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domenica 5 gennaio 2025

Recensione di "Bocca di strega" di Sacha Naspini

Buongiorno amici e buon anno! Chissà quali letture ci faranno compagnia in questo 2025... ho già iniziato 2 libri, complice anche l'influenza che ha deciso di trattenermi a letto per qualche giorno.

Vi porto, però, a conoscere il libro che avevo iniziato un mesetto fa, "Bocca di strega" di Sacha Naspini.


Trama: 1972, Val di Cornia. Bardo è il miglior tombarolo in circolazione. Negli anni è riuscito a costruire un traffico di reperti etruschi che da Populonia viaggiano verso la Capitale, arrivando a stabilire un mercato multimiliardario con l’America. La morte improvvisa della moglie è un duro colpo – Bardo non regge al dolore, sparisce in mare. Ma prima lascia i segreti della ricettazione a Giovanni, il figlio. Che però non ha la stoffa di suo padre. Come se non bastasse, le bande di Tuscia e i trafficanti di Roma vedono in questo momento di debolezza una buona occasione per impossessarsi della piazza...

Bocca di strega apre uno squarcio su un universo che ha fatto la storia di tanti musei, partendo dal basso: la febbre dello scavo, la rivalità tra bande per garantirsi il territorio più fruttuoso, fino alle alte sfere della compravendita mondiale. E poi la provincia d’Italia, abitata da romantici pirati di terra dalla doppia vita: padri di famiglia, operai, artigiani, contadini... Che in pochi anni si sono aggiudicati il dominio del traffico d’arte internazionale. Non senza pagarne le conseguenze.



Di questo libro cosa mi ha ispirato? Il vaso in copertina. Il titolo “Bocca di strega” non mi riportava nulla alla mente, ma sulla copertina ho poi notato che si trattava di una storia di tombaroli e mi sono incuriosita, scoprendo che era uscito da poco tempo.

Siamo negli anni Settanta del Novecento in Val di Cornia (Toscana), periodo di fiorenti scavi clandestini e traffici illeciti di reperti archeologici. Populonia, in particolare, restituisce testimonianze richieste da collezionisti di ogni parte del mondo. Guido Sacchetti – detto Bardo – ha il comando dei tombaroli e del mercato nero: conosce ogni luogo in cui scavare, sa a chi rivolgersi e chi può diventare una persona di fiducia. È il “re incontrastato” del territorio, cui molti devono dei favori, e ha come base la “Conchiglia”, un ristorante che si affaccia sullo splendente Golfo di Baratti.
L’equilibro di questo traffico di reperti, su cui anche le autorità chiudono entrambi gli occhi, viene spezzato brutalmente dalla morte di Elisa, moglie di Bardo. L'evento criminoso sarà fatto passare per un suicidio, ma in realtà è un omicidio, avvenuto in casa dello stesso Guido Sacchetti.
Forse c’è qualcuno della banda che fa il doppio gioco, che ha interessi più grandi e Elisa, che giorni prima aveva ufficialmente denunciato le attività del marito che avevano rovinato la sua esistenza, risultava un soggetto scomodo per i tanti implicati nella rete.
In seguito ad Elisa, anche Guido scompare misteriosamente in mare. Non sarà mai ritrovato il corpo. Tutto passa, quindi, nelle mani del figlio, Giovanni, detto Veleno che appare come la brutta copia del padre, poco incisivo, talvolta contraddittorio. È lo scavo alla Tomba dei Cristalli che si rivela, però, decisivo: si tratta di una “bocca di strega”, che in gergo locale significa "inganno" e si riferisce al ritrovamento, in seguito a una mareggiata, della sepoltura di una donna che in bocca aveva cinque chiodi... donna che, per tale motivo, sarà popolarmente considerata una strega. 
Da questo momento in poi, si aziona una macchina volta a smascherare l’autore dell’omicidio di Elisa. Perché anche il più “cattivo” della situazione non può nulla davanti all’amore e Bardo non riuscirà mai a dimenticare la sua amata e defunta moglie.


Non ho amato particolarmente la storia che sembra più che altro la sceneggiatura di un film, probabilmente anche per la suddivisione che ne è stata fatta. I capitoli, infatti, sono “assegnati” a ogni personaggio e qualcuno di questi ha pure un soprannome – indicato all’inizio del libro – che rende un po’ più confusionario il ritmo narrativo.
Di fatto è una storia fatta di inganni, in cui Guido Sacchetti (Bardo), capo dei tombaroli e “gestore” dei traffici illeciti in materia archeologica, passa quasi come eroe e benefattore, delineando il profilo di un perfetto mafioso. Alla fine questo è: il traffico illecito di reperti archeologici si basa su dinamiche mafiose e, talvolta, gli stessi capi mafia hanno fatto affari e arricchito le rispettive famiglie tramite gli scavi clandestini e il mercato internazionale di opere d’arte (recentemente si è parlato di Matteo Messina Denaro).

Eppure questo libro non mi ha convinta, non mi ha coinvolta più di tanto. A tratti l’ho trovato persino noioso, faticando a terminarlo.
Lo consiglio? Sì, a chi è veramente appassionato della materia perché si tratta, in ogni caso, di letteratura contemporanea a tema (è possibile trovare riferimenti non troppo celati a un celebre museo californiano); non lo consiglio, invece, a chi non è del settore perché potrebbe decidere di abbandonare la lettura già alle prime pagine. 

E ultima annotazione: il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è il TPC (articolo determinativo maschile singolare, che sottintende "Comando" o "Nucleo" nel caso di una delle ripartizioni territoriali), non “la” TPC. Sono dettagli importanti cui si dovrebbe far caso. 
Di #LaTPC conosco solo la pagina Facebook e il blog che ho fondato e gestisco ormai da anni.

Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione!

«La terra restituisce oggetti che fanno gola in tutta Europa e oltreoceano, darli allo Stato suona come una bestemmia. Gli scantinati dei musei scoppiano di reperti con su scritto un numerino; la ricettazione salva i cristiani. Di più: il tale collezionista protegge i cimeli costruendo teche che tengono conto perfino della temperatura. Neanche per i figli hanno accortezze di quel tipo.»

«Nell’ambiente dei tombaroli di Maremma dire bocca di strega equivale a dire questo: una trappola. Il tranello escogitato da qualcuno per smascherare chi ha cercato di fare il furbo. O chi fa il doppio gioco».


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