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lunedì 31 marzo 2025

Recensione di "Tutti gli indirizzi perduti" di Laura Imai Messina

Buonasera amici e bentornati tra le bianche pagine di questo blog!
Con il ritorno delle belle giornate e, soprattutto, della tanto adorata ora legale, le passeggiate non mancheranno e con esse un buon libro per farci compagnia negli attimi di pausa.

Oggi vi parlo di "Tutti gli indirizzi perduti" di Laura Imai Messina, libro attorno a cui ho girato per alcuni mesi, finché non ho deciso di portarlo via con me.


Trama: Risa sbarca ad Awashima in un mattino freddo di primavera, con sé ha una sacca misteriosa gonfia di buste. L’isola è bellissima, piena di luce, ma si sta spopolando: le scuole chiudono e gli abitanti invecchiano. Eppure proprio lí c’è un minuscolo ufficio postale davvero unico. Raccoglie tutta la corrispondenza che, da ogni parte del Giappone e del mondo, viene imbucata ma non è possibile recapitare al destinatario. «Awashima è l’indirizzo che ha preso in carica tutti gli indirizzi perduti della terra». Risa si è offerta di catalogare le tantissime lettere arrivate in dieci anni all’Ufficio postale alla deriva (è questo il suo nome). Chi scrive al marito che non c’è piú, chi al proprio cuscino, chi chiede perdono a una lucertola a cui da bambino ha rubato la coda, chi si rivolge alla vecchia vicina di casa che gli leggeva libri quando era piccolo, chi manda cartoline alla madre che diventerà, augurandosi di saper trasmettere l’allegria. Un lavoro enorme, quello che si è presa in carico Risa, come setacciare l’oceano, ma lei lo fa per ragioni di cuore. Perché suo padre è un postino, e ha lavorato tutta la vita affinché neppure una lettera andasse perduta. Se dal padre ha imparato la dedizione e la tenacia con cui ci si può prendere cura delle cose e delle persone, l’eredità che le ha lasciato la madre è ben piú complicata. La sua è stata una madre intermittente, che conosceva parole magiche per evocare creature del bosco e il cui sguardo offuscato si accendeva all’improvviso su ciò che agli altri restava invisibile. Sua madre le ha insegnato la poesia e la curiosità verso ciò che è estraneo, perché «è dall’incontro con gli sconosciuti che può nascere lo straordinario». Ma ad Awashima Risa è venuta anche per un altro motivo, che finora ha tenuto segreto. Il sospetto – o la speranza – che tra quelle migliaia di parole d’amore, rimpianto, riconoscenza, biasimo e gioia, ce ne siano alcune indirizzate proprio a lei. Laura Imai Messina ha una capacità speciale, poetica e intensa, di cogliere la magia nascosta del mondo e raccontarcela. Ogni sua storia è un viaggio che ci porta lontanissimo, fin dentro i nostri piú intimi pensieri.


Risa è una docente universitaria e, seguendo un progetto di ricerca, approda all'isola di Awashima, luogo dalla forma particolare, abitato da poche persone e noto per il suo Ufficio postale alla deriva, dove giungono tutte quelle lettere speciali che non sono mai state recapitate: persone che, dopo anni, scrivono i propri sentimenti a chi non c'è più; altre che si rivolgono a quegli oggetti inanimati che hanno rivestito un ruolo importante nella propria vita; padri, madri e figli che si ritrovano solo tra le righe vergate in penna stilografica e inviate in quel posto dove forse nessuno le leggerà mai.

Risa, che è una ragazza molto sensibile, si è innamorata delle lettere grazie al lavoro del papà, postino, e di tutte quelle storie che solo poche righe possono contenere. Ma anche la madre l'ha profondamente influenzata sia con i suoi aspetti positivi, sia con quelli negativi... e si sa, certi traumi subiti da piccoli non si cancellano facilmente, nemmeno da adulti. Quella di Risa era una mamma poetica, una mamma che l'ha aiutata a credere anche in ciò che non poteva essere visto, ma solo percepito, eppure era al contempo una persona preda della follia che, pian piano, l'ha divorata, facendola diventare lo spettro di se stessa, fino a condurla alla morte.

Ad Awashima, Risa si immerge in un'altra dimensione: una famiglia accogliente e allargata composta dai pochi abitanti, un ufficio postale che diventa luogo di lavoro e seconda casa, un uomo che le restituisce la voglia di amare. Ma lei non si è recata sull'isola solo per condurre una ricerca universitaria. Risa deve individuare altro, qualcosa di ben più importante per il proprio animo, che forse la aiuterà a trovare la tanto agognata pace: le parole che la madre ha scritto per lei. Risa è certa che Marie le abbia spedito almeno una lettera, ma cosa voleva realmente dirle?


