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sabato 30 luglio 2022

Recensione di "K. L'arte dell'amore" di Hong Ying

Buongiorno amici! Siamo agli ultimi giorni di luglio di questa estate bollente. Per fortuna ci sono i libri che possono trasportarci in ogni dove solo usando l'immaginazione.

Vi parlerò oggi di un romanzo che non conoscevo, un dono di un caro amico: "K. L'arte dell'amore" di Hong Ying.


Trama: Il ventottenne Julian Bell, figlio di Vanessa Bell e beniamino degli intellettuali londinesi che ruotano intorno a Bloomsbury, è appena arrivato in Cina, curioso di tutto e affamato di esperienze esistenziali e politiche. Poco dopo il suo arrivo, incontra Lin Cheng, scrittrice e poetessa, moglie di un professore universitario ed esperta nell'antica arte taoista dell'amore. Tra i due nasce una irresistibile attrazione fisica e spirituale, sullo sfondo di un paese minacciato dall'invasione giapponese e attraversato da ondate rivoluzionarie. Lin diventa così K, l'undicesima lettera dell'alfabeto, l'undicesimo - e ultimo - amore di Julian. Partendo da un episodio storico realmente accaduto ma reinventato con straordinaria intensità, Hong Ying ha scritto una delle più intense e struggenti storie d'amore di questi anni. Un erotismo raffinato e misterioso, pronto a spingersi fino all'ossessione, crea un fragile contatto tra il sofisticato intellettuale britannico e una donna sospesa tra la nuova immagine di una femminilità emancipata e un'antichissima e oscura disciplina del corpo. Un romanzo sulla Cina moderna e sul suo rapporto con l'Occidente, una storia di passione sensuale e crudele, ma soprattutto uno sconvolgente sguardo sull'incontro tra il maschile e il femminile, nella sua forma più emozionante.

Tutto inizia con un flashforward sulla Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, sulla situazione in Spagna. Un ragazzo, di nome Julian Bell, viene ricoverato in gravi condizioni. Da lì a poco si spegnerà, lasciando nelle tasche della propria giacca un curioso testamento scritto in Cina e un fazzoletto giallo con una K. riacamata.

Qualche tempo prima Julian era partito dall'Inghilterra, patria di sua zia Virginia Woolf e di sua madre Vanessa Bell, diretto verso la Cina con l'obiettivo di insegnare poesia all'università. Lo accolgono le atmosfere esotiche, i templi dai tetti dorati, il contrasto tra i tranquilli laghi e le imponenti montagne dove spiccano foreste di bambù.
Qui sarà ospite del professor Cheng e di sua moglie, Lin, anch'essa donna affermata, poetessa e scrittrice di talento. Julian ha il tipico spirito del conquistatore: le donne sono per lui quasi "oggetti" da collezionare, tanto da contarle attribuendo loro una lettera dell'alfabeto. Quel che è importante è divertirsi, dare soddisfazione alle proprie esigenze sessuali, senza per questo rimanere incantati, tanto più dalle donne orientali che gli sembrano tutte modeste, quasi puritane.

Proprio frequentando la casa del professor Cheng, dovrà ricredersi. Julian si interessa all'arte cinese, a quei dipinti che appaiono tanto semplici e nascondono, invece, significati ben più profondi attraverso l'aiuto di Lin. Tra i due nasce una certa sintonia: la curiosità di lui si scontra con l'iniziale timidezza di lei, andando a scoprire lati passionali che Julian, con i suoi pregiudizi, mai si sarebbe aspettato di trovare in una donna cinese.


I loro incontri si fanno più frequenti, intensi, misteriosi. Lin condurrà Julian a percorrere "L'arte dell'amore", tramandatale da sua madre, seguendo gli antichi fondamenti taoisti. Se in principio i loro rapporti sembreranno solo ed esclusivamente frutto di una sfrenata passione sessuale, procedendo con la lettura si capirà come si voglia in realtà sottolineare la stretta unione tra corpo e anima, quasi che il primo si presti ad essere contenitore della seconda e mezzo per far sì che essa si elevi a un'altra dimensione. Com'è possibile tutto questo? Solo attraverso l'amore, che non conosce colori sfumati, ma vividi; un amore che sia, appunto, passionale, ma allo stesso tempo dolce, un amore che sgorghi direttamente dall'anima.

