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lunedì 27 aprile 2020

Recensione di "Circe" di Madeline Miller

Buonasera amici, ci ritroviamo qui, nella mia "dimora virtuale" che odora di libri e di mare.
Questa lunga quarantena porta con sé un senso di rassegnazione. A volte penso che non possa finire così, con la nostra libertà minata da un nemico minuscolo e quasi invisibile, con i sogni infranti, un futuro impossibile. Penso che è un incubo, che non è vero... eppure, quando apro gli occhi ogni mattino, non è cambiato nulla. Sono in casa, con la mia famiglia. Non che mi pesi, ma non posso uscire, condurre le mie ricerche, lavorare, incontrare gli amici, conoscere persone, fare una semplice passeggiata per le vie di Roma, entrare in libreria e lasciarmi ispirare. Non posso più fare nulla di tutto questo. Non posso farlo adesso e, con ogni probabilità, non potrò farlo per i prossimi mesi, finché non troveranno un vaccino o una cura efficace che ci tuteli.
Il pc si configura come l'unica porta sul mondo, anche se mi sembra di essere diventata schiava di questo strumento informatico. E il solo modo per evadere che ho trovato è quello di spegnerlo, inserendo la modalità "aereo" al cellulare (per non essere disturbata), per poi sedermi sul letto e sfogliare un buon libro, viaggiando in altre realtà, vivendo avventure, respirando un'aria diversa.

Per qualche settimana di questo "strano" mese di aprile, mi ha tenuto compagnia Madeline Miller con il suo romanzo "Circe", dalla copertina aurea... e anche per questo c'è un perché.


Trama: Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare. Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità.


Che dire? È raro che un romanzo mi prenda così tanto come è capitato per "Circe" di Madeline Miller. Eppure la mitologia greca, pur essendo affascinante per certi versi, non mi ha mai rapita nonostante la mia scelta lavorativa. Sarà forse che, non avendo avuto una formazione classica, non ho mai avvertito quel potente richiamo verso Iliade e Odissea che, invece, numerosi colleghi possiedono, ritrovando nei reperti materiali quegli echi lontani dei testi letterari che traducevano al liceo.
La storia di "Circe", però, ha avuto un effetto ammaliante persino su di me.
La celebre maga di Eea - luogo identificato da alcuni con il promontorio del Circeo, da cui deriva il nome - è sempre stato un personaggio misterioso, incantatrice nei versi di Omero, seduttrice di quell'Ulisse così irrequieto, curioso e geniale e, al contempo, quasi vendicativa nei confronti dei compagni del protetto di Atena, tanto da trasformarli in porci. Ma Omero non ha mai approfondito la sua storia nel corso della narrazione.
Si sa che Circe fosse una dea minore, dagli occhi luminosi e dalla voce umana, figlia del Sole, Helios, e della ninfa Perseide, nipote di Oceano, sorella di Eete, Pasifae e Perse, nelle cui vene scorreva immortalità, acqua e raggi solari. 


Eppure, la Miller ci introduce in quel mondo popolato di divinità in cui i giorni si susseguono identici tra loro, arricchiti dai passatempi preferiti dagli déi: banchetti o punizioni inviate agli umani per far sì che essi si sottomettano sacrificando offerte sugli altari, per non parlare di invidie e dispetti tra gli stessi componenti delle sfere divine. Un mondo, questo, in cui Circe non si è mai ritrovata.
Derisa da Pasifae e Perse, nonché dalle ninfe sue cugine, ignorata dalla madre e considerata come la peggiore discendenza dal padre, Circe era in accordo solo con il fratello minore, Eete, finché anch'egli cominciò a mutare e ad escluderla dalla propria esistenza.
Il lettore è spettatore esterno di un percorso vissuto in solitudine, sin dal primo acerbo sentimento che Circe prova per Glauco, il pescatore, qualcosa di apparentemente intenso scambiato per amore e, si sa, per quest'ultimo possono essere compiuti anche gravi errori. La giovane Circe non lo sa ancora, ma in lei si sta lentamente manifestando il suo potere, la sua forza, che la spinge a preparare una pozione con i fiori germogliati dal sangue dei titani per far sì che il ragazzo da lei amato si possa trasformare in un dio. La sua volontà è potente e la vera anima di Glauco appartiene al mare, così che la pozione non fa altro che mutare il mortale in una creatura degli abissi. La felicità di Circe si perde, però, davanti alle parole di lui, che la classifica come una brava e semplice amica, una delusione che ognuno ha subito nella vita.