Laura Imai Messina introduce il lettore in una storia che sembra uscita da un drama giapponese e chi conosce la cultura nipponica sa bene di cosa stia parlando. Anche la protagonista, Risa, è una ragazza fragile, sensibile e allo stesso tempo resistente, come un bambù travolto da forti raffiche di vento.

"Tutti gli indirizzi perduti" fa riflettere molto sulle occasioni mancate, su quelle parole che si sono spezzate in gola e che non saranno più pronunciate, sui sentimenti rimasti celati e sul tempo che scorre inesorabile, rendendo ogni cosa effimera tranne per ciò che resta scritto. Quelle lettere giunte all'Ufficio postale alla deriva sono i tasselli mancanti dei mittenti, ciò che di loro rimarrà in eterno, catalogato e conservato. Si percepisce ancor più la bellezza della parola scritta, il fascino delle lettere su carta.
Infine, c'è il ruolo della famiglia. I genitori influenzano molto la psiche dei propri figli, anche in maniera inconsapevole e, una volta terminata la permanenza su questa Terra, lasceranno sempre un vuoto incolmabile nel loro cuore. Nonostante i ricordi non proprio piacevoli, Risa amava la sua mamma e avrebbe fatto di tutto pur di vederla serena. La ragazza, dopo aver vissuto di sensi di colpa e immense paure, riesce finalmente a ritrovare un equilibrio: nulla si può cancellare, ma si deve andare avanti, accettando ciò che è stato.
Questo romanzo non è per tutti. È rivolto agli animi sensibili, a chi tra punti, virgole e una calligrafia disordinata riesce a ricostruire lo sguardo e il vissuto dell'autore.

Vi lascio con qualche frase e ci rileggiamo qui, sempre sul blog, tra qualche tempo!

Foto di Eliselgm_15 da Pixabay

«Disponiamo dell'infinito per un tempo limitato. Dal primo momento sogniamo l'eternità, le crediamo, costruiamo sopra di essa i giorni a venire, progettiamo la nostra vita dando per scontato che non debba finire. Crescendo, parliamo di illusione, ci dichiariamo anzi certi che tutto sia destinato a terminare, quasi fosse sconveniente ammettere che siamo immortali e che nulla di ciò che ci riguarda più intimamente potrà mai scomparire. Poi però accade, anche a fronte delle nostre certezze e dello sconcerto che ci coglie quando succede, nulla rimane».

«Se le cose a un certo punto smetti di sceglierle, le detesti».

«Nelle lettere ci sono fatti minuscoli che vengono a galla tra le righe, accenni a vicende più grandi che compaiono a volte addirittura alla fine [...]».

«Però il pericolo della sofferenza è esattamente questo, ovvero pensare che il proprio dolore sia diverso, che niente lo possa eguagliare. Ci si richiude in una solitudine precipitosa, si perde persino la speranza tanto ci si convince che nessuno abbia mai vissuto un'esperienza simile alla propria».

domenica 9 marzo 2025

Recensione di "Tatà" di Valérie Perrin

Buonasera a tutti e bentornati sulle pagine del mio "piccolo" blog letterario.

Sono stata forse assente per un po' di tempo, ma vi assicuro che stavo leggendo! "Cosa?", vi chiederete. Ed è questo il motivo del nuovo post. L'ultimo romanzo che ho divorato è stato "Tatà" di Valérie Perrin, autrice nota per "Cambiare l'acqua ai fiori".


Trama: Agnès non crede alle sue orecchie quando viene a sapere del decesso della zia. Non è possibile, la zia Colette è morta tre anni prima, riposa al cimitero di Gueugnon, c’è il suo nome sulla lapide... In quanto parente più prossima tocca ad Agnès andare a riconoscere il cadavere, e non c’è dubbio, si tratta proprio della zia Colette. Ma allora chi c’è nella sua tomba? E perché per tre anni Colette ha fatto credere a tutti di essere morta? È l’inizio di un’indagine a ritroso nel tempo. Grazie a vecchi amici, testimonianze inaspettate e una misteriosa valigia piena di audiocassette, Agnès ricostruisce la storia di una famiglia, la sua, in cui il destino dei componenti è legato in maniera indissolubile a un circo degli orrori, all’unica sopravvissuta di una famiglia ebrea deportata e sterminata dai nazisti, alle vicende di un celebre pianista e a quelle di un assassino senza scrupoli, alle subdole manovre di un insospettabile pedofilo e al tifo sfegatato per la locale squadra di calcio, il FC Gueugnon. Sulla scia di Cambiare l’acqua ai fiori e Tre, Valérie Perrin ci trascina in un intreccio di storie, personaggi e colpi di scena raccontati nel suo stile fatto di ironia, delicatezza e profondità.


