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lunedì 14 luglio 2025

Recensione di "Il sogno del giro del mondo. Piccoli azzardi per cambiare la vita" di Romain Tuilier

Buon pomeriggio a tutti amici ed eccoci di nuovo qui. Incredibile ma vero sono riuscita a leggere ben due libri in pochi giorni. Il merito? Dei viaggi in aereo che ho dovuto affrontare. Leggere per me è l'unico modo per alleviare un tantino lo stress del volo.

Il secondo libro che ho terminato si intitola "Il sogno del giro del mondo. Piccoli azzardi per cambiare la vita" di Romain Tuilier. Si tratta di un volumetto tascabile, perfetto per la borsa o lo zaino, ed è anche tematico per chi ama viaggiare.

Descrizione: La collana «Piccola filosofia di viaggio» invita Roman Tuilier, regista e viaggiatore, a raccontarci i timori, l’euforia, le inquietudini e i sogni legati al Viaggio con la V maiuscola: il giro del mondo. Considerato un tempo “un’avventura che cambia la vita” è ancora oggi un’esperienza rivoluzionaria? Quale scia lasciamo nei paesi e nelle popolazioni attraversate? E cosa rimane in noi?


Foto di Laurent da Pixabay

A volte, sono quelle situazioni critiche che ci spingono a cambiare vita o a riesumare dal cassetto un sogno che non avevamo avuto il coraggio di realizzare. Per Romain Tuilier l'occasione si è presentata in forma di licenziamento. Da lì, il desiderio di partire per il giro del mondo si è concretizzato, assumendo l'aspetto di un treno, la Transtiberiana, che, attraversando la Russia, giungeva in Cina.
Osservare con i propri occhi luoghi di cui si è sempre sentito parlare è emozionante, ma lo è anche fare nuove esperienze, incontrare altre persone, espandere il proprio universo. Perché il viaggio in sé è il percorso, non solo la meta. E allora Tuilier si ritrova a bere birra con altri viaggiatori provenienti da paesi lontani, a condividere la cabina con altrettante persone con cui scambia chiacchiere anche senza conoscerne la lingua. Impara, soprattutto, a godersi le piccole cose: giungere in albergo e osservare il panorama da una finestra, sorseggiare una bibita, camminare per le strade così diverse dalle nostre e pullulanti di vita, percepire gli odori che caratterizzano alcuni luoghi (es. Tuilier cita il monastero di Gandan), capire anche che alcuni siti sono sopravvalutati (es. il Taj Mahal), sfogliare libri improbabili all'interno di librerie particolari e caratteristiche.

Foto di JLB1988 da Pixabay

Il viaggiatore vuole scoprire ciò che è altro rispetto al suo consueto mondo. Ma c'è anche chi considera il viaggio come una sfida da vincere. È il caso questo di coloro che, per esempio, intendono scalare grandi vette o attraversare distanze enormi. Ognuno di noi, in sintesi, cerca qualcosa durante il proprio cammino e il viaggio altro non è se non la metafora della vita stessa.
Consiglio il libro di Romain Tuilier. Non vi parlerà nello specifico dei luoghi che ha visitato come se fosse un diario di viaggio, ma descriverà sicuramente le sensazioni provate, condividendo con il lettore tutte quelle riflessioni che, almeno una volta nella vita, a bordo di un aereo, di un treno, di una macchina o di una nave, tutti abbiamo fatto, diretti verso la meta scelta.

Vi lascio con qualche frase e ci ritroviamo sempre qui con la prossima recensione!

«Alcuni fuggono dalle loro vite, altri cedono alla febbre di un oro ipotetico. Altri ancora cercano di mettere a tacere la noia, ma tutti inseguono una visione che sperano gli renda la vita più emozionante.»

«Volevo fare esperienza delle distanze reali e del tempo che richiedono. Il mondo non è una sequela di aeroporti. Va vissuto sia al ritmo tranquillizzante dei rotabili, sia a quello caotico delle sospensioni esauste. È così che si vede il meglio di ciò che gli uomini hanno costruito. Città e monumenti, campagne modellate da secoli di lavoro, templi e torri orgogliose: alla strada non sfugge niente.»

