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giovedì 19 dicembre 2024

Recensione di "La piccola libreria dei segreti" di Jenny Colgan

Buongiorno a tutti amici e bentornati tra le pagine virtuali del mio blog! Tra gelo, pioggia e cioccolate calde, ci stiamo avvicinando al Natale. Qualcuno avrà inevitabilmente assunto lo spirito del Grinch, qualcun altro quello festaiolo e amorevole che caratterizza questo periodo, ma di fatto ci apprestiamo tutti - chi più, chi meno - a trascorrere le feste tra luci colorate, pranzi e cene in famiglia, passeggiate nelle stradine addobbate e, riservato a chi sa pattinare, sulle piste ghiacciate.

Era il 5 gennaio 2024 quando, entrando nella libreria Mondadori di un centro commerciale non distante da casa, mi perdevo a sfogliare pagine di storie dalle copertine innevate. L'occhio mi era caduto sul libro di Jenny Colgan, "La piccola libreria dei segreti", e nonostante avessi trascorso delle feste da dimenticare e un Natale tra ospedali e disperazione, ho deciso di acquistarlo. "Per il prossimo Natale" mi sono detta. "Voglio recuperare un po' di quella magia che non ho vissuto".

Quel Natale è arrivato e "La piccola libreria dei segreti" mi ha fatto compagnia, facendomi sognare di essere a Edimburgo, dove l'atmosfera tipica di "Harry Potter" conferisce quel tono incantato alle case dal tetto di ardesia, alle librerie che si susseguono, alle numerose salite e discese che diventano candide.


Trama: Quando il grande magazzino della cittadina scozzese in cui vive chiude i battenti, Carmen si ritrova all’improvviso senza lavoro, con pochi soldi in tasca e nessuna valida alternativa. Sua sorella Sofia le offre un’opportunità che potrebbe fare al caso suo: c’è una piccola libreria nel centro storico di Edimburgo che è a corto di personale. Carmen potrebbe trasferirsi temporaneamente a casa di Sofia, nella stanza degli ospiti, e vedere come va. Per Carmen non è facile prendere una decisione: chiedere aiuto non è mai stato il suo forte e accettarlo proprio da sua sorella, così diversa da lei, le pare una sconfitta. Però il tempo stringe e le opzioni scarseggiano, così un mese prima di Natale Carmen arriva nell’innevata Edimburgo e inizia a lavorare nella storica libreria del signor McCredie. Non sa ancora che la libreria è sommersa dai debiti e le vendite natalizie sono l’ultima possibilità per scongiurare la chiusura… A complicare le cose ci sono Blair e Oke, due clienti davvero speciali, che confondono i suoi sentimenti e si contendono il suo cuore. Carmen sa bene che servirà ben più di un miracolo per salvare la piccola libreria – e il suo cuore – ma forse questo Natale potrebbe riservarle una dolce sorpresa...


Manca poco a Natale, ma Carmen si ritrova improvvisamente senza un lavoro. I grandi magazzini in cui faceva la commessa da anni hanno chiuso le porte e lei non sa davvero cosa ne sarà del suo futuro. E' sua sorella Sofia - la sempre perfetta Sofia, avvocato, infallibile, ammirevole, etc. etc. - ad offrirle un impiego piuttosto "disperato": risollevare la libreria di un suo cliente che sta miseramente fallendo.
Carmen non è certa di accettare: si tratterebbe di trasferirsi a Edimburgo, a casa di Sofia, mentre sua sorella è incinta e ci sono tre nipotini, che non sa nemmeno come si chiamino, cui forse dover badare. La fredda Edimburgo, una città per turisti che offre ben poco...
Carmen, infine, accetta, ma la situazione è peggiore di quel che avrebbe immaginato: la libreria del sig. McCredie è un deposito di qualsiasi cosa, i vetri sono talmente impolverati che è difficile pure guardare al suo interno; in più, sua sorella Sofia l'ha relegata nello scantinato e non nella comoda stanza degli ospiti.

Foto di 세혁 장 da Pixabay

Carmen si fa forza e, un passo dopo l'altro, inizia a far risorgere la libreria, rendendola confortevole, accogliente, soprattutto natalizia. E insieme a quel luogo dimenticato, risorge anche il suo animo chiuso in una scatola di rancori infantili e di invidia: prova a comprendere sua sorella, fa amicizia con i nipotini (soprattutto la piccola Phoebe, che è adorabile e somiglia incredibilmente a lei), ne ascolta i consigli.
Persino il sig. McCredie riesce a cambiare, esce dal guscio di vergogna in cui si era volontariamente rinchiuso da una vita a causa della sua nascita che, sì, nasconde un segreto.
In tutto ciò, non può mancare l'amore... perché ci sono ben due uomini che non possono fare a meno di Carmen: uno è il famosissimo Blair Pfenning, personaggio televisivo, autore di libri; l'altro è Oke, un giovane professore universitario che si occupa di alberi, ma non sa nulla del Natale.
Per chi batterà il cuore di Carmen? Ma soprattutto, riuscirà la nostra protagonista a dare una svolta alla sua vita?


Sono contenta di aver letto "La piccola libreria dei segreti". Cercavo un libro che portasse con sé l'atmosfera del Natale e, finalmente, l'ho trovato. Una lettura leggera, incantata, a volte ironica, classicamente sotto i fiocchi di neve. Unica annotazione: il titolo. Il segreto ci sta sicuramente, ma non è il tema principale del libro. E infatti il titolo originale è "The Christmas Bookshop". Non smetterò mai di comprendere le traduzioni "creative".

Vi aspetto alla prossima recensione e, mi raccomando, prendete con voi un libro: a Natale è d'obbligo (insieme a una cioccolata calda!).

domenica 24 novembre 2024

Recensione di "Storie di sassi" di Cristian Virecci Fana

Buonasera a tutti e bentornati in questo piccolo spazio virtuale dedicato alla lettura!

L'atmosfera natalizia si avvicina, anzi, siamo proprio immersi al suo interno ormai, ma alcuni - me inclusa - ancora non si arrendono al fatto che sembra l'altroieri che il sole riscaldava la pelle e il suono del mare calmava gli animi burrascosi. Fingendo che non sia fine novembre, vi porto sulla spiaggia di Santa Teresa di Riva, in Sicilia, vicino Messina, dove tanti anni fa ebbe inizio la storia di Lorenzo e Giorgia e dove, anni dopo, si incontrarono anche Erik e Anna. Questo romanzo, intitolato "Storie di sassi", è opera di un autore esordiente, Cristian Virecci Fana, che ringrazio per avermi scritto e fatto omaggio di una copia.


Trama: Erik Brando Leone ha sempre vissuto all’ombra di un passato tormentato, segnato da conflitti familiari e tradimenti. Fuggito in Sicilia, spera di trovare pace tra i ricordi di un’infanzia ormai lontana, ma la tranquillità è solo un’illusione: i fantasmi del passato non tardano a raggiungerlo, trascinandolo di nuovo nell’oscurità dell’alcol e della solitudine.
L’incontro casuale con un eccentrico anziano di nome Lorenzo cambia il corso del suo destino. Lorenzo, che trascorre la maggior parte delle sue giornate a raccogliere sassi lungo la battigia, è un enigma vivente, con una memoria fragile e segreti nascosti dietro uno sguardo perso nel mare. Dopo aver salvato Erik dal mare in tempesta, le loro vite si intrecciano in modi che nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare.
A sconvolgere definitivamente l’apparente serenità ritrovata di Erik arriva Anna, la sua nuova collega di lavoro. Affascinata da Lorenzo, Anna si unisce a Erik nella ricerca che li porta a scoprire parte del mistero che avvolge l’anziano, mentre tra di loro nasce qualcosa di profondo e inaspettato. Ma proprio quando sembra che la vita gli offra una seconda possibilità, ecco che il destino lo mette nuovamente alla prova.
In una corsa contro il tempo, tra lettere d’amore e promesse da mantenere a ogni costo, Erik lotta per rimettere insieme i pezzi della sua esistenza. Dall’Afghanistan alla Sicilia, ogni passo lo avvicina a una verità sepolta tra i sassi e le pagine di un diario dimenticato, in un viaggio ai confini del mondo e del suo stesso cuore.