Ho letto molte recensioni prima di iniziare la mia lettura: un libro complicato; una narrazione piena di cimiteri (ormai la Perrin è in fissa); troppi personaggi; ho lasciato il libro alle prime pagine. C'era poi, invece, chi in pochi giorni lo aveva terminato (ammirevoli con le oltre 500 pagine!) e già lo amava.

Rientro nella seconda categoria dei recensori. Il nuovo romanzo di Valérie Perrin è piaciuto anche a me. Sarebbe una bugia dirvi che ha una trama semplice e lineare. Affatto! Ci sono molti personaggi, tutti collegati in qualche modo tra loro, e ogni azione sembra avere un significato sin dal principio, come se ci fosse un disegno che conduce esattamente dove dovrebbe.

Agnès torna a Gueugnon per la morte della zia (tatà, in francese) Colette, anzi, per la sua seconda dipartita. Esattamente: Colette è morta per ben due volte, ma solo la seconda è quella vera. Perché fingere allora? Agnès non se lo spiega e rimane anche piuttosto sconvolta scoprendo tassello dopo tassello la vita di quella zia che, da sempre, aveva inquadrato come una persona molto tranquilla, talvolta scialba, dedita solo al calcio e al suo lavoro da ciabattina.

C'è una scatola rosa che contiene tante foto, una camera da letto che, d'un tratto, è cambiata così tanto e Agnès non si spiega il perché; e poi ci sono le audiocassette. Colette rivive in quegli audio diretti proprio ad Agnès, a quella nipote che, un giorno, avrebbe scoperto una realtà disarmante. Insieme a lei, nelle registrazioni, c'è Blanche, la migliore amica della zia... ma allora Colette cosa nascondeva veramente?


Grazie all'aiuto di numerosi personaggi, tra cui i suoi amici di infanzia che ritroverà a Gueugnon dove il tempo sembra essersi fermato, Agnès riuscirà a ricostruire passo dopo passo il suo stesso passato e a capire chi era veramente Colette. Una storia di amore, guerra, violenza celata, laddove non dovrebbe mai esserci, e infine di infinito affetto famigliare.

"Tatà", quindi, si prospetta come una storia composta da tante storie. Non solo quella di Agnès, ma anche quella dei suoi genitori, di Colette appunto, di Blanche e della sua famiglia, di Lyéce e della violenza subita da adolescente. Ci sono gli orrori della guerra, che non sono i soli se si uniscono alla malvagità di un marito e padre possessivo che ha perso, sin da bambino, il proprio lato umano.

Sono tanti gli argomenti trattati, ma sicuramente ne prevalgono due: quello della famiglia (non solo di sangue), come legante, come supporto nelle difficoltà della vita; quello dell'amicizia vera e solida, immancabile, quasi necessaria. E poi nella storia della Perrin, ci sono numerose donne forti che sanno ricominciare nonostante le avversità (e che avversità!): Agnès, che proviene da una triste separazione, dalla seconda morte di Colette e, infine, riceverà rivelazioni scioccanti; Colette, la cui infanzia è stata segnata dal lavoro, dall'affetto per il fratello Blaise e da una madre che non l'ha mai considerata; Blanche, amica di Colette, circense e incatenata a un'esistenza mai desiderata da un padre folle e possessivo; Hannah (madre di Agnès), unica sopravvissuta di un'intera famiglia scomparsa nei campi di concentramento.


Cosa mi è piaciuto? Sicuramente lo "stratagemma" delle audiocassette. Ascoltando la voce, è come se chi ha registrato tanti anni prima tornasse in vita per un momento... è come riavvolgere il tempo con un metodo un po' vintage, ma sicuramente affascinante.

Infine, una mia piccola personale annotazione: ci vuole del talento per scrivere un romanzo così dettagliato, ricco di personaggi e di storie. Non tutti riescono a farlo e non tutti riescono ad apprezzarlo.

Da parte mia è una lettura assolutamente consigliata, soprattutto se vi piacciono le indagini, le vecchie lettere, le foto sbiadite e le audiocassette da ascoltare con il walkman (il mio lo adoravo, con le grandi cuffie!).

Vi saluto con qualche piccolo estratto e vi aspetto alla prossima recensione!