Già da questo primo passaggio si percepisce l'umanità della futura maga: gli déi non fanno differenza tra coloro con cui desiderano giacere. Ne è dimostrazione Zeus che, pur di possedere le fanciulle agognate, si trasforma in animale (cigno per Leda, toro per Europa, etc.). Non lei, non Circe. Il suo cuore si spezza e un sentimento umano, seppur molto "in voga" presso le divinità, si fa strada in lei: è l'invidia, che prova nei confronti di Scilla, la vanitosa, bella, ma perfida ninfa scelta da Glauco.
La vocazione di Circe emerge, i fiori la chiamano, così come quell'intruglio e Scilla viene trasformata in un orribile mostro marino dalle numerose teste, il terrore dei marinai. Non è possibile tornare indietro. L'incantesimo è irrevocabile: i fiori hanno mostrato la vera natura della ninfa.
Ed ecco che è nata la maga, la dea che sapeva maneggiare i pharmaka, esattamente come Eete e Pasifae. La punizione per lei? L'esilio sull'isola di Eea, in completo isolamento, per l'eternità, non solo per aver trasformato Scilla, ma anche per aver aiutato, tanto tempo prima, Prometeo.
Se in un primo momento Circe si sente spaesata e abbandonata, in seguito assapora finalmente la libertà. Su Eea può essere se stessa, dare vita alle arti magiche, apprendere nuovi incantesimi, ammansire le belve.


Ma quando giunge Ulisse? Ce lo stiamo chidendo tutti. In realtà dopo molti secoli, nel corso dei quali la maga di Eea matura, affrontando un viaggio verso Creta, aiutando la sorella Pasifae a partorire il Minotauro e incontrando il suo primo vero amore, Dedalo, l'inventore del labirinto, che le farà dono di un magnifico telaio in cedro. Ma non è tutto. Hermes, il messaggero divino, le racconterà storie, la terrà aggiornata sui titani e sugli déi dell'Olimpo, su ciò che accadeva nel mondo all'infuori di Eea, in cambio di numerose notti trascorse a giacere insieme.
Trascorrono i secoli e sull'isola iniziano ad arrivare alcune navi di marinai dispersi. Circe ama gli umani, ma è anche qui che apprende che non è possibile fidarsi di ognuno di loro, che nell'animo dell'uomo si nasconde una scintilla di perfidia comune alla stirpe da cui discendeva, soprattutto in un mondo in cui la donna era relegata ad essere un mero oggetto. Circe conosce l'abuso sessuale. Incredula mentre la violentano, la maga recupera il suo spirito e lancia l'incantesimo. Ecco che il primo di tanti equipaggi viene trasformato: su Eea il recinto è pieno di maiali.


La maga che tutti temono si è appena palesata agli occhi del narratore: una dea dagli occhi solari e dalla voce umana, dal gran cuore, estremamente sensibile e proprio per questo costretta a difendersi per non soccombere. Sola, abbandonata da Helios e dalla sua famiglia, accompagnata da leoni e lupi, Circe si trova un giorno a fronteggiare l'astuto Odisseo, approdato sull'isola di ritorno da Troia. Gli uomini dell'equipaggio vengono prontamente trasformati in porci, non lui, quell'uomo scaltro, curioso, dallo sguardo indagatore.
Circe impara a conoscerlo, ad essere sua amica, ad ascoltare le sue confidenze, finendo per innamorarsene. Ulisse, dal canto suo, nonostante fosse sposato con Penelope e avesse un figlio, Telemaco, ad attenderlo su Itaca (di cui parlava sempre con molta nostalgia), cede ai piaceri di una lunga pausa sull'isola di Eea godendo della compagnia di Circe, la dea che non era uguale alle altre divinità. Dello stesso Ulisse conosciamo un lato "oscuro", violento e impietoso contro il nemico ma, soprattutto, bugiardo. 


