book

Visualizzazione post con etichetta arte. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta arte. Mostra tutti i post

mercoledì 18 gennaio 2023

Recensione di "Frida Kahlo & Diego Rivera"

Buongiorno amici lettori, come state? Ritorno sul blog, in una mattinata piuttosto cupa di questo gennaio, per raccontarvi della mia ultima lettura: "Frida Kahlo & Diego Rivera. L'elefante e la colomba" della collana "Amori Eterni" edito da EMSE.

Copertina del libro (foto di Cristina Cumbo)


Trama: Una passione travolgente, spiazzante, libera da qualsiasi vincolo e regola, ha scandito la storia d’amore tra Frida Kahlo e Diego Rivera, rinnovandosi di giorno in giorno e facendosi linfa e nutrimento della caleidoscopica creatività di due grandi artisti del Novecento.

Di Frida Khalo conoscevo molto poco. I suoi dipinti, molto particolari, sono quasi diventati una "moda", ma mi chiedo quante delle persone che indossano articoli con il suo volto, o con dettagli tratti dalle sue opere, conoscano veramente la storia di questa artista.
Frida ama dipingere, ama l'arte che diventa soprattutto l'unica via di salvezza quando la sua vita viene quasi spezzata da un terribile incidente con il tram, da cui esce miracolosamente viva, ma danneggiata. Sarà costretta a letto nella Casa Azul per più volte nel corso della sua esistenza. E cosa dipinge Frida? I colori, il verde, la malinconia, scenari surreali, sé stessa.
La sua ripresa fu lenta e subì alti e bassi. Durante una cena a casa della fotografa Tina Modotti rivede Diego Rivera, già incontrato quando lei era solo una ragazzina e lui un artista affermato che stava curando un murales presso l'anfiteatro Simón Bolívar di Città del Messico. Nonostante la grande differenza d'età e le abitudini, molto note, di lui, i due si sposarono. Fu un matrimonio tormentato, dall'impossibilità di avere figli, ai continui tradimenti di Rivera (persino con la sorella di Frida, Cristina), che condussero la coppia alla separazione. Una separazione che non fu mai definitiva. È difficile comprendere il tipo di rapporto che si instaurò tra i due: decisero di condurre la propria esistenza con altre persone affianco, ma nel cuore di ognuno c'era il nome dell'altro. Ed è così che giunge anche la replica del matrimonio: Frida e Diego si risposano, ma la salute dell'artista è compromessa. I gravi problemi circolatori causati dall'incidente di tanti anni prima l'hanno condotta prima a indossare dei busti molto rigidi per sostenere la schiena, poi alla cancrena. Frida va incontro all'amputazione di una gamba, tenterà il suicido e da lì a poco morirà per embolia polmonare. Ma Diego, pur proseguendo con i suoi vizi, le sarà accanto a modo suo fino alla fine.
Sono molti gli autoritratti eseguiti da Frida, molti i dipinti surreali che riguardano lei, la sua esistenza e la sua famiglia, il suo dolore. Idee e pensieri che confluiscono all'interno di un pennello intinto nei colori che riportano alle radici dell'arte messicana.

"Innamorati di te, della vita e dopo di chi vuoi."

Foto di Olga Kalinina (da: https://www.pexels.com/)

giovedì 17 settembre 2020

Recensione di "Prima regola: non innamorarsi" di Felicia Kingsley

Buonasera amici! Mentre l'autunno si avvicina, insieme ai suoi colori caldi intrappolati nelle foglie, continuo a postare recensioni dei romanzi che mi hanno fatto compagnia sulla spiaggia.


Trama: Silvye ha ventisette anni, una madre asfissiante e sogna solo una vita normale, con un lavoro normale. Ma la verità è che la sua vita è tutto meno che normale perché… è una truffatrice. Sì, una truffatrice, figlia di una truffatrice che l’ha istruita alla perfezione nell’arte del furto e dell’inganno. Ci sono solo due cose che Silvye non deve fare: mangiare carboidrati e innamorarsi. A lei, le regole proprio non piacciono: ok vivere senza innamorarsi, ma non senza carboidrati!C’è invece una persona a cui le regole piacciono moltissimo: Nick Montecristo, affascinante ladro-gentiluomo e astuto genio dell’arte. È un abile stratega, impermeabile ai sentimenti, e non ha mai fallito un solo incarico.
Nick e Silvye sono i prescelti da un ricco ed eccentrico collezionista, per mettere a segno un colpo sensazionale. Peccato che i due si detestino e abbiano qualche conto in sospeso da regolare. Lei è fuoco, lui è ghiaccio. Impensabile lavorare insieme, impossibile dire di no al colpo. Riusciranno Nick e Silvye a passare da rivali a complici, ed evitare che una fastidiosa quanto imprevista attrazione tra loro complichi le cose? Ma sì, in fondo sono due professionisti, basterà rispettare una sola regola…
Ecco un altro romanzo che mi ha fatto divertire e appassionare! Silvye e Nick si incontrano perché il destino ha voluto che le loro strade da truffatori e ladri si incrociassero. Entrambi, dopo una rocambolesca e a tratti imbarazzante "presentazione", vengono arruolati da un Lord scozzese per ritrovare un oggetto molto ricercato e importante, soprattutto per i collezionisti: il diario di Giacomo Casanova. 