«Il paradosso del giro del mondo sta nel percorrere migliaia di chilometri per fare amicizia con persone che talvolta vivono a pochi minuti da casa nostra.»

«Quando aumenta la conoscenza di noi stessi, si presenta fatalmente quella dei nostri limiti e del nostro pudore.»

«Non ne possiamo più di girare a vuoto nel nostro mondo mai del tutto soddisfacente, e allora partiamo. Finalmente vedremo qualcosa di diverso, di costantemente stimolante, che non ci lascerà riposare; ogni giorno ci porterà il suo carico di novità. Dalle meraviglie alle difficoltà, il viaggio non ci darà tregua.»

«Le culture sono spesso un abisso invalicabile, eppure dappertutto le persone si assomigliano nella loro propensione a seguire la strada che più le porta a dilaniarsi fra loro - eppure dappertutto, quando ormai non te l'aspetti più, ecco la benevolenza di chi vede in noi, per un attimo, un fratello, un altro essere umano.»

«Il mondo è fragile, si dissolve nel tempo. Non partire sarebbe stata una sofferenza irreparabile. Ho avuto la possibilità di meravigliarmi.»

domenica 13 luglio 2025

Recensione di "Il caffè della pazza gioia" di Emma Hamberg

Buongiorno a tutti e bentornati tra le pagine virtuali del mio blog!

Di ritorno da un viaggio in Egitto (a volte i sogni si avverano, anche quando non ci credi più), ho terminato di leggere un romanzo iniziato qualche settimana fa. Si tratta di "Il caffè della pazza gioia" di Emma Hamberg, edito dalla Giunti.


Trama: A quarantanove anni, Agneta ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: una bella casa, i figli ormai grandi che vivono fuori, un lavoro stabile e Magnus, un marito serio e affidabile. Peccato che niente corrisponda davvero ai suoi sogni e che nessuno sembri capirla davvero, come se parlasse una lingua incomprensibile. Magnus, poi, non ha mai tempo per lei, dato che deve prima dedicarsi al ciclismo, al nuoto, al birdwatching, a seguire un'alimentazione sana e noiosa. In questa esistenza composta, Agneta ha imparato a fare benissimo un'unica cosa: adeguarsi ai dettami degli altri fino a diventare invisibile. E anche a sorseggiare vino di nascosto, mentre guarda compulsivamente programmi televisivi sulla ristrutturazione di vecchi casali francesi. Non sa ancora che la sua esistenza sta per essere stravolta per sempre. Quando per puro caso le cade l'occhio sul bizzarro annuncio di un giornale, qualcosa dentro di lei si risveglia: uno sconosciuto che si definisce “ragazzo cresciuto” cerca aiuto in casa per cucinare e fare le pulizie. Unico requisito, parlare svedese. Ma c'è un piccolo particolare: il luogo di lavoro è in un paesino sperduto nel cuore della Provenza. Tra personaggi indimenticabili, scomodi segreti, balli in punta di piedi e caffè che si trasformano in appuntamenti, Agneta scoprirà che a volte partire significa ricominciare. E che non è mai troppo tardi per dire di sì alla vita che si desidera davvero. Un bestseller al femminile pieno di ironia che mescola amore, amicizia e colpi di scena: il perfetto comfort book per tutti gli animi coraggiosi che sanno che non c'è vera felicità senza un pizzico di follia.