Nel mezzo dei toni grigi causati da una guerra che sembra incombere su di loro, Julian e Lin proseguono ad amarsi, tentando di allontanarsi, provando dolore e ritrovandosi più uniti che mai.

Era destino che si incontrassero? Forse sì. E questo l'autrice lo suggerisce attraverso un dettaglio: il braccialetto rosso che Lin indossa, alludendo al filo rosso del destino.


In qualsiasi modo finirà la loro storia - e non è il caso di svelarlo - una cosa è certa: le anime di Julian e Lin si sono ritrovate, finalmente unite in un grande amore. E Julian il conquistatore? Qualsiasi altra donna ai suoi occhi non troverà più alcun interesse perché ormai nel suo cuore esiste solo Lin. Si è fermato alla lettera K.

Si tratta di un romanzo erotico? Secondo me non propriamente. Possiede degli elementi sicuramente erotici, come qualsiasi romanzo che preveda scene di forti passioni (ricordo che anche in alcune storie di Wilbur Smith, per esempio, vi erano dettagli simili). Ma non è questo che l'autrice, Hong (nota ai futuri lettori: fate caso al suo nome), voleva unicamente trasmettere. Antonello Venditti, nella celebre canzone "Ricordati di me", proclama "Non c'è sesso senza amore", e "K. L'arte dell'amore" riprende totalmente questo concetto: un amore che si rispetti porta con sé anche la voglia di stare insieme, di fondersi con l'amato, anima e corpo.

Infine: se state pensando che si tratti di pura invenzione, leggete la nota dell'autrice. Scoprirete che il romanzo si ispira a una storia vera, a personaggi realmente esistiti.

mercoledì 27 febbraio 2019

Recensione di "La lettera d'amore" di Lucinda Riley

Buongiorno amici! E' quasi terminato febbraio e qui, tra una cosa e l'altra, il tempo vola. Ma non ho intenzione di cadere in constatazioni ovvie, bensì vorrei notare che era una vita che non usavo più il blog seguendo il suo specifico scopo, quello di accogliere recensioni e quanto di letterario riesca a trovare interessante.
Il problema principale è stata propria la grande concentrazione di impegni che mi ha fatto davvero addormentare ancor prima di prendere in mano un libro. La stanchezza si avverte tutta insieme...

Ieri pomeriggio ho terminato di leggere "La lettera d'amore" di Lucinda Riley. Che sdolcinata, penserete. Sì, anche io lo avrei pensato prima di voltare l'ultima pagina e scoprire un romanzo diverso dal genere che la Riley predilige. "La lettera d'amore" è, invece, un libro che mescola amore, antiche lettere e soprattutto (è la parte preponderante) spionaggio. Lo avreste mai detto?


Trama: Ci sono segreti facili da smascherare e altri che restano sepolti per una vita intera. Come quello di Rose, l'anziana signora che Joanna, giovane reporter del Morning Mail, conosce durante la cerimonia di commemorazione del famoso attore Sir James Harrison. Pochi giorni dopo, Joanna riceve un plico contenente una vecchia lettera d'amore e un biglietto dalla grafia tremolante, ma è ormai troppo tardi per chiedere qualsiasi spiegazione: Rose è morta e la sua casa completamente svuotata, come se la donna non fosse mai esistita.Quando anche l'appartamento di Joanna viene messo sottosopra, la giornalista capisce che ha tra le mani una storia scottante, e la sua unica via d'uscita è scoprire la verità sui misteriosi amanti della lettera. Chi erano realmente? E perché è così importante che nessuno sappia di loro?
Sulle tracce di un enigmatico carteggio, Lucinda Riley ci trasporta in un mondo di pericolosi segreti, intrighi di Stato e sconvolgenti colpi di scena, in cui lasciarsi andare all'amore, a volte, è un rischio troppo grande.


