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martedì 16 settembre 2025

Recensione di "Amori e segreti al Pumpkin Spice Cafè" di Laurie Gilmore

Buon pomeriggio amici lettori e bentornati alla ricerca di qualche consiglio di lettura!
Visto che, ahimé, sta terminando l'estate, vi parlerò di un romanzo la cui copertina rimanda proprio al clima autunnale, dai toni gialli e arancioni. Si tratta di "Amori e segreti al Pumpkin Spice Cafè" di Laurie Gilmore. Sono certa che lo avrete avvistato tra gli scaffali della vostra libreria di fiducia.


Trama: Quando Jeanie riceve in eredità dalla zia l’amato Pumpkin Spice Cafè a Dream Harbor, decide di cogliere al volo l’occasione e di costruirsi un nuovo inizio lontano dal noioso lavoro d’ufficio. Tutti nella cittadina sembrano conquistati dal buon umore di Jeanie e dal suo strepitoso caffellatte speziato; tutti eccetto Logan, uno scontroso contadino che detesta i pettegolezzi e preferisce stare da solo. Ma l’esuberanza di Jeanie e un mistero che incombe sul Pumpkin Spice Cafè costringeranno Logan a passare molto tempo con la strana ragazza di città. Riuscirà a resistere a lei e al suo caffellatte speziato?

Foto di NoName_13 da Pixabay

Sono sincera, anche io vorrei ricevere in eredità una piccola libreria in un paese sperduto della Provenza, oppure un caffè letterario collocato in un borghetto, esattamente come le protagoniste di numerosi romanzi dalle copertine colorate. Peccato che non abbia questa fortuna! Detto ciò, Jeanie, la protagonista di “Amori e segreti al Pumpkin Spice Cafè”, gestisce il caffè a Dream Harbor che la zia, andata in pensione, le ha lasciato. Jeanie ha colto al volo l’occasione: dopo aver scoperto il proprio capo morto sulla scrivania dell’ufficio, ha deciso di condurre una vita più rilassata.

Dream Harbor è un paese molto piccolo, in cui tutti sanno tutto degli altri concittadini, ma Jeanie non fa fatica ad ambientarsi, anzi, sin dal primo momento, gestisce alla grande il caffè della zia. Tuttavia, alcuni rumori sinistri la svegliano nel cuore della notte. E qui mi sarei aspettata un romanzo che si articolasse più sulle persone che si recavano al caffè, sulle difficoltà e sui piaceri del nuovo lavoro, e sì, anche su una storia d’amicizia o di amore e su un vero mistero da risolvere, ma invece il romanzo è totalmente incentrato sull’intensa attrazione che Jeanie prova nei confronti di Logan, il contadino bello e burbero che le porta a casa una cassetta di zucche, proprio all’inizio della narrazione.

Sin dal primo sguardo cominciano le fantasticherie su addominali, pettorali e muscoli vari ben scolpiti; ovviamente Logan, riprendendo il filo che ormai collega ogni romanzo femminile sin dall’uscita delle “Cinquanta sfumature”, ha un passato tormentato: orfano, lasciato dalla precedente donna, teme incredibilmente il legame con un’altra persona e, in modo molto egoista, la prescelta deve voler rimanere a Dream Harbor. Fosse mai che il “principessino” si sposti dal paese per amore di lei, o che entrambi prendano una decisione comune!


Ad ogni modo, si capisce sin dalle prime pagine dove si vuol andare a parare: a notti spettacolari incentrate su un’attrazione cosmica e in cui il sentimento (se c’è, perché ne dubito) fa da sfondo. Nulla da ribattere, se il romanzo avesse avuto però un altro titolo, un’altra copertina e un’altra descrizione… E invece, il famoso “mistero” cui si allude sul retro del libro fa sorridere, il caffelatte speziato (che sinceramente mi incuriosiva) è solo accennato perché viene ordinato da una cliente del bar ed è ben chiaro dalle prime righe che Logan e Jeanie finiranno insieme senza alcuna difficoltà.

