e della vita stessa, nonché come forza intrisa di eternità.
"Vivere con amore, restituendo amore", è questo il messaggio principale. E mentre le cose terrene termineranno, l'amore rimarrà.
Una breve recensione non rende giustizia ai contenuti del libro che dev'essere letto per poter essere compreso e assimilato.

Questa breve lettura è stata per me un modo per ritrovare i testi che sono alla base degli studi di storia del cristianesimo, ma anche dell'archeologia cristiana, e un mezzo per riflettere su concetti che, in un mondo fatto di apparenze, sono frequentemente ritenuti scontati.
Vi lascio con qualche piccolo estratto e vi aspetto sempre qui con la prossima recensione!


«L'Amore è la regola che riassume tutte le altre regole. L'Amore è il comandamento che giustifica tutti gli altri comandamenti. L'Amore è il segreto della vita.»

«L'Amore è paziente. Sopporta tutto. Crede in tutto. E tutto attende. Giacché esso sa comprendere.»

«Molte persone hanno l'abitudine di dire che la gentilezza è un sentimento superfluo. Non è vero: essa è l'Amore che si manifesta nelle piccole cose. L'Amore non sa essere aggressivo o sconveniente, non sa comportarsi in maniera inopportuna. Puoi essere la persona più timida del mondo, la più impreparata ad affrontare il prossimo, ma se possiedi una riserva d'amore nel cuore, agirai sempre nel modo giusto.»

«Se [l'uomo] non esercita l'anima, non avrà mai forza di carattere, né ideali, né la bellezza che deriva dal proprio miglioramento interiore.»

«Tu non puoi costringerti ad amare, e tanto meno puoi obbligare qualcun altro a farlo. Puoi soltanto osservare l'Amore, innamorartene e sforzarti di copiarlo.»

«La caducità è uno degli argomenti prediletti del Nuovo Testamento: lo stesso Giovanni non afferma che il mondo è errato, dice che "passerà". Nel mondo esistono cose belle: cose che ci affascinano, ci entusiasmano, ci rendono grandi. Ma non dureranno: i domini terreni, l'incanto di una visione, i piaceri della carne, l'orgoglio... tutto ciò esiste soltanto per un breve istante. Perciò non lasciate che il vostro amore si leghi alle cose di questo mondo. Nulla che è presente in esso vale la dedizione e il tempo di un'anima immortale. L'anima immortale deve consegnarsi a qualcosa che vive per l'eternità.» 
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