Attraverso una missione che evoca i viaggi di Indiana Jones e quelli di Robert Langdon, protagonista del Codice da Vinci di Dan Brown, Nick e Silvye si dovranno confrontare, utilizzando ogni mezzo con persone capaci di uccidere per ottenere il prezioso manufatto… perché il diario di Casanova non è un semplice trattato di seduzione, bensì un enigma per arrivare a uno dei tesori più desiderati in assoluto. I nostri protagonisti viaggiano sull'Orient Express, arrivano a Parigi, fuggono tra le calli di Venezia effettuando inseguimenti in motoscafo, volano a Londra e Vienna, ma c'è una regola tra loro, la principale: non innamorarsi. Entrambi conducono una vita che non lascia spazio all'amore… ma riusciranno davvero a mantenere fede a questo proposito? 


Ho letto questo romanzo in 4 giorni: mi è piaciuto, mi sono divertita, ho viaggiato con la fantasia e mi sono innamorata di Nick Montecristo (inevitabile), il ladro che non ruba nei musei. L'autrice riesce ad usare la giusta dose di ironia mescolandola abilmente con situazioni ambigue e avventurose, introducendo inoltre descrizioni storico-artistiche e architettoniche che evocano spettacolari immagini dei monumenti e delle città in cui i nostri protagonisti si trovano ad agire. 


E poi… Felicia Kingsley mi ha conquistata quando ha nominato i Monuments Men, alludendo alle azioni di tutela verso il patrimonio culturale. Come potevo rimanere insensibile davanti a un romanzo che stava unendo tutto ciò che amavo, ovvero l'arte, la tutela della stessa, l'avventura, il mistero e un bellissimo ragazzo ironico dagli occhi azzurri e i capelli neri, che avrebbe voluto occuparsi di recuperare le opere d'arte perdute? 


A volte i romance non fanno per me. Li leggo, ma noto mille difetti, invece "Prima regola: non innamorarsi" contiene la giusta ricetta per far appassionare le lettrici, anche le più scettiche. Se uscisse un film, sarei la prima a correre al cinema. Complimenti Felicia! 


«Il mercato dell'arte si colloca al confine tra legalità e illegalità, tra bianco e nero. C'è tanto grigio entro cui muoversi. Il collezionismo è fluido, ci sono dei buchi normativi e nessuno fa domande […]». 


«Pensa all'arte come a un iceberg. Ciò che è esposto nei musei o nelle collezioni private è solo la punta, tutto il resto è sommerso. Le guerre, le razzie e gli smarrimenti hanno fatto scomparire la maggior parte delle opere che oggi sono proprio in quel cono d'ombra. Ed è lì che lavoro io: un'ombra tra le ombra», le spiego. «Hitler aveva requisito oltre seicentomila quadri, sculture e manoscritti che, ancora oggi, risultano dispersi. Solo una minima parte è stata ritrovata. Prima di lui, Napoleone ha depredato Europa ed Egitto dei loro patrimoni artistici e, anche se la maggior parte delle opere è stata ricollocata, ancora tante mancano all'appello. Il mercato dei furti d'arte produce un giro di affari da sei miliardi annui solo in Europa ed è praticamente impossibile da controllare». 


«I miei miti erano i Monuments Men». 
«Chi?» 
«Una task force di uomini incaricati di salvaguardare le opere d'arte durante la Seconda guerra mondiale. Tra il 1943 e il 1951 hanno recuperato oltre cinque milioni di pezzi che sarebbero andati perduti, come la Madonna di Bruges di Michelangelo o Ritratto di Adele Bloch.Bauer di Klimt. Io volevo diventare un recuperatore per il governo e riportare le opere perdute agli occhi delle persone». 


Con gli occhi rivolti verso l'alto, guardiamo il cuore rosa salire nel cielo grigio, diventando sempre più piccolo, finché non lo perdiamo di vista. 
«Non c'è più» mormora lei con voce tremula. 
«C'è ancora, solo che noi non lo vediamo. Anche quando ci saremo separati, non ci vedremo, ma nei miei pensieri tu ci sarai ancora. Ci sarai sempre». 


«Adesso ti sembra la fine del mondo perché è una cosa fresca, ma aspetta di vedere le cose in prospettiva. Non ci si può innamorare in otto giorni». 
«E se ne bastasse uno? Se bastasse un'ora?» 
«Al cuore basta anche un minuto», ribatte lei, «ma tu devi usare la testa».

venerdì 14 febbraio 2020

Recensione di "Perché l'amore qualche volta ha paura" di Guillaume Musso

Sono le 24.00 passate. E' tardi, lo riconosco... tardi per le "persone normali", non per la sottoscritta che ha sempre studiato e ricercato fino alle prime ore della notte, quando la luna era ormai alta nel cielo e le stelle rischiaravano la città silenziosa.
Sto ascoltando la nuova canzone di Francesco Gabbani, "Viceversa", portata sul parco dell'Ariston di Sanremo. Le sue parole mi risuonano in testa e non riesco a pensare altro se non a "questa è una poesia". Francesco Gabbani narra l'amore nel senso più ampio del termine, come un qualcosa di perfetto nella sua imperfezione, nei litigi che avversano una coppia, ma anche nello scambio di tenerezza e di dolcezza che nasce dai baci e si espande attraverso le carezze e gli abbracci. Parla di quell'amore che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero provare a vivere... anche se non a ognuno, purtroppo, è concesso questo grande dono.