Ho letto svariate opinioni sul romanzo e molte lettrici erano concordi nel ritenerlo un buon libro leggero, da ombrellone, carino e con una bella storia d’amore. Mi chiedo sinceramente cosa leggano le persone. Pur apprezzando le storie leggere (le leggo anche io), non vedevo l’ora di terminare “Amori e segreti al Pumpkin Spice Cafè” perché incredibilmente noioso, ripetitivo e con una trama così banale da non suscitare nessun interesse. Peraltro, il romanzo fa parte di una trilogia composta dalle storie degli altri amici di Jeanie e Logan, ma non sono minimamente incuriosita dagli altri libri.

È carina solo la copertina, ben ideata per attrarre potenziali lettrici; per il resto è uno dei libri più scialbi che abbia mai letto. Non lo consiglio, nemmeno per una lettura leggera. Ce ne sono di migliori in giro.

martedì 9 settembre 2025

Recensione di "Ci vediamo in Cime tempestose" di Tessa Bickers


Buon pomeriggio e ben ritrovati! Oggi vi porto a conoscere un libro il cui titolo è ispirato al celebre romanzo di Emily Brontë: si tratta di "Ci vediamo in Cime tempestose" di Tessa Bickers.


Trama: Quando Erin si rende conto di aver dato via la sua vecchia copia di Il buio oltre la siepe, si sente crollare il mondo addosso. E non solo per il libro in sé, che già sarebbe una perdita incalcolabile, ma perché quelle pagine erano piene di note che lei aveva scritto per Bonnie, la sua migliore amica scomparsa troppo presto. Atterrita all’idea di aver perso quell’ultimo ricordo di lei, torna nella biblioteca di quartiere dove lo aveva lasciato per errore e si accorge che, nel frattempo, qualcuno lo ha preso in prestito e ha risposto a tutte le sue note, aggiungendo commenti personali e spunti di riflessione. E, alla fine, un invito: «Ci vediamo in Cime tempestose?» È l’inizio di una corrispondenza fatta di confidenze, critiche letterarie e confessioni a cuore aperto. È l’inizio di un legame forte così come può essere solo quello tra chi condivide la stessa passione per i libri. È l’inizio di un amore tenero e sorprendente, un raggio di luce in due vite che fino a quel momento erano state costellate di amarezza e delusioni. Ciò che Erin non sa, però, è che la persona cui sta aprendo la sua anima non è affatto uno sconosciuto, ma un fantasma del suo passato, il ragazzo di cui si era quasi innamorata, prima che lui rovinasse tutto, spezzandole il cuore. E adesso dovrà trovare il modo di superare i vecchi rancori e imparare a perdonarlo, se vuole che il loro amore di carta si trasformi in realtà…
Tenero, arguto e deliziosamente nostalgico, questo romanzo è un delicato inno all’amore per la lettura e al potere che hanno le grandi storie di farci superare i momenti difficili… e, a volte, persino di farci trovare l’anima gemella. Perché non c’è relazione più profonda di quella tra persone che amano gli stessi libri.