Se mi fossi trovata al posto di Joanna, con il lascito di ricordi di quella enigmatica vecchina che era Rose, probabilmente anche io avrei fatto la stessa cosa: indagare. Una persona curiosa tenta inevitabilmente di andare fino in fondo alle storie, soprattutto se poi la donna anziana di turno viene a mancare in circostanze misteriose e tutta la sua roba sparisce all'indomani della sua morte. La vecchia Rose custodiva un segreto, legato a un noto attore e al contempo alla famiglia reale... ma si sa, i segreti prima o poi devono essere svelati. Nessuno porta tutto con sé nell'aldilà.
Joanna è proprio la destinaria di qualche indizio: una lettera e la raccomandazione di trovare una persona, una certa Lady bianca.


Joanna inizia così un'avventura che la condurrà a perdere il lavoro e a seminare una scia di morte dietro di sé... perché chiunque sia implicato anche marginalmente in quella faccenda finirà per non rimanere vivo abbastanza a lungo da poterlo raccontare. Quella di Joanna è una corsa contro il tempo e la paura, giocata tramite sotterfugi, tra i detti e non detti; una battaglia che spesso la contrappone al suo migliore amico, Simon, agente segreto dell'MI5; a Zoe, la nipote di James Harrison, il famoso attore, nonché sua cara amica; a Marcus, il suo grande amore e fratello di Zoe, verso cui prova un sentimento fortissimo e sbocciato inaspettatamente.


Ma cosa può esserci di così importante nella storia di una persona da far sì che la bocca di chiunque venga chiusa per sempre? Ebbene, vi è proprio uno scandalo che per la Corona d'Inghilterra potrebbe fare la differenza nella successione al trono, un evento che affonda le sue radici nel passato della Seconda Guerra Mondiale e che avrà le sue ripercussioni anni più tardi. 
Non mancano, ovviamente, nelle descrizioni di Lucinda Riley le magnifiche ambientazioni tra Londra, lo Yorkshire e l'Irlanda, nelle grande ville dal sapore vittoriano e nei cottage sulla spiaggia rocciosa, ma stavolta è il sospetto, il timore, la suspense che tengono legato il filo del discorso.


Una bella storia non c'è che dire, con lieto fine incluso, ma devo essere sincera: a volte ho perso il filo della narrazione. La storia di James Harrison era talmente ingarbugliata che richiedeva un alto grado di attenzione, in particolare verso i nomi dei vari personaggi (che non erano pochi).
Il mio giudizio è positivo perché la storia è raccontata in maniera avvincente, ma preferisco la classica Riley, sempre legata al ritrovamento di qualche cimelio del passato che scrive di storie e sentimenti di un'altra epoca.

E ora sotto con il prossimo romanzo!

domenica 10 aprile 2016

Recensione di "Il profumo della rosa di mezzanotte" di Lucinda Riley

Buongiorno amici lettori e buona domenica!
Ancora non mi sono ripresa completamente da questa maledetta influenza e un buon libro mi ha tenuto compagnia durante questi giorni.
Si tratta di un nuovo romanzo di Lucinda Riley, autrice scoperta per caso, che ha conquistato la mia fiducia letteraria, trasportandomi all'interno di storie inglesi e al contempo esotiche.
Stavolta è stato il turno di "Il profumo della rosa di mezzanotte":