In ogni caso, buonasera o buonanotte, come preferite. Nel primo pomeriggio di ieri ormai, ho preso in mano l'ultimo libro che avevo in lettura e ho terminato di sfogliare le sue pagine. Si tratta di "Perché l'amore qualche volta ha paura" di Guillaume Musso. Mi aveva attratta il titolo... perché è vero, l'amore a volta ha paura, ma fa anche paura. E la paura di lasciarsi andare a un sentimento così raro (non parlo di infatuazione o di passione, ma di amore vero), spesso congela per sempre le migliori storie tra due persone plasmate l'una per l'altra.
Poi è accaduta un'altra cosa nel mio processo di "conoscenza" con il libro: ho deciso di leggere qualche riga random. Potevo rimanere indifferente alla storia di un ladro d'arte e di un poliziotto impiegato nell'OCBC francese, ovvero il reparto destinato a combattere i crimini contro il patrimonio culturale? Forse era semplicemente destino e l'ho acquistato.


Trama: Gabrielle ha due uomini nella sua vita. Uno è suo padre. L'altro il suo primo amore. Uno è un famoso poliziotto. L'altro un imprendibile ladro. Anni fa li ha persi entrambi. Ma il destino ha deciso di farglieli incontrare di nuovo. I due uomini si conoscono, si odiano e si sfidano a morte. Gabrielle si rifiuta di scegliere fra loro. Vorrebbe proteggerli, farli riappacificare e amarli entrambi. Ma ci sono duelli da cui non si può uscire vivi. A meno che. Dai tetti di Parigi alla romantica San Francisco, un primo amore che illumina una vita intera, una storia avvincente, piena di suspense e di magia.


Prima di cominciare, vorrei avvertire che, nonostante abbia fatto molta attenzione, potrebbe essere sfuggito qualche elemento considerabile come SPOILER.

Tutto ha inizio nel 1995. Gabrielle e Martin sono due studenti universitari. Si conoscono, innamorandosi perdutamente l'una dell'altra. Martin, però, è francese e deve tornare a Parigi. Pur avendo rimandato la partenza, alla fine arriva quel triste momento in cui dirsi addio. Mentre Gabrielle rimane a S. Francisco, Martin prosegue a pensare a lei, escogitando un solo modo possibile per rivederla: darle appuntamento, magari a New York, il 24 dicembre. Quel giorno, però, Gabrielle non si presenterà, segnando per sempre il futuro sentimentale del giovane.


Anni dopo, Martin è ormai un poliziotto. Dopo un periodo trascorso nella narcotici a combattere lo spaccio di droga, ha deciso di essere trasferito nell'OCBC - Office central de lutte contre le trafic de biens culturels - dove da anni dà la caccia ad Archibald, abile ladro di opere d'arte.
L'ultimo colpo, diretto all'autoritratto di Van Gogh, è stato completamente monitorato da Martin, fino ad arrivare a un inseguimento per le strade di Parigi che ha condotto il poliziotto a precipitare in acqua con una copia del dipinto, abilmente scambiata dal ladro.


Archibald è diventato per Martin il vero e proprio obiettivo e, allo stesso tempo, per Archibald è Martin ad essere il fine ultimo dei suoi furti: lui vuole farsi seguire. Ma perché?
La vita, a volte, è talmente assurda che, nonostante i mille giri che ti costringe a fare, riuscirà ad intrecciare i fili con quelli di altre persone che sembrano "destinate" ad incontrarti. Ed ecco che Archibald è in realtà il padre che Gabrielle non ha mai conosciuto. Questo Martin non lo sa quando, ancora sulle tracce del ladro, si ritrova a S. Francisco... tornando per caso a specchiarsi negli occhi della ragazza che, tanti anni prima, gli aveva fatto battere il cuore.
Il destino ha ancora in serbo per Gabrielle, Archibald e Martin ulteriori colpi di scena che termineranno con un finale in uno stile che echeggia Lost (chi ha visto la serie fino all'ultima puntata, sa di cosa stia parlando).


Complessivamente il romanzo non mi è dispiaciuto. E' stata una lettura scorrevole, ma a volte un po' scontata. Ho apprezzato molto il fatto che Martin fosse un poliziotto di un reparto speciale dedicato all'arte, cui di solito non si fa mai riferimento nella narrativa. Si nota anche quanto l'autore si sia informato a riguardo prima di costruire un background di uno dei suoi protagonisti... eppure come poliziotto dell'OCBC non è troppo credibile. Martin riesce a farsi scappare il ladro dopo aver monitorato le sue mosse per ore; riesce a farlo fuggire quando potrebbe farsi aiutare da una squadra di colleghi che era giunta sul posto; riesce persino a farsi "mollare" un grandioso dipinto falso... tant'è che mi sono ritrovata a dire "non era meglio che rimanessi nella narcotici, caro Martin? Forse l'OCBC non fa per te".
Critiche a parte sul mestiere, credo che la narrazione sia stata eccessivamente incentrata su Archibald, tralasciando un bel po' il passato di Martin ad esempio (si capisce bene come abbia trascorso un'infanzia e un'adolescenza difficili, ma il lettore non ha ulteriori dettagli in merito), così come quello di Gabrielle della quale vengono sottolineati solo pochi episodi salienti.
Il filo "rosa" che lega tutti loro, essendo io stessa una romantica di fondo, l'ho trovato molto intrigante. Il fatto che esista una sorta di "predestinazione" tra anime affini mi ha affascinata (probabilmente perché ho potuto effettuare confronti reali dentro di me...), così come l'esistenza di quella seconda possibilità che la vita a volte ci offre per poter raggiungere chi amiamo veramente.