Devo ammettere che la copertina gioca un ruolo fondamentale nella scelta dei libri. I colori, in particolare, mi hanno ispirata e spinta all'acquisto del romanzo nell'ambito di una promozione Giunti che prevedeva in regalo una bellissima borsa all'uncinetto.
Detto ciò, la storia è incentrata su Agneta, quarantanovenne svedese, sposata con Magnus, e madre di due figli ormai adulti che, nonostante vivano lontani da casa, proseguono a chiedere soldi ai genitori (un classico). Agneta ha un lavoro stabile, che non la soddisfa nemmeno un po', e in generale tutta la sua vita, seppur apparentemente perfetta, le causa un profondo disagio interiore. Tutti sembrano imporle di essere quel che non è. Trascorrono gli anni e, a forza di nascondersi dietro una maschera di felicità illusoria cui contribuiscono pressioni sociali da ogni parte, Agneta non si sente più se stessa. Il suo corpo e la sua mente le chiedono disperatamente di dare una svolta alla sua vita prima che sia troppo tardi.
Così, complice l'atteggiamento decisamente insopportabile del marito (un soggetto salutista, fissato con lo sport, il movimento, il cibo senza grassi e impegnato esclusivamente a fotografare uccelli rari), Agneta inciampa in un annuncio di lavoro come ragazza alla pari in un paesino sperduto della Francia.
Senza pensarci due volte, la donna prepara i bagagli e parte. Sono molte le domande che si pone, i dubbi che sorgono dentro di lei, ma (fortunatamente) vince quel pizzico di amore rimanente per se stessa.
Agneta giunge, quindi, a Saint Carelle dove Fabien, proprietario del piccolo bar in paese e autore dell'annuncio, la accoglie, insieme a una dolce signora di nome Bonnibelle.


Entrambi la guidano verso un monastero divenuto residenza di un anziano signore, Einar.
E quindi dove sono i bambini cui fare da babysitter? In realtà la barriera linguistica e il traduttore Google hanno fatto sì che l'annuncio si presentasse leggermente "diverso" da quanto richiesto: la persona cui badare è proprio Einar.
Agneta è spaventata. Non si aspettava di lasciare la propria vita, seppur con tutte le difficoltà e i disagi, per andare a fare da badante a un anziano signore con la demenza senile. Si dà come limite una settimana, dopodiché sarebbe tornata indietro. E invece, Agneta inizia a rinascere proprio tra le mura di quell'eclettico monastero, parlando con Einar e riscoprendo quella parte di lei rimasta celata sotto una spessa coltre di prepotenza altrui.

Foto di Marie da Pixabay

Come ho trovato questo romanzo? Prima di tutto, scorrevole, si legge facilmente grazie all'ironia di Agneta che ne impregna le pagine. Anche gli episodi che si susseguono sono narrati dalla protagonista con così tanto humor che è impossibile non volerle bene. Ho apprezzato di meno il passato di Einar: l'anziano signore, omosessuale, viene caratterizzato da un comportamento totalmente sessualizzato (es. lui e il suo amante si fanno erigere due statue in casa in cui sono ritratti completamente nudi con gli attributi in bella vista, oppure la piscina che è stata concepita a forma di fallo). L'intento dell'autrice era probabilmente quello di creare attorno ad Agneta una situazione surreale che, nonostante tutto, l'ha aiutata ad uscire dalla prigione in cui era rinchiusa, nonché di comunicare come ognuno debba essere se stesso, pur nelle sue "sregolatezze". Tuttavia, la storia di Einar, così come presentata, rischia di fornire - almeno secondo il mio parere - una visuale del tutto distorta e grottesca sulla reale esistenza delle persone omosessuali.
Per il resto, il messaggio di fondo è un inno alla libertà, a non limitare i propri desideri per compiacere chi ci circonda e ad essere, quindi, sempre se stessi per venir apprezzati così come siamo. E coloro che non ci apprezzano? Molto semplicemente non sono persone adatte a noi.

Se vi state chiedendo infine se mi sia venuta voglia di mollare tutto e di trasferirmi in un paesino della Provenza, la risposta è sì. E chissà, magari l'occasione si presenterà veramente quando meno me lo aspetto.
Vi lascio con qualche frase e vi attendo sempre qui con la prossima recensione!

«Se per vivere la tua vita hai dovuto compiere un sacrificio enorme, allora devi celebrarla. Ogni singolo giorno. Ogni occasione deve essere buona per festeggiare, perdonare, ballare, ridere e stappare una bottiglia di champagne. Il dolore va affrontato col sorriso.»