Trama: India, Darjeeling. E' il centesimo compleanno di Anahita Chavan. Nonostante la sua famiglia si stia riunendo per festeggiarla, lei è avvolta da una nuvola di tristezza. Non c'è giorno che non pensi a suo figlio, che tutti credono morto da bambino. Ma il suo istinto sottile le dice che non è così: Anahita sa in qualche modo che è ancora vivo. Per questo consegna al nipote Ari un manoscritto dove ha annotato la storia della sua vita, nella speranza che il giovane possa scoprire quanto è accaduto.
Inghilterra, Dartmoor. La bella e famosa attrice americana Rebecca Bradley si trova ad Astbury Hall, l'antico castello scelto come set del suo nuovo film. Lord Astbury, schivo proprietario del maniero, si mostra fin troppo gentile nei suoi confronti e insiste sulla somiglianza tra Rebecca e sua nonna...
Sarà il viaggio di Ari in Inghilterra e l'incontro con Rebecca a gettare nuova luce sul periodo inglese di Anahita durante la Prima guerra mondiale e sull'amore tormentato tra lei e Donald, erede di Astbury Hall. Un viaggio alla scoperta delle proprie radici che gli darà modo di comprendere molto di sé e di svelare i segreti rimasti sepolti per intere generazioni.



Non è il primo libro che leggo sull'esotico e misterioso mondo asiatico. Uno degli ultimi è stato il romanzo, ancora edito dalla Giunti, "L'isola delle farfalle" di Corina Bomann che mi era piaciuto moltissimo; il primo invece fu "Un indovino mi disse" di Tiziano Terzani che lessi ormai molti anni fa... frequentavo le scuole medie o forse il primo anno di liceo.
I narratori di questa magnifica, tragica e a tratti inquietante storia sono quattro: Anahita, Donald, Rebecca e Ari. Anahita, o Anni, è ormai molto anziana. E' vissuta cent'anni, ma la sua vita è stata travagliata, a cavallo tra le due guerre mondiali. Anahita è, in un certo senso, la personificazione dell'India stessa: nel primo periodo la vediamo sottoposta alla dominazione inglese, nel secondo invece è in corso l'indipendenza. Anni è orgogliosa e vuole vivere la sua vita, spinta da un'insaziabile curiosità verso il mondo.


E' indubbiamente un personaggio particolare: nobile indiana, figlia di una sensitiva che le ha lasciato il dono di prevedere la morte sentendo il canto degli spiriti, vive a palazzo con la sua migliore amica, Indihira, figlia del Maharaja e della Maharani, facendole da dama di compagnia. 


E' proprio grazie a Indihira che Anahita si ritroverà in Inghilterra, dove riceve l'istruzione in un collegio, approdando infine ad Astbury Hall, una villa immersa nella magnifica brughiera. E' qui che conosce Donald, con cui nasce una bella amicizia, galoppando nelle praterie immerse nella rugiada. Ed è proprio Donald che diventerà l'unico grande amore di Anahita. Ma l'Inghilterra, nonostante il colonialismo, non è così aperta nei confronti degli Indiani... il fortissimo amore di Anni e Donald verrà - purtroppo con successo - avversato dalla signora di Astbury Hall, Maud, che architetterà un piano malefico.


E' Anahita quindi ad aprire il racconto con una sua lettera allegata alla storia della sua vita che affida al pronipote, Ari, chiedendogli di leggerla e di esaudire il suo unico più grande desiderio: ritrovare Moh, suo figlio, che lei non aveva mai creduto morto. Ari quindi intraprende un viaggio verso l'Inghilterra, fino ad Astbury Hall dove un segreto è lì in attesa di essere svelato...


Ad Astbury vive Anthony, il Lord, un gentiluomo, schivo e isolato dal mondo, che si rivela però molto gentile e premuroso nei confronti di Rebecca, una famosa attrice americana che, per esigenze lavorative, chiederà ospitalità proprio a lui. Rebecca dovrà impersonare una donna vissuta durante la guerra, con tanto di costumi d'epoca... e finisce per somigliare incredibilmente alla nonna di Anthony, Violet, la bellissima Lady di Astbury.
Sarà proprio l'incontro tra Ari e Rebecca a far luce su un passato che nasconde molti punti oscuri, inquietanti e tragici, celati anche dietro il profumo delle rose di mezzanotte che fioriscono nella tenuta, proprio accanto a un piccolo cottage abbandonato. Il finale è una sorpresa, perché non tutto è come sembra.


