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lunedì 27 luglio 2015

Scrittura creativa e archeologia sono conciliabili?

Cari lettori, chiunque voi siate, mi fa sempre piacere notare il numero di visualizzazioni, così come suscita un pizzico di felicità leggere su Amazon che ogni mese ci sono altri di voi pronti a darmi fiducia entrando nel mondo di Sàkomar.
Questo mese sono stata finalmente occupata con una collaborazione, seppur a tempo determinato, inerente il mio campo, quello archeologico, che spero vivamente possa essere l'inizio di un futuro anche per me.
Le mie indagini e i miei studi non si sono mai fermati, anzi proseguono e acquistano nuovo vigore ad ogni tassello di ricostruzione che viene assemblato nel grande puzzle della storia dell'umanità. Il bello dell'archeologia è proprio questo. Ho numerosi approfondimenti in atto, collaborazioni con colleghi e una tesi di dottorato sulla quale sto veramente spendendo molto del mio tempo perché si tratta di una ricerca in cui credo e che amo.
Quest'oggi però voglio affrontare un discorso che per troppo tempo ho evitato, pensando che al mondo le persone siano pensanti e ragionevoli, quindi non ne abbiano bisogno. Ecco, purtroppo mi sbagliavo e inizio perciò con il mio argomento.
Come molti di voi sanno - e se non lo sanno, lo sapranno in questo momento - sono un'archeologa, attualmente dottoranda.



Questa è stata la mia scelta anni fa, ma probabilmente già dall'infanzia il mondo del passato aveva cominciato a far parte di me, da sempre curiosa e studiosa. La mia camera sembra più una piccola biblioteca che una vera e propria stanza di una ragazza di 28 anni. Tra non molto uscirò io per far spazio ad altri volumi. Ma non posso farci nulla. Adoro leggere, amo la materia dei miei studi e sarà così fino alla fine. L'archeologia è parte di me.
Questa è la premessa. Il nucleo del discorso è un altro: voi avete delle passioni? Degli hobby? Ecco, io ne ho tantissimi: disegnare, leggere, dipingere, fotografare, giocare a calcio e a pallavolo, fare lunghe passeggiate immersa nella natura, studiare il comportamento di animali e insetti (sì mi piace la biologia), osservare le piante e analizzarle catalogandole e raccogliendo foglie, giocare alla Play Station e al PC, suonare la chitarra, ascoltare la musica, cantare e tantissimo altro davvero. Non riuscirei mai ad elencare tutti i miei interessi perché certamente ne dimenticherei qualcuno.
E poi c'è la scrittura creativa, quella che mi ha condotto alla pubblicazione della saga fantasy di Sàkomar, nata tra l'altro da una delle mie passioni, il disegno.



Ma concentriamoci sulla scrittura.
Voglio porvi un'ulteriore domanda: secondo voi lavoro e scrittura possono conciliarsi?
Credo che ogni persona dotata di buonsenso risponderebbe "Ovvio che sì".
A mio avviso, sono due attività assolutamente compatibili tra loro. Spesso gli scrittori non lo sono di professione. Sono medici, avvocati, astrofisici, storici, etc. con la passione per la scrittura e per proprio diletto creano romanzi che saranno poi letti da un pubblico più o meno vasto.
Io sono archeologa e scrivo fantasy, traendo dal passato anche ispirazione per le mie storie. La scrittura è una mia PASSIONE. Non sono famosa, non ho una casa editrice. Sono una self-publisher, significa quindi che ho pubblicato in proprio. All'estero è una pratica diffusa e soprattutto considerata come vera e propria editoria (perché questo è); in Italia, come sempre, ancora non siamo arrivati a pensarla come gli altri, ma sono certa che in futuro ce la faremo. Anyway, prima di tutto scrivo per me, perché mi piace farlo. Non lo faccio per vendere, non lo faccio per gareggiare con qualcuno. Se poi ciò che scrivo piace e se in un futuro immaginario riuscissi a diventare famosa, tanto meglio.
All'interno di Sàkomar non ho racchiuso alcun tipo di messaggio se non quelli canonici delle fiabe: fiducia nell'amore, nell'amicizia e in tal caso nel rapporto di fratellanza.
Ora, tutto questo non vuol assolutamente dire che la mia professione archeologica venga in qualche modo intaccata negativamente dalla scrittura. Si può tranquillamente fare entrambe le cose.
Volete un esempio? Valerio Massimo Manfredi è un noto archeologo, ma è anche uno scrittore affermato. Ha scelto di trattare romanzi storici, ma non per questo la sua professionalità svanirà. Sono due suoi aspetti, a mio avviso ammirevoli.