Come sempre, sarò sincera nelle recensioni che scrivo e pubblico sul mio blog. È raro che abbia letto un libro talmente noioso da avere voglia di sfogliare l’ultima pagina e salutarlo. Purtroppo, questo è il caso di “Ci vediamo in Cime tempestose”. Nonostante sia stato pubblicizzato come un caso editoriale, come una romantica storia d’amore, l’ho trovato davvero infinito e ripetitivo.
Tutto ruota attorno alla storia di due ragazzi che non si sono più rivisti dai tempi del liceo, Erin e James. Erin si è appena licenziata ed è alla ricerca di un lavoro che la soddisfi; James, invece, ha un’occupazione di successo, ma non ne è contento. Entrambi sentono di aver bisogno del loro posto nel mondo, hanno un disperato desiderio di trovarlo, ma devono prima individuare la strada giusta. Sia Erin che James sono traumatizzati, in qualche modo, dalle rispettive famiglie: la ragazza è “sopravvissuta” al divorzio dei suoi genitori e al fatto di aver scoperto che sua madre era l’amante del professore di letteratura, da lei ammirato alla follia; il ragazzo, invece, deve fare i conti con il bipolarismo della madre, che ritiene la sua nascita responsabile di tutte le sue disgrazie.
Erin e James al liceo erano legati da un’amicizia, mai sfociata in qualcos’altro poiché facevano in realtà parte di un trio: con loro c’era sempre Bonnie, cara amica poi morta di cancro, che sarà onnipresente in tutti i capitoli del libro. Erin, soprattutto, ricorda ogni minimo momento con lei, addirittura vede il suo fantasma seduto nella sua camera e ci parla. Seguendo il consiglio dell’amica di inseguire i propri sogni, Erin finisce però per agire e vivere pensando a cosa farebbe Bonnie in quella determinata situazione.
Nelle vite di Erin e James si inserisce, del tutto casualmente, il piccolo angolo bookcrossing dove Erin, disfandosi di alcune cose, ritrova “Il buio oltre la siepe”, libro cui era legata per via del biglietto contenuto al suo interno con le parole di Bonnie. Tutto inizia quando Erin sfoglia le pagine e trova, segnati ai margini, commenti alla narrazione. Così la “Ragazza dei margini” (Erin) e “L’Uomo del mistero” (che, casualmente, è James) iniziano a scambiarsi libri, scrivendosi commenti e messaggi proprio lungo i margini bianchi delle pagine. Ed è attraverso questa atipica corrispondenza che entrambi individueranno la strada giusta per andare avanti e quella per stare insieme una volta scoperte le rispettive identità.


Se l’idea del bookcrossing e dei messaggi scritti sui libri è l’elemento che più mi ha ispirata, facendo sì che scegliessi questo romanzo in libreria riponendovi alte aspettative, tutto il resto della narrazione mi ha totalmente delusa. Sin dalle prime pagine, la storia non mi ha coinvolta, rivelandosi con un ritmo estremamente lento e ripetitivo. Erin e James vivono il proprio presente pensando continuamente alla scuola, a quanto accaduto in passato, come se fossero rimasti eterni adolescenti alle prese con bullismo e problemi vari. Bonnie, descritta quasi come una santa, costella ogni singolo respiro di Erin e James, che appaiono invece come due appendici senza carattere. Gli elementi “tragici” – alias la malattia e la morte di Bonnie, il bullismo subito da James e la malattia mentale della mamma di James – avevano lo scopo di riportare la narrazione su un piano più riflessivo, ma il tutto andava sviluppato meglio…

In 352 pagine lo spazio c’era tutto per poter scrivere un romanzo degno di questo nome con un filo conduttore che fosse realmente quello di un amore letterario. Peccato per l’opportunità del tutto sfumata: il sentimento tra Erin e James si prospetta, infatti, come un legame adolescenziale acerbo e rimasto tale, ricco di risentimenti e mai maturato nel tempo.
Gli amori che “fanno dei giri immensi e poi ritornano” (per citare Antonello Venditti) devono essere tali, con la A maiuscola, senza essere confusi con le cotte liceali tra compagni di scuola che, a rifletterci dopo anni, ti fanno pure vergognare un po’.
Lettura sconsigliata a chi cerca un libro che parli di libri, come farebbero pensare sia il titolo italiano, sia quello inglese (“The Book Swap”) e la copertina.
Vi aspetto alla prossima recensione e vi lascio intanto con tre piccoli estratti che, invece, ho apprezzato.

«Se dovessi immaginare la mia vita nel futuro, sarebbe il prosieguo di ciò che ho appena iniziato. Insegnare alla gente ad amare i libri come li amo io.»

«Con questa storia di passarle i libri su cui le scrivi domande e annotazioni… in pratica le stai dicendo che la ami.»

«Non ignorare la voce del cuore dicendo sì a qualcosa solo perché sai di poterlo fare. Non sempre la strada più semplice è la migliore.»