Inoltre, l'autore propone una visione di quello spazio, o limbo, collocato a metà strada tra la vita e la morte (alcuni dei protagonisti si trovavano in uno stato di coma) che è del tutto particolare. Ripeto, mi ha ricordato Lost, ma è ancora diverso: Musso ipotizza un grande aeroporto da cui si può uscire esclusivamente imbarcandosi su un aereo diretto verso la vita, o verso la morte. In queste immense sale d'attesa si incontrano anime che, per un motivo o per l'altro, si sono incrociate nella realtà, ritrovandosi a condivere momenti decisivi per un futuro che nessuno conosce.  
Infine, l'amore tra Gabrielle e Martin che resiste al tempo, alle avversità, alle casualità e alle sfide mi sembra surreale, ma forse per questo magnifico; allo stesso modo, Archibald, ladro gentiluomo, ancora perdutamente innamorato di Valentine - madre di Gabrielle - mi ha trasmesso tanta tenerezza.
In sintesi, "Perché l'amore qualche volta ha paura" è un bel libro, ma sinceramente mi sarei aspettata qualcosa in più.
Termino con qualche estratto che ho amato particolarmente.

«Era scettico su molte cose, ma credeva nelle virtù terapeutiche dell'arte; era convinto che attraverso la cultura si potesse ricostituire l'immagine di sé e confidava nel potere resiliente della creatività».

«Martin comprese allora che né il tempo né la distanza avevano affievolito il suo amore. Ma un amore che fa soffrire da morire è davvero amore?».

«[...] Perché la propria anima gemella può essere nel contempo la propria anima dannata».

«Alla fine Martin aprì la bocca per dire quello che aveva in cuore: "Il guaio è la solitudine generata dal dolore. E' quella che ti uccide a poco a poco, che ti isola dagli altri e dal mondo. E che risveglia tutto ciò che c'è di peggio in te". Gabrielle non cercò di eludere la discussione. "Amare è sempre pericoloso, Martin. Amare significa sperare di vincere tutto rischiando di perderlo e significa anche, a volte, accettare il rischio di essere meno amati di quanto si ami"».

«[...] Perché fa paura essere amati. Perché la vita è complicata e troppo spesso si diverte a mandarti la persona giusta al momento sbagliato».


martedì 23 luglio 2019

Recensione di "Detective dell'arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura" di Roberto Riccardi

Buongiorno a tutti amici! In un ritaglio di tempo volevo condividere con voi la mia recensione di "Detective dell'arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura" di Roberto Riccardi.


Trama: Un film nel 2014 li ha resi famosi. Erano i Monuments Men, 350 uomini di tredici Paesi che salvarono i capolavori dell'arte dalle devastazioni della Seconda guerra mondiale. Di militare avevano ben poco, erano in prevalenza esperti di arti figurative, archivisti e restauratori. Nello stesso periodo Rodolfo Siviero, agente segreto e critico d'arte, riportava in Italia con operazioni degne di un romanzo d'avventura i capolavori sottratti dal "Kunstschutz" voluto da Hermann Göring. Era figlio di un carabiniere. Prima di lui c'era stato lo scultore Antonio Canova, nominato ambasciatore dal papa per recuperare le opere portate via da Napoleone in forza del trattato di Tolentino. Nel 1969 l'Arma dei Carabinieri ha creato una struttura dedicata alla salvaguardia dell'arte, composta da squadre abituate a lavorare sui grandi scenari internazionali utilizzando tecniche professionali e innovative. È il nucleo (ora comando) Tutela patrimonio culturale. I suoi uomini hanno rimesso al loro posto La Muta di Raffaello, Il giardiniere di Van Gogh, il Cratere di Eufronio, la Triade capitolina. I risultati vanno ben al di là delle cronache giudiziarie: viaggiano fra il passato e l'eterno. Nel cinquantenario della fondazione del Tpc, a cui sono dedicati eventi e mostre in tutto il mondo, questo libro racconta le indagini, i successi e i casi su cui non è stata ancora scritta la parola fine. Dalla riapertura delle domus di Pompei al giallo del Caravaggio rubato e ai falsi Modigliani, dal salvataggio delle opere d'arte dopo il terremoto in Umbria del 2016 all'impegno in Iraq per la protezione e il recupero dei beni archeologici dopo la Seconda guerra del Golfo, è una carrellata di storie avvincenti e colpi di scena. Che non solo svelano il mondo sommerso dei tombaroli, dei furti su commissione e dei falsari di mestiere, ma rivelano anche le emozioni, i ricordi, gli aneddoti dei detective dell'arte, che hanno fatto del loro lavoro una passione senza confini.

Piove a Palermo. E' una notte di ottobre del 1969. Il Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri è stato fondato da solo qualche mese e già un caso importante si presenta davanti ai suoi occhi: dall'Oratorio di San Lorenzo è scomparsa "La Natività" del Caravaggio. Ancora oggi quel dipinto è nella lista delle opere d'arte più ricercate di tutti i tempi, il simbolo del traffico d'arte internazionale.