«Chi sono io? Cosa è vero? Cosa è fantasia? Cosa è brutto, cosa è bello? Chi se ne frega! Credo che dovremmo farci una sola domanda: cosa ci piace?»

P.s. come ormai troppo spesso accade, il titolo non riflette assolutamente il contenuto del libro. Quello originale e, ovviamente, più attinente è: "Mi chiamo Agneta".

martedì 10 giugno 2025

Recensione di "I cinque profumi del nostro amore" di Laure Margerand

Buongiorno a tutti amici e bentornati sul mio blog!

È bastato un viaggio in treno e qualche giorno lontana da Roma per terminare rapidamente un libro. Dovrei prendermi più frequentemente delle pause da questa città!


Trama: Osannato dal pubblico come una star, Pierre-Emmanuel è uno degli scrittori francesi più noti, sempre in testa alle classifiche. Ma ormai scrive come una macchina, e da tempo ha perso l’ispirazione e la stima della moglie. Quando Agathe lo lascia per un altro, Pierre vede crollare ogni certezza. Come riconquistare la donna che ama ricordandole tutte le emozioni vissute insieme? Nel pieno della crisi, finalmente ha un’illuminazione: scriverà un grande romanzo sul loro amore. Ma non un romanzo qualsiasi: dato che l’olfatto è il senso che più di ogni altro riesce a risvegliare i ricordi in modo immediato, Pierre incarica Gabriella, famoso “naso”, di creare una fragranza per ogni momento cruciale della storia con Agathe, per poi racchiuderla in un segnalibro. Il profumo del loro primo incontro, della passione, della vacanza a Cuba, della pelle del loro bambino. Però, per ritrovare il suo talento letterario ormai smarrito, Pierre ha bisogno di altro aiuto. Per questo contatta Charlotte, la migliore editor sulla piazza, chiedendole di assisterlo nella scrittura. Non può sapere che la giovane nasconde un segreto che la rende la persona meno adatta per quel compito: ha perso l’olfatto in seguito a un terribile trauma che ha distrutto la sua famiglia, e da allora conduce un’esistenza solitaria e appartata. Eppure la singolare proposta dello scrittore risveglia qualcosa in lei. Ma qualcuno che non riesce più a sentire gli odori e le emozioni può lavorare su un romanzo olfattivo? E se fosse proprio quello di cui ha bisogno?

Prima di Süskind non avevo mai letto un libro che parlasse di profumi, di odori, di sensazioni e ricordi ad essi legati. Laure Margerand nel suo “I cinque profumi del nostro amore” riprende, in un certo senso, proprio il celebre autore conferendo all’olfatto l’importanza che merita. Se ci pensiamo, infatti, ogni persona, ogni momento, ogni sensazione sono caratterizzati da un profumo o da un odore che il cervello ricorda, immagazzina. E ogni qualvolta in cui il nostro naso percepirà quel determinato profumo o odore, torneremo immediatamente a pensare a chi o a cosa è direttamente legato.

ATTENZIONE: SPOILER

Charlotte, la protagonista del romanzo, è anosmica, ovvero non sente più gli odori e, automaticamente, nemmeno i sapori. La sua vita non è sempre stata così. Tutto si è spezzato quando Nathan, suo figlio, è morto improvvisamente nel sonno. Non c’è stato modo di salvarlo. E insieme a Nathan, se n'é andato anche Julien, il marito, che non è più riuscito a sopportare il suo dolore e quello di Charlotte. L’ultimo odore che la donna ricorda per anni è proprio quello del suo bimbo, della sua pelle, dei suoi capelli. Poi il nulla.

Trascorre molto tempo prima che Charlotte provi a riprendere una vita normale. Era una scrittrice, ma la vena non scorre più in lei. Decide così di fare la coach letteraria ed è in questo modo che conosce un famoso autore, Pierre-Emmanuel Frank, con il suo nuovo progetto: far tornare sua moglie Agathe, da cui si è separato, attraverso un libro olfattivo che le ricordi tutti i profumi e gli odori legati alla vita trascorsa assieme.