Lucinda Riley mi ha fatto viaggiare in un'India magica, avvolta dal fascino dell'esotico, profumata d'incenso e illuminata da mille colori. Vi era un palazzo magnifico nelle architetture, fontane e giardini, veli e luci soffuse... una prigione dorata però per le donne costrette a vivere nella zenana, l'harem del Maharaja. Un'India coloniale, povera da un lato e incredibilmente ricca dall'altro.


E poi sono arrivata, tramite un lungo viaggio in nave, nella mia adorata Inghilterra, avvolta dalla nebbia, nel grigiore di Londra e nella tranquillità della brughiera, con le case dai tetti di ardesia e i boschi al limitare delle dimore. 


Ho cavalcato con Anahita e Donald, giungendo fino al ruscello e sdraiandomi nell'erba alta e bagnata di rugiada, lasciando da parte i miei pensieri e godendomi solo quei momenti di pace.
In parte ho anche amato Anthony, così simile al principe Adam "che vive nell'ala ovest del castello" e regala una rosa a Rebecca. E' un uomo schivo e tanto fragile, vittima della cattiveria altrui.


Dopo questa lettura, ho sempre più voglia di prendere il primo aereo per l'Inghilterra e visitarla come si deve, proseguendo per la Scozia, il Galles e l'Irlanda. E poi vorrei affrontare un viaggio più lungo, per cui vale la pena anestetizzare le paure, giungendo in India, misteriosa e spirituale, così diversa dal nostro mondo occidentale. Sono un'inguaribile curiosa, non posso farci nulla... e amo le culture altrui. Le adoro quando posso conoscerle e apprezzarle, senza che mi vengano imposte. In fondo il mondo è bello perché è vario, perché ognuno è diverso dall'altro, perché i nostri paesi riflettono la nostra relativa cultura... e come tali vanno rispettati, prendendosene cura, proprio come si fa con le rose del proprio giardino.


Il romanzo è scritto in maniera scorrevole, nello stile della Riley. I dettagli non sono mai trascurati e, anzi, sono proprio loro a fare la differenza nella narrazione. Lo consiglio a chi è sognatrice, a chi ama il fascino del passato e delle lettere, a chi adora l'amore vero che non si ferma davanti alla guerra, all'oceano e al tempo.

mercoledì 27 gennaio 2016

Recensione di "L'isola delle farfalle" di Corina Bomann

Buonasera lettori del mio blog!
Mi prendo una pausa dallo studio. Il mio cervello necessita di qualche minuto extra archeologico. E' da stamattina alle 08.30 che sto sfogliando solo pagine che parlano di mosaici, affreschi, stratigrafie e quant'altro.
Ho quindi terminato di leggere "L'isola delle farfalle" di Corina Bomann. Ammetto che, da quando ho scoperto Lucinda Riley, la serie dei romanzi editi dalla Giunti mi sta piacendo particolarmente perché seguono un po' tutti la stessa linea: magnifici paesaggi, tenute inglesi, quel clima alla Jane Austen. Si inizia però sempre dal principio, quindi via con la copertina e la trama!


Trama: È un triste risveglio per la giovane avvocatessa berlinese Diana Wagenbach. Solo la sera precedente infatti ha scoperto che suo marito l’ha di nuovo tradita e, come se non bastasse, una telefonata dall’Inghilterra la informa che la cara zia Emmely ha le ore contate e che vorrebbe vederla un’ultima volta. Non le resta che fare i bagagli e prendere il primo volo verso l’antica dimora di Tremayne House, dove i suoi avi hanno vissuto per generazioni. Diana non può sapere che cosa l’attende, non sa che in punto di morte zia Emmely le sta per consegnare un terribile segreto di famiglia, custodito gelosamente per anni. Come in un rebus, con pochi, enigmatici indizi a disposizione – una foto ingiallita che ritrae una bellissima donna di fronte a una casa tra le palme, una foglia incisa in caratteri misteriosi, una bustina di tè, una vecchia guida turistica –, a Diana è affidato il difficile compito di portare alla luce che cosa accadde tanti anni prima, nel lontano Oriente, a Ceylon, l’incantevole isola del tè e delle farfalle. Qualcosa che inciderà profondamente anche sul suo destino…