E' così che il Gen. Roberto Riccardi, attualmente Capo Ufficio Stampa dell'Arma dei Carabinieri, comincia la sua narrazione, illustrando in modo scorrevole e a volte "poetico" il mestiere dei Detective dell'arte, degli 007 Italiani che si occupano di recuperare le opere illecitamente sottratte, di restituirle, ma anche e soprattutto di contrastare ogni azione criminale rivolta verso il patrimonio culturale e paesaggistico.


Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha compiuto 50 anni il 3 maggio scorso ed è proprio grazie a questo reparto speciale dell'Arma, fiore all'occhiello tutto Italiano, che l'umanità è in grado di recuperare frammenti della propria storia.
E' quando i tombaroli si aggirano furtivamente nelle campagne che i Carabinieri del TPC indagano e contrastano i trafficanti d'arte internazionali. La Triade Capitolina, magnifico gruppo scultoreo, è stata recuperata così.


E' quando i ladri, frequentemente aiutati da una talpa interna, decidono di recarsi a un museo per rubare opere importanti, magari su commissione, che i Carabinieri del TPC devono essere immediatamente reperibili e correre sul luogo del "delitto" per raccogliere le prove e iniziare le indagini. "Il giardiniere" di Van Gogh, o i dipinti trafugati dal Museo di Castelvecchio a Verona hanno richiesto complesse operazioni investigative prima di portare a casa un risultato positivo, restituendo alla collettività le opere d'arte. 


Ma tutto ciò non riguarda esclusivamente le opere già note: tra i "ricercati" dai Carabinieri vi sono anche manufatti di arte sacra, piccoli oggetti, quadri di artisti sconosciuti che avevano un valore affettivo, sacro, religioso "bisognosi" di essere recuperati per colmare un vuoto tangibile nelle comunità.
Poi ci sono i falsari, sempre pronti a immettere sul mercato manufatti contemporanei spacciati per originali, uomini senza scrupoli che, pur di guadagnare sulla buona fede degli acquirenti, sarebbero disposti a qualsiasi cosa. E' così che sorgono casi come quello dei falsi Modigliani per citarne solo uno dei più famosi.
Infine ci sono le missioni "speciali": i Caschi Blu della Cultura, Unite4Heritage, sono in prima linea quando si tratta di dare man forte in situazioni tragiche, quali calamità naturali (terremoti, alluvioni, incendi, etc.) e guerre, che minacciano il patrimonio culturale.


Tutto questo riguarda le attività del Comando Carabinieri TPC, che può fare costante affidamento sulla "Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti", il più grande e completo database al mondo contenente informazioni e fotografie relative alle opere d'arte trafugate.


Roberto Riccardi, oltre a narrare le imprese, nomina anche le persone che indossano quella divisa: donne e uomini impegnati costantemente per far sì che la memoria e la storia, nazionale e internazionale, non si disperda, ma continui a raccontare dettagli di un passato tremendamente attuale. Donne e uomini infaticabili, che sacrificano spesso gli affetti per adempiere al proprio dovere e rimanere al servizio di ogni cittadino.
I Monuments Men hanno indubbiamente scritto una pagina importante di storia; i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale camminano accanto al cittadino ormai da 50 anni, senza mai lasciarlo solo, impedendo prima di ogni altra cosa che la deliquenza possa in qualche modo compromettere la memoria di ognuno di noi. 


E' ormai dal 2013 che ho personalmente iniziato il cammino della tutela del patrimonio, studiando i casi specifici, occupandomi della comunicazione e informando ogni cittadino degli eventi "delittuosi" riguardanti i beni culturali. E' solo puntando sulla consapevolezza del singolo che si potrà (forse) educare al rispetto verso la storia e le testimonianze di un passato collettivo.

sabato 18 maggio 2019

Ricordi di tre giorni in Puglia: Putignano, Alberobello, Bari

Un nuovo sabato piovoso e il cielo grigio che ricopre Roma: la primavera sembra aver deciso di abbandonarci, anche se ieri, passeggiando per le stradine di Trastevere, si avvertiva un timido odore di gelsomino proprio davanti la chiesa di S. Maria della Scala. E' trascorso ormai quasi un mese da quando sono andata in Puglia e lì era già estate! Mi pervade una strana nostalgia del sole caldo e del profumo di fiori appena sbocciati...