Charlotte non ha il coraggio di rivelare che è anosmica e, dopo varie insistenze di Pierre-Emmanuel, accetta di lavorare per lui. Intanto l’autore ingaggia una bravissima profumiera, Gabriella, che avrà il compito di produrre il “lato olfattivo” del libro.


A un certo punto, però, persino questo equilibrio si spezza: Gabriella si accorge che Charlotte, critica e severa sia con le sue creazioni profumate, sia con le pagine scritte da Pierre-Emmanuel, non sente alcun odore. E se Gabriella lo dicesse allo scrittore? Cosa potrebbe pensare di Charlotte? Così la donna decide di confessare tutto: se in un primo momento il mondo sembra acquisire tonalità scure, improvvisamente tutto diventa più leggero, in particolare dopo aver annusato un profumo che Gabriella aveva creato affinché fosse associato al figlio di Pierre-Emmanuel. La mente e il corpo di Charlotte si sbloccano, permettendole di tornare a respirare a pieni polmoni.

Non rivelerò altro perché già ho parlato molto. L’intento di Laure Mergerand era probabilmente quello di scrivere un romanzo che denunciasse come un dolore molto forte, un vero e proprio trauma, possa congelare per tanti anni e a volte per sempre la persona che lo ha subito. Allo stesso tempo, però, la reazione più comune che è quella di chiudersi in se stessi è anche la peggiore perché non fa che aumentare l’isolamento e il dolore. Charlotte guarisce solo quando è costretta a dire la verità e successivamente ad annusare un odore che le ricorda incredibilmente quello del suo bambino. È come se il suo corpo avesse riallacciato i fili, tornando indietro nel tempo e recuperando quel che era perduto.

Nonostante avessi auspicato un bel finale per Charlotte, mai avrei immaginato che l’autrice decidesse di farla tornare con l’ex marito solo dopo aver recuperato l’olfatto. Non mi permetterò di giudicare le varie sfumature di amore tra due persone, ma il meccanismo che appare innescarsi non è proprio dei migliori. Sembra che Julien riabbracci la moglie solo ed esclusivamente perché lei è tornata normale, quando invece di andare via e farsi una nuova vita nel momento più duro (quello della morte del bambino), avrebbe dovuto rimanere accanto a Charlotte, affrontando e superando insieme il lutto. È troppo comodo così. Al contempo, Charlotte stessa, che non ha mai smesso di amare Julien, sbaglia a mio avviso a ricercare l’ex marito. Fossi stata nell’autrice, avrei fatto “risorgere” Charlotte spingendola a lasciare alle spalle il passato doloroso, seguendo i suoi sogni e iniziando una nuova vita con una persona in grado di amarla con tutto il pesante fardello.



Per concludere, il romanzo è sicuramente particolare, ma non mi ha entusiasmata più di tanto. Non sono riuscita a immedesimarmi nel personaggio di Charlotte come avrei voluto; di Julien si parla pochissimo, quando invece sarebbe stato bello capire davvero anche i suoi sentimenti (ne avrà avuti... spero); Gabrielle, pur giocando il ruolo fondamentale di profumiera per la “costruzione” del libro, non è un personaggio abbastanza approfondito perché di lei si sa pochissimo; Pierre-Emmanuel appare come un uomo piuttosto superficiale ed egoista, finché non decide di scrivere un libro effettuando una scelta romantica che, però, non era in linea con l’uomo che era stato fino a poco prima. Insomma, ritengo manchi quel focus necessario sui vari personaggi che avrebbe permesso di amarli maggiormente, entrando nella parte senza rimanere lettori distaccati e osservatori di una storia che si svolge con poco coinvolgimento.

Devo, mio malgrado, far rientrare "I cinque profumi del nostro amore" nella categoria delle "letture sotto l'ombrellone", senza tuttavia consigliarlo.
Vi aspetto sempre qui, sul blog, alla prossima recensione... anche perché ho già iniziato un nuovo libro!
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