Licia Troisi che io adoro tanto, è astrofisica. Collabora con l'Università di Roma Tor Vergata e intanto ha scritto tre saghe fantasy e un volume singolo. La sua passione, che è appunto la scrittura di cui ha fatto anche un lavoro, intaccherà l'oggetto principale dei suoi studi, ovvero l'astrofisica? No, assolutamente no.



Alberto Angela è paleontologo, ma scrive di archeologia e conduce programmi televisivi. Io lo stimo molto. Fa tutte e tre queste cose insieme, eppure è un gran personaggio.



Ne ho nominati solo tre, perché sono alcuni dei miei autori preferiti, ma come loro ci sono tantissimi altri casi. Non voglio assolutamente paragonarmi a loro, ma li prendo come esempio.
Scrittura e professione insieme: due realtà possibilissime. E dalla scrittura talvolta si trae un lavoro complementare a quello principale per il quale si è studiato. Non ci trovo proprio niente di strano in tutto questo.
Poco tempo fa (ma l'antifona l'avevo già intuita da molto), sono stata criticata per queste mie attività. Se fai l'archeologa, ricerca nello specifico, non puoi essere anche scrittrice, per di più fantasy.
Non mi è stato detto in modo diretto (quando mai la gente parla "occhi negli occhi"?), ma mi è stato fatto capire tramite "giri di parole" degne di un poeta.
Normalmente, ci avrei fatto una risata su e avrei detto "ma chissene, pensasse quel che vuole", se fosse stato un tizio qualunque a fare questa osservazione; purtroppo non è così.
Queste parole sono spuntate, poi, soltanto perché i miei libri hanno avuto una certa diffusione. Se li avessi tenuti in un cassetto, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. A questo "signore" però voglio ricordare una cosa: ho alcune colleghe che oltre ad essere archeologhe e storiche dell'arte si dilettano in pasticceria, a creare dolcetti, etc. La loro è una passione. Anche loro sono archeologhe e storiche dell'arte incapaci? Perché a questo punto il ragionamento dev'essere universale per qualsiasi tipo di hobby, no?
Con ciò che scriverò non voglio comunque giustificarmi, non ne ho bisogno perché ripeto è una critica insensata, ma sono una persona precisa e voglio spiegare la mia attività. Per quanto mi riguarda, gran parte dei romanzi li ho scritti da mezzanotte in poi, quando studiare mi era umanamente impossibile avendo trascorso la giornata a lezione e a preparare gli esami, e durante le vacanze nei pochi ritagli di tempo.
Mai ho trascurato la tesi e/o altri approfondimenti visto che i risultati ci sono stati e ci saranno. Inoltre altri colleghi hanno sempre apprezzato il mio impegno nella professione e il fatto che io scriva non ha minimamente intaccato l'opinione che avevano di me.
Ora, se mi si vuole criticare per il contenuto del romanzo, per il mio stile, per alcune scelte effettuate o altro inerente la storia in sé, d'accordo, lo accetto. Non a tutti può piacere il genere, non tutti condividono il mio modo di scrivere, non tutti avrebbero svolto il racconto nella mia maniera.
Ma criticarmi perché scrivo e sono archeologa insieme, non lo tollero.
Voglio dire, la libertà dov'è finita? E' come se io cominciassi a dire di un collega che è un perfetto imbecille perché oltre a studiare archeologia, partecipa a gare di campionato di uno sport qualsiasi.
E' un suo hobby, una sua passione ed è giusto che la coltivi. Questo però non gli precluderà l'opportunità di essere un bravo archeologo.
Tutto qui. Sono una persona abbastanza forte, ma quando certe parole vengono scagliate ferocemente da gente che in un modo o nell'altro ha influenzato la mia vita, non nego di rimanerne ferita.
A mente fredda invece penso solo una cosa: probabilmente non diventerò mai una grande scrittrice. Ci vuole una gran dose di fortuna, molta bravura e ahimè, nella gran parte dei casi, anche delle conoscenze (inutile bendarsi gli occhi). Io non sono fortunata, non sono bravissima e non conosco nessuno. Ho sempre fatto tutto con le mie sole forze e ciò che ho conquistato (molto poco) lo devo soltanto a me stessa. Non voglio che mi si facciano i complimenti per questo. L'ho fatto per me e basta, per una questione di dignità e di soddisfazione personale.
Scrivere rientra tra le mie passioni; l'archeologia invece è il mio amore più grande. Entrambe occupano un posto importante nel mio cuore, ma non sono le uniche ad essere presenti.
Questa persona, come certamente tante altre, ha operato un ragionamento chiuso, puramente accademico che non porta da nessuna parte se non a chiacchiere da bar. Mi spiace dirlo, ma è così.
Accetterò, e lo sottolineo, critiche solo e soltanto da lettori che abbiano esaminato la storia, il mio stile e tutto il resto. Allora potrò dire "aveva ragione" oppure "per me non ne aveva affatto, ma è una sua opinione e la rispetto".
Al prossimo chiuso di mente che mi dirà, con un ragionamento da ante-guerra, che archeologia e scrittura non sono conciliabili perché la seconda fa perdere credibilità alla professione scelta, nel migliore dei casi non risponderò e probabilmente non gli rivolgerò nemmeno più la parola. Nel peggiore dei casi, la mia indole mi spingerà a ricamarlo con i fiocchi e non mi tratterrò.
Perché, signori miei, il problema dell'Italia di oggi siete proprio voi, le persone con una mente talmente serrata che il progresso lo vedono come qualcosa da demonizzare, coloro che proseguono a fare qualcosa solo perché "è tradizione e si è sempre fatto così" anche se sbagliato, quelli che hanno le proprie caste da far andare avanti, mentre gli altri sono dei poveri falliti senza speranza a prescindere dalle loro capacità. Siete gli stessi che quando si è piccoli e si va a scuola dicono ai genitori "O il ragazzo studia, o gioca a calcio. Non può fare entrambe le cose." Se prosegue a giocare a calcio, automaticamente sarà un deficiente; se lascia lo sport, sarà invece un genio, ma l'umore del ragazzo calerà in maniera spaventosa. E tutto questo capita solo in Italia. Provate a fare questo ragionamento all'estero, in America magari. Vi prenderanno per pazzi retrogradi, perché lì sport e studio si conciliano alla perfezione.