Foto di StockSnap da Pixabay

«Non è che non volevo essere guardata, Agnès, è che non ce la facevo. Te l’ho già detto, volevo mimetizzarmi nell’ambiente, essere trasparente. Una vigliaccata, ma molto pratica. E comunque, malgrado l’aspetto, il mio modo di vestire e l’acconciatura inesistente, lui mi ha visto, Aimé mi ha visto».

«Non sento la voce di Colette da un paio di giorni. Dovremmo tutti registrare noi stessi rivolgendoci a qualcun altro, così, tanto per renderci un po’ eterni».

«[…] ho pensato che è magnifico conservare voci. Ancora più delle immagini. L’immagine si impone, la voce diventa eterna e reinventa un volto, è come se avessimo la stessa voce a tutte le età».

giovedì 6 febbraio 2025

Recensione di "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar

Buon pomeriggio amici e bentornati su questo blog!

Durante questo mese ho voluto invertire la lista di libri da leggere e dare precedenza a quelli che, per motivi a me ignoti, erano rimasti più indietro.

Vi parlo, quindi, del romanzo "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar:


Trama: Ward Camden è un famoso scrittore di thriller, bestseller in tutto il mondo, ma è anche un misogino con il carattere schivo e nessuna voglia di stare al centro dell'attenzione. Il suo sogno è fuggire da Los Angeles, dalla sua agente e da Linda, la fidanzata. In un impeto di ribellione, decide così di partire per la Toscana, per ritrovare se stesso e la perduta voglia di scrivere. Il destino si presenta a lui con il nome di Sissi Fiori, una giovane violinista che prima lo travolge con la sua bicicletta, poi con il suo carattere solare e appassionato, infine lo coinvolge in una vacanza inaspettata e piena di sorprese. L'attrazione fra i due è immediata, ma ci pensano Andrea ed Emma, i più cari amici di Sissi, a complicare le cose. In un tale vortice di eventi, emozioni e fraintendimenti, Ward e Sissi riusciranno a lasciarsi andare al sentimento che sta nascendo fra loro?

Foto di Dan Fador da Pixabay

Tutto inizia a Los Angeles, dove Ward Camden, noto scrittore di thriller, decide di fuggire via per ritrovare pace e ispirazione, dirigendosi in Italia a Lucca, lontano da Linda, la sua appiccicosa e ninfomane fidanzata.
Nel piccolo centro, immerso nel verde della campagna toscana, vi è un casolare dove Ward alloggerà, in seguito a un improvviso cambio di b&b. Proprio nei pressi della dimora, viene investito da una ragazza in bicicletta. Sissi abita nelle vicinanze e si propone di fargli da guida a Lucca.
Tra i due si crea immediatamente una sorta di complicità, ma Sissi tiene ben a mente che Ward è uno scrittore famoso e che, trascorso il suo periodo in Italia, tornerà sicuramente negli USA. Nonostante ciò, quando l'amore arriva anche le più alte barriere non riescono a tenere. E insieme a lui, talvolta, giunge la gelosia.
Andrea, da sempre amico e segretamente innamorato di Sissi, si accorge dell'attrazione tra i due; allo stesso tempo, Emma, amica di Sissi e Andrea, è fortemente infatuata di Ward.
Le cose si complicano, ma saranno i sentimenti a guidare i nostri protagonisti nella giusta direzione.


Il romanzo di Patrisha Mar mi ha, prima di tutto, incuriosito su Lucca. Meta indiscussa della fiera del fumetto più famosa d'Italia, il Lucca Comics, potrebbe configurarsi come prossima città da visitare nella mia lista di viaggio.
Inoltre, la narrazione scorre velocemente. Si tratta di un romanzo leggero, che parla di veri sentimenti, di attrazione, amicizia e anche di amori non corrisposti. Insomma, sono certa che i lettori riusciranno a identificarsi in almeno uno dei quattro protagonisti.
Il titolo, in realtà, dice tutto: "apri i tuoi occhi"! Sissi, Ward, Emma e Andrea li apriranno tutti alla fine, chi oltrepassando la distaccata apparenza, chi capendo che un amore platonico non è la stessa cosa di uno reale.

Vi auguro buona serata, chiudo con una citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Cos'è davvero l'amore se non il riflesso di ciò che siamo? Se siamo egoisti, sarà un amore che chiede e non dà, un sentimento sterile destinato ad atrofizzarsi. Come si può etichettare quello che si agita dentro l'altro? Decifrarlo prima di viverlo e comprendere? Se l'esempio che ho è il sentimento che legava te e papà, allora voglio quell'amore, quell'unico sentimento in grado di sopportare la sofferenza e di sopravvivere persino alla morte.»



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