 

lunedì 1 settembre 2025

Recensione di "Un'ora" di Christian Bergamo

Buonasera, amici lettori, e bentornati tra le pagine virtuali del mio blog! Qualcuno di voi sarà rientrato in ufficio, con tanti bei ricordi di tramonti e aperitivi; qualcun altro, invece, si preparerà ad andare in vacanza, in seguito a un agosto lavorativo. Ma sono certa che, a qualunque categoria apparteniate, solo per il fatto di essere qui, avrete almeno un libro con voi, da bravi appassionati lettori.

La recensione di questa sera riguarda "Un'ora" di Christian Bergamo. Ne avete sentito parlare?


Trama: Una volta all’anno il tempo si ferma, regalandoci un’ora in cui tutto è possibile. È ciò che succede a fine ottobre, nel passaggio dall’ora legale a quella solare, ed è in questo momento sospeso che nasce la storia di Diego e Camilla. I due si incontrano in un bar neanche ventenni, allo scoccare dell’ora solare, e sullo scadere del loro tempo insieme si fanno una promessa: ritrovarsi tutti gli anni nello stesso posto per vivere quell’ora che in realtà non esiste, senza vedersi mai oltre quello spazio sicuro e senza mai parlare di sé al passato e al futuro. Un qui ed ora in cui si annida l’affetto di cui hanno bisogno, in cui prendersi una pausa da un’esistenza che, nelle sfide quotidiane, può logorare anche i sogni e gli affetti più forti. Lucio, il proprietario del locale, da dietro il bancone è arbitro e testimone dell’accordo: anno dopo anno li osserva e li ascolta tra una sigaretta e un bicchiere, senza mai immischiarsi, provando a immaginare le loro vite e a indovinare chi siano davvero fuori da quelle quattro mura dove hanno deciso di prendersi una pausa da ciò che li aspetta tutti i giorni. E la loro relazione diventa così per lui un’occasione inattesa per riflettere sulla propria realtà. Christian Bergamo ci regala nel suo romanzo un’inedita storia di quasi amore, di due vite che si incontrano di rado, come le lancette di un orologio, e che, in un mondo che corre veloce, trovano uno strano modo per non perdersi mai.


Ho conosciuto questo romanzo perché, durante un pomeriggio dello scorso anno, ho incontrato l’autore all’interno della libreria Mondadori di piazza Cola di Rienzo. Mi ero rifugiata lì, in seguito a una riunione di lavoro, e volevo respirare aria pura, aria che odorasse di libri. Caso ha voluto che quel giorno avessi dimenticato a casa anche il portafogli perché avevo cambiato borsa e mi rimanevano solo pochi spiccioli per il caffè.
Il mio giro all’interno della libreria era, quindi, meramente esplorativo, così, tanto per osservare le nuove uscite e informarmi sulle novità editoriali. Ero l’unica persona che camminasse per il negozio e Christian Bergamo mi chiese se avessi avuto voglia di ascoltare qualcosa sul suo libro. Risposi di sì. Ero in cerca di novità editoriali, no? E così sono venuta a conoscenza della storia di Lucio, il proprietario di un bar, e di Diego e Camilla, due ragazzi che, durante una notte di fine ottobre (quando c’è il cambio dell’ora, dalla legale alla solare), si erano incontrati e, ogni anno, avevano deciso di incontrarsi alla stessa ora, nello stesso locale.

Lucio è il narratore esterno, legato al bar che ha aperto nel 1996 e alla sua famiglia composta da Roberta, la moglie e unica donna della sua vita, e Federico, figlio ribelle con cui si susseguiranno dissidi finché non metterà la testa a posto. La narrazione si divide tra la vita di Lucio e lo scorrere del tempo: ogni volta in cui si ripresenta la fatidica ora dell’incontro tra Diego e Camilla è già trascorso un anno. E così avanti per ben 24 ore che, riunite, fanno una giornata, ma disposte nel tempo scandiscono 24 anni. Un’ora, la loro, che diventa un sorso d’aria nel mezzo degli eventi che caratterizzano le rispettive vite, di cui nessuno sa nulla.