Eppure lei sa che se ne dovrà separare molto presto. È vero, Ulisse dovrà riprendere il mare, ma è anche un mortale. Ed è forse proprio a questo punto che Circe si rende conto di quale fosse la sua vera prigionia: il proprio sangue divino e, perciò, immortale. Non era tanto la solitudine imposta dal padre e da Zeus, quanto quella della sua stessa condizione.
Trascorrono i secoli tra incantesimi e pozioni, una gravidanza dolorosa che la condurrà a partorire Telegono, figlio del suo amato, conoscendo in tal modo altri sentimenti: l'apprensione e l'affetto verso il piccolo mortale cui aveva dato vita e per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa al mondo.
Nulla, però, può sfuggire agli déi, soprattutto se i loro piani vengono in qualche modo modificati. La storia di Circe è ancora lunga. La maga dovrà fronteggiare Atena e, inaspettatamente, Penelope e Telemaco, scoprendo una se stessa forte e coraggiosa, ma anche fragile, capace di perdonare e di amare nuovamente, con una intensità tutta umana.

Il mio consiglio è quello di leggere "Circe" di Madeline Miller. Non è un libro comune. L'autrice è riuscita, sulla base di ottime conoscenze storiche e mitologiche, a profilare un personaggio che nell'Odissea è comunque secondario, "utile" a far risaltare le imprese dello stesso Ulisse. La Miller conferisce un carattere a Circe, intesse una storia mescolando elementi fantastici e mitologia, senza mai diventare noiosa, facendo sì che la maga possa considerarsi come una creatura mutevole e, al tempo stesso, una perfetta eroina contemporanea.

Vi lascio con alcuni piccoli estratti:

«I miei zii si sfregavano le mani e ricambiavano il sorriso. Se ne andavano, curvi sulle loro speranze, pensando a ciò che non vedevano l'ora di fare quando i titani avrebbero nuovamente governato. Fu la mia prima lezione. Celato sotto il dolce volto familiare delle cose, ce n'è un altro in attesa di spaccare in due il mondo».

«Dedalo non gli sopravvisse a lungo. Le sue membra si fecero grigie e deboli, e tutta la sua forza svanì. Sapevo di non avere alcun diritto di rivendicarlo. Ma in un'esistenza solitaria, sono rari i momenti in cui un'altra anima si fonde con la tua, così come le stelle sfiorano la terra una volta all'anno. Una tale costellazione era stato lui per me».


«"Mia moglie, al contrario, è una donna costante. Costante in tutto. Perfino i più saggi tra gli uomini a volte perdono la direzione, ma lei mai. Lei è una stella fissa, lei è un arco affidabile e preciso". Un silenzio, in cui lo udii muoversi in profondità fra i propri ricordi. "Niente di quello che dice ha un solo significato, mai una sola intenzione, eppure lei è costante. Conosce se stessa". Parole che mi scivolarono dentro, lisce come un coltello lucente. Avevo capito che lui l'amava fin da quando mi aveva parlato della sua tessitura. Eppure era rimasto con me, mese dopo mese, e io mi ero lasciata cullare. Adesso vedevo le cose con più chiarezza: tutte quelle notti nel mio letto erano state solo il suo senno di viaggiatore. Quando sei in Egitto, veneri Iside; quando sei in Anatolia, sacrifichi un agnello a Cibele. Non è un tradimento della tua Atena rimasta a casa».


«Due figli aveva avuto, e non era riuscito a vedere con chiarezza nessuno dei due. Ma forse nessun genitore riesce a vedere davvero i propri figli. Quando li guardiamo vediamo solo lo specchio dei nostri stessi errori».
 

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