Foto di G-tech da Pixabay

Scelte sbagliate, ricordi dolorosi, un rapporto contrastante con i genitori: questa è la vita di Erik, che decide di lasciare Torino per dirigersi in Sicilia, dalla parte opposta d'Italia, nello specifico a Santa Teresa, vicino Messina. Vuole cambiare la propria esistenza, dimenticare, trovare pace, fare lo scrittore. Eppure nonostante la lontananza possa aiutare, i tormenti interiori non lo abbandonano mai. Per mantenersi, Erik lavora in un bar, dove un giorno si presenta una nuova "recluta": la ragazza si chiama Anna, è curiosa, vispa, sembra possedere una scintilla diversa... è anche una lettrice, nonostante le sue scelte siano opinabili.
Mentre i due si avvicinano pian piano l'uno all'altra, complice anche un comune denominatore, ovvero la fuga di Erik dal Piemonte e il trasferimento di Anna in Sicilia per seguire l'ex ragazzo, il vecchio Lorenzo vaga sulla spiaggia con la sua collezione di sassi. Sembra un clochard e anche un pescatore, un uomo che appartiene al mare, ed Erik fa la sua conoscenza quando, in seguito a una escursione in barca in solitaria durante la quale non riesce a tornare a riva, è proprio l'uomo a salvarlo senza esitare nemmeno un secondo. Ed è sempre Erik a invitarlo a salire a casa propria, per poi cacciarlo dopo una manifestazione di follia di Lorenzo.
Le persone sono strane e questo Erik, abbastanza misantropo, lo sa bene. Non sa, però, che Lorenzo sarà ricoverato in ospedale, che è solo al mondo e che sarà proprio lui ad essere chiamato dal personale sanitario perché l'uomo vuole parlargli. Inizia così un percorso a ritroso, volto alla conoscenza del passato di Lorenzo: una casa che sembra abbandonata, un diario nascosto in un cassetto, una collezione di sassi e alcune lettere condurranno Erik verso un sentimento speciale, un amore trasparente come l'acqua del mare che, tuttavia, è stato ostacolato da persone e avvenimenti. Lorenzo e Giorgia si sono amati sin da giovanissimi, ma il destino ha deciso altro per loro. Chissà se è tutto perduto? Chissà se Lorenzo, in fin di vita, riuscirà a recuperare almeno un po' di quella memoria apparentemente svanita?

Foto di Pexels da Pixabay

"Storie di sassi" è un romanzo in cui sentimenti passati e presenti si alternano con le loro difficoltà, le speranze e anche le sconfitte. Una storia molto bella e di altri tempi, quella di Lorenzo e Giorgia, che incuriosisce e accompagna il lettore fino alle ultime pagine. Al contempo, Erik si prospetta sia come protagonista, che come personaggio che mostra parallelismi con lo stesso Lorenzo da cui si credeva così diverso. A volte il destino crea intrecci e somiglianze apparentemente improbabili.

Ho apprezzato molto il libro di Cristian Virecci Fana e auguro all'autore di avere successo proseguendo nella sua passione: scrivere libri, esattamente come Erik Brando Leone. Lo stile narrativo, in alcuni punti molto maturo e quasi poetico, si alterna però a lunghi periodi "acerbi" che necessitano di una maggior riflessione nella loro costruzione e di una revisione. Sono certa che Cristian riuscirà a perfezionare lo scritto che merita, in ogni caso, di essere letto.
Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione sempre qui, su questo blog!

«Cos’è l’amore? E c’è differenza tra l’innamorarsi e amare? E ancora, cosa può capire un ragazzo di sedici anni dell’amore? Forse niente, forse tutto, forse pensa di sapere ma è solo un’illusione. Ho conosciuto ragazzi innamorati dell’idea dell’amore e ho visto amori durare una sola stagione, durare anche più anni per poi essere sostituiti velocemente con altri amori. In realtà, l’amore credo possa essere paragonato a un seme: non si vede e in principio è minuscolo, quasi invisibile, ma con il tempo il seme diventerà più grande e se ci saranno tutte le condizioni adatte, questo seme inizierà ad aprirsi poco alla volta».

«Arriva un momento nella vita in cui vorresti dare un senso a tutto; giustificare il motivo per cui ti senti così vuoto; vorresti credere nel destino. Ci ho sempre riflettuto molto: il destino esiste veramente o è semplicemente una delle tante parole che ha inventato l’uomo per giustificare qualcosa? Forse non lo capirò mai».

sabato 26 ottobre 2024

Recensione di "La settima onda" di Daniel Glattauer

Buonasera amici lettori e bentornati sul blog! In questa serata di sabato, non c'è nulla di più rilassante che dedicarsi ai libri (peraltro, proprio oggi, ne ho comprato un altro... sono incorreggibile!).

Oggi torniamo alla storia di Emmi e Leo, emersi dalla penna di Daniel Glattauer, e al seguito di "Le ho mai raccontato del vento del Nord", ovvero "La settima onda".


Trama: Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell’incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi però non si dà per vinta, e riesce nell’impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d’amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l’apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i numerosi lettori di Le ho mai raccontato del vento del Nord, e anche stavolta promettono scintille.

La storia di Emmi e Leo non poteva di certo rimanere in sospeso. Una "relazione confidenziale" nata da un'email sbagliata è un segno del destino: doveva proprio andare così. Eppure, Emmi e Leo si erano un po' persi. Lui era partito per Boston con l'intento di raggiungere la sua nuova fidanzata, Pamela, mentre Emmi non aveva mai smesso di cercarlo.
"La settima onda" prosegue con lo stile epistolare, in un botta e risposta che è impossibile non leggere tutto di seguito: Emmi è ironica, Leo più pacato e romantico, ma i due non possono stare lontani l'uno dall'altro. E, piccolo spoiler, finiscono per incontrarsi, non una, ma più volte.
Ecco che l'immaginazione si scontra con la realtà: Emmi e Leo non si sono mai visti prima, nemmeno in foto. Si piaceranno? Si troveranno tanto diversi da come si erano pensati? La loro sintonia sarà rovinata dall'aspetto fisico, oppure no? 

Foto di Pexels da Pixabay

Glattauer restituisce, in questo passaggio, un "fenomeno" decisamente attuale data la modalità di incontro della gran parte delle persone al giorno d'oggi, ovvero tramite app. Se da un lato il mondo virtuale favorisce il contatto, dall'altra ci sono molti dettagli che si perdono attraverso un'email o un telefono: le frasi possono essere interpretate erroneamente, non si sente il tono, non ci sono le espressioni (e le emoticon non riescono a sostituirle), mancano totalmente gli sguardi.
E se anche i nostri protagonisti si piacessero, Emmi è comunque sposata, Leo ancora no, ma ha Pamela che lo aspetta per provare a costruire una vita insieme. Tutto diventa più complicato, forse è meglio smettere di sentirsi, forse è meglio non pensarsi, forse sarebbe stato meglio non conoscersi mai, forse ancora sarebbe bene allontanarsi. E i due continuano a scriversi, rincorrendosi ed evidenziando, in realtà, il desiderio di non lasciarsi più.
Daniel Glattauer doveva pur scrivere una degna fine per la storia di Emmi e Leo. Non vi narrerò i dettagli, ma è un romanzo che va letto, soprattutto se avete divorato le pagine del precedente.

Vi lascio con qualche piccolo estratto e vi aspetto alla prossima recensione, sempre qui su questo blog!

«[…]Sì, qui si narra la storia della settima onda, l'inflessibile. Le prime sei sono prevedibili e armoniose. Si condizionano a vicenda, sorgono una dopo l'altra, non fanno sorprese. Preservano la continuità. Sei assalti, che appaiono così diversi se osservati a distanza, sei assalti... e sempre lo stesso obiettivo. Occhio però alla settima onda! È imprevedibile. Passa a lungo inosservata, partecipa all'assalto monotono, si adegua a quante l'hanno preceduta. Talvolta, però, fugge via. Sempre e solo lei, sempre e solo la settima onda. Perché è spensierata, ingenua, ribelle, spazza via tutto, gli dà un'altra forma. Migliore o peggiore? Possono dirlo solo quanti, afferrati da lei, hanno avuto il coraggio di raccoglierne la sfida, di lasciarsi incantare dalla sua malia».

Foto di Enrique da Pixabay

«Non esistono istruzioni per l'uso con annessa planimetria per l'avvistamento e il salvataggio della felicità. Ognuno cerca la propria a modo suo, o ovunque creda di poterla trovare il prima possibile».

«Le esigenze, le intenzioni, gli obiettivi. Un'avventura vuole essere vissuta. Lo stare insieme vuole restare insieme, e magari un giorno vivere bene insieme».

domenica 13 ottobre 2024

Recensione di "Elisir d'amore" di Eric-Emmanuel Schmitt

Buongiorno e buona domenica amici e, come sempre, bentornati! Il traffico di Roma ha queste "qualità": è insopportabile, è troppo e, quindi, favorisce la lettura... perché durante quei 50 minuti/1 ora di mezzi per fare pochi chilometri bisognerà pur fare qualcosa per non impazzire, no? Ed ecco il motivo, direi positivo (almeno), per cui sono di nuovo qui a scrivere.

Ad ogni modo, qualche giorno fa, ho deciso di fare un rapido giro a un mercatino dell'usato che prevede anche una nutrita sezione dedicata ai libri. Vi dirò, mi piange il cuore a vedere tutte quelle storie accatastate, alcune delle quali dimenticate da anni, così come i bellissimi libri storico-artistici o archeologici che giacciono sugli scaffali. Notando un nome noto, ho alla fine deciso di "adottare" un libro (e mi sono dovuta trattenere perché avrei presi almeno una decina).

Il romanzo, che forse è preferibile definire racconto epistolare e di cui vi parlerò, è "Elisir d'amore" di Eric-Emmanuel Schmitt.


Trama: Dopo cinque anni di amore travolgente, Adam e Louise si lasciano. È una separazione dolorosa e straziante che porta Louise a trasferirsi a Montreal, in Canada, mentre Adam rimane a Parigi. Lontani migliaia di chilometri, e separati da un oceano, i due cominciano una corrispondenza volenterosamente improntata all'amicizia in quanto logica e saggia fine di un grande amore. Così si raccontano la nuova vita che stanno facendo, le nuove amicizie e soprattutto i nuovi amori, con quella confidenza intima e speciale che cinque anni di appassionata convivenza hanno conferito loro. Ma il gioco nasconde una trappola. È davvero possibile diventare amici di una persona con cui si è condivisa l'esperienza di un amore profondo, oppure passione e amicizia sono condannati a restare due mondi incompatibili?

Lui è uno psicanalista, lei una giurista presso uno studio internazionale. Sono stati insieme 5 anni, si conoscono perfettamente, si amano, eppure si lasciano. Le cose non funzionano più tra Louise e Adam. Louise si trasferisce persino da Parigi a Montreal, ponendo un oceano tra lei e Adam.
Perché si sono lasciati? Una storia già vista mille volte: mentre stava con Louise, Adam andava a letto con altre donne. Non erano storie importanti, non ne ricordava nemmeno i nomi, ma per una donna non è una pratica tollerabile.
A cosa preferisce ricorrere Adam, pur di non troncare i legami? All'amicizia, ritratto sbiadito e insipido dell'amore, che logicamente Louise non accetta: «L'amicizia dopo l'amore mi umilierebbe. Riconvertire una passione immensa in piccolo monolocale affettuoso non mi tenta, preferisco ritrovarmi direttamente in mezzo alla strada».

Foto di zhi wei yu da Pixabay

Louise e Adam, quindi, iniziano a scriversi, si pongono a vicenda domande e, infine, accade che una collega di Louise, Lily, diventa paziente di Adam, colui che sostiene di avere un "elisir d'amore" innato.
Si nota la gelosia, mascherata da nonchalance perché nell'esistenza di Louise c'è ormai Brice, ma la vita continua e la corrispondenza pure, anzi, non manca un colpo, rivelando il latente desiderio di riprendere il rapporto dove lo avevano lasciato.
Chissà come finirà... Io termino con le parole di Antonello Venditti: "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano".
Attraverso le lettere (o forse email) di Louise e Adam il lettore si immedesima nelle pene d'amore che tutti (o quasi) viviamo: l'amarezza, la gelosia, la passione bruciante, l'affetto, l'amicizia, la lontananza, a volte (e per chi ci riesce) il perdono. Ed proprio questo, credo, l'obiettivo dello scrittore: tracciare una "psicologia" del sentimento tramite le frasi, a volte stringate, dei due protagonisti.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!


«Oggi, per esempio, ho pensato tutto il giorno alle cose buffe che mi succedevano e che avrei voluto raccontarti, ho desiderato condividere il libro, il film o la musica appena scoperti, ti ho fatto domande, dato risposte, dedicato sorrisi, sospiri, esclamazioni. Insomma, siamo stati sempre insieme. [...] Sei solidamente piazzata dentro di me, più di quanto potrebbe esserlo una semplice anatomia gradevole, sei incisa nella mia immaginazione, nel mio futuro, nei miei ricordi».

«Adam, si può essere padroni di ciò che si pensa, ma mai di ciò che si sente».

«Credo che l'amore sia stato inventato per rendere poetica la vita».

«La bellezza del primo amore viene dal fatto che non è ancora stato minacciato dalla fine, crediamo che il presente sia eterno, ignoriamo che si inaridirà».

«Caro Adam, a questo punto la domanda è: siamo liberi di amare il tale o il talaltro? Scegliamo? Veniamo scelti?».

«L'amore è la dimostrazione che percepiamo la realtà unicamente attraverso il filtro delle nostre fantasie. Peggio, è la prova che la realtà non è poi gran cosa».

lunedì 7 ottobre 2024

Recensione di "Storia di una capinera" di Giovanni Verga

Buonasera a tutti, amici lettori, e bentornati sul blog! Sono reduce da una giornata trascorsa sui mezzi pubblici immersa nel traffico che a Roma sta esponenzialmente aumentando... tutti noi romani, anche se non lo diamo a vedere, siamo terrorizzati dall'avvicinarsi del Giubileo perché non riusciremo più a uscire di casa. Ad ogni modo, proviamo a non pensarci... Nella mia borsa, quindi, dati i tempi di percorrenza estremamente lunghi anche per fare 2 metri, non manca mai un libro.

Oggi ho terminato "Storia di una capinera" di Giovanni Verga, un classico.


ATTENZIONE: SPOILER

Correva l'anno 1869 e la giovane Maria, orfana di madre, viene costretta dal padre - che si era risposato e aveva avuto altri due figli - ad entrare in convento. La ragazza, una educanda, aveva trascorso il periodo di istruzione insieme a Marianna, l'amica cui scriverà le sue lettere, fino all'ultimo giorno di vita.

Durante il periodo estivo, complice anche l'imperversare del colera in città, Maria torna a casa dalla sua famiglia e, a Monte Ilice, conosce i vicini, i signori Valentini, che hanno un figlio, Nino, di cui Maria si innamorerà. L'amore ingenuo e puro di Maria si accontenta anche di un semplice sguardo di Nino inizialmente, poi il sentimento che lei avverte come crescente entra in contrasto con il suo destino. E' la stessa Maria che tende a evitare Nino, pur volendo incontrarlo. Eppure tra i due pare esserci una simpatia, che la povera Maria sembra amplificare fino a descriverlo come un amore bruciante.

Terminata l'estate vissuta con spensieratezza in mezzo alla natura, i due non si rivedono più perché ogni famiglia torna a casa propria. Maria riparte verso Catania, dove l'attende il convento di clausura. Proprio prima di prendere i voti (obbligati) definitivi, viene a sapere che la sorellastra Giuditta e Nino si sposeranno. Il suo povero candido cuore si spezza. Non si capacita di come Nino l'abbia potuta dimenticare così facilmente e di come Giuditta abbia potuto farle una cosa del genere, ma tuttavia, pur avvertendo la rabbia crescente, cerca di sopprimerla, sentendo il senso di colpa che si fa strada in lei, pregando e invocando il Signore che le dia forza.

Foto di Joshgmit da Pixabay

Maria diventa, perciò, monaca di clausura. Prigioniera di un luogo in cui pensava di trovarsi a proprio agio prima di conoscere l'amore, Maria si ammala, dimagrisce e scrive a Marianna con disperazione. Rimpiange i momenti trascorsi in libertà l'estate precedente, in mezzo alla natura e con il suo Nino accanto a sé, quello stesso Nino che tenta di scorgere dalle finestre del convento, facendosi ancora più male perché il ragazzo è sempre accompagnato da Giuditta.

Maria, quindi, vede in Giuditta se stessa: la vita della sorellastra avrebbe potuto essere la sua se il padre non l'avesse obbligata a quel triste destino da cui non poteva sottrarsi in alcun modo.

La ragazza, sull'orlo della follia, tenta persino la fuga, ma viene colta in flagrante dalle consorelle e, troppo debole per reagire, si lascia morire, come la capinera di cui Verga narra all'inizio del romanzo... una capinera cui era stata sottratta la libertà.


Giovanni Verga è forse il massimo rappresentante del realismo che, logicamente, si riscontra anche in questo romanzo epistolare, sottolineando con crudezza la vicenda di Maria. Si percepiscono i sentimenti della ragazza, sia la voglia di libertà, sia quell'amore crescente (probabilmente non pienamente ricambiato), ma anche la confusione che si genera nel proprio animo: gli obblighi spirituali si scontrano con l'estrema voglia di vivere, di respirare a pieni polmoni l'aria di campagna. E mentre supplica Dio di aiutarla, e si scusa per i propri pensieri peccaminosi, e recita preghiere, Maria in cuor suo non riesce a sopprimere quel vulcano di emozioni che premono insistenti, quasi a sussurrare una tenue speranza che qualcosa possa accadere e che il suo destino possa improvvisamente cambiare.

Le grida di dolore di Maria sono le stesse delle tantissime donne che, almeno fino ai primi decenni del Novecento, sono state costrette dalle proprie famiglie a entrare in convento senza avere la vocazione. Il perché di questa situazione? I figli da sfamare erano troppi e il convento avrebbe provveduto a dar loro un tetto e almeno un piatto di minestra la sera. Solitamente, questa tragica sorte toccava ai figli maggiori oppure a coloro che non si maritavano entro una certa età - le donne dovevano farsi suore e i maschi sacerdoti o frati -, mentre gli altri venivano impiegati nei campi e obbligati a sposarsi tramite matrimoni comunque combinati.


A volte mi chiedo come siamo riusciti a sopravvivere con questo modo di concepire l'esistenza. C'era una crudeltà di fondo inaudita. Non prenderò il discorso dei matrimoni (vogliamo parlare delle unioni per corrispondenza?), rimanendo sul tema conventuale... si parla oggi del calo delle vocazioni, ma siamo tutti pienamente consapevoli che quelle che un tempo erano definite "vocazioni" in realtà erano obblighi. Non c'era fede dietro, ma disperazione, povertà. La chiesa, bene o male, assicurava un futuro a quei ragazzi sfortunati... situazione che notiamo ancora oggi, quando la maggioranza delle suore e dei sacerdoti provengono da paesi del terzo mondo.
Sono certa che tra loro ci siano persone che avvertono realmente la vocazione, ma sono altrettanto sicura che siano in numero molto esiguo rispetto a coloro che, pur di non morire di fame al proprio paese, decidono attualmente di consacrare la propria vita, usufruendo di un'istruzione, di vitto e alloggio.
Si tratta di un mio personale pensiero, che non voglio in alcun modo generalizzare e con cui non intendo certamente offendere nessuno. Ma amo il realismo, quello stesso di Giovanni Verga e non possiamo, né dobbiamo bendarci gli occhi.
"Storia di una capinera" è certamente una lettura consigliata in quanto, come anticipato, si tratta di un classico. Aspettatevi però di uscirne devastati moralmente. Avrei tanto voluto abbracciare Maria e tirarla fuori di lì.

Vi auguro una buona serata e vi aspetto sul blog con la prossima recensione!

p.s. non dimenticate di leggere le precedenti e, quando capita, ricordatevi anche dei miei romanzi scritti "in gioventù". Sono sempre lì, ad attendere qualche lettore appassionato di fantasy puro (trilogia di Sàkomar: "Il Regno dell'Acqua"; "Il risveglio"; "Il Quinto Elemento"), o di licantropi e storia (eh sì, perché in "Chiaro di Luna" troviamo una cattedrale, un convento francescano, Friburgo, un cavaliere, un mago e una maledizione... insomma un mix).

venerdì 27 settembre 2024

Recensione di "Parigi è sempre una buona idea" di Nicolas Barreau

Buonasera amici lettori! Ben ritrovati tra i meandri del mio piccolo blog letterario!
Qualcuno di voi avrà probabilmente già cenato, qualcun altro starà aspettando ancora una manciata di minuti. Io invece vi parlo dell'ultimo libro che ho letto, anche questo iniziato quando ero ancora in modalità estiva. Si tratta di "Parigi è sempre una buona idea" di Nicolas Barreau.


Trama: Parigi è sempre una buona idea, si sa. Innamorati o no, vale sempre la pena di fare una passeggiata per le vie della Ville Lumière. Lì, in rue du Dragon, una deliziosa stradina nel cuore di Saint-Germain, ci si può imbattere in un piccolo negozio con una vecchia insegna di legno, un campanello d’argento démodé sulla porta e, dentro, mensole straripanti di carta da lettere e bellissime cartoline illustrate: la papeterie di Rosalie Laurent.
Talentuosa illustratrice, Rosalie è famosa per i biglietti d’auguri personalizzati che realizza a mano. Ed è un’accanita sostenitrice dei rituali: il café crème la mattina, una fetta di tarte au citron nelle giornate storte, un buon bicchiere di vino rosso dopo la chiusura della papeterie. I rituali aiutano a fare ordine nel caos della vita, ed è per questo che ogni anno, per il suo compleanno, Rosalie fa sempre la stessa cosa: sale i 704 gradini della Tour Eiffel fino al secondo piano e, con il cuore in gola, lancia in aria un biglietto su cui ha scritto un desiderio. Ma finora nessuno è mai stato esaudito. Tutto cambia il giorno in cui un anziano signore entra come un ciclone nella papeterie. Si tratta del famoso scrittore per bambini Max Marchais, che le chiede di illustrare il suo nuovo libro. Rosalie accetta felice e ben presto i due diventano amici, La tigre azzurra ottiene premi e riconoscimenti e si aggiudica il posto d’onore in vetrina. Quando, poco tempo dopo, un affascinante professore americano, attratto dal libro, entra in negozio, Rosalie pensa che il destino stia per farle un altro regalo. Ma prima ancora che si possa innamorare, ha un’amara sorpresa. Perché l’uomo è fermamente convinto che la storia della Tigre azzurra sia sua…


Sono stata a Parigi ormai tanti anni fa. Era il 2010, in viaggio di studi con la mia università e la capitale francese fu l'ultima tappa di un itinerario interessante, ma abbastanza faticoso. Ricordo che piovigginava, il cielo era grigio, il pullman ci lasciò davanti al Louvre, ma io non fui con il gruppo che entrò nel museo (lo avreste mai detto?). Decisi di dedicare la mia unica giornata a Parigi a conoscere la città, percorrendo le sue strade e osservando i suoi monumenti, qualcuno solo da lontano. Vidi dall'esterno la cattedrale di Notre-Dame dove, sono certa, mi sarei persa al suo interno, incantandomi sulle vetrate e rievocando il celebre romanzo di Victor Hugo, così come il bellissimo cartone animato Disney. Avrei persino cantato la canzone di Esmeralda.
Quando io e il mio gruppetto arrivammo sotto la Tour Eiffel, stavamo cercando disperatamente un posto economico in cui mangiare (una rarità praticamente!). Avevamo optato per Mc Donald's, ma pur avendo chiesto a ben 3 signori, tutti quanti ci avevano dirottato altrove. Simpatici i francesi... infine, chiedemmo a un signore che vendeva braccialetti di corda. Ci disse che dall'Africa era passato in Italia per raggiungere la Francia e parlava italiano. Ci indicò finalmente la direzione giusta. 
Nel pomeriggio, dopo aver ripreso un po' di energie, salimmo a Montmartre, visitando la Basilica del Sacro Cuore. Ricordo poco della serata. Ero stanca, ma certamente le foto avranno immortalato anche quei momenti.
Questa fu la mia unica volta a Parigi. Ci sarei voluta tornare, ma non nego che sia una meta piuttosto costosa e che, in questi anni, non me lo sia potuto permettere. Una mia amica, una volta, mi disse: "Ci tornerai per il tuo viaggio di nozze, che dici?". All'epoca mi misi a ridere, già disillusa su quell'opportunità futura che classificavo tra le cose "impossibili". E infatti, a Parigi non ci sono tornata, né da sola, né accompagnata... ma mai dire mai.


Detto ciò, passiamo alla storia vera e propria. Rosalie è un po' come me: mentre a tutte le bambine (o quasi) piaceva il rosa, a me affascinava l'azzurro, il colore del cielo e, di conseguenza, del mare. Anche gli occhi di Rosalie sono azzurri e si abbinano perfettamente a una lunga treccia castana. La nostra protagonista è un'artista, osteggiata dalla sua mamma (tipico) che avrebbe voluto per lei un futuro diverso. Ma Rosalie, una volta terminati gli studi, è felice così e riesce ad aprirsi una cartoleria "Luna Luna", dove vende deliziosi bigliettini che dipinge lei stessa, penne, matite, colori e tutti quegli oggetti bellissimi che si trovavano nelle cartolerie di qualche anno fa (a Roma, questo tipo di negozi sono quasi scomparsi).
Al suo negozio, un giorno, si presenta un tale Max Marchais che, molto goffamente, fa cadere un espositore. L'uomo, dai profondi occhi azzurri e dalla gentilezza di altri tempi, le chiede di illustrare il suo nuovo libro di fiabe, "La tigre azzurra". Rosalie rimane stupefatta: Max Marchais, l'autore di cui aveva letto tanti libri da bambina, le chiedeva una cosa del genere? La ragazza è al settimo cielo e inizia a lavorare per questo progetto, finché il libretto non va in stampa.
Ma la felicità non dura per sempre... perché un pomeriggio, mentre Rosalie è in negozio, un bellissimo uomo, biondo con occhi azzurri in cui perdersi, si è bloccato davanti alla vetrina e fissa "La tigre azzurra". Poi varca la soglia, ma sembra fuori di sé: è un professore americano di letteratura, si chiama Robert Sherman e ritiene che la storia della tigre sia sua. Vuole denunciare sia Rosalie che Marchais! Come finirà?

Vi posso anticipare che, tanto per citare il titolo, "Parigi è sempre una buona idea", che è una città romantica e che ci saranno altri colpi di scena. Sicuramente l'autrice - eh sì, perché Nicolas Barreau, in realtà, è Daniela Thele - è riuscita a farmi venire ancora più voglia di tornare nella ville lumière, descrivendo stradine, ristorantini, librerie e cieli sfumati che avvolgono la Torre.
E poi è una bella storia. Il sentimento c'è e si percepisce, nasce in maniera talmente spontanea da sembrare una fiaba o una storia d'altri tempi. Insomma, per animi romantici e sensibili come il mio, questo libro è un toccasana.
Certamente, alcuni elementi sono abbastanza prevedibili, ma c'è un dettaglio importante: alla fine vince sempre il cuore.

Foto di Dan Novac da Pixabay

Un romanzo leggero, tutto azzurro e consigliato a chi possiede la capacità di sognare e un cuore che, nonostante le delusioni, riesce ancora a battere forte.

Vi lascio con qualche citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Fosse stato per Rosalie, si sarebbero spedite molte più lettere e cartoline. La piccola - e a volte anche grande - felicità che una lettera scritta a mano riesce a dare sia a chi la manda sia a chi la riceva non è paragonabile all'effetto di un'email o di un sms, che perdono subito importanza e vengono dimenticati in fretta. La piacevole sorpresa di trovare una lettera nella posta, la gioiosa attesa di voltare una cartolina, aprire con cura una busta o strapparla con impazienza. L'occasione di tenere tra le mani una parte della persona che ha pensato a noi, di studiarne la grafia, indovinarne l'umore, magari intuire perfino una traccia di tabacco o di profumo. È una cosa incredibilmente viva. E anche se ormai si scrive sempre meno perché a quanto pare non se ne ha più il tempo, Rosalie non conosceva nessuno che non ricevesse volentieri una lettera o una cartolina».

«Le macchie di colore sono la cosa più importante. Non bisogna mai smettere di sognare. E non bisogna mai smettere di credere ai propri desideri».

«Era così facile la vita da bambini. Come poteva quella vita così facile diventare tanto complicata? Sono le mezze verità, le frasi non dette, i sentimenti nascosti e tutte le cose che ognuno tiene per sé a offuscare la magnifica chiarezza dell'infanzia, a disorientarci perché un bel giorno abbiamo capito che nella vita non esiste un'unica verità?».

«In quel luogo nessuno sentiva il bisogno di stare al passo con i tempi: la piacevole calma che si respirava nella libreria si trasmetteva anche ai visitatori che, notò Robert sorridendo, sembravano muoversi con delicatezza e attenzione».

giovedì 19 settembre 2024

Recensione di "Cannoli siciliani. Mare, amore e altre cose buone" di Roberta Corradin

Il libro letto a cavallo tra agosto e settembre è quello che lascia un po’ di malinconia: lo hai portato in spiaggia con te, profuma ancora di mare e di crema solare, ma allo stesso tempo è quello che terminerai di leggere sul bus, mentre tutto ricomincia.

È stato così per “Cannoli siciliani” di Roberta Corradin, acquistato in una piccola libreria Giunti, finalmente in edizione economica. Era da tempo che volevo leggerlo, che mi incuriosiva.
 

Trama: Mare, sole, amore: la Sicilia d’estate ha molte promesse, ma non per Arianna, che lavora senza sosta alla redazione di due libri in due lingue diverse. Si consola con le tante delizie che l’isola offre anche agli stacanovisti come lei: granite, gelati, cannoli e menu di pesce. Nel frattempo, seduta a cena col laptop aperto, guarda distrattamente Nisso, diminutivo di Dionisso, chef belloccio e un po’ arrogante che le ricorda un giovane Antonio Banderas e manda avanti due ristoranti. Lui ha vissuto sempre in Sicilia, lei è cittadina del mondo. Lui ha poco più di trent’anni, lei poco più di cinquanta. Nessuno dei due ha tempo e voglia di innamorarsi. Ognuno dei due ha un sogno. Diverso. Ma non così tanto. Il destino se ne frega della iniziale riluttanza dei due e tesse trame al posto loro, finendo per intrecciarli stretti in una storia che, anno dopo anno, li porta a confrontarsi e a costruire insieme case, menu, ristoranti, progetti reali e immaginari. Respireranno modi di pensare, stili di vita, cibi e spezie prima sconosciuti. E realizzeranno tante cose buone, da mangiare e non solo, per chi siede ai tavoli del loro ristorante sulla piazzetta di una borgata di mare e per tutta la comunità locale, a partire dalle molte donne a cui Arianna mostrerà che nella vita si può sempre scegliere, e cambiare vita è sempre un’opzione valida. Sullo sfondo, la bellezza mozzafiato della Sicilia barocca, il mare splendente e le colline degli Iblei. Una storia d’amore scritta con uno stile ironico e sagace e con un finale a sorpresa che vi farà ridere, pensare, piangere e sognare. E chissà, anche cambiare.

Questa è una storia ambientata in Sicilia, tra le distese degli Iblei e il mare. È il cibo a far incontrare Nisso (il cui nome deriva da Dioniso) e Arianna, l’uno chef, l’altra giornalista impegnata in vari progetti, tra cui quello di recensire ristoranti. Nisso non si è mai voluto legare, è uno spirito libero, con la sua moto e la nuova semplicissima casetta in campagna (dove non ha il bagno e il letto è una stuoia); Arianna ha visto il mondo, ha viaggiato a Parigi, New York, ha avuto alcune storie, ha anche provato ad avere una bambina, ma la vita l’ha portata poi nell’isola, dove tutto è cambiato; lui ama la montagna e detesta tutto quel blu marino, mentre lei ama il mare nonostante provenga dal Nord Italia. Nisso ha una trentina d’anni; Arianna una cinquantina. Ebbene sì, c’è una differenza di 20 anni tra i due, ma l’età non si rende conto della sintonia tra loro, dei desideri dell’uno che sono anche quelli dell’altra e viceversa. Arianna pone fine al suo peregrinare e si stabilisce con Nisso a Testa dell’Acqua (frazione di Noto), in una bella casa che si è fatta costruire; ad Avola (vicino Siracusa), invece, c’è il ristorante che Nisso conduce e che Arianna, prima per caso, poi per scelta aiuterà a gestire.

Foto di Peter H da Pixabay

I giorni si susseguono così, tra un piatto e l’altro, visitatori che rimangono più che soddisfatti ogni qualvolta entrano in quel ristorantino, camerieri e aiuti in cucina che si alternano, le vicende di casa con i tre cani adottati e qualche viaggio nei momenti di chiusura del locale. Ma se per tanti anni Arianna e Nisso sono legati da quel forte sentimento iniziale, con il trascorrere del tempo – che intanto diventano 15 anni – tutto sembra affievolirsi e una discussione li porta ad allontanarsi un po’. Lei ha lasciato la sua vita da viaggiatrice per stare con lui, ma lui ora ha bisogno di cambiare, di dare un’altra svolta alla figura di chef.

Il ristorantino sulla piazza sarà lì ad attenderli, oppure sarà stato il sogno di una vita insieme che, alla fine, è rimasto in sospeso?

La narrazione si svolge con un alternarsi di voci, ovvero quella di Nisso e Arianna, come se stessero scrivendo un diario a quattro mani. Mentre nella prima parte la storia procede spedita, da metà romanzo in poi diventa più lenta, più ripetitiva. Non nego di aver avuto (purtroppo) voglia di terminarlo perché non trovavo più elementi che tenessero accesa la mia attenzione.

Sicuramente un ruolo di spicco lo giocano i magnifici paesaggi della Sicilia. Sembra di stare in vacanza, in quei posti assolati, tra i fichi d’india, le buganvillea, le case costruite in pietroni color sabbia, il ristorantino sulla piazzetta di Avola e il mare che è una cornice azzurra. Sono stata tre volte in Sicilia, ne ho visitato la parte occidentale, quella centrale e l’orientale. Sono diverse tra loro, ma affascinanti e io ho ancora tanto da vedere e da conoscere.

Carina l’idea di inserire delle ricette. Mi è venuta voglia di provarne qualcuna, ma chissà se a Roma possono avere lo stesso sapore…

Foto di Leopictures da Pixabay

Detto ciò, ero incuriosita da questo libro e volevo leggerlo sin da quando è uscito, ma non mi ha soddisfatto appieno. Pensavo a una narrazione diversa, anche della quotidianità del ristorante, ma forse raccontata da un personaggio solo, lasciando spazio a sensazioni, riflessioni che facessero immedesimare il lettore. Mi sono sentita un po’ distaccata e, probabilmente, il problema è tutto qui.

L’epilogo e i ringraziamenti fanno comprendere come nella narrazione ci sia, sì, un pizzico di immaginazione, ma per il resto sia tutto vero. Arianna è un po’ la trasposizione dell’autrice, Roberta Corradin. Perché? Lo capirete solo leggendo.

Vi lascio con qualche piccola citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Ho sempre pensato che le montagne dividano, chiudano visuali, rendano il tuo mondo più angusto. Il mare invece unisce tutti i luoghi, tutte le genti. Il mare ti lascia guardare lontano; e se guardi lontano, pensi lontano».

«Grandiosa Véronique. […] Ti guarda in faccia e vede i libri che devi leggere, te li impila tra le mani, e sì, è un atto commerciale, ma la cosa incredibile di Siddharta è che ha sempre ragione. Quei libri aspettavano te. I libri sono attori che sanno sempre quando entrare in scena nelle nostre vite».

«Una delle tante forme della felicità è quando quelli più bravi di te ti copiano. Il segreto, se volete saperlo a voi lo dico, è il cuore. Non ce lo mette più nessuno il cuore, e quando c’è si sente, e fa la differenza».

«Quando scegli, nella vita, non muori. Ti rinnovi ogni volta. Ogni scelta che fai è un nuovo pezzo di te che germoglia».

«La felicità è una casetta sulla spiaggia, svegliarsi la mattina e prima di ogni cosa andare a salutare il mare. Non ho resistito. […] Il mare per me è una terapia. Individuo un’onda lontana e non la perdo mai di vista, finché si scioglie sulla riva. Quell’onda è stata a Beirut, è stata a Istanbul, sarà a Gibilterra e poi nell’immensità dell’oceano».

lunedì 16 settembre 2024

Recensione di "La collezionista di libri" di Elisabeth Beer

Buonasera a tutti amici! Avete già preso il vostro bel plaid, il libro preferito e una tazzona di thè? Bene, siete nella giusta modalità "lettore in autunno/inverno"!

E dato che su questo blog si parla di libri, vi porto a vivere un'avventura letteraria alla ricerca della Tabula Peutingeriana. Che cos'è? Lo scoprirete.


Trama: Sarah va a caccia di libri, ma non solo. Colleziona mappe, ama i manoscritti e le vecchie carte geografiche, e si trova decisamente più a suo agio con le pagine stampate che con le persone. Dalla morte della zia Amalia, che ha cresciuto lei e sua sorella, Sarah vive da sola nella sua villa circondata da un rigoglioso giardino in fiore e da tantissimi volumi antichi. Infatti, ha deciso di portare avanti la passione della zia, rilegando libri e prendendosi cura della sua sterminata biblioteca, con l'unica compagnia delle sue amate tartarughe Bonnie e Clyde. Ma tutto cambia improvvisamente quando Benjamin, un giovane bibliotecario della British Library, bussa alla sua porta: ha bisogno di aiuto per rintracciare un'antica mappa stradale romana, un incarico che la zia Amalia aveva accettato poco prima di morire, ma che non era riuscita a portare a termine. Così Sarah decide di partire con Ben all'avventura a bordo della sua vecchia auto, in compagnia delle due tartarughe, alcuni atlanti polverosi e tantissime domande in cerca di una risposta. Inizia un viaggio che li porterà in Francia e in Inghilterra, nell'incredibile mondo dei libri da collezione e delle mappe smarrite, e sulle tracce del passato di Amalia. Un viaggio che forse cambierà per sempre le loro vite.


Sarah è una restauratrice e collezionista di libri. Nella vecchia casa vicino Colonia, il suo laboratorio è pieno di carta, copertine e collanti, utili a far tornare in vita antichi testi. Tutto quel lavoro glielo ha trasmesso sua zia, Amalia, che è stata per lei e sua sorella Milena anche una madre e un padre, proprio quando i genitori morirono in un tragico incidente aereo in Brasile. Amalia si prese cura delle due bambine, finché divennero donne, entrambe con la propria strada: Milena si sposò, ebbe due figli e fece la mamma a tempo pieno (impiego imposto dal marito); Sarah, invece, decise di seguire le orme della zia.

Amalia ha, però, lasciato anche tanti debiti. Il solo modo per risanarli in parte è quello di vendere alcuni oggetti ed è nel corso di un’asta organizzata da Sarah presso la propria dimora che conosce Ben, il ricercatore della British Library, aspirante bibliotecario. Amalia, prima di morire, lo ha contattato perché voleva parlargli dell’ultimo frammento della Tabula Peutingeriana, una magnifica mappa romana dell’Impero, replicata in epoca medievale. Era convinta che Ben potesse essere interessato, ma la morte sopraggiunta aveva interrotto i rapporti epistolari. Sarah vede in Ben la possibilità di risanare le casse: se il frammento fosse stato trovato, la British Library avrebbe sborsato una bella cifra anche per lei in qualità di consulente. E allora perché non intraprendere quest’avventura alla ricerca dell’ultimo frammento della Tabula, provando a interpretare i pochi indizi lasciati dalla zia nei suoi taccuini? Il viaggio condurrà Sarah, Ben e le due tartarughe Bonnie e Clyde in Francia, poi a Londra e infine verso Audley End. Ma il prezioso documento sarà ancora lì, dove zia Amalia credeva?

Tabula Peutingeriana (Conradi Millieri, Public domain, via Wikimedia Commons)

Cosa ha attirato la mia attenzione in libreria? Ben due elementi. In primis, la Tabula Peutingeriana che, per un’archeologa, è documento noto. L’esame di cartografia alla triennale lasciò molti ricordi di questa riproduzione delle strade dell’Impero conservata in Austria, per non parlare degli anni di specializzazione e dottorato successivi che me la riportarono davanti più volte.

Il secondo elemento sono le tartarughe. Non ho potuto fare a meno di pensare alle tartarughe d’acqua di mia sorella, Achille e Tartina, che a soli 4 anni, sono già diventate enormi. Mi ha fatto simpatia questa ragazza che, provando a intraprendere una bella avventura, pensa anche a questi due esserini verdi, scivolosi, puzzolenti e troppo carini.


La narrazione, condotta da Sarah in prima persona, si divide tra presente e ricordi, dall’infanzia alla morte della zia Amalia. Oltre il fatto in sé, ovvero la ricerca del frammento perduto che è in stile Indiana Jones anche se molto più soft, con tanto di avversario, l’autrice ha provato a dar voce ad altre tematiche a partire dai due protagonisti. Ben, per esempio, è inglese, di origini africane. Ha la pelle nera e questo sembra essere sempre stato un elemento discriminatorio. Sarah, invece, è descritta come una persona altamente sensibile, fin troppo, molto intelligente, portata soprattutto per i calcoli matematici e per la chimica, diversa da tutti gli altri, con difficoltà a relazionarsi con il prossimo per via della timidezza e del suo carattere, incapace di sopportare troppa confusione, troppi stimoli, fino a rinchiudersi su se stessa. La ragazza sembra riflettere alcuni aspetti della sindrome di Asperger, rientrante nei disturbi dello spettro autistico. L’autrice, però, chiarisce alla fine del romanzo di aver accantonato l’idea di una Sarah con autismo perché trovava notevoli difficoltà nella narrazione. Sarah è divenuta, perciò, una protagonista particolare, non la solita ragazza brillante e tutta gioiosa, ma riflessiva, tanto da sembrare distaccata, con tante ferite e un cuore pronto ad amare davvero, a dispetto di coloro che l’hanno illusa.

Non si tratta sicuramente del romanzo del secolo, ma è una storia carina, con un filo rosa romantico che emerge in quella che è la tragedia iniziale – la morte dei genitori di Sarah e Milena – e quel pizzico di avventura storica che regala sempre qualche emozione. Chi non vorrebbe girare il mondo alla ricerca di qualcosa di perduto, seguendo indizi, decifrando scritture crittografate, scoprendo posti nuovi? A me batte il cuore solo a pensarci. Unica nota da migliorare, rivolta alla casa editrice: sono sfuggiti alcuni punti interrogativi in frasi affermative, probabilmente esito della traduzione, che andrebbero logicamente rimossi per rendere il tutto più leggibile.

Vi lascio con qualche frase e vi aspetto alla prossima recensione!


«Non è facile incontrare qualcuno che ti ami con la stessa intensità e nello stesso momento in cui lo ami tu. Ne ero consapevole. […] In base alla mia esperienza, l’amore era segnato da un girotondo infinito di desideri irrealizzati, occasione perse, asincronia e, non di rado, fraintendimenti».

«Ogni volta che vedo il mare, penso al cielo stellato. Ogni volta che vediamo qualcosa di bello, di chiaro e lucido ci dimentichiamo del buio, eppure è il buio a renderlo visibile. Mi domandai come fosse possibile che una carezza delicata, data con il pollice per asciugarmi la guancia, potesse ricordarmi che da troppo tempo nessuno mi toccava. Mi abbracciava, mi stringeva la mano, mi lambiva il braccio, il viso, le labbra, me».

«Forse le affinità elettive esistono davvero e due persone, in città a centinaia di chilometri di distanza con in mezzo il mare, girano la stessa pagina nello stesso istante, ridono e piangono negli stessi punti, gli occhi fissi sulle parole stampate in lingue diverse».

«I sentimenti non sono logici, Sarah. Molti ci sono e basta. […] A volte un sentimento è come un messaggio in codice per l’altra persona, ma l’altra persona non ha la chiave per decifrarlo e capire cosa le sta realmente accadendo». 

«Credo che quello che hai detto una volta sia vero, me ne rendo conto a mano a mano che mi spengo: l’amore è quel che resta quando tutto scompare».

venerdì 13 settembre 2024

Recensione di "Sogni romani" di Renato Mammucari

Buongiorno amici e bentornati! In questa mattina grigia di pioggia, torno per un attimo a un mese fa, quando il caldo, per alcuni asfissiante ma che a me rigenera, accompagnava le mie giornate vicino al mare.

Era un pomeriggio di agosto quando, passeggiando per le stradine del centro di Anzio, mi ritrovai davanti a una bancarella di libri usati. Da una parte vi era una montagna di fumetti, dai Topolino più antichi ai Diabolik, ai Dylan Dog; dall’altra romanzi dalle pagine ingiallite, esposti insieme a libri d’arte e storia. Spulciando tra le copertine variegate, ho estratto “Sogni romani” di Renato Mammucari, rimanendo attratta dallo sguardo della donna ritratta in copertina. Effettivamente si tratta di un noto dipinto conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, “Sogni” di Vittorio Corcos, ma non avevo ricollegato immediatamente. In fin dei conti sono un’archeologa, non una storica dell’arte e qualcosa può sfuggirmi. Ad ogni modo, lo sguardo sognante della donna ritratta in copertina, nel suo vestito d’epoca, seduta su una panchina dove ha posato l’ombrellino, il cappello e tre libri impilati, hanno fatto sì che la mia scelta ricadesse su questo romanzo.

Al momento dell’acquisto, il signore della bancarella mi spiega che quello è l’unico romanzo di Mammucari che, invece, è noto per i suoi scritti storici, soprattutto su Velletri e l'Ottocento. Sempre più incuriosita, ho iniziato a leggerne le pagine.


Trama: Un viaggio nell'universo sentimentale di due innamorati e nei luoghi che, non mero fondale al loro peregrinare, hanno impedito che quell'amore che era in loro appassisse prima ancora di cominciare a fiorire. Da Sabaudia, la loro "conchiglia", fondata attorno ad un fazzoletto legato ad un albero più alto degli altri; al Circeo, quel fossile vivente affiorante da acque azzurrissime, copula di due infiniti, l'immensità del cielo in cui si staglia come un animale preistorico e l'incommensurabile distesa del mare da cui emerge; ed a Latina, una città dechirìchiana che conserva tali atmosfere metafisiche da far evocare "le città del silenzio" dannunziane. Da Roma, con quell'Accademia di Belle Arti edificata sul greto del Tevere ove un tempo c'era il "porto della legna"; a Velletri, fondata dai Volsci prima dell'Urbs, alla ricerca di ciò che resta di quel libero Comune; ed a Tivoli, con Villa d'Este ove si entra nei giardini incantati del Rinascimento e villa Adriana che spinge a vagare nei Campi Elisi dell'antichità. Da Parma, che ricorda quella "sindrome" stendhaliana per la quale l'arte può comprendersi solo con un po' di malinconia e d'infelicità; a Camerino, una cittadina così arroccata su un aprico colle da non dare "confidenza alla campagna"; sino a Livorno, in quel paese da favola nel quale si vorrebbe vivere per sempre.


Tutto inizia dalla solitudine e dalla malinconia di giorni passati sulle rive del Circeo, a Sabaudia. Chiara cammina triste sulla spiaggia, avvertendo il vuoto lasciato dalla morte del marito, Alberto, con cui aveva trascorso gli anni sin da quando era poco più che ventenne. E tutto ruota intorno a un dipinto, “Sogni” di Vittorio Corcos, che sembra tornare periodicamente nella vita di Chiara: riprodotto su una scatola di cioccolatini, poi su un calendario a scuola, nello studio di Alberto, il suo professore presso l’Accademia di Belle Arti dove Chiara si era iscritta grazie alla sua passione per il disegno e l’acquerello, infine l’originale alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Un dipinto che unisce e che, nei suoi elementi iconografici, riconduce simbolicamente ai vari elementi dell’esistenza di Chiara. Ma questo romanzo non è solo una storia d’amore, è anche un viaggio nei luoghi più belli del Lazio e d’Italia: Sabaudia, il Circeo, Latina, Cori, Roma (Trastevere e il centro storico), Velletri, Tivoli (Villa d’Este), Parma, Camerino, Livorno.

Foto di GianniJohn da Pixabay


Tra le righe di questa storia, emerge la passione storico-artistica dell’autore (che è avvocato di professione). Non può fare a meno di descrivere, quasi in poesia, i luoghi nominati.

“Sogni romani” è una storia d’altri tempi, un romanzo che non si fa fatica a leggere, trasportati dalla bellezza di città e paesaggi italiani, ma anche del candore del sentimento provato da Chiara che sboccia in un amore destinato a non spegnersi mai, nemmeno dopo la morte del marito.

Inutile specificare che sono rimasta molto soddisfatta dal mio acquisto, anzi, dall’aver scovato questo piccolo tesoro tra i libri dimenticati dell’ultima bancarella sulla via.

Vi lascio con due brevissimi estratti e vi aspetto alla prossima recensione!

Foto di summerstock da Pixabay

«I quadri non vanno guardati ma letti, altrimenti si rischia di far parte di quella massa di visitatori dei musei e delle gallerie che si accontenta più dell’ostensione che della visione» perché, concluse abbassando il tono della voce, come per parlare al loro animo prima ancora che alla mente, «solo in tal modo riuscirete a capire e quel che più conta a carpire il “segreto” del quadro stesso».

«Uscirono dalla Galleria in silenzio; lei aveva timore di guardarlo e fu Alberto a rompere quella tensione dicendole: «Solo così si può amare per sempre, perché non sono due corpi ad unirsi, che prima o poi come tutte le cose terrene finiscono per diventare cenere, ma sono due anime che si cercano per incendiarsi l’uno con l’altra, come le tegole di un tetto si danno l’acqua a vicenda senza chiedersi il perché, solo per il piacere di completarsi vicendevolmente».

giovedì 12 settembre 2024

Recensione di "L'amore non è mai una cosa semplice" di Anna Premoli

Buongiorno a tutti amici! Devo ammettere che il rientro è proprio traumatico, soprattutto in una città come Roma che si sta preparando al Giubileo... mi viene voglia di migrare in un borgo e rimanerci.

Ad ogni modo, vi porto a conoscere un'altra lettura che mi ha fatto compagnia durante il mese di agosto. Si tratta di "L'amore non è mai una cosa semplice" di Anna Premoli, vincitrice del premio Bancarella.


Trama: E se per ottenere un buon voto all’università dovessi fare amici­zia con qualcuno che proprio non ti piace? Lavinia pensava che nel­la vita avrebbe insegnato e inve­ce, dopo la maturità, si è lasciata convincere dai genitori a iscriversi a Economia. È ormai al suo quinto anno alla Bocconi, quando si trova coinvolta in un insolito progetto: uno scambio con degli ingegneri informatici del Politecnico. Lo sco­po? Creare una squadra con uno studente mai visto prima, proprio come potrebbe capitare in un am­biente di lavoro. Peccato che Lavi­nia non abbia alcun interesse per il progetto. E che, per sua sfortuna, si trovi a far coppia con un certo Se­bastiano, ancor meno intenzionato di lei a partecipare all’iniziativa. E così, quando la fase operativa ha inizio e le sue amiche cominciano a lavorare in tandem, Lavinia è sola. Ma come si permette quel tipo assurdo – a detta di tutti un fuori­classe dell’informatica – di piantar­la in asso, per giunta senza spiega­zioni? Lavinia non ha scelta: non lo sopporta proprio, ma se vuole otte­nere i suoi crediti all’esame, dovrà inventarsi un modo per convincerlo a collaborare…

In un pomeriggio romano, afoso ed estivo, mi sono ritrovata con mia mamma in un centro commerciale vicino casa. La tappa alla Mondadori è stata d’obbligo e mia madre, conscia del fatto che mi occupi sempre di roba cervellotica e di ricerca che, probabilmente, mi sta portando alla pazzia, ha scelto questo libro e me lo ha regalato, sostenendo che, ogni tanto, sia necessario leggere anche qualcosa di leggero e poco impegnativo. Ho quindi iniziato a sfogliare la storia di Lavinia, che studia Economia alla Bocconi, uno degli atenei “in” di Milano. Dire che abbia scelto il percorso dei suoi sogni, sarebbe una grande bugia perché Lavinia si è fatta scegliere il corso di laurea dai genitori.

Il suo carattere è evidentemente un problema, perché tende ad accontentare tutti e, soprattutto, a seguire non i suoi personali gusti, ma quelli altrui. Fortunatamente è circondata da un paio di amiche, Giada e Alessandra, che provano a farla ragionare. Nell’ambito degli studi, un suo prof decide di far fare un progetto ai suoi studenti insieme a quelli di Ingegneria informatica ed è risaputo che gli ingegneri siano persone molte strane, a volte poco socievoli e immerse nel loro mondo nel quale è difficile, se non addirittura impossibile, entrare (confermo per esperienza!).

Foto di donterase da Pixabay

A Lavinia viene assegnato, come compagno di progetto, Sebastiano, il più strano e geniale di tutto il corso. Basti dire che, ancora non laureato, già fa mille lavori come programmatore, ma trova anche tempo per i giochi di ruolo, per la moto e per il karate. Lavinia e Sebastiano non potrebbero essere più diversi: lui è timido, ma ha carattere e le idee molto chiare; Lavinia è terribilmente curiosa e, soprattutto, non sopporta di non stargli simpatica, proprio lei che, pur di essere accettata, si è sempre adattata.
Giorno dopo giorno, lavorando insieme a questo progetto, i due finiranno per odiarsi… anzi, per amarsi.
Non posso dire molto di più, perché rischierei di rivelare troppo, essendo la trama molto semplice.

Come ho trovato questo libro? Scialbo a dire il vero. Mi hanno fatto sorridere alcune reazioni di Lavinia e i commenti di Giada, ma è tutto talmente lineare e prevedibile che sono andata avanti a rallentatore almeno fino al capitolo 9. Poi c’è un po’ di “pepe”, generato dall’attrazione che si crea fra i due protagonisti, ma era assai scontato che finisse così.

Un piccolo commento su Lavinia: viene presentata come ragazza adattabile a tutto e quasi sottomessa. A me pare una gran gattamorta, con tanto di medaglia d’oro. Se sarete tra i lettori, capirete cosa intendo.

In sintesi, la storia non mi ha coinvolta più di tanto, rivelandosi una lettura da fare, senza impegno, sotto l’ombrellone. Alla fine mia madre aveva ragione.

Vi aspetto alla prossima recensione e chiudo con un piccolissimo estratto.

Foto di s1601064 da Pixabay

«Quindi, appurato che, per qualche misterioso motivo, tra tutta la gente che hai incontrato nella tua vita proprio quella persona specifica – magari la più imperfetta – è anche l’unica che ti fa battere il cuore, non rimane che seguire l’istinto e lottare. E non perché si è romantici o pratici. No. La verità è che spesso si segue il cuore perché ci si sente una vera schifezza senza quel pezzettino che ci hanno strappato via. Quindi non è questione di scelta. Proprio per niente».
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