Diego e Camilla staranno mai insieme? È bene dire che i due stileranno un regolamento, scritto dietro la lista dei cocktail del locale conservata all’interno dello stesso, tra i dischi in vinile. E le regole prevedono che i due si incontreranno per ben 24 volte, mantenendo sempre una certa distanza, così come che si parli sempre e solo del presente che vivranno in quell’ora, mai del futuro, né del passato.
Sono regole difficili da rispettare, ma trascorrono 24 anni così. Intanto Lucio osserva i due ragazzi crescere, diventare un uomo e una donna, affrontare le difficoltà della loro esistenza, i mutamenti del loro aspetto fisico, la presenza o meno della fede al dito.

Alla fine, i due clienti del bar diventano una presenza fissa per Lucio, un appuntamento anche per lui che non mancherà mai di esserci. Sono due affezionati sconosciuti. Il lettore non può a fare a meno di chiedersi se, al di fuori del bar, i due si siano mai dati appuntamento trasgredendo le regole, oppure come sarebbe andata se avessero deciso di mettersi insieme sin da subito. 
È un romanzo dei “se”, del condizionale applicato a un’unica ora in 365 giorni ogni anno, che fa riflettere molto. A volte le occasioni vanno colte al volo, altrimenti sfuggono e si passa un’intera esistenza a rincorrerle, a rimpiangerle. Vivere il presente, quindi, senza pensare a quel che è stato e a quel che sarà. Il finale rimane, però, aperto e sta al lettore immaginare come proseguirà il rapporto tra Diego e Camilla dopo il termine della ventiquattresima ora.

Foto di StockSnap da Pixabay

Cosa è accaduto invece a me quel pomeriggio? Ho salutato Christian Bergamo, ringraziandolo di avermi illustrato il suo libro e dicendogli che sicuramente lo avrei letto. Era imbarazzante rivelare la verità… il libro lo avrei acquistato anche subito, ma non avevo un soldo con me, in quella borsa gigantesca che mi porto sempre dietro.

Come ho trovato il romanzo? Interessante all’inizio e alla fine: è curioso il patto tra i due e il lettore è incentivato a capire come proseguirà l’anno successivo. Ma sono sincera: a un certo punto, l’ho trovato un po’ ripetitivo. Ogni anno la giornata si ripresentava sempre identica, con poche descrizioni di Diego e Camilla proprio a causa del regolamento che avevano stilato, e alcuni capitoli sono stati piuttosto lenti.

La dinamica dei fatti mi ha ricordato “One Day” di David Nicholls e gli indimenticabili Emma e Dexter che, dopo anni trascorsi lontani, decidono però di stare insieme, nonostante il finale sia poi tragico.

Ho letto in due giorni e mezzo “Un’ora”, ma consiglio di assaporarlo gradualmente, riprendendolo in più giornate per evitare l’effetto “ripetizione” che ho subito nei capitoli centrali.

Vi aspetto, perciò, con la prossima recensione, sempre qui, sullo stesso blog!

Foto tratta da da Pixabay


«Sicuro che dovremmo farlo?»
«Sì, le cose belle sono quelle che a un certo punto finiscono.»
Allora non ero d’accordo, credevo in ciò che resiste, che si trattasse di persone o circostanze. Il resto era di passaggio, perché se termina, pensavo, è destinato a essere dimenticato. E la bellezza stava proprio lì, nell’eccezione di quel che resta. Diego e Camilla erano la mia eccezione, ma solo fino alla dodicesima ora. Poi è cambiato tutto.

«Quello che dura è perché si usa poco. Sennò il consumo è inevitabile: la macchina, le suole delle scarpe, le storie d’amore. Prendi invece la nostra amicizia. Ci sopportiamo solo perché non ci frequentiamo spesso».

«Vedere questi orologi ognuno con un’ora diversa non mi dà il senso del tempo che passa, ma che c’è sempre un momento giusto per poter cambiare qualcosa, basta capire quando».

«Eccoli fragili, ragazzini, imbranati, estranei. Vedi l’amore che giro fa per poi perdersi e scordarsi dove stava andando. Questo, pensavo, è quello che succede quando la fine non è una tappa del percorso, ma solo una conseguenza».
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