Io al modo di pensare "italiano" non ci sto. Sono convinta che una professione portata avanti con impegno e passione sia molto produttiva, soprattutto se accompagnata da un passatempo che lasci libero il cervello di fare anche altro.
Infine, voglio solo annunciare che a settembre uscirà il terzo e conclusivo volume di Sàkomar. Ci ho impiegato molto a terminarlo, anni addirittura, perché volevo che ci fosse una fine degna di questo nome per la saga dei miei cinque fratelli e anche perché avevo da studiare. Quest'ultima attività non ho voluto tralasciarla, al contrario di ciò cui alcuni pensano in maniera immotivata e totalmente infantile.
Dopo Sàkomar, ho in cantiere il mio paranormal. Forse l'ho già detto, ma lo scrissi quando ero liceale. Inizialmente era solo un racconto per un concorso di cui non conobbi mai l'esito (eh sì, scuola Italiana...), poi lo allungai e con il tempo divenne un vero e proprio romanzo.
Per terminare, ho in mente una nuova idea per un romanzo totalmente diverso, più romantico, forse anche un po' storico, tanto per cambiare genere. E sì, darò libero sfogo alla mia fantasia.
Da dove prendo questo spirito? Beh, una parte importante la gioca l'esperienza acquisita combattendo in questa vita. Non sempre le persone che sorridono sono quelle più spensierate. E poi ho un discreto numero di lettori che mi spingono a proseguire.
Ce ne sono tanti altri sempre entusiasti di seguirmi sui vari social network e sono davvero contenta di avere dei fan che hanno visto, tramite le mie parole, il mondo di Sàkomar e apprezzato i suoi personaggi. Ora, anche se non ci conosciamo, condividiamo certamente qualcosa.
Alla persona che mi ha tanto criticato, voglio solo dire in conclusione che se lui decidesse di iniziare a dipingere ad esempio e diventasse pittore (oltre che archeologo... ma probabilmente lo fa già) la mia stima aumenterebbe, di questo può esserne certo; allo stesso modo può essere sicuro che se continuerà ad avere opinioni insensate sulle mie attività "supplementari" all'archeologia, la mia stima nei suoi confronti calerà a picco. La discesa è già in parte iniziata, ma sono disposta a fermarla.

A tutti coloro che stanno incontrando le mie stesse difficoltà voglio dire di non arrendersi. Se si ha un sogno, un obiettivo, una passione, è giusto andare avanti, in primis per se stessi. I sogni sono tutto e si deve almeno provare a realizzarli, con o senza l'approvazione altrui.
Buona giornata!



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