Quella in Puglia è stata una vacanza un po' inaspettata. Non credevo di ritornare nei posti in cui ero stata all'età di 12 anni. Il mio primo viaggio "lungo" era stato lì, con la scuola media... ed ero tornata con la febbre a 38 mezzo, mia solita sfortuna.
Ricordo però la meraviglia che avevo provato entrando all'interno del Castel del Monte ad Andria, quella luce che rifletteva sul bianco della pietra e il cielo che si apriva a forma di ottagono sulla mia testa; ricordo quanto mi fossi sentita piccina nelle Grotte di Castellana e l'imponenza delle stalattiti che creavano un paesaggio surreale; ricordo una piccola me che faticava (con la febbre) a salire le scale su cui è arroccata Alberobello, i trulli e quelle forme particolari, un bar incastrato nella folta foresta di tetti grigi; un albergo, vicino al Parco dei Dinosauri; e ricordo un rosone barocco, finemente intarsiato, come fosse merletto, della basilica di Santa Croce a Lecce; e infine, la cattedrale di Trani che si affacciava sul mare.
Erano stati tre giorni intensi, come solo le gite scolastiche sanno essere, eppure la Puglia mi era rimasta nel cuore. Poi sono cresciuta e tanti eventi si sono succeduti... finché una me adolescente ha deciso (stupidamente) di gelare i battiti del cuore per una terra meravigliosa.
Mia sorella, invece, mi ha fatto ricucire uno strappo con il passato... a volte si capisce, solo a distanza di anni, quanto un amore represso, in realtà, non muoia mai, ma rimanga sepolto sotto strati di cenere, pronto a rivivere alla prima opportunità.
Poesie a parte e ricordi personali pure, questi tre giorni sono stati davvero magnifici, nonostante gli avvisi da parte di gente locale riguardo i trasporti. Devo dire che ci avevano veramente terrorizzate. E' vero, i treni delle Ferrovie del Sudest non sono Frecciarossa, ma nemmeno una tragedia. Forse siamo state fortunate, ma tutto ha funzionato alla perfezione. Giunte all'aeroporto di Bari, una navetta ci ha portato in 30 minuti alla stazione e da lì abbiamo preso il treno per Putignano, dove avevamo prenotato una camera usufruendo del Wonderbox.
Il piccolo centro in provincia di Bari si è presentato in tutta la sua tranquillità, con un groviglio di stradine bianche e lastricate, punteggiate qua e là di fiori colorati posti dagli abitanti accanto alle porte delle abitazioni. E' come entrare in un luogo magico in cui il tempo si è fermato, varcando l'arco in pietra e proseguendo a scoprire angoli nascosti, dove le chiesette lasciano il posto a vicoli stretti e tortuosi in cui è un piacere camminare.




Sulla via principale, spicca la cattedrale di S. Domenico, il cui retro si affaccia su una verde distesa.
Il primo giorno, tutto dedicato a Putignano, ci siamo recate anche a visitare la Grotta del Trullo, raggiungibile con una passeggiata attraverso la cittadina e immediatamente fuori da essa, incontrando la campagna pugliese dai toni colori tenui sul verde pastello punteggiati del rosso dei papaveri e del viola del glicine. 


La visita all'interno della grotta è durata circa mezz'ora. Il sito non è molto grande, ma non per questo meno interessante. Fu la prima grotta ad essere scoperta in Puglia proprio mentre si stava costruendo... un po' come accade a Roma per le catacombe, a volte scoperte per caso in occasione dell'edificazione di palazzi (es. ipogeo anonimo di via Dino Compagni).


La Grotta del Trullo è una Castellana in miniatura, all'interno della quale si scende percorrendo una scala a chiocciola lunga qualche metro. Il gocciolo dell'acqua introduce in ambienti scolpiti dalla natura e non nego di aver desiderato un caschetto e una corda per poter esplorare nuove cavità.


Il secondo giorno abbiamo deciso di sfidare la sorte e recarci ad Alberobello con il pullman. Il 25 aprile, infatti, i treni erano fermi e le navette sostitutive piuttosto lente, almeno all'andata. Dopo aver atteso un'ora, alla fine siamo riuscite nell'intento, così come gli altri turisti. Mi è sembrato di fare un salto indietro nel tempo... vi erano angoli che, a mente fredda, non ricordavo, ma qualcosa in me era rimasto. Non ho avuto bisogno della piantina per orientarmi, sapevo benissimo dove dirigermi... e ho ritrovato quel bar che mi era rimasto impresso. 


Alberobello era affollata: le scale brulicavano di turisti, ma non ci siamo scoraggiate e abbiamo iniziato la salita, tra scatti fotografici, "wow" di meraviglia e l'osservazione di tanti negozietti, alcuni dei quali particolari per l'artigianato locale. 


Cosa mi ha attratto? Il mio animo iconografico non avrebbe mai potuto non soffermarsi sui simboli dipinti sui tetti dei trulli, riflettendo sul loro significato e cercando una spiegazione legata più alla quotidianità e all'aspetto pratico, piuttosto che a quello mistico e misterioso che spesso viene collegato alla simbologia. Davvero particolare è stata la chiesa-trullo, anche se mi sarei immaginata un minor restauro interno: ho notato spesso un uso incondizionato di questa intonacatura che, nonostante preservi certamente la struttura, ne elimina il fascino antico.


Un bel piatto di orecchiette alle cime di rapa e un tiramisù hanno restituito le forze per tornare indietro, verso il pullman che ci avrebbe ricondotte a Putignano... e sarebbe stato quel pranzo l'unico della giornata ad essere davvero apprezzato. Purtroppo a Putignano, incuranti del fatto che il turismo sia importante anche nei giorni festivi, i ristoranti erano tutti chiusi, eccezion fatta per tre baretti  che proponevano panini poco attraenti e il ristorante cinese su cui, purtroppo, è ricaduta la nostra scelta.


L'ultimo giorno è stato dedicato a Bari. Il treno da Putignano ci ha ricondotte alla stazione centrale da cui ci siamo inoltrate verso la basilica di San Nicola, tappa obbligatoria. 