Tutto inizia con una lettera, spedita da Victoria alla sorella Grace con una richiesta di perdono. E' il 1888... ma è appunto solo un'introduzione. La storia prosegue nel 1945. Una giovane donna, Beatrice, arriva in Inghilterra e prova a chiedere ospitalità ad alcune sue parenti, Deidre ed Emmely, che non sembrano ben disposte verso la giovane nonostante la accolgano nella loro dimora, Tremayne House.



E' il 2008: Diana Wagenbach, la nostra protagonista, è avvocato a Berlino, ma il suo matrimonio non procede a gonfie a vele, anzi, suo marito la tradisce da tempo. Stavolta è decisa a troncare ogni rapporto con lui, ma d'un tratto arriva una telefonata inattesa dall'Inghilterra: sua zia, Emmely, molto malata, sta per morire.
La donna non esita a prendere il primo volo e a dirigersi a Tremayne House per sostenere sua zia, alla quale è molto affezionata. Ed è proprio lei a chiederle di scoprire un enigma strettamente legato al passato della sua famiglia. 


Una tomba mancante, una lettera, un angelo dai tratti esotici a protezione della defunta Beatrice, una foglia di palma proveniente da un'antica biblioteca di Ceylon, 



una vecchia guida turistica e una bustina di tè condurranno Diana a cercare il suo passato in Sri Lanka dove i suoi antenati si erano stabiliti all'epoca in cui vigeva il colonialismo inglese. 


E' qui che, aiutata dall'affascinante Jonathan, amico di uno studioso conoscente di Diana, ripercorrerà le tappe della famiglia Tremayne e di quelle due sorelle, Grace e Victoria... Grace, della cui tomba non vi era traccia, e Victoria, l'autrice della misteriosa lettera.
Tra Diana e Jonathan sembra sbocciare l'amore, un sentimento però molto cauto sulle prime, passionale poi... esattamente come in passato era accaduto per Grace Tremayne e Vikrama, un tamil amministratore della piantagione di tè di cui Henry Tremayne era proprietario.


Attraverso gli occhi di Grace, si riesce a vivere quell'atmosfera esotica, tra le foglie di tè, la folla e i colori di Colombo, i rami dei rododendri e dei frangipane, la meravigliosa residenza di Vannuttuppucci che, in tamil, vuol dire "farfalla".




E una profezia sembra aleggiare, come una presenza costante, vegliando sui gesti di Grace e di quel misterioso meticcio che ha affascinato la ragazza sin dal primo momento.
Tra amore, sorellanza, enigmi e tradimenti, il romanzo assume dei toni che virano in alcuni tratti verso la poesia suscitata da Jane Austen nel suo celebre "Orgoglio e pregiudizio" e in cui il destino sembra giocare un ruolo fondamentale.



Narrarne tutte le sfumature è forse un po' difficile poiché la trama risulta strettamente intrecciata e svelare un singolo particolare significherebbe rivelare tutto il mistero del romanzo.
Ne consiglio la lettura. La narrazione procede in maniera scorrevole, mentre Diana interpreta la moderna "Sherlock Holmes" e coinvolge il lettore a conoscere altri particolari nascosti in angoli segreti delle dimore ottocentesche, a sollevare la polvere del tempo dal baule dimenticato che è stata la vita di Grace Tremayne.



Sono contenta di aver apprezzato questo libro che avevo acquistato ormai a novembre durante una passeggiata per le vie del centro. Ho terminato di leggere altri romanzi e infine è arrivato il suo turno.
E adesso? Chissà... la scelta è davvero vasta. Il mio comodino ha una discreta pila in attesa, tra regali e romanzi vinti in due giveaway. Stasera effettuerò la mia difficile selezione... e poi vi farò sapere.
Buon proseguimento di serata a tutti!

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