Le strade più moderne hanno progressivamente lasciato spazio al lastricato in pietra chiara e Bari vecchia ci ha accolto tra i vicoletti. D'un tratto, mi sono ritrovata immersa in un altro tempo, istanti passati in cui i ragazzini giocavano a pallone tra quelle vie, le madri affacciate alle finestre di quei palazzi così vicini tra loro, i vecchietti agli angoli a chiacchierare in crocicchi e a portare fiori freschi alle cappelline votive incredibilmente ricche di decorazioni, le signore dalle mani bianche di farina a impastare e a creare orecchiette e taralli, mentre la campana rintoccava le ore e l'aria era intrisa dell'odore di salsedine proveniente dal mare, poco distante. 



Ho aperto gli occhi: non vi erano molte persone che camminavano, ma quell'atmosfera è rimasta e aleggia tra le stradine ricche di storia e tradizioni. Mi è piaciuta Bari vecchia, si è ritagliata un pezzettino all'interno del mio cuore... e d'un tratto mi ha mostrato pure gli scavi della basilica paleocristiana di Santa Scolastica! Come potrei non volerle bene?


Solo alla fine della lunghissima passeggiata e dopo un bel gelato refrigerante, siamo arrivate al Castello Svevo, il cui fossato era stato impiegato come scenario per una parte della mostra "Epifania della terra" di Giuseppe Carta, accogliendo una miriade di peperoncini scarlatti.


Proprio nella piazza di fronte all'entrata della fortezza di Federico II, vi erano appunto quelle signore che, con una velocità mai vista prima, tagliavano taralli e producevano orecchiette su tavoloni in legno. 
Ma di Bari non si può dimenticare il mare. Tutti i pugliesi che conosco e ho conosciuto - sono davvero tanti, credetemi - parlano di quell'azzurro che tanto amano, come se l'acqua stessa scorresse all'interno del loro corpo. 


Puglia e mare costituiscono un binomio inscindibile... e tornando verso la stazione i lampioni del lungomare ci hanno accompagnate per un tratto di strada, per poi rientrare all'interno del centro più moderno e ricco di bei negozi. Un'ultima particolarità: c'è una mappa della città riprodotta a terra in via Sparano da Bari... forse messa lì per quelli che, come me, si perdono o amano perdersi tra i vicoli, esplorando e ritrovando la strada, ma imparando a conoscere dettagli e posti nuovi.


Come concludere? Con un grazie a mia sorella Valentina per avermi scelta come compagna di viaggio e un grazie alla Puglia stessa perché è una terra meravigliosa che, spero, sarà custodita in tutta la sua bellezza. Tornerò... stavolta tornerò, senza più far trascorrere così tanto tempo.

[AVVISO: è severamente vietato appropriarsi delle fotografie senza la mia esplicita autorizzazione. Sono l'autrice e ne detengo ogni diritto].


venerdì 28 dicembre 2018

Recensione di "Il segreto di Parigi" di Karen Swan

Buongiorno amici! E' da tantissimo tempo che non passo a scrivere un post nel mio piccolo mondo "bloggeroso". Nemmeno a dirvelo, solitamente crollo addormentata, dopo aver studiato e lavorato ad articoli fino all'01.00 di notte passata. Ci sono stati tempi aurei in cui scrivevo i romanzi fino alle 03.00 e mi svegliavo alle 08.00 di mattina per andare all'università, ma detto sinceramente in questo momento non ce la faccio proprio.
Il romanzo che avevo iniziato a leggere, e che mi piaceva tantissimo, ho dovuto farlo attendere qualche mese sul comodino, ma ho recuperato. Di quale libro si tratta?


Trama: Da qualche parte, lungo le strade di Parigi, c’è un appartamento sommerso da strati di polvere e segreti: è stracolmo di opere d’arte d’inestimabile valore che sono rimaste lì, nascoste per decenni. L’incarico di valutare quei tesori è affidato a Flora, giovane e ambiziosa esperta d’arte, una donna in grado di mantenere il controllo durante un’asta da milioni di sterline, ma con serie difficoltà ad accettare un invito a cena a lume di candela. Flora ha il compito di ricostruire la storia di ogni dipinto presente nell’appartamento, per cercare di scoprire chi abbia tenuto nascoste quelle opere d’arte. Si ritrova così catapultata negli affari dei Vermeil, una famiglia del jet set internazionale che si muove tra Parigi e Antibes, e si rende ben presto conto di avere a che fare con qualcosa di poco chiaro. Xavier Vermeil sembra infatti intenzionato a porre un freno all’interesse di Flora per la sua famiglia. Che cosa nasconde? Ambientato in luoghi dalla bellezza mozzafiato e narrato con uno stile capace di avvincere il lettore, Il segreto di Parigi è un racconto intenso e impossibile da dimenticare.

Un appartamento polveroso e abbandonato, abitato da opere d'arte dimenticate, per giunta a Parigi... non poteva non interessarmi! Chi segue le mie attività anche sui social (Facebook e LinkedIn principalmente) saprà che, in quanto archeologa, mi occupo di tutela del patrimonio culturale, scrivendo anche alcuni approfondimenti storici a riguardo (recuperi di opere d'arte, Seconda Guerra Mondiale, etc.) sulla rivista "The Journal of Cultural Heritage Crime".
E' stato perciò amore a prima vista con questo romanzo che, tra l'altro, presenta una copertina accattivante. 

Flora è una storica dell'arte inglese, dipendente di una casa d'asta con sede in Francia, cui viene affidato il compito di valutare le opere d'arte contenute in questo appartamento. I clienti sono i membri della ricca famiglia parigina Vermeil. Ma la donna, spinta dalla curiosità e dal suo istinto lavorativo, non riesce a fermarsi alla semplice valutazione ai fini dell'immissione sul mercato delle opere. La ventisettenne inizia a indagare, a ricercare notizie, fino a giungere alla scoperta di un altro appartamento abbandonato nello stesso stabile, ancora di proprietà dei Vermeil, completamente vuoto, eccezion fatta per un unico quadro, un ritratto.


Troppi indizi sembrano condurre a un momento oscuro della storia, quello della Seconda Guerra Mondiale, epoca in cui i nazisti sequestravano le opere d'arte di proprietà delle famiglie ebree per arricchire le collezioni del Reich.
In tutto ciò, non manca la componente sentimentale. Flora è famosa per non essersi mai innamorata in 27 anni di vita... e, come in tutte le storie che si rispettino, è proprio il tipo sbagliato a farle perdere la testa. I Vermeil, infatti, hanno due figli: la sciagurata Natascha, dal passato misterioso e traumatico, e Xavier, un ragazzo bellissimo, avvolto da un'aura di oscurità.


Sono ovviamente di parte e il mio giudizio è positivo. Mi è piaciuta l'introduzione nel mondo delle case d'asta e del mercato d'arte; la descrizione di alcuni angoli di Parigi, ma anche di Antibes, affacciata sull'azzurro mare francese; infine, il ribaltamento degli eventi perché quando tutto sembrava deciso, la verità emerge inaspettatamente.
Tra le note finali l'autrice dichiara, inoltre, di essersi lasciata ispirare dal ritrovamento di un appartamento abbandonato a Parigi, in cui il tempo sembrava essersi fermato (struzzo incluso.... chi leggerà il romanzo, capirà). La notizia, di qualche anno fa, lasciò tutti meravigliati e ho ancora davanti le magnifiche immagini di quel luogo rimasto lontano dal corso degli eventi.




Flora mi è simpatica. Ho trovato molte affinità con questo personaggio, non solo per il settore storico-artistico (il mio è archeologico, ma sono strettamente collegati, seppur differenti), ma anche per il carattere. Le piace indagare, è molto curiosa, estremamente intelligente, competente e competitiva, tiene alla famiglia e agli amici, pur avendo giustamente una vita propria e indipendente. La sua incapacità di legarsi stabilmente a qualcuno, inoltre, evidenzia le difficoltà della società odierna in cui tutto è di corsa, fuggitivo, passeggero... anche le relazioni ne risentono, mai prese sul serio, sempre lette nell'ottica del "divertimento". Alla fine, ci si adatta, ma la necessità di qualcosa di sicuro, di un innamoramento serio, rimane... anche se poi la persona in questione sembra essere la più sbagliata sulla faccia della Terra.
Come si dice? Le donne sognano il principe, poi scelgono il pirata. Nulla di più vero. Il principe è eccessivamente perfetto, ideale... il pirata, con tutti i suoi difetti, piace molto di più.


Vi lascio con qualche citazione. Alla prossima e buona lettura!

«Incontro un sacco di gente, mamma. Solo nessuno che sia...»
Cercò la parola giusta.
«Speciale?»
«Stavo per dire "diverso", ma sì, è la stessa cosa immagino».
«Diverso da cosa?».
Flora scrollò le spalle, anche se lo sapeva bene. Aveva a che fare con centinaia di persone nel suo campo - proprietari di gallerie, collezionisti, storici dell'arte, restauratori, senza contare i clienti (sebbene non le fosse mai passato per la testa di oltrepassare il confine e uscire con uno di loro) - ma tutti inevitabilmente potevano essere ricondotti a due tipi. Uomini come il suo capo, Angus: abiti su misura, educati nelle migliori scuole private, sofisticati e snob. Uomini come suo padre: colti, eccentrici, fuori dall'ordinario, ma con poco senso pratico e poco amanti della mondanità. Lei stava cercando qualcuno con un po' di carattere.


«[...] E' tutto molto chiaro - o ami qualcuno oppure no. Non c'è una via di mezzo».
«L'amore è tutto una via di mezzo. Non ci sono fatti assodati, certezze. Talvolta non si può fermare l'amore neanche quando è sbagliato. E che succede se finisci per innamorarti di qualcuno che non vuoi amare?».
Flora guardò l'amica come se fosse diventata matta. «Be', in questo non ci si dovrebbe innamorare».
«Perché no? Come puoi evitarlo? Talvolta la chimica tra due persone è semplicemente troppa [...]».


«[...]La vita dovrebbe essere sconvolta quando ci si innamora».


«[...] A essere sincera, mi fa diventare matta quando continua a parlarmi del vero amore e di seguire il mio destino, come se stessi facendo la difficile. Non ha idea che quello che voi due avete è incredibilmente raro. Al contrario di quanto si crede, non è poi così facile innamorarsi».


La stanza sembrava diversa da dove era seduta lei e poteva vedere com'era forse una volta lavorare da lì - la vista sulla strada dalla finestra alla sua sinistra; le tende drammatiche e vistose che davano il tono di ambizione sociale agli ospiti che entravano nell'appartamento, l'isolamento di tutti quei libri che faceva sembrare l'ambiente remoto e privato. [...] Una piccola sveglia da viaggio dorata si era fermata alle 11:23. Ma di quale giorno, si chiese, e di quale anno?


«[...] Tutto ciò che conta è il bacio. E' il bacio a rivelarti